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Altro che hub del gas, Terna: «Italia hub elettrico europeo e mediterraneo»

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Mentre il Governo Meloni magnifica le potenzialità italiane in termini di hub del gas (fossile) con la contrarietà di tutto il mondo ambientalista, Terna – la società guidata da Stefano Donnarumma che gestisce la rete elettrica nazionale – mostra che un futuro diverso è possibile quanto auspicabile: che hub sia, ma per l’energia elettrica da fonti rinnovabili. Nel suo nuovo Piano di sviluppo decennale, Terna punta non a caso al rafforzamento e allo sviluppo delle interconnessioni con l’estero, prevedendo un investimento complessivo di circa 2 miliardi di euro, per iniziare a fare dell’Italia «un hub elettrico europeo e mediterraneo». Fondamentale in questi’ottica sarà il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia, intervento di rilevanza strategica che garantirà l’ottimizzazione delle risorse energetiche tra l’Europa e il Nord Africa. A dicembre 2022 il ministero dell’Ambiente ha avviato il procedimento autorizzativo del ponte energetico sottomarino da 600 MW per il quale è previsto un investimento, da parte di Terna e di Steg, l’operatore elettrico tunisino, di circa 850 milioni di euro complessivi. Nel Piano di sviluppo di Terna è confermato anche il progetto Sa.Co.I.3, il collegamento tra i sistemi elettrici della Sardegna, della Corsica e della penisola italiana, per un investimento complessivo di 950 milioni di euro. Inoltre, nel secondo semestre del 2023 Terna avvierà la consultazione pubblica per il nuovo cavo sottomarino con la Grecia, 200 km di lunghezza e 500 MW, che raddoppierà la capacità di scambio tra i due Paesi. Per l’opera Terna investirà 750 milioni di euro. «Queste interconnessioni – concludono da Terna – insieme agli elettrodotti tra Italia-Francia, Italia-Svizzera e Italia-Austria, consentiranno al nostro Paese, in virtù della sua posizione geografica strategica, di rafforzare il suo ruolo di hub energetico dell’Europa e dell’area mediterranea, diventando protagonista a livello internazionale». L'articolo Altro che hub del gas, Terna: «Italia hub elettrico europeo e mediterraneo» sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Terna, investimenti da 21 mld di euro sulla rete elettrica per sviluppare le rinnovabili

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A neanche ventiquattro ore dalla proposta avanzata dalla Commissione Ue per la riforma del mercato elettrico, Terna – la società che gestisce la rete elettrica nazionale – ha presentato oggi il proprio Piano di sviluppo 2023, con investimenti da 21 mld di euro nei prossimi dieci anni (che arrivano a oltre 30 mld di euro considerando l’intera vita delle opere previste). «Gli investimenti inseriti nel Piano di sviluppo 2023 sono i più alti mai previsti da Terna – dichiara l’ad, Stefano Donnarumma – Mai come oggi, in un contesto particolarmente sfidante, è necessario uno sforzo di programmazione di lungo periodo, un coordinamento fra le istituzioni che consenta all’Italia di cogliere tutte le opportunità che la transizione porta con sé. Le fonti rinnovabili rappresentano il nostro petrolio: abilitarne la diffusione e l’integrazione fa parte della nostra missione di registi del sistema elettrico e sarà determinante per la sicurezza energetica del nostro Paese». Un petrolio che però ancora l’Italia non riesce a sfruttare appieno. Secondo i dati Terna aggiornati a gennaio, ci sono circa 340 GW di proposte impiantistiche rinnovabili in attesa di via libera: cento volte tanto gli impianti effettivamente entrati in esercizio nell’ultimo anno (3 GW), a causa delle ampie difficoltà ancora esistenti lungo l’iter autorizzativo. Non tutti questi 340 GW potranno entrare in produzione, ma per rispettare gli obiettivi Ue al 2030 dovranno essere almeno 70 GW (secondo lo scenario Fit for 55 preso come riferimento da Terna) o meglio 85 GW (secondo la più recente proposta europea RePowerEu). Secondo le proiezioni elaborate da Terna insieme a Snam, tali impianti saranno localizzati soprattutto al centrosud (dove è maggiore la presenza di fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico), mentre la domanda elettrica continuerà ad arrivare soprattutto dal nord. Per questo la principale novità introdotta nel Piano di sviluppo 2023 è la rete Hypergrid, che sfrutterà le tecnologie della