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Accordo Ue da 264 milioni di euro per finanziare 26 centrali fotovoltaiche (255 MW) in Italia

264 milioni di euro per finanziare 26 centrali fotovoltaiche
La Banca Europea per gli Investimenti (BEI), Crédit Agricole Corporate and Investment Bank filiale di Milano (Crédit Agricole CIB), Natixis Corporate and Investment Banking (Natixis CIB) e Reden hanno concluso un'operazione di project financing da 264 milioni di euro per finanziare uno dei più grandi portafogli fotovoltaici in Italia.  La BEI spiega che «Il finanziamento sosterrà la costruzione e la gestione di un massimo di 26 centrali fotovoltaiche con una capacità installata totale fino a 255 MW in tutta Italia. 11 di queste  saranno realizzati nel sud del Paese, 8 nel nord e 7 nel centro Italia. Tutte le centrali saranno operative entro il primo trimestre del 2025 e produrranno circa 470 GWh all'anno di energia elettrica rinnovabile, sufficienti a soddisfare la domanda di oltre 190.000 famiglie italiane». Un’operazione contribuirà al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di RepowerEU della BEI e degli obiettivi di produzione di energia rinnovabile dell'Italia. Inoltre, si prevede inoltre che questi investimenti nel fotovoltaico eviteranno l’emissione di circa 3,3 milioni di tonnellate di CO2 nel corso della durata della vita utile degli impianti. La Bei specifica che «La maggior parte degli impianti beneficerà della tariffa incentivante prevista dal Decreto FER 1 in quanto sorgerà su terreni industriali e genererà quindi ricavi convenzionati per 20 anni. Per il resto, che sarà costruito su terreni agricoli, il mutuatario - Reden Development Italy - dovrebbe firmare contratti di acquisto di energia elettrica a lungo termine o vendere l'elettricità sul mercato». Si tratta di un finanziamento classificato come prestito verde secondo i  Green Loan Principles della Loan Market Association e per i partner dell’accordo «E’ un punto di riferimento importante per il settore, in quanto è uno dei più grandi portafogli fotovoltaici greenfield in Italia che combina tariffe incentivanti, contratti di acquisto di energia elettrica a lungo termine e entrate di mercato». La vicepresidente della BEI  Gelsomina Vigliotti ha commentato: «In qualità di banca climatica dell'Ue, siamo lieti di cofinanziare la costruzione di uno dei più grandi portafogli fotovoltaici greenfield in Italia, che genererà energia rinnovabile sufficiente a soddisfare la domanda di oltre 190.000 famiglie italiane. Questa operazione dimostra ancora una volta il forte impegno della BEI a sostenere il piano REPowerEU e a rendere l'Europa il primo continente a emissioni zero al mondo». Thierry Carcel, AD di Reden Solar, ha ricordato che «Dopo la nostra decisione strategica di entrare nel mercato italiano nel 2021, questo primo finanziamento per Reden in Italia conferma la nostra forte ambizione di sviluppare la nostra presenza nel Paese e di contribuire attivamente alla crescita verde e alla transizione energetica dell'Italia. Con il supporto del gruppo, il nostro team, con sede a Roma e guidato da Luca Crisi, gestirà la costruzione e la gestione di questo portafoglio. Stanno inoltre già lavorando su ulteriori progetti avanzati per raggiungere più di 1 GW di capacità installata in Italia entro il 2027». Jamie Mabilat, Country Head di Crédit Agricole CIB in Italia, ha sottolineato che «In qualità di banca di relazione chiave di Reden, siamo lieti di supportare l'espansione dell'azienda nel mercato italiano e i suoi ambiziosi piani di crescita. Questa transazione dimostra il forte impegno di Crédit Agricole CIB per la transizione energetica e la nostra posizione di leader nel mercato dei prestiti verdi. Vorremmo anche ringraziare il management di Reden per la fiducia dimostrata nell'affidare a Crédit Agricole CIB la guida di questa operazione molto importante. Guido Pescione, Country Head della filiale milanese di Natixis CIB, ha aggiunto: «Siamo orgogliosi di essere stati incaricati come unico sottoscrittore della prima iniziativa greenfield di Reden in Italia. Questa straordinaria transazione dimostra ulteriormente gli sforzi di Natixis per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili nella transizione verde e i suoi valori ambientali e di sostenibilità». Tutti gli impianti saranno interamente di proprietà di Reden Development Italy Srl, che fa parte del Gruppo Reden Solar recentemente acquisito dal Mandel Consortium, la cui maggioranza è detenuta dal principale fondo di investimento globale Macquarie. La filiale italiana di Reden si occuperà anche dei lavori di costruzione e delle attività di gestione e manutenzione. L'articolo Accordo Ue da 264 milioni di euro per finanziare 26 centrali fotovoltaiche (255 MW) in Italia sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Senza politica industriale a rischio il 48% della produzione italiana di batterie

