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Virginia Woolf e i giovani di Bloomsbury si raccontano in una mostra

133929 2 National Portrait Gallery London
Era il 1904 quando Virginia Stephen, non ancora Woolf, e i fratelli Vanessa, Thoby e Adrian, rimasti orfani, lasciarono l’altolocato Kensington per trasferirsi nel quartiere di Bloomsbury dove, già l’anno dopo, un nutrito gruppo di giovani donne e uomini iniziò a incontrarsi nell’edificio al 46 di Gordon Square per inventare una vita nuova e libera. Fino al 12 dicembre quel cenacolo nel quale attecchirono nuove forme di vita e di pensiero che avrebbero cambiato i principi vittoriani e il forte spirito patriarcale di cui era ancora intriso il ventesimo secolo, rivivrà a Roma grazie alla mostra Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing Life, un progetto del Museo Nazionale Romano e della casa editrice Electa, realizzato in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra.George Charles Beresford, Virginia Woolf, 1902, stampa istantanea vintage, 10.8 x 15.2 cm, Londra, National Portrait Gallery © National Portrait Gallery, London Il percorso, allestito negli ambienti di Palazzo Altemps - nato come casa nobiliare nel cuore di Roma che ha ospitato prestigiosi salotti letterari e accolto in passato una prestigiosa biblioteca, oltre ad assistere, nella cui chiesa della Clemenza e di Sant’Aniceto custodita al suo interno, alle nozze tra Gabriele D’Annunzio e Maria Hardouin di Gallese nel 1883 - è ideato e curato da Nadia Fusini in collaborazione con Luca Scarlini. Il racconto delle figure di Bloomsbury prende vita nelle cinque “stanze” - le stesse che Virginia Woolf intendeva come spazi segreti, protetti, nei quali affermare la propria identità e creare la propria libertà - allestite a Palazzo Altemps. E il pubblico è invitato a condividere con i giovani intellettuali che si incontravano nelle stanze delle sorelle Stephen quelle stesse predilezioni artistiche, le relazioni romantiche, le esperienze lavorative innovative, le motivazioni sociali. Tra gli ospiti vi erano anche John Maynard Keynes, che ha rivoluzionato il pensiero economico gettando le basi del welfare state, e Roger Fry, critico e pittore, che ha dato vita a un’altra maniera di guardare e creare opere d’arte. Ma a brillare era Virginia Woolf, la scrittrice che apre al Modernismo, "l’artista che grazie all’accorto uso della lingua costruisce mondi di visione, come i pittori creano mondi di pensiero con il colore e il pennello" come scrive Nadia Fusini nel saggio dal catalogo. Ray Strachey, Vanessa Bell, fine anni ‘20, Olio su cartone, 40.6 x 55.9 cm, Londra, National Portrait Gallery, dono di Barbara Strachey (Halpern, già Hultin), 1999 © National Portrait Gallery, LondonSe la mostra si apre con un esplicito riferimento al saggio di Virginia Woolf pubblicato nel 1929, in una sezione interamente dedicata alla scrittrice inglese, un verso tratto da Pene d’amore perdute di Shakespeare dà il titolo alla stanza dedicata ai personaggi di Bloomsbury, nella quale eccellenti prestiti della National Portrait Gallery di Londra consentono di raccontare le vite di queste persone speciali, eccentrici. E l’amore si percepisce nell’aria come una libertà creativa, che si esprime attraverso le invenzioni decorative che trasformano armadi, tavoli, sedie, poltrone in opere d’arte. Lady Ottoline Morrell, Simon Bussy, Vanessa Bell, Duncan Grant, 1922, stampa vintage al bromuro, 33.7 x 28.6 cm, National Portrait Gallery, Londra, acquistato con l’aiuto dei Friends of the National Libraries e di Helen Gardner Bequest, 2003 © National Portrait Gallery, LondonSe la terza sezione, Hogarth Press, ricostruisce la storia della casa editrice fondata nel 1915 quando Leonard e Virginia Woolf decidono di comprare una pressa, Roger Fry e il post impressionismo guidano il pubblico nella quarta stanza. Il critico d’arte, storico, pittore Roger Fry ha fatto scoprire al suo paese la grande