trasmissione dell’energia in corrente continua (Hvdc). Nel merito, Terna ha pianificato cinque nuove dorsali elettriche per 11 mld di euro – la Milano-Montalto, la Central link tra Umbria e Toscana, la Dorsale sarda, la Dorsale Ionica-Tirrenica tra Sicilia e Lazio, la Dorsale adriatica Foggia-Villanova-Fano-Forlì –, funzionali all’integrazione di capacità rinnovabile. Si tratta di un’imponente operazione di ammodernamento di elettrodotti già esistenti sulle dorsali Tirrenica e Adriatica della penisola e verso le isole, che prevede nuovi collegamenti sottomarini a 500 kV; complessivamente, con le Hypergrid sarà possibile raddoppiare la capacità di scambio tra zone di mercato, passando dagli attuali 16 GW a oltre 30 GW. L'articolo Terna, investimenti da 21 mld di euro sulla rete elettrica per sviluppare le rinnovabili sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Dal Pnrr 550 milioni per sostenere l’innovazione delle startup

550 milioni per sostenere linnovazione delle startup
Il ministero delle imprese e del made in Italy ha annunciato che «Startup e piccole e medie imprese possono presentare progetti riguardanti la transizione ecologica e digitale, finanziati con risorse europee ricomprese nel PNRR per un ammontare di 550 milioni. L’obiettivo è stimolare la crescita del Paese tramite investimenti di capitale di rischio (venture capital diretti e indiretti)». I finanziamenti provengono dal Green Transition Fund (GTF), dotato di 250 milioni di euro, e dal Digital Transition Fund (DTF), dotato di 300 milioni, gestiti da CDP Venture Capital SGR per conto del ministero delle imprese e del Made in Italy, e sono compresi negli interventi PNRR “Supporto di startup e venture capital attivi nella transizione ecologica” e “Finanziamento di startup”. GTF e  DTF) sono due fondi che promuovono l'innovazione in Italia attraverso investimenti di capitale di rischio, investono, direttamente o indirettamente, in imprese attive negli ambiti della transizione ecologica o digitale con l’obiettivo di sostenere i processi di transizione con l’impegno di risorse PNRR e attivando capitali privati con competenze specifiche, in tutte le fasi di sviluppo di un’impresa. Il ministero sottolinea che «I progetti riguardanti la transizione verde potranno prevedere l’utilizzo di energia rinnovabile, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, mentre quelli legati alla transizione digitale dovranno interessare gli ambiti come l’Intelligenza Artificiale, l’Industria 4.0, la cybersicurezza, fintech e blockchain L’ente gestore selezionerà le proposte di investimento conformemente a quanto previsto dalla politica di investimento dei Fondi e in linea con le best practice di mercato. Il 40% delle risorse saranno riservate agli investimenti (diretti e indiretti) da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno».   L'articolo Dal Pnrr 550 milioni per sostenere l’innovazione delle startup sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Da Estra al via la nuova edizione di E-qube, pere sostenere start-up su energia e digitale

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Si alza oggi il sipario sulla quarta edizione di "E-qube startup&idea challenge", l’iniziativa messa in campo dalla multiutility Estra in collaborazione con Nana bianca e StratupItalia per individuare e lanciare sul mercato i migliori progetti in ambito digital&energy. Le startup verranno selezionate in base ad un’azione di scouting e accelerazione continua, che porterà all’identificazione quadrimestrale delle priorità commerciali di Estra e ad una selezione di 2-3 startup target per la specifica priorità individuata, all’interno di un’unica call annuale. La long list da cui selezionare i progetti sarà composta da 20 unità, e il supporto economico a beneficio dei progetti selezionati sarà pari a 10mila euro ciascuno, per un massimo di tre startup; è inoltre prevista la possibilità, da parte di Estra e di Nana bianca, di entrare nel capitale delle startup selezionate. Ogni startup avrà a disposizione un certo numero di appuntamenti formativi su tematiche rispondenti ai bisogni specifici di progetto, oltre ad essere seguita da un mentore con la partecipazione a workshop e sessioni mensili di business review. «E-qube è un’idea vincente – commenta l’ad di Estra, Alessandro Piazzi – che conferma la forte attenzione del nostro gruppo nei confronti dei valori dell’innovazione e dello sviluppo imprenditoriale, attraverso la selezione di start-up e di idee capaci di contribuire allo sviluppo sociale ed economico. La sfida nasce con la volontà di trovare e supportare proposte che abbiano forza, prospettive e grande consistenza in settori ad alto potenziale di sviluppo e che abbiano una forte connessione con le priorità commerciali di Estra». L'articolo Da Estra al via la nuova edizione di E-qube, pere sostenere start-up su energia e digitale sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Batterie al litio, al via il progetto Enel X e Midac per riciclare almeno 10mila ton l’anno