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Mentre l’Unione europea continua a reinviare il via libera definitivo ad una mobilità a emissioni zero – per auto e furgoni – a partire dal 2035, anche grazie alle pressioni messe in campo dal Governo italiano, la nascente industria delle batterie guarda alle opportunità garantite sull’altra sponda dell’Atlantico. Una nuova analisi di Transport & Environment (T&E) documenta infatti che quasi la metà (48%) della produzione di batterie agli ioni di litio pianificata oggi in Italia rischia di andare incontro a ritardi, di essere ridimensionata o addirittura cancellata. Emblematico il caso di Italvolt: «Il progetto inizialmente previsto a Scarmagno vicino Torino potrebbe subire ritardi o venire ridimensionato a favore del suo gemello Statevolt in California. Al momento sullo stabilimento che dovrebbe sorgere in Piemonte persistono incertezze in merito ai finanziamenti e ai permessi necessari alla costruzione». Ma non si tratta di rischi che riguardano solo l’Italia, anzi. In tutta Europa sia a rischio il 68% della capacità produttiva di batterie agli ioni di litio prevista per i prossimi anni. A determinare questa situazione è soprattutto  l’Inflation reduction act (Ira), la legge approvata da Washington per attirare la produzione di tecnologie verdi, in assenza di equivalenti strumenti comuni di sostegno finanziario da parte dell’Ue. T&E ha analizzato la situazione delle 50 gigafactory annunciate in Europa, mostrando come 1,2 TWh di produzione europea di batterie, in grado di equipaggiare 18 milioni di auto elettriche, sia attualmente ad alto o medio rischio di interruzione o delocalizzazione. A rischiare maggiormente di veder svanire la capacità industriale attualmente prevista sono Germania – Tesla ha già dichiarato che concentrerà la fabbricazione di celle negli Stati Uniti per sfruttare gli incentivi dell’Ira, piuttosto che nella gigafactory di Berlino – Ungheria, Spagna, Italia e Regno Unito. «I piani industriali per la produzione di batterie nella Ue sono sotto il fuoco incrociato di Stati Uniti e Cina – commenta Carlo Tritto, policy officer di T&E Italia – Per competere efficacemente, l'Unione Europea deve dotarsi subito di una politica industriale verde incentrata sulle batterie, fornendo un robusto sostegno per aumentarne i volumi di produzione. In caso contrario si rischia di accumulare un ritardo che potrebbe tradursi in una pesante sconfitta industriale». L'articolo Senza politica industriale a rischio il 48% della produzione italiana di batterie sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Non solo Nimby: al via la quarta edizione del premio Pimby green

Immagine Premio Pimby Green
Nel nostro Paese le sindromi Nimby (not in my back yard, non nel mio giardino) e Nimto (not in my termo of office, non nel mio mandato elettorale) spiccano tra le principali difficoltà a mettere a terra gli impianti necessari a sostenere la transizione ecologica – da quelli per la gestione rifiuti a quelli per la produzione di energia rinnovabile –, ma un’alternativa esiste: quella Pimby, please in my back yard, che quest’anno verrà celebrata ancora una volta da Assoambiente con la IV edizione del premio Pimby green. «Il nostro Paese sta cambiando: raccontare l'Italia che cresce, in cui la cultura del fare soppianta quella del no a tutto, è l'obiettivo del premio Pimby green – spiega Chicco Testa, presidente Assoambiente – Il Pnrr rappresenta una straordinaria opportunità per mettersi alle spalle ritardi e colmare lacune, dando vita a una crescita economica più sostenibile e inclusiva. Ripensare con innovazione settori come l’energia, la mobilità, la gestione dei rifiuti, il rinnovamento del manifatturiero richiede necessariamente una cooperazione efficace tra pubblico e privato, indispensabile se si vogliono finalmente affrontare e risolvere criticità e gap territoriali, come la carenza di infrastrutture in molte aree del Paese». Da oggi sono aperte le candidature alla quarta edizione del premio che, come da tradizione, intende valorizzare le opportunità espresse dalla realizzazione di opere di pubblica utilità, scardinando le convinzioni, spesso pregiudiziali, legate alle contestazioni Nimby. Possono candidarsi al premio Pimby green 2023 Pubbliche amministrazioni, imprese, associazioni e giornalisti impegnati a promuovere il rilancio industriale dell'Italia con: la progettazione e realizzazione di infrastrutture strategiche per i territori e impianti industriali tecnologicamente avanzati; il confronto, il dialogo e la partecipazione per creare coinvolgimento positivo e responsabile nei cittadini; la pubblicazione di articoli e contenuti scientifici che contribuiscano a diffondere un'informazione trasparente volta a contenere il fenomeno dell'opposizione aprioristico a qualsiasi opera. È possibile presentare la candidatura al premio scrivendo a assoambiente@assoambiente.org entro il 25 maggio 2023. Le proposte verranno valutate da una giuria che decreterà i vincitori, che saranno premiati nel corso di un evento promosso dall’associazione il 18 luglio a Roma. Il regolamento e tutte le informazioni per poter presentare le candidature sono disponibili su https://assoambiente.org/entry_p/News/news/14124/. L'articolo Non solo Nimby: al via la quarta edizione del premio Pimby green sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Come si è evoluto il senso di equità. I macachi e l’ingiusta ricompensa