pittura francese moderna. Tra il 1910 e il 1911 porta in mostra a Londra ventuno Cézanne, trentasette Gauguin, venti Van Gogh, tra cui i girasoli, e ancora Picasso e Matisse. Virginia Woolf e molti dei giovani di Bloomsbury riconoscono la portata rivoluzionaria di quei lavori. Ma Roger Fry fece di più. Fu lui a fondare nel 1913 un atelier sotto la direzione di Vanessa Bell e di Duncan Grant, una bottega dove gli artisti creavano in modo anonimo oggetti belli concepiti per portare gioia nella vita quotidiana. Purtroppo l’avventura durerà solo sei anni, spezzata dalla guerra. L’ultima sezione della mostra, Omega Workshops, ricorda questi sei anni che hanno cambiato il gusto del tempo durante i quali la Gran Bretagna ha accolto nel design e nella moda le suggestioni della pittura e dalla letteratura francese. Per raccontare, approfondire e celebrare l’affascinante storia del gruppo di Bloomsbury il Museo Nazionale Romano e la casa editrice Electa con il sostegno dell’Italian Virginia Woolf Society propongono un articolato programma di eventi culturali legati alle tematiche della mostra, mentre Nadia Fusini e Luca Scarlini incontreranno il pubblico a Palazzo Altemps in un ciclo di appuntamenti. Leggi anche:• Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing life

Nel 2023 della Galleria Nazionale dell’Umbria brilla Perugino

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Agostino Chigi lo aveva definito "il meglio maestro d’Italia”. E abile era davvero il maestro di Raffaello, al punto da essere considerato tra i più influenti pittori italiani del suo tempo. Nel 2023 ricorrono i 500 anni dalla morte di Perugino e per l’occasione la Galleria Nazionale dell’Umbria - che lo scorso 1° luglio ha riaperto i battenti dopo un anno di lavori, con un nuovo allestimento e due sale interamente dedicate al grande maestro - si appresta a celebrare uno dei massimi pittori attivi negli ultimi due decenni del Quattrocento. In programma dal 4 marzo all’11 giugno 2023 la mostra, dal titolo “Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo, a cura di Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, e Veruska Picchiarelli, conservatrice del museo perugino, restituirà al protagonista assoluto del Rinascimento il ruolo di preminenza artistica che il suo pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato all’apice della sua straordinaria carriera. I visitatori potranno ammirare prove capitali della sua produzione antecedenti al 1504. Pietro Perugino, Adorazione dei Magi, 1470-1473, Olio su tavola, 180 x 241 cm, Perugia, Galleria nazionale dell'UmbriaL’iniziativa - che completa idealmente il progetto di analisi storica e critica dell’itinerario creativo di Perugino, iniziato nel 2004 proprio nel museo umbro, che vanta il più considerevole numero di opere del maestro - passerà in rassegna i passaggi fondamentali del percorso del pittore. L’itinerario si snoderà dalle prime fondamentali collaborazioni con la bottega di Andrea del Verrocchio - dove ebbe modo di lavorare fianco a fianco con giovani talenti come Leonardo da Vinci, Domenico Ghirlandaio, Lorenzo di Credi, Filippino Lippi e, soprattutto, il poco più che coetaneo Botticelli - alle capitali imprese fiorentine che determinarono la sua fortuna. Tra i suoi capolavori le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi conservate alle Gallerie degli Uffizi, gli straordinari ritratti, le monumentali pale d’altare, come la Pala di San Domenico a Fiesole e la Pala Scarani da San Giovanni in Monte a Bologna. In mostra il visitatore avrà modo di riflettere sul ruolo che il Vannucci ha effettivamente svolto nel panorama artistico contemporaneo, sui legami con i protagonisti del suo tempo, seguendo gli spostamenti del pittore o delle sue opere attraverso l’Italia. Il maestro di Città della Pieve che ebbe il merito di fondere la luce e la monumentalità di Piero della Francesca con il naturalismo e i modi lineari di Andrea del Verrocchio, filtrandoli