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Enel X e Midac, azienda manifatturiera italiana che da un decennio produce batterie al litio, hanno avviato le attività di ricerca e sviluppo per realizzare in Italia il primo grande impianto di riciclo delle batterie al litio per veicoli elettrici, sistemi industriali e sistemi stazionari: l’obiettivo è quello di arrivare ad una capacità di almeno 10mila tonnellate all’anno. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto europeo Ipcei sulle batterie, pensato per gestirne il fine vita in un’ottica circolare: entro soli sette anni, si stima infatti un volume complessivo di batterie al litio da riciclare di circa 200mila tonnellate. «Partiremo dal riciclo per arrivare alle celle, i nostri impianti sorgeranno in Italia per rafforzare la presenza italiana nel comparto delle batterie e creare posti di lavoro e sviluppo in tutto il territorio nazionale», dichiara il presidente di Midac, Filippo Girardi. Alimentare la transizione ecologica richiede una grande sfida in termini di approvvigionamento delle materie prime: basti osservare che la Commissione europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte della Ue potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, in primis (ma non solo) per coprire la domanda di mobilità elettrica. Oltre a nuove miniere e a nuovi accordi commerciali, per soddisfare questa domanda è necessario massimizzare le potenzialità del riciclo, che entro il 2040 potrebbero fornire oltre la metà del litio necessario all’Europa. «Questo progetto – argomenta Francesco Venturini, responsabile di Enel X – permetterà di creare nuovi mercati e nuove opportunità di crescita per le aziende, coniugando efficienza, sostenibilità e innovazione e facilitando l’Europa nel raggiungimento di un obiettivo di cruciale importanza, come una maggiore indipendenza di approvvigionamento delle materie prime». In particolare, Enel X si occuperà di studiare e sviluppare le migliori tecnologie per lo smontaggio automatico delle batterie al litio ed il loro processo di riciclo; Mdac curerà lo sviluppo dell’intero processo di riciclo al litio, inizialmente in una dimensione in scala pilota, e successivamente realizzerà un impianto industriale con una capacità di almeno 10.000 tonnellate all’anno. L'articolo Batterie al litio, al via il progetto Enel X e Midac per riciclare almeno 10mila ton l’anno sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione in Europa e Asia centrale

sicurezza alimentare e della nutrizione in Europa e Asia centrale
Secondo il rapporto “Europe and Central Asia – Regional Overview of Food Security and Nutrition 2022” pubblicato da Fao, International Fund for Agricultural Development (IFAD), Unicef, United Nations Development Programme (UNDP), United Nations Economic Commission for Europe (UNECE), World Food Programme (WFP); Regional Office for Europe dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e World metorological organization (Wmo), «In Europa e Asia centrale, la pandemia Covid-19 tutt’ora in corso e la guerra in Ucraina mettono in pericolo la sicurezza alimentare e il diritto a un’alimentazione sana. I prezzi dei generi alimentari sono saliti alle stelle, rendendo difficoltoso per i responsabili delle decisioni garantire l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno». Ma il rapporto evidenzia anche che «I dati e le tendenze degli ultimi anni tratteggiano un quadro della sicurezza alimentare e della nutrizione perlopiù incoraggiante in Europa e Asia centrale. In generale, la regione versa in condizioni migliori rispetto ad altre aree del mondo, benché siano necessari miglioramenti per evitare battute d’arresto». Il rapporto elaborato dalle 8 agenzie Onu fornisce indicazioni preziose per aiutare a far fronte a questa situazione e contiene informazioni e