Come si e evoluto il senso di equita
Nonostante a volte non sembri, gli esseri umani hanno un forte senso di equità. Se riteniamo che le risorse vengano distribuite in modo iniquo o errato, di solito protestiamo. Questo comportamento di controllo promuove una cooperazione di successo e spiega in parte perché la cooperazione sia stata una strategia vincente nell'evoluzione umana. Per molto tempo, il senso di equità è stato considerato un attributo esclusivamente umano, poi gli scienziati hanno scoperto che anche gli animali reagiscono con frustrazione se una prestazione viene ricompensata in modo diverso, senza una ragione apparente, come nel famoso video in cui delle scimmie buttano via il cetriolo offertole dal loro addestratore mentre un loro conspecifico riceve uva dolce come ricompensa per lo stesso compito. Ma i ricercatori hanno osservato reazioni altrettanto frustrate di fronte a ricompense ingiuste nei lupi, ratti e corvi. I modelli comportamentali caratteristici possono essere riprodotti in modo affidabile in esperimenti su varie specie di uccelli, roditori e scimmie. Però, gli scienziati continuano a discutere sulle ragioni di questo comportamento: la frustrazione deriva davvero da un'avversione per la disparità di trattamento o c'è un'altra spiegazione? Il nuovo studio “Social disappointment and partner presence affect long-tailed macaque refusal behaviour in an “inequity aversion” experiment”, pubblicato su Royal Society Open Science da un team di ricercatori  del Deutsches Primatenzentrum (DPZ), della Georg-August-Universität Göttingen e dell’Université Sorbonne Paris Nord, ha osservato il comportamento di macachi cinomolghi  (Macaca fascicularis, chiamati anche macaco di Buffon, di Giava e dalla coda lunga) utilizzando un approccio esplicativo alternativo in un progetto collaborativo. Il team di   Rowan Titchener, della Georg-August-Universität Göttingen ed etologo del DPZ, ha dimostrato che «I macachi cinomolghi rifiutano più frequentemente una ricompensa inferiore se viene selezionata e assegnata da una persona. Al contrario, se la ricompensa è fornita da un alimentatore automatico, l'accettano». I ricercatori concludono che «Le scimmie rifiutano la ricompensa per delusione sociale nei confronti dello sperimentatore, e non perché si sentano in svantaggio rispetto a un conspecifico». Nel nuovo studio, i ricercatori hanno testato tre spiegazioni alternative per il comportamento di protesta a seguito di un trattamento ineguale. La prima ipotesi ipotizza "l'avversione all'ineguaglianza" e presuppone il confronto sociale con i conspecifici e un senso di equità e si basa sull'idea che il modello delle ricompense viene confrontato tra se stessi e gli altri in modo che possa essere percepito come ingiusto. La seconda ipotesi, "aspettativa di cibo", presuppone la visibilità del cibo attraente come fattore scatenante della frustrazione. Pertanto, se è visibile una ricompensa di alta qualità, l'animale si aspetta di riceverla. La terza ipotesi si basa sulla "delusione sociale" per la decisione del formatore di fornire una ricompensa inferiore. I risultati del nuovo studio sui macachi cinomolghi  sono in linea con un precedente studio sugli scimpanzé e la Titchener sottolinea che «I modelli di risposta degli animali sono spiegati meglio dalla frustrazione per le decisioni dell'addestratore umano. Pertanto, i risultati attuali parlano a favore della terza ipotesi, basata sulla delusione sociale». Un’interpretazione supportata in particolare dal fatto che i macachi accettavano più spesso una ricompensa inferiore da un alimentatore automatico che da un essere umano. Nell'esperimento i ricercatori hanno confrontato le scimmie in 4 diversi scenari ma con la stessa procedura: all'azionamento di una leva seguiva la ricompensa di cibo di bassa qualità consegnato da un piccolo nastro trasportatore. Sono state mostrate ricompense di alta qualità, ma sono rimaste fuori portata dei macachi. Il progetto sperimentale è stato variato in due modi: nel primo la ricompensa veniva fornita da un essere umano o somministrata da un alimentatore automatico; nel secondo l'animale era solo o un conspecifico ha risolto lo stesso compito mentre poteva vederlo, ma ha ricevuto ricompense di qualità superiore. Le scimmie non hanno quasi mai rifiutato la ricompensa quando veniva fornita dall'alimentatore automatico, ma lo hanno fatto in oltre il 20% degli esperimenti in cui un essere umano ha offerto loro il cibo di minore qualità. Al  DPZ  dicono che «Questo modello comportamentale è coerente con la delusione sociale nei confronti dell'umano che decide di dare loro la ricompensa inferiore». La Titchener aggiunge: «Le scimmie non hanno aspettative sociali nei confronti di un distributore automatico e quindi non restano deluse». Stefanie Keupp, leader dello studio al DPZ conclude: «Una combinazione di delusione sociale nei confronti dello sperimentatore umano e un certo grado di competizione alimentare spiega meglio il comportamento dei macachi dalla coda lunga nel nostro studio». L'articolo Come si è evoluto il senso di equità. I macachi e l’ingiusta ricompensa sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