attraverso la maniera gentile della pittura umbra, lasciò tracce importanti del suo magistero in tutte le località della penisola nelle quali svolse la sua attività, da nord a sud, a cominciare da Perugia e da Firenze, teatri per eccellenza del suo lavoro, nonché sedi delle sue botteghe. Pietro di Cristoforo Vannucci, detto Il Perugino, Madonna col Bambino in gloria e Santi Michele, Caterina d’Alessandria, Apollonia e Giovanni Evangelista (Pala Scarani), 1500 circa, Olio su tavola, Bologna, Pinacoteca Nazionale | Courtesy Pinacoteca Nazionale di Bologna, su concessione del Ministero della CulturaNella cornice della Galleria Nazionale dell’Umbria giganti del Rinascimento come Raffaello e Francesco Francia, ma anche maestri di talento seppur meno noti, come il campano Stefano Sparano o il piemontese Macrino d’Alba, si confronteranno con la produzione del maestro umbro divenuto un fondamentale modello a cui guardare. La mostra rappresenta l’evento di punta delle celebrazioni del centenario, coordinate da un Comitato Nazionale, istituito dal ministero della Cultura e presieduto da Ilaria Borletti Buitoni. A essere coinvolti in una vera e propria partnership scientifica saranno alcuni tra i più importanti musei nazionali e internazionali, come le Gallerie degli Uffizi di Firenze e la National Gallery di Washington,.
133881 John Constable Hampstead Heath with the House called The Salt Box La brughiera di Hampstead con la casa denominata Saltbox ca 1819 20 olio su tela
Dalla collaborazione di Fondazione Torino Musei - GAM con la Tate UK, nasce una grande mostra sul maestro del Romanticismo inglese John Constable. Da oggi, martedì 25 ottobre, fino al 5 febbraio 2023 nella Sala delle Arti della residenza sabauda oltre 50 opere ripercorreranno l’intera carriera di uno dei più significativi pittori britannici: dagli schizzi e dai dipinti di piccole dimensioni realizzati en plein air anticipando il metodo degli Impressionisti, ai vasti paesaggi romantici a olio, fino ai ritratti e alle incisioni. In primo piano, i luoghi di affezione dell’artista, che non si allontanò mai dall’amata Inghilterra e ne rappresentò la natura in chiave pittoresca, a partire dai dintorni del villaggio natio di Dedham Vale, nel Suffolk. A cura di Anne Lyles, John Constable. Paesaggi dell’anima è la secondo tappa dell’indagine sul tema del paesaggio avviata dal museo torinese nel 2021 con l’esposizione Una infinita bellezza. Il paesaggio in Italia dalla pittura romantica all’arte contemporanea. Questa volta la Reggia di Venaria ha scelto di spingersi più lontano e di allargare lo sguardo oltre la Manica, contando sul supporto di un museo che detiene la più importante collezione di opere di Constable esistente al mondo."John Constable. Paesaggi dell'anima", Reggia di Venaria. Foto Luigi De Palma I Courtesy La Venaria Reale “La pittura è solo un altro modo di esprimere un sentimento”, scrisse una volta l’artista a un amico: “Collego la mia infanzia alle rive del fiume Stour. Esse hanno fatto di me un pittore e gliene sono grato”. L’esposizione torinese è un’occasione per ammirare capolavori raramente esposti in Italia, ma anche per apprezzare la grandezza di un artista dall’indole forte e pacata, lontano dall’impeto solitamente associato ai romantici.  A differenza William Turner, l’altro gigante del Romanticismo inglese, che esprime sulla tela l’estetica del Sublime, Constable raffigura una natura accogliente e rassicurante, dispensatrice di serenità.John Constable, The Gleaners, Brighton (Le spigolatrici, Brighton), 1824, olio su carta intelata I Courtesy La Venaria Reale In sei sezioni la mostra ne ripercorre una vita intera, seguendo il filo dei luoghi amati e ritratti sulla tela. In primo luogo la campagna ridente e rigogliosa del Suffolk dove era il maestro era nato e cresciuto: una regione agricola poco battuta dagli artisti, a eccezione del grande Thomas Gainsborough. Lo seguiamo così nella sua lenta affermazione