analisi aggiornate sui trend a livello regionale e sui progressi compiuti verso il conseguimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) “Fame zero”. Inoltre, riporta studi sulla definizione di «Quadri strategici che consentano di favorire l’accesso a un’alimentazione sana e di rendere i sistemi agroalimentari più sostenibili dal punto di vista ambientale nella regione di Europa e Asia centrale». Le agenzie Onu sottolineano che «Avvalendosi dei dati e delle raccomandazioni contenuti nel rapporto, i paesi dovrebbero essere nelle condizioni di fornire assistenza ai piccoli agricoltori, alle comunità rurali e a tutti gli attori della filiera alimentare, nonché di sostenere le fasce povere e vulnerabili della popolazione tramite programmi olistici, secondo quanto previsto negli SDG. Come per le precedenti edizioni della Rassegna regionale della sicurezza alimentare e della nutrizione in Europa e Asia centrale, ci auguriamo che il rapporto fornisca conoscenze e riscontri preziosi e contribuisca a individuare alternative per un dialogo consapevole e un'azione concertata da parte di tutti i partner, in un contesto di piena collaborazione, tesa ad accelerare i progressi verso l’obiettivo della fame zero e dell’accesso a un’alimentazione sana in Europa e Asia centrale». Il rapporto evidenzia che «La prevalenza della sottoalimentazione nel mondo è salita al 9,9% nel 2020 e, da allora, non ha smesso di crescere, mentre negli oltre 50 Paesi dell’Europa e dell’Asia centrale la media è rimasta al di sotto del 2,5% negli ultimi anni. Inoltre, sebbene in alcune zone della regione (Caucaso, Asia centrale e Balcani occidentali) la porzione di popolazione classificata come sottonutrita sia in aumento, e non si prevedano inversioni di rotta, la media regionale dovrebbe attestarsi al di sotto del 2,5%». Dopo un brusco rialzo nel 2020, la prevalenza regionale dell’insicurezza alimentare moderata o grave è tornata a salire dall’11,% nel 2020 al 12,4% nel 2021, un dato che  secondo il rapporto «Riflette un deterioramento della situazione per le persone che si trovano in gravi difficoltà a causa della pandemia Covid-19. Nel complesso, nel 2021, circa 116,3 milioni di persone, nella regione, versavano in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave; di queste, 25,5 milioni sono stati segnalati in soli due anni. Il numero delle persone vittime dell’insicurezza alimentare grave, ossia che non hanno regolarmente accesso a una quantità sufficiente di cibo nutriente, ha subito un’accelerata, aumentando di oltre 13 milioni dal 2019 al 2021». Il dato positivo è che in Europa e Asia centrale,  «I ritardi della crescita (un basso rapporto tra età e altezza) e il deperimento (causato da un apporto insufficiente di nutrienti all’organismo) interessano, rispettivamente, il 7,3% e l’1,9% dei bambini di età inferiore ai 5 anni, mentre, nel resto del mondo, tali condizioni colpiscono un numero di bambini tre volte maggiore». Ma nella regione Europa e Asia centrale «Il sovrappeso e l’obesità continuano a essere fenomeni allarmanti, sia tra bambini che tra gli adulti, con dati superiori alla media globale». E il rapporto avverte che «A causa del rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari, il costo di un’alimentazione sana è aumentato in quasi tutti i paesi dell’Europa e dell’Asia centrale. Nonostante ciò, ad eccezione di alcuni Paesi, la maggior parte della popolazione della regione (approssimativamente il 96,4%) ha potuto permettersi un’alimentazione sana, rispetto alla media del 58% della popolazione mondiale nel 2020. Alcuni Paesi importatori netti e a basso e medio reddito della regione (tra cui Armenia, Kirghizistan e Tagikistan) hanno una percentuale molto alta di popolazione (oltre il 40%) che non può permettersi una dieta sana». Il rapporto ricorda che «I Paesi della regione si caratterizzano per livelli di sviluppo diversi, così come diverso è il sostegno finanziario che essi assicurano al settore alimentare e agricolo. Inoltre, la maggior parte di questi paesi, soprattutto quelli a medio reddito, sono stati particolarmente colpiti dalle criticità emerse di recente, a livello regionale e globale, e non possono fare affidamento su maggiori capacità di investimento nei sistemi agroalimentari, come ricetta per superare la crisi». Per questo le agenzie Onu evidenziano che «Occorre rimodulare le politiche alimentari e agricole, in modo da renderle più adatte