L’università di Pisa, i cinesi e l’intelligenza artificiale sostenibile

intelligenza artificiale sostenibile
L’obiettivo dello studio “Echo state graph neural networks with analogue random resistive memory arrays”, era quello di contribuire a una intelligenza artificiale sostenibile e progettare reti neurali artificiali a basso impatto energetico. Lo studio è stato pubblicato su Nature Machine Intelligence  da un team di studiosi delle più importanti università cinesi e di Hong Kong e da un unico italiano: Claudio Gallicchio del Dipartimento di informatica dell’università di Pisa che spiega: «In questo studio abbiamo dimostrato come sia possibile progettare reti neurali artificiali che possano essere addestrate ed eseguite su sistemi hardware non-convenzionali, ottenendo risultati predittivi comparabili con quelli ottenibili con le unità di elaborazione grafica (GPU) e al tempo stesso riducendo il consumo energetico fino a oltre 40 volte». La ricerca ha riguardato la progettazione congiunta hardware-software di reti neurali artificiali per grafi, una classe di metodologie informatiche all’avanguardia, utili a risolvere problemi in domini complessi come l’analisi delle reti sociali e la scoperta di nuovi farmaci. Gallicchio evidenzia che «Da un punto di vista informatico gli algoritmi proposti sfruttano una tecnica basata sulla teoria dei sistemi dinamici neurali, nota come Reservoir Computing, per ridurre al minimo la richiesta di calcolo degli algoritmi di addestramento. Da un punto di vista fisico, le reti neurali vengono implementate in random resistive memory arrays, nanodispositivi neuromorfici caratterizzati da un’elevatissima efficienza energetica». I risultati conseguiti sono stati possibili grazie ad una collaborazione interdisciplinare che ha mostrato i vantaggi della realizzazione di algoritmi di apprendimento automatico in hardware neuromorfico, indicando così una direzione promettente per i sistemi di Intelligenza Artificiale di prossima generazione. L'articolo L’università di Pisa, i cinesi e l’intelligenza artificiale sostenibile sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Gli yacht dei super-ricchi finanziano la brutale dittatura militare del Myanmar. Coinvolta l’Italia

Gli yacht dei super ricchi finanziano la brutale dittatura militare del Myanmar
L’indagine “Deforestation Inc.” dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) ha rivelato che m nell’estate del 2021, mentre la giunta militare del Myanmar reprimeva sanguinosamente gli oppositori democratici, una famosa e storica impresa di legname statunitense, la J. Gibson McIlvain Co. del Maryland,  che ha fornito legname anche alla Casa Bianca e allo Yankee Stadium  e che si vanta per il suo impegno per una silvicoltura responsabile ha concluso silenziosamente un affare da 100.000 dollari con la Win Enterprise Ltd, una filiale dell’impresa del legname che ha strettissimi legami con la giunta militare fascista del Myanmar.  Secondo i documenti trapelati dall'agenzia delle imposte del Myanmar, la spedizione di teak sarebbe una delle almeno due avvenute nel 2021 e nel 2022, dopo che sia gli Stati Uniti che l'Unione Europea avevano imposto sanzioni al produttore monopolistico di teak del Myanmar in risposta al colpo di stato militare che ha rovesciato un governo eletto democraticamente. L’ ICIJ  evidenzia che «Sebbene Win Enterprise non fosse soggetta a sanzioni, all'epoca era elencata sul sito web del monopolio di stato come un'unità della Forest Products Joint Venture Corp. Ltd. (FPJV), un'impresa di legname di proprietà maggioritaria del monopolio di stato e un'agenzia statale. Win Enterprise, che ha lo stesso direttore di FPJV, afferma che «L'elenco è un errore». Sul suo sito Web, J. Gibson McIlvain afferma di avere «Il controllo totale della qualità lungo l'intera catena di approvvigionamento forestale in qualsiasi parte del mondo» ed esibisce il logo "responsible forestry” del  Forest Stewardship Council (FSC), che verifica la sostenibilità ambientale e sociale della catena di approvvigionamento dei prodotti forestali. Sentita da ICIJ, FSC ha risposto che sta indagando sulle catene di approvvigionamento del teak che ha certificato. Il teak del Myanmar è molto apprezzato per realizzare e manutenere gli yacht di lusso e dai produttori di mobili di fascia alta in tutto il mondo. Questo legname prezioso è anche una fonte di reddito vitale per il regime militare del Myanmar che gestisce in proprio il mercato attraverso imprese in mano all’esercito che  sequestrata e rivende anche il teak tagliato illegalmente per finanziare le operazioni militari, comprese violazioni dei diritti umani e crimini ambientali. Deforestation Inc. del ICIJ  fa luce sul ruolo di intermediari come Win Enterprise e organizzazioni di certificazione come FSC nel commercio del teak insanguinato del Myanmar e rivela anche «Difetti più ampi nel sistema globale inteso a prevenire la deforestazione e combattere il cambiamento climatico. Condotta con 39 media partner, l'indagine mostra come i revisori ambientali e le