come pittore e nell’elaborazione di un uso molto personale della tecnica a olio, tra tele piccole e medie dipinte all’aperto e quadri monumentali che necessitavano del lavoro in studio. Dopo la nascita dei suoi sette bambini, il trasferimento a Londra lo costrinse a dipingere tra quattro mura, ma Costable non si perse d’animo: continuò a rappresentare campi, nubi e sentieri alberati, affidandosi a una prodigiosa memoria visiva.John Constable, A Cornfield (Un campo di grano), 1817. Olio su tela, Tate UK Ma anche i paesaggi sono destinati a cambiare: le vedute di Hampstead, che allora era un piccolo villaggio alle porte di Londra, le marine di Brighton, dove turisti vestiti alla moda si mescolano ai pescatori, gli scorci della Cattedrale di Salisbury, ci parlano della malattia della moglie, il suo primo grande amore, con cui l’artista aveva costruito una vita felice. Per curare la sua tubercolosi Constable decide di cambiare aria, ma servirà a poco: Mary si spegnerà nel 1828 a soli quarant’anni. A consolarlo dal grande dolore, arriverà finalmente l’agognato riconoscimento di Accademico della Royal Academy, mentre continua a dipingere con pennellate sempre più espressive."John Constable. Paesaggi dell'anima", Reggia di Venaria. Foto Costantino Sergi I Courtesy La Venaria Reale

A Torino, nel mondo di Robert Doisneau

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Centotrenta scatti per celebrare uno dei padri della fotografia del Novecento: preziose stampe in bianco e nero ai sali d’argento sono approdate a Torino dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau di Montrouge, a Sud della Francia, dove per oltre cinquant’anni il maestro ha stampato e archiviato le sue immagini, lasciando un’eredità di 450 mila negativi e un’incredibile mole di stampe d’epoca. Curata da Gabriel Bauret e recentemente inaugurata negli spazi torinesi di Camera – Centro Italiano per la Fotografia, fino al prossimo 14 febbraio la mostra invita a un viaggio completo nel lavoro del grande fotografo umanista e pioniere del fotogiornalismo di strada. Robert Doisneau, Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 © Robert DoisneauIl Bacio all’Hotel de Ville, che lo ha reso famoso nel mondo, non può certo mancare. Ma è ora di andare avanti e di riscoprire la ricerca di Doisneau in tutta la sua ricchezza, tra scatti celebri e perle poco note che hanno tutte una storia da raccontare.Robert Doisneau, Le vélo de Tati, Paris 1949 © Robert Doisneau/Gamma Rapho “Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau”, ha affermato il grande Henri Cartier-Bresson: “L’intelligenza, la profondità di Doisneau, la sua umanità. È un uomo meraviglioso”. Che si tratti di foto realizzate su commissione o durante i suoi vagabondaggi in giro per Parigi, Doisneau ha raccontato il proprio tempo lasciandosi guidare dalla disobbedienza e dalla curiosità, a suo parere “i due requisiti fondamentali in questo mestiere”. Robert Doisneau, Un regard oblique, Paris 1948 © Robert DoisneauA passeggiare insieme a lui erano spesso gli amici scrittori Jacques Prévert, Robert Giraud e Blaise Cendars: “quando trovavo un’immagine pensavo a uno di loro, che poi era il primo a cui la mostravo”, ha raccontato Doisneau: “Un po’ glielo dovevo, perché erano stati loro a insegnarmi a vedere”.Robert Doisneau, L’enfer, Paris 1952 © Robert Doisneau A Torino il suo sguardo libero ed empatico torna a raccontare la guerra e la liberazione, il lavoro, l’amore, i giochi di strada, ma anche l’arte, la moda, la musica. Lungo il percorso della mostra incontreremo personaggi come Yves Montand, Juliette Gréco, Pablo Picasso, e soprattutto schiere di anonimi passanti, portinai, monelli sorpresi nella freschezza del quotidiano, in uno spaccato realistico e insieme poetico di un’epoca e della sua umanità. Robert Doisneau, Le ruban de la mariée, Saint Sauvant 1951 © Robert Doisneau/Gamma RaphoUndici sezioni scandiscono il cammino del visitatore nella Parigi