ad affrontare la “triplice sfida” a cui sono attualmente esposti i sistemi agroalimentari, vale a dire potenziare l'accesso a un’alimentazione sana, garantire mezzi di sostentamento migliori agli agricoltori e promuovere la sostenibilità ambientale. Per conseguire questo traguardo, non sarà sufficiente offrire incentivi fiscali ai singoli agricoltori, ma occorrerà ottimizzare i servizi generali, con interventi mirati nei settori della ricerca e dello sviluppo agricoli e dell’istruzione, con misure di espansione, con azioni di controllo di parassiti e malattie, con l’adozione di sistemi pubblici di controllo della sicurezza alimentare, nonché con la promozione di un'agricoltura climaticamente intelligente e di tecnologie e pratiche più efficienti in termini di emissioni». Secondo il rapporto, «Ripensando le attuali strutture di sostegno agricolo, sarà possibile incoraggiare anche il consumo di alimenti sani, primi fra tutti frutta, ortaggi e legumi. Nel definire il quadro per lo sviluppo di sistemi agroalimentari più sani, sostenibili, equi ed efficienti, non sarà, tuttavia, sufficiente limitarsi alle politiche agricole. Per avere azioni di rimodulazione degli obiettivi capaci di incidere nella regione, occorrerà, invece, ampliare lo spettro, fino a includere anche politiche complementari nel campo della sanità, della protezione sociale, del commercio e dell'ambiente. Soprattutto per quanto concerne la sostenibilità ambientale e una maggiore riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, i responsabili delle decisioni dovranno pensare in maniera olistica e facilitare l’applicazione di tecnologie e pratiche basate sulla scienza, climaticamente intelligenti ed efficienti dal punto di vista energetico lungo tutta la filiera agroalimentare». Il rapporto conclude: «Per avere successo, è fondamentale che tutti questi interventi tengano conto, in particolare, delle circostanze locali e rispettino il principio della partecipazione». L'articolo Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione in Europa e Asia centrale sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Le sorprendenti somiglianze tra gli strumenti di pietra dei primi umani e delle scimmie

somiglianze tra gli strumenti di pietra dei primi umani e delle scimmie
Lo studio “Wild macaques challenge the origin of intentional tool production”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie e della Chulalongkorn University di Bangkok e Saraburi, ha scoperto in Thailandia artefatti prodotti da scimmie che assomigliano a strumenti di pietra, che storicamente sono stati identificati come realizzati intenzionalmente dai primi ominidi. I ricercatori tedeschi sottolineano che «Fino ad ora, si pensava che gli strumenti di pietra affilati rappresentassero l'inizio della produzione intenzionale di strumenti di pietra, una delle caratteristiche distintive e uniche dell'evoluzione degli ominidi. Questo nuovo studio sfida le convinzioni di lunga data sulle origini della produzione intenzionale di strumenti nel nostro stesso lignaggio». La ricerca si basa su nuove analisi degli strumenti di pietra usati dai macachi cinomolghi o dalla coda lunga (Macaca fascicularis) nel Phang Nga National Park in Thailandia.  I ricercatori spiegano che «Queste scimmie usano strumenti di pietra per aprire noci dal guscio duro. In questo processo, le scimmie spesso rompono i loro martelli e le loro incudini. L’assemblaggio di pietre rotte che ne risulta è consistente e diffuso in tutto il territorio. Inoltre, molti di questi manufatti presentano tutte le stesse caratteristiche comunemente utilizzate per identificare strumenti di pietra realizzati intenzionalmente in alcuni dei primi siti archeologici dell'Africa orientale». Il principale autore dello studio, Tomos Proffitt del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie, evidenzia che «La capacità di creare intenzionalmente scaglie di pietra affilate è vista come un punto cruciale nell'evoluzione degli ominidi, e capire come e quando ciò sia avvenuto è una domanda enorme che viene tipicamente indagata attraverso lo studio di manufatti e fossili del passato. Il nostro studio dimostra che la produzione di utensili in pietra non è esclusiva degli esseri umani e dei nostri antenati. Il fatto che questi macachi utilizzino strumenti di pietra per lavorare le noci non è sorprendente, poiché usano anche strumenti per accedere a vari molluschi. Ciò che è