cosiddette società di certificazione abbiano dato il loro marchio di approvazione a prodotti legati alla deforestazione, alle attività di disboscamento nelle zone di conflitto e ad altri abusi per farli entrare nei mercati di tutto il mondo». L'inchiesta sulla continuazione del commercio di teak in Myanmar dopo il colpo di stato si basa su file trapelati dall'agenzia fiscale del Myanmar, dati commerciali pubblicamente disponibili e interviste con commercianti di teak in 11 Paesi. I file confidenziali ー la maggior parte del 2021 e 2022 ー sono stati condivisi con ICIJ da Justice for Myanmar, Finance Uncovered e Distributed Denial of Secrets. L'indagine dell'ICIJ ha rilevato che «Almeno 10 commercianti e rivenditori di teak, oltre a J. Gibson McIlvain, erano in possesso di certificazioni verdi mentre acquistavano da fornitori del Myanmar. Queste certificazione sono continuate dopo che alcune autorità europee hanno iniziato a limitare l'importazione di legno del Myanmar nel 2017 e dopo che l'Ue e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni nel 2021: Le sanzioni hanno spinto le società di certificazione a smettere di consentire l'uso dei loro loghi sul legno del Myanmar o proveniente dai programmi forestali del Paese». Tra i commercianti e i rivenditori c’è un'impresa della Florida che produce ponti per yacht e un’impresa di legname neozelandese che fornisce legname agli architetti. L'ICIJ ha anche scoperto che «Alcuni Stati membri dell'Ue semplicemente non applicano le restrizioni commerciali dell'Ue, messe in atto in risposta alle preoccupazioni sul disboscamento illegale». E denuncia che «Un'impresa italiana ha continuato a fornire tonnellate di teak birmano ai costruttori navali di altri Stati membri anche dopo che gli esperti dell'Ue hanno dichiarato non valide le certificazioni del teak birmano a causa dell'inaffidabile tenuta dei registri nell'attività controllata dalla giunta». Deutsche Welle (DW), che ha pubblicato l’inchiesta di  ICIJ insieme ad altri media europei, denuncia che «Sebbene stati come Germania, Belgio e Paesi Bassi abbiano cessato le importazioni dirette dal Myanmar, i dati commerciali dell'Ue suggeriscono che ciò non è vero per Croazia, Grecia e Italia, che è diventata il fulcro del commercio di teak in Europa.  Deforestation Inc. ha scoperto che alcuni produttori italiani di ponti per yacht e commercianti di legname importano prodotti in teak dal Myanmar tramite intermediari, che oscurano l'origine e la data di raccolta del legno, per poi esportare la merce a clienti in altri Paesi europei.  I file trapelati dall'agenzia delle entrate del Myanmar mostrano che solo tra aprile e settembre 2021, Comilegno Srl, che si definisce "importatori e fornitori di legname per pavimenti nel settore nautico", ha importato più di 665.000 euro di teak. Comilegno Srl è solo una delle 27 società menzionate nei documenti trapelati». Il tenente colonnello Claudio Marrucci dei Carabinieri Forestaliiano, intervistato dalla piattaforma investigativa italiana IRPIMedia nell'ambito di Deforestation Inc., ha affermato che «L'Italia adotta un approccio indulgente nei confronti del teak perché è fondamentale per l'industria nautica del Paese da quasi 2,8 miliardi di euro.  E’ un crimine, ma considerato grave quanto l'uccisione di uccelli». Il governo turco non ha imposto sanzioni sull'importazione di materie prime dal Myanmar e le aziende turche continuano liberamente a importare il prezioso teak: nel 2021 le importazioni teak in Turchia erano 2,2 milioni di euro, nel 2022 hanno superato i 10,6 milioni di euro e solo a gennaio 2023 erano già stato importato teak birmano per un valore superiore a 3,2 milioni di euro. Una parte di queste importazioni finisce in Italia. Parlando con DW, un importatore di teak turcoha detto di essere stato avvicinato da aziende italiane che gli chiedevano di cambiare l'origine documentata del teak del Myanmar e di venderlo a loro. «Le aziende italiane sono molto aggressive su questo tema» ha affermato e, anche se ha detto di non conoscere società turche che si sono piegate alle pressioni dei commercianti italiani, le statistiche ufficiali analizzate da DW dimostrano che «Nel 2022 la Turchia ha esportato teak in Italia per un valore di 500.000 euro. È stata la prima esportazione di teak da oltre 20 anni». Secondo i documenti condivisi con Deforestation Inc., verso la fine del 2022, in sole 6 settimane, la compagnia di costruzioni Cengiz Insaat Sanayi ve Ticaret AS (che vale 2 miliardi di euro) ha importato teak del Myanmar per un valore di 3 milioni di euro. Il  presidente della compagnia, Mehmet Cengiz, è amico intimo dell presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo la Banca Mondiale, Cengiz Holding è una delle prime tre società al mondo con il maggior numero di gare pubbliche vinte tra il 2002 e il 2020.  