di Robert Doisneau: si parte dai bambini, inesauribile fonte di ispirazione per il fotografo francese, per andare avanti con temi come “Occupazione e Liberazione”, “Il dopoguerra”, “Il teatro della strada”, “Bistrot”, “Una certa idea della felicità”. Un estratto dal film Robert Doisneau, le révolté du merveilleux (Robert Doisenau. La lente delle meraviglie), realizzato nel 2016 dalla nipote del maestro Clémentine Deroudille, invita infine ad andare oltre le immagini per entrare in contatto diretto con il grande fotografo umanista e comprenderne appieno il lavoro.Robert Doisneau, Caniveau en crue, Paris 1934 © Robert Doisneau

Meraviglie su pietra. In mostra a Roma la pittura che sfida il tempo

133831 1 Installation view Ph A Novelli Galleria Borghese
Un’insolita Giuditta in ginocchio, immersa nella preghiera che precede l’esecuzione di Oloferne, illumina il marmo nero belga sul quale Jacques Stella, tra il 1630-1631, ha immortalato la scena. Assomiglia a una martire più che a una carnefice, avvolta da un attento gioco di luci e di riverberi tipico del teatro barocco, mentre tre angeli giocano con l’arma che di lì a poco reciderà la testa del condottiero biblico. In questa suggestiva immagine notturna di Giuditta il bagliore della candela dipinta illumina la protagonista e fa risplendere le trame d’oro dei tessuti, mentre la superficie specchiata della pietra riflette le vere luci dell’ambiente. Meraviglia è davvero la parola giusta per descrivere la mostra che dal 25 ottobre al 29 gennaio la Galleria Borghese dedica alla pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento. E non soltanto per i numerosi capolavori arrivati da musei italiani e stranieri, oltre che da importanti collezioni private. In questo percorso complesso, di ricerca e di scoperta, che trasforma i quadri in autentiche allegorie, l’occhio è invitato, più del solito, a ragionare sui materiali, a captare, scrutare, astrarre e interpretare i significati nascosti dietro le pietre. Basta prendersi un po’ di tempo per entrare a tu per tu con l’opera e associare un significato a un determinato soggetto raffigurato in un’epoca nella quale dipingere su pietra significava rendere eterna la pittura, sfidare il tempo e la scultura stessa. Leonardo Grazia, Lucrezia, Olio su lavagna, Galleria Borghese, Roma | Foto: © A. Novelli © Galleria BorgheseUna necessaria premessa cinquecentesca che testimonia come l’utilizzo di metalli e marmi come supporto alla pittura contribuisse a rendere durevole la memoria di un personaggio caratterizza la prima sezione del percorso, La pietra dipinta e il suo inventore. Così il Ritratto di Roberto di Filippo Strozzi di Francesco Salviati su marmo africano affianca quello di Cosimo de Medici, su porfido rosso, attribuito al Bronzino o anche  il Ritratto di Papa Clemente VII con la barba di Sebastiano del Piombo che conferisce al pontefice, attraverso la durezza dell'ardesia, l’aspetto severo, simbolo di solidità morale.D’altra parte fu proprio del Piombo a riscoprire la pratica della pittura su pietra, già nota agli antichi, prima del sacco di Roma del 1527. Dopo il terribile evento, il pittore e i suoi committenti si illusero che i supporti in pietra avrebbero reso la pittura indistruttibile, quindi eterna.Antonio Tempesta, Perseo e Andromeda (recto), tempera e olio su lapislazzuli, Galleria Borghese, Roma | Foto: © A. Novelli © Galleria BorgheseAll’ingresso del fastoso Salone della Galleria Borghese il ticchettio dell’orologio notturno con Tanatos, le tre Moire e Ipno accoglie i visitatori sfidando il trascorrere del tempo con la solidità del lapislazzulo e la durezza del diaspro. Accanto, lo Stipo Borghese-Windsor in abete e pioppo, intarsio di pietre dure, in origine eseguito probabilmente per il portoghese Luigi Gomez, è uno straordinario esempio di manifattura romana, oggi al Paul Getty Museum di Los Angeles. L’edicola reliquario con l’Adorazione dei Magi con il suo splendore di pietre evoca il