interessante è che, così facendo, producono accidentalmente una loro documentazione archeologica sostanziale che è in parte indistinguibile da alcuni manufatti degli ominidi». Confrontando i frammenti di pietra prodotti accidentalmente dai macachi con quelli di alcuni dei primi siti archeologici umani, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che «Molti dei manufatti prodotti dalle scimmie rientrano nella gamma di quelli comunemente associati ai primi ominidi». Il co-autore principale dello studio, Jonathan Reeves, sottolinea: «Il fatto che questi artefatti possano essere prodotti attraverso la rottura di noci ha implicazioni per la gamma di comportamenti che associamo a scaglie taglienti nella documentazione archeologica...» Gli strumenti di pietra dei macachi recentemente scoperti forniscono nuove intuizioni su come i nostri antenati abbiano cominciato a utilizzare la prima tecnologia e che la sua origine potrebbe essere stata collegata a comportamento simile a quello della rottura delle noci che potrebbe essere molto più antico dell'attuale primo dato archeologico conosciuto. Lydia Luncz, autrice senior dello studio e capo del Forschungsgruppe Technologische Primaten del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie, conclude: «Spaccare noci usando martelli e incudini di pietra, in modo simile a quello che fanno oggi alcuni primati, è stato suggerito da alcuni come un possibile precursore della produzione intenzionale di utensili in pietra. Questo studio, insieme a quelli precedenti pubblicati dal nostro team, apre le porte alla possibilità di identificare una tale firma archeologica in futuro». L'articolo Le sorprendenti somiglianze tra gli strumenti di pietra dei primi umani e delle scimmie sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Clima, dall’Europarlamento nuovi obiettivi vincolanti per il taglio delle emissioni nazionali

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Frutto di un accordo maturato con i Governi degli Stati membri, l’Europarlamento ha approvato oggi – con 486 voti favorevoli, 132 contrari e 10 astensioni – la revisione del cosiddetto “regolamento sulla condivisione degli sforzi”, che stabilisce i livelli vincolanti di riduzioni annuali per le emissioni di gas serra per il trasporto su strada, il riscaldamento degli edifici, l'agricoltura, i piccoli impianti industriali e la gestione dei rifiuti per ciascuno Stato membro dell'Ue: insieme, questi settori valgono circa il 60% di tutte le emissioni climalteranti europee. Il testo deve ora essere formalmente approvato anche dal Consiglio, per essere poi pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Ue ed entrare così in vigore 20 giorni dopo. «Con questa legge – dichiara la relatrice del provvedimento, l’europarlamentare Jessica Polfjärd –  compiamo un importante passo avanti nella realizzazione degli obiettivi climatici dell'Ue. Le nuove regole per la riduzione delle emissioni nazionali garantiscono un contributo da parte di tutti gli Stati membri e l'eliminazione delle lacune esistenti». La nuova normativa Ue innalza l'obiettivo di riduzione dei gas serra a livello europeo, da raggiungere entro il 2030, dal 30 al 40% rispetto ai livelli del 2005. Per la prima volta, tutti i Paesi dell'Ue dovranno ridurre le emissioni di gas serra con obiettivi che variano dal 10 al 50% – con obiettivi di riduzione basati su Pil pro capite ed efficacia dei – costi e, ogni anno, dovranno inoltre garantire di non superare la propria quota annuale di emissioni di gas serra. La legge mira a conciliare l'esigenza di flessibilità da parte dei Paesi dell'Ue per raggiungere i propri obiettivi e la necessità di una transizione giusta e socialmente equa: per questo motivo, viene limitata la flessibilità prevista dalla normativa precedente, riducendo la quantità di emissioni che gli Stati membri potranno risparmiare da anni precedenti, prendere in prestito da anni futuri e scambiare con altri Stati membri. Per responsabilizzare gli Stati membri, la Commissione, su richiesta del Parlamento, renderà pubbliche le informazioni sulle azioni a livello nazionale in un formato facilmente accessibile. L'articolo Clima, dall’Europarlamento nuovi obiettivi vincolanti per il taglio delle emissioni nazionali sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Dall’Europarlamento via libera alla nuova direttiva sull’efficienza energetica degli edifici

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Con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astensioni, la plenaria dell’Europarlamento ha approvato oggi la proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (Epbd), che un mese fa aveva già ottenuto il via libera della commissione Itre. Dopo il voto di oggi, la palla passerà ai negoziati finali tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue – il cosiddetto trilogo – prima di tornare in plenaria per l’approvazione nella formulazione definitiva. «L'impennata dei prezzi dell'energia ha riportato l'attenzione sull'efficienza energetica e sulle misure di risparmio energetico – spiega il relatore della misura, l’europarlamentare Ciarán Cuffe – Migliorare le prestazioni degli edifici europei abbasserà le bollette e la nostra dipendenza dalle importazioni di energia. Vogliamo che la direttiva riduca la povertà energetica e le emissioni, e garantisca migliori ambienti interni per la salute delle persone. Si tratta di una strategia di crescita per l'Europa, che creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro locali e di buona qualità nell'edilizia, nelle ristrutturazioni e nelle energie rinnovabili, migliorando il benessere di milioni di persone che vivono in Europa». Il settore edilizio è responsabile infatti del 40% del consumo totale dell’energia e del 36% delle emissioni a effetto serra nell’Ue, ma già prima della guerra in Ucraina (dati 2020) circa 36 milioni di europei non potevano mantenere le loro case al caldo a causa di redditi bassi, spese energetiche elevate e scarsa efficienza degli impianti e degli edifici. Per contrastare in un sol colpo povertà energetica e crisi climatica, la nuova proposta di direttiva propone di raggiungere la neutralità climatica degli edifici entro il 2050, introducendo importanti tappe intermedie a partire già dal 2026. Per allora tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a emissioni nette zero, un risultato che dovranno traguardare anche gli edifici privati entro il 2028. Soprattutto, case ed edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033 (per gli edifici non residenziali e pubblici i target dovranno essere raggiunti con 3 anni di anticipo, rispettivamente). Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. Inoltre «gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell'impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati al momento dell'ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell'edificio». Questi gli obiettivi generali: saranno i singoli Paesi Ue a stabilire le misure necessarie per raggiungerli, all’interno dei Piani nazionali di ristrutturazione che dovranno essere redatti, in modo da tener conto delle specificità nazionali. Un fronte sul quale il Governo italiano sembra però voler gettare la spugna senza neanche provarci. «La direttiva sulle case green approvata in Parlamento europeo è insoddisfacente per l’Italia. Anche nel trilogo, come fatto fino a oggi, continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale – dichiara il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin – Non mettiamo in discussione gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese». Secondo questa lettura gli obiettivi di efficienza energetica, ritenuti raggiungibili dalla maggioranza degli eurodeputati di tutti i Paesi europei, non sarebbero raggiungibili per quella che è ancora la seconda potenza industriale del Vecchio continente. È davvero così? Per rispondere, oltre al potenziale ancora inespresso in termini di efficientamento, basti osservare i trascorsi degli ultimi anni. Secondo le stime prodotte dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) gli obiettivi al 2033 si traducono per l’Italia in circa 200mila interventi di ristrutturazione su singoli edifici l’anno, per un costo di circa 40-60 mld di euro annui. Nel 2022, con ecobonus e superbonus in vigore, gli interventi sono stati 260mila. Tornando invece al regime pre-superbonus e pre-cessione del credito/sconto in fattura – ovvero la scelta politica operata recentemente proprio dal Governo Meloni – il ritmo cala di molto: la decarbonizzazione completa del parco edilizio verrebbe raggiunta tra 3.800 anni anziché nel 2050. Non a caso gli eurodeputati hanno approvato una proposta in cui «i piani nazionali di ristrutturazione prevedano regimi di sostegno per facilitare l'accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi». È dunque evidente che anche l’Italia sarà presto chiamata, in caso di approvazione della nuova direttiva, a rivedere per l’ennesima volta gli incentivi a sostegno delle ristrutturazioni edilizie. «Il via libera arrivato oggi dall’Eurocamera alla direttiva case green – commenta nel merito Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – rappresenta un’ottima notizia. L’Italia non perda questa importante occasione, affronti con interventi concreti, politiche ambiziose e una revisione dei sistemi incentivanti, la sfida indicata dall’Europa a partire dalla definizione di un piano nazionale di riqualificazione edilizia evitando, però, di commettere gravi errori come quello fatto recentemente prevedendo lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura». L'articolo Dall’Europarlamento via libera alla nuova direttiva sull’efficienza energetica degli edifici sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Nell’ex centrale Enel di Augusta nascono un parco fotovoltaico e un centro di ricerca

centrale enel augusta
Dove prima si bruciavano combustibili fossili, si farà ricerca e si produrrà al contempo energia rinnovabile portando benefici direttamente al territorio locale: è questo il nuovo destino dell’ex centrale termoelettrica di Augusta (SR), dove oggi prende corpo l’accordo abbozzato tre anni fa tra Enel, Cnr e il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia (Psts). I tre soggetti firmatari hanno infatti inaugurato un innovativo Centro di ricerca all’interno dell’area, dove è stato realizzato anche un nuovo impianto fotovoltaico da 1,5 MW. Un processo di riconversione portato avanti salvaguardando gli edifici e il patrimonio storico-industriale rappresentato dal sito: progettato dall’architetto e urbanista Giuseppe Samonà, l’impianto vinse infatti il premio “Archinsi61” nel 1961 ed è ancora oggetto di studi e ricerche universitarie. «La centrale Tifeo di Augusta – dichiara il sindaco, Giuseppe Di Mare - fu costruita alla fine degli anni 50. La sua realizzazione consentì di risolvere le esigenze energetiche delle diverse industrie che si insediarono in quest’area dopo la guerra. Con la nazionalizzazione degli anni 60 venne assorbita dall’Enel e, per circa 50 anni, continuò a fornire la sua energia al sistema elettrico regionale. Con grande orgoglio per il territorio, oggi la centrale di Augusta, con la realizzazione del nuovo impianto fotovoltaico e dei laboratori di ricerca del Cnr, torna a essere protagonista nel processo di transizione energetica in corso nel Paese». Il nuovo centro di ricerca è a disposizione dei ricercatori dell'Istituto di tecnologie avanzate per l'energia "Nicola Giordano" del Cnr e del Parco scientifico: sarà dedicato in particolare alle bonifiche sostenibili e ad azioni di mitigazione degli impatti ambientali di impianti e infrastrutture per la generazione di energia ad esse collegati, con le tecnologie elaborate che saranno anche oggetto di applicazione in luoghi di interesse Enel. Il nuovo impianto fotovoltaico realizzato da Enel green power utilizza invece moduli fotovoltaici di ultima generazione prodotti nella fabbrica di Catania 3Sun, dove è stato recentemente inaugurato il cantiere che la porterà ad essere la più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa, grazie ad un investimento da 600 mln di euro. Grazie a una potenza di circa 1,5 MW, l’impianto permetterà di evitare ogni anno l’equivalente di 1.500 tonnellate di anidride carbonica (CO2) e l’utilizzo di 800.000 metri cubi di gas; un progetto che ha visto il coinvolgimento attivo dei cittadini di Augusta, che hanno aderito all’iniziativa di crowdfunding “Scelta rinnovabile”: in questo modo le comunità locali hanno avuto l’opportunità di investire direttamente sulla realizzazione dell’impianto, garantendosi un vantaggioso tasso di remunerazione del finanziamento. «La transizione energetica verso un modello energetico più sostenibile rappresenta un’opportunità per dare nuova vita ai nostri impianti non più in esercizio – commenta Luca Solfaroli Camillocci, responsabile Enel green power e Thermal generation Italia di Enel – Il sito di una centrale termoelettrica, che ha garantito energia e sviluppo al territorio per anni, ospita ora un centro di ricerca e un impianto di produzione da fonti rinnovabili». L'articolo Nell’ex centrale Enel di Augusta nascono un parco fotovoltaico e un centro di ricerca sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.