Sentito da DW, Cengiz Holding non ha voluto commentare quale utilizzo abbia fatto del teak del Myanmar. Secondo “Deforestation Inc.”, il risultato di tutto qusto è che «Un brutale regime militare raccoglie denaro attraverso i rapporti con i commercianti di teak del Myanmar, e le imprese occidentali continuano a pubblicizzarsi come "sostenibili" mentre vendono mobili e yacht di fascia alta realizzati con il teak del Myanmar». Win Myo Thu, un ambientalista ed esperto di silvicoltura del Myanmar che era consulente del governo democratico abbattuto dal golpe militare, sottolinea che «Nelle aree in cui ci sono specie commerciali di elevato valore come il teak, lo sfruttamento delle foreste è ancora in corso. Nel frattempo, il regime militare sta usando i profitti del teak per schiacciare le forze democratiche». Le ricche risorse naturali del Myanmar - petrolio, gas, oro e legni duri tropicali, come il teak - sono state la principale causa dei colpi di stato militari e della guerriglia delle minoranze etniche. La Myanma Timber Enterprise ( MTE), di proprietà statale, ha il monopolio della produzione e del commercio di legname del Myanmar  e contratta con società di disboscamento, comprese alcune controllate dai militari, che raccolgono legname per venderlo in Cina e Thailandia e in molti altri Paesi. Le compagnie di disboscamento sfruttano soprattutto foreste remote dove non arrivano i controlli degli ambientalisti, diventati ancora più rischiosi dopo il nuovo golpe militare. L'MTE paga al governo una royalty per i tronchi, che vende all'asta alle imprese esportatrici, comprese alcune di proprietà di oligarchi politicamente legati ai militari. Secondo i dati di Global Forest Watch, la deforestazione, sia sotto i governi militari che con quelli effimeri civili, ha avuto un effetto devastante sulle foreste del Paese: dal 2001 il Myanmar ha perso un’area forestale grande quanto la Svizzera. La situazione era cominciata a cambiare dopo che il governo di transizione civile-militare si era insediato nel 2011, seguito da un governo guidato di fatto dalla Premio Nobel per la pace  Aung San Suu Kyi, dopo che la Lega nazionale per la democrazia nel 2015 stravinse le elezioni, Per redigere standard e regolamenti, l'agenzia forestale governativa si era rivolta all'industria delle certificazioni ambientali internazionali. Nel 2017, il  Myanmar Forest Certification Committee ha collaborato col Programme for the Endorsement of Forest Certification (PEFC)  per stabilire standard di gestione forestale sostenibile e creare un processo di certificazione. Il PEFC ha aiutato a formare gli auditor  forestali  fino al 2020. Mentre FSC e PEFC hanno cessato di concedere il loro label al teak del Myanmar dopo il colpo di stato del 2021,  la sedicente società di verifica Double Helix Tracking Technologies di Singapore non l’ha fatto e garantisce ancora la “sostenibilità” del teak acquistato e registrato secondo alla legge birmana. Fondata nel 2008, Double Helix  è diventata una delle 4 società accreditate dal Myanmar Forest Certification Committee per controllare i produttori e i commercianti di prodotti forestali e certificare la loro conformità agli standard forestali locali. In un'intervista a ICIJ, il co-fondatore e amministratore delegato dell'azienda, Darren Thomas, ha affermato che «Double Helix è stata creata per aiutare i clienti a condurre la due diligence sulle catene di approvvigionamento basata sulla capacità di rintracciare i prodotti fino ai punti di origine». Ma per verificare certificati, accordi di licenza e altri documenti che documentano quando e come gli alberi vengono tagliati, trasportati e approvati per l'esportazione, Double Helix si affida alle fonti di informazioni meno affidabili: quelle fornite dalle autorità forestali del Myanmar.  Thomas ha però ammesso che «Dal colpo di stato del 2021, il numero di clienti è diminuito e l'impresa si concentra sul determinare se il teak che i suoi clienti commerciano sia stato registrato prima delle sanzioni e quindi non collegato al governo militare». Però, gli esperti fanno notare che la situazione in Myanmar, un Paese in piena guerra civile, è così caotica che non è possibile verificare le pratiche forestali e che, in ogni caso, il commercio del legname avvantaggia la giunta militare fascista. Win Myo Thu ricorda che «Anche prima del colpo di stato, la fragile presa del potere del governo nelle aree remote rendeva praticamente impossibile un'efficace governance delle foreste. Durante le mie  ispezioni ho scoperto enormi discrepanze tra i dati forniti dai funzionari e la realtà sul campo. A volte, la fonte del legname non può essere verificata. In altre occasioni, le agenzie governative non disponevano di dati accurati né sugli inventari dei tronchi né sugli alberi rimasti in piedi». In un rapporto del 2019 che citava i risultati dell'organizzazione di Win Myo Thu, Advancing Life and Regenerating Motherland, e altre ricerche, osservatori dell’Onu e dell’Ue hanno evidenziato che «Alcuni segni identificativi sui tronchi erano applicati così male da rendere difficile rintracciarne l'origine, mentre alcuni ceppi non aveva alcun segno, portando alla conclusione che"alcuni legnami vengono estratti illegalmente». Win Myo Thu  ha detto a ICIJ  che «Date le carenze del governo, dubito che Double Helix – o chiunque altro – possa verificare in modo affidabile la legalità delle pratiche di disboscamento in Myanmar». Nel 2020, dopo una serie di sentenze dei tribunali europei e un ampio studio, il team di esperti europei del Multi-Stakeholder Platform on Protecting and Restoring the World's Forests ha concluso che «Le informazioni fornite dalle autorità del Myanmar non potevano essere verificate, rendendo inaffidabili le attestazioni di Double Helix» e ha scoperto che «I metodi di Double Helix non potevano escludere in modo affidabile che il legname testato fosse raccolto all'interno o all'esterno di specifiche aree di raccolta forestale o di conflitto». Nonostante tutto questo, le imprese con sede in Myanmar e i commercianti di teak di paesi che non hanno sanzionato le imprese legate alla giunta, tra cui India e Singapore, utilizzano la certificazione Double Helix per garantire la sostenibilità del teak birmano. Negli Usa e in alcuni Paesi europei, lo fanno anche le aziende che affermano di aver acquistato il teak prima che venissero imposte le sanzioni. Il  CEO di Double Helix, Thomas, respinge la posizione dell’Ue e la butta addit rittura sul sociale: «Il nostro ritiro dal Myanmar danneggerebbe i normali lavoratori forestali e delle segherie. Non ho alcun interesse o sostegno per l'attuale governo militare del Myanmar, ma sostengo il popolo del Myanmar che deve sopportare l'attuale crisi senza alcun sostegno internazionale. Non vedo alcun motivo per attaccare o rimuovere un'altra fonte di reddito economico per le imprese private e gli operai che stanno già lottando per sopravvivere». A parte il fatto che nemmeno l’autoritaria Singapore è un esempio di democrazia, la sua posizione è resa possibile dalla scarsa pressione dei Paesi democratici verso un regime militare che spara contro il suo stesso popolo, che ha ucciso almeno 3.000 oppositori e provocato 1,4 milioni di sfollati con una guerra interna. L'articolo Gli yacht dei super-ricchi finanziano la brutale dittatura militare del Myanmar. Coinvolta l’Italia sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

La superpropulsione della pipì delle cicaline dalle ali vitree (VIDEO)

La superpropulsione della pipi delle cicaline dalle ali vitree
Lo studio “Droplet superpropulsion in an energetically constrained insect”, pubblicato su Nature Communications da Elio Challita, Prateek Sehgal e M. Saad Bhamla  del Georgia Institute of Technology e da Rodrigo Krugner  dell’United States Department of Agriculture, nasce da un incontro fatto da Bhamla nel suo cortile quando ha visto qualcosa che non aveva mai visto prima: un insetto che faceva la pipì: «Sebbene quasi impossibile da vedere – spiega - l'insetto formò una gocciolina quasi perfettamente rotonda sulla coda e poi la lanciò via così velocemente che sembrò scomparire. Il minuscolo insetto si è liberato ripetutamente per ore». Generalmente si dà per scontato che ciò che entra debba uscire, quindi quando si tratta di dinamica dei fluidi negli animali, la ricerca si concentra principalmente sull'alimentazione piuttosto che sull'escrezione. Ma Bhamla aveva la sensazione che qullo che aveva visto non fosse così banale: «Si sa poco della dinamica dei fluidi dell'escrezione, nonostante il suo impatto sulla morfologia, l'energia e il comportamento degli animali. "Volevamo vedere se questo minuscolo insetto avesse escogitato qualche innovazione ingegneristica o fisica intelligente per fare pipì in questo modo». E’ così che Bhamla ed Elio Challita, un bioingegnere, hanno cominciato a studiare  come e perché le cicaline dalle ali vitree (Homalodisca vitripennis), piccoli parassiti noti per diffondere malattie nelle piante  (e che gli anglofoni chiamano glassy-winged sharpshooters e i francofoni mouche pisseuse) espellono urina e il modo in cui lo fanno. Utilizzando la fluidodinamica computazionale e gli esperimenti biofisici, i ricercatori hanno studiato i principi fluidici, energetici e biomeccanici dell'escrezione, rivelando come un insetto più piccolo della punta di un mignolo compia un'eccezionale impresa di fisica e bioingegneria: la superpropulsione. La loro ricerca rappresenta la prima osservazione e spiegazione di questo fenomeno in un sistema biologico. Per osservare con precisione cosa stava accadendo sulla coda dell'insetto, i ricercatori hanno utilizzato video ad alta velocità e microscopia. Per prima cosa hanno identificato il ruolo svolto da uno strumento biofisico molto importante chiamato stilo anale o, come lo ha definito Bhamla, «Sfarfallio del sedere». Challita e Bhamla hanno visto che «Quando la cicalina dalle ali vitree è pronta per urinare, lo stilo anale ruota da una posizione neutra all'indietro per fare spazio mentre l'insetto spreme il liquido. Una gocciolina si forma e cresce gradualmente man mano che lo stilo rimane alla stessa angolazione. Quando la gocciolina si avvicina al suo diametro ottimale, lo stilo ruota ulteriormente all'indietro di circa 15 gradi e quindi, come le “pinne” di un flipper, lancia la gocciolina a una velocità incredibile. Lo stilo può accelerare più di 40G, 10 volte superiore rispetto alle auto sportive più veloci». Challita. Racconta che «Ci siamo resi conto che questo insetto aveva in realtà evoluto una molla e una leva come una catapulta e che poteva usare quegli strumenti per lanciare ripetutamente goccioline di pipì ad alte accelerazioni». Quindi, i ricercatori hanno misurato la velocità del movimento dello stilo anale e li hanno confrontati con la velocità delle goccioline, scoprendo qualcosa di sconcertante: «La velocità delle goccioline nell'aria era più veloce dello stilo anale che le lanciava. Ci aspettavamo che le goccioline si muovessero alla stessa velocità dello stilo anale, ma le goccioline venivano lanciate a velocità 1,4 volte superiori rispetto allo stilo stesso. Il rapporto tra velocità suggeriva la presenza della superpropulsione, un principio precedentemente mostrato solo nei sistemi sintetici in cui un proiettile elastico riceve un aumento di energia quando la sua tempistica di lancio coincide con la tempistica del proiettile, come un tuffatore che cronometri il suo salto da un trampolino». Dopo ulteriori osservazioni, i ricercatori hanno scoperto che «Lo stilo comprimeva le goccioline, immagazzinando energia grazie alla tensione superficiale appena prima del lancio». Per verificarlo, hanno posizionato le gocce d'acqua su un altoparlante audio, utilizzando le vibrazioni per comprimerle ad alta velocità e hanno scoperto che, «Su una scala minuscola, quando le gocce d'acqua vengono lanciate, immagazzinano energia a causa della tensione superficiale intrinseca. E, al momento giusto, le goccioline possono essere lanciate a velocità estremamente elevate». Ma la domanda sul perché le cicaline dalle ali vitree lancino goccioline di urina con la superpropulsione rimaneva ancora senza risposta. La dieta quasi a zero calorie di una Homalodisca vitripennis consiste solo in linfa xilematica vegetale, un liquido carente di nutrienti che contiene solo acqua e una traccia di minerali. Al giorno, bevono fino a 300 volte il loro peso corporeo in linfa xilematica e devono quindi bere costantemente ed espellere in modo efficiente i loro rifiuti fluidi che sono per il 99% di acqua. Però, anche altri insetti si nutrono esclusivamente di linfa xilematica ma non la espellono con getti superveloci. Il team ha inviato esemplari di cicaline dalle ali vitree a un laboratorio specializzato e le micro scansioni CT hanno permesso a Bhamla e Challita di studiare la morfologia d i questi minuscoli insetti e effettuare misurazioni dall'interno degli insetti stessi. Poi, hanno usato w queste informazioni per calcolare la pressione necessaria per spingere il fluido attraverso il suo piccolissimo canale anale, determinando quanta energia sia necessaria per una cocalina dalle ali vitree per urinare. Lo studio rivela che «L'espulsione di goccioline superpropulsive serve alle cicaline dalle ali vitree come strategia per risparmiare energia per ciclo di alimentazione-escrezione. Le cicaline dalle ali vitree affrontano importanti sfide fluidodinamiche a causa delle loro piccole dimensioni e dei vincoli energetici e per loro urinare nelle goccioline è il modo più efficiente dal punto di vista energetico di espellere». A prima vista potrebbe sembrare uno studio “inutile”,  ma al Georgia Institute of Technology fanno notare che «Studiare come la cicaline dalle ali vitree usano la superpropulsione può anche fornire spunti su come progettare sistemi che superino l'adesione e la viscosità con un'energia inferiore. Un esempio è l'elettronica indossabile con espulsione dell'acqua a bassa potenza, come un orologio intelligente che utilizza le vibrazioni degli altoparlanti per respingere l'acqua dal dispositivo». Miriam Ashley-Ross, direttrice programma del Directorate for biological sciences della National Science Foundation Usa, che ha parzialmente finanziato lo studio, concorda: «L'oggetto di questo studio può sembrare stravagante ed esoterico, ma è da indagini come questa che otteniamo informazioni sui processi fisici su scale di dimensioni al di fuori della nostra normale esperienza umana. Quello con cui hanno a che fare le cicaline dalle ali vitree è come se noi cercassimo di lanciare via un globo di sciroppo d'acero delle dimensioni di un pallone da spiaggia che è attaccato alla nostra mano. Il metodo efficiente che questi minuscoli insetti hanno evoluto per risolvere il problema può portare a soluzioni bio-ispirate per rimuovere solventi in applicazioni di micro-produzione come l'elettronica o per eliminare rapidamente l'acqua da superfici strutturalmente complesse». Il semplice fatto che gli insetti urinano è curioso di per sé, soprattutto perché le persone non ci pensano spesso. Ma applicando la lente della fisica a un processo biologico quotidiano in miniatura, il lavoro dei ricercatori rivela nuove dimensioni per apprezzare piccoli comportamenti al di là di ciò che vede il nostro occhio. Challita conclude: «Questo lavoro rafforza l'idea che la scienza guidata dalla curiosità sia preziosa. E il fatto che abbiamo scoperto qualcosa di così interessante – la superpropulsione di goccioline in un sistema biologico e imprese eroiche della fisica che hanno applicazioni in altri campi – lo rende ancora più affascinante». L'articolo La superpropulsione della pipì delle cicaline dalle ali vitree (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.