fulgore della fede dei santi, mentre nell’Allegoria del sonno di Alessandro Algardi il marmo nero richiama l’oscurità della notte, e così come come la pietra di paragone veniva utilizzata per saggiare la purezza dell’oro, l’opera è ora chiamata a rivelare le abilità dell’artista malevolmente criticato da Bernini per non sapere scolpire. La mostra a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini prosegue al primo piano. Alla pietra o al marmo sono talvolta attribuiti poteri. Ed ecco i Talismani o le immagini incorruttibili della devozione, spesso parte degli arredi delle camere da letto dei cardinali, come l’Adorazione dei magi (1605 – 1620) su alabastro di Antonio Tempesta o la Madonna con il Bambino e San Francesco (1605 c.) di Antonio Carracci, dipinta su rame.Antonio Tempesta, La presa di Gerusalemme, Olio su pietra paesina, Galleria Borghese | Foto: © A. Novelli © Galleria Borghese Dalla lavagna al marmo nero, dall’olio su lapislazzulo alla pietra paesina, in mostra l’occhio si imbatte in una resa diversa da quella ottenuta dall’olio su tela. E percepisce la bellezza immortalata con l’olio su lavagna dal pittore toscano Leonardo Grazia, dove l'effetto confettato dell'esecuzione rende levigata la bellezza senza tempo di Lucrezia, Ebe, Cleopatra. Vale la pena soffermarsi nella sezione Dipingere con la pietra che accoglie maestri come Antonio Tempesta e Filippo Napoletano, i più prolifici creatori di opere “fatte dalla natura e aiutate con il pennello”. Tra i loro supporti preferiti spicca la pietra paesina, ricavata dai ciottoli della valle dell’Arno e che, adeguatamente tagliata, può assumere un andamento ondulato o fratturato. Bellissima la Presa di Gerusalemme di Tempesta dove l’artista si adegua alle frammentazioni naturali della pietra e dove minimi tocchi di pennello trasformano queste fratture nell’immagine di una città abbacinante.Che fossero appese ai muri o appoggiate su tavolini, o ancora conservate in scatole, queste pitture su pietra invitavano a essere prese in mano per essere ammirate da vicino. Tra le eroine del mito su pietra ecco infine Andromeda, la "statua d’avorio” cara a Ovidio, dipinta su lapislazzuolo da Antonio Tempesta. “Ricordiamo - spiega la curatrice Patrizia Cavazzini - che l’eroe quasi scambiò la fanciulla per una statua quando la vide incatenata alla roccia, inseparabile da questa, come la sua immagine non può essere scissa dalla pietra su cui è dipinta".Dettaglio da Guglielmo della Porta, Crocefissione, 1550-1577 ca, Galleria Borghese, Roma | Foto: © A. Novelli © Galleria BorgheseAd accrescere la meraviglia senza tempo, che comprende anche oggetti attualmente parte della collezione Borghese, come il Tavolo in pietre dure di ambito romano oppure il Tabernacolo della Cappella, sono le statue con inserti policromi della Galleria, che generano un necessario confronto con i marmi colorati antichi a comporre una sorprendente wunderkammer. “Il percorso - spiega Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese e curatrice della mostra - ci accompagna alla scoperta di una ricchezza nascosta all’interno delle collezioni, ci avvicina a una forma di opera d’arte che si poteva toccare, per osservarla da vicino e con molta attenzione, lasciandosi incantare dall’abilità dell’artista e dall’energia creativa della natura stessa”. Le tante vite della pietra proseguono, sfidano il tempo, ma in modi diversi. Con il subentrare della peste ad esempio le pietre non saranno più dipinte ma frantumate e quel lapislazzulo tanto utilizzato per simulare il mare e il cielo, verrà adesso impiegato per abbassare la febbre. A corredo della mostra il catalogo edito da Officina libraria con introduzione di Francesca Cappelletti e testi, tra gli altri, di Patrizia Cavazzini, Piers Baker-Bates, Elena Calvillo, Laura Valterio, Judy Mann e Francesco Freddolini. Leggi anche:• Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma nel Seicento

Dalla Venezia segreta ai capolavori di Guercino, la settimana in tv

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Dalle tele dei grandi maestri alle mete del belpaese ancora poco battute dai turisti, il viaggio nella bellezza accende anche questa settimana il piccolo schermo. Se su Rai 5 per la terza stagione di Art Rider il dinamico archeologo Andrea Angelucci accompagna il pubblico nella magia di Venezia, la città dove l’acqua e la pietra coesistono, i contrasti di luce e di ombra di Guarcino dominano la programmazione di Sky Arte. Ecco gli appuntamenti da non perdere nella settimana dal 24 al 30 ottobre. Su Rai 5 in viaggio con Art Rider Con il suo taccuino, inseparabile compagno di viaggio, un diario nel quale disegna e dipinge i monumenti e alcuni dettagli delle opere d’arte incontrate durante il suo itinerario, Andrea Angelucci invita il pubblico da casa a un nuovo viaggio con la terza serie di Art Rider. La prima delle nuove puntate, con la regia di Francesco Principini e i testi di Paolo Fazzini e Chiara Vannoni e dello stesso Andrea Angelucci, vedrà il dinamico archeologo appassionato d’arte alla scoperta degli angoli meno turistici di Venezia. Per Andrea la città dove l’acqua e la pietra sembrano coesistere in piena armonia è un luogo ricco di ricordi legati ai viaggi di famiglia, ma anche agli anni universitari. Ed è proprio da un libro letto all’università, Le pietre di Venezia di John Ruskin che inizia il suo viaggio alla scoperta di una delle città più affascinati al mondo, tra le cui le calli si sono incontrati popoli diversissimi rendendo questa magica cornice unica al mondo. Riuscirà Andrea ad accompagnarci, persino a Venezia, alla scoperta di percorsi ancora non battuti dai turisti?Art Rider, Venezia, la pietra e l'acqua | Courtesy Rai 5Su Sky Arte l'Alba di Valerio BerrutiÈ Raffaello – Il Principe delle Arti a inaugurare, lunedì 24 ottobre alle 12.55, la settimana di Sky Arte. L’artista che più di ogni altro incarnò gli ideali di bellezza e armonia del Rinascimento si svela in un viaggio nell’arte che intreccia a raffinate ricostruzioni storiche digressioni artistiche in compagnia di esperti come Antonio Paolucci, Antonio Natali e Vincenzo Farinella. Settanta opere, con commenti esclusivi e punti di vista inediti, sfileranno sullo schermo accanto a storie e personaggi che rivivono attraverso accurate ricostruzioni storiche ispirate a dipinti ottocenteschi che ebbero come soggetto la vita di Raffaello, per una full immersion nell’universo dell’Urbinate. Un salto temporale di 500 anni ci catapulta in Piemonte. Con i suoi 12 metri e mezzo d’altezza, l’Alba di Valerio Berruti, in piazza Michele Ferrero, nella città delle Langhe, si innalza esile in acciaio inox simile a una bambina in ginocchio che abbassa lo sguardo verso chi la osserva. Martedì 25 ottobre il documentario Alba - Valerio Berruti, in prima visone alle 20.40 su Sky Arte, ci guida nell’opera che l’artista di Alba ha realizzato per la sua città, omaggio al geniale inventore della Nutella.Guercino a Piacenza, Duomo Dalla piazza alla tela. Giovedì 27 ottobre alle 21.15 torna la serie di Sky Arte che racconta la vita dei Grandi maestri dell'arte italiana attraverso i loro capolavori. Nella nuova stagione la serie Grandi maestri lascerà ancora più spazio alle singole opere, raccontate attraverso riprese immersive e il commento dei maggiori studiosi e storici dell'arte italiana. Dopo Giotto il secondo appuntamento sarà con Guercino. Il pittore di Cento realizzò le sue opere con grandissima disinvoltura e fluidità, consegnandoci un’atmosfera irreale e magica con suggestivi contrasti fra luci e ombre. Lo scrittore e traduttore Daniele Benati, e Barbara Ghelfi, dottoressa in storia dell’arte, racconteranno uno dei maggiori artisti del Seicento, dalle sue origini di straordinario autodidatta all’ultima fase più classicheggiante della sua carriera, passando per gli esordi fulminanti ed esplorando numerosi capolavori. Sul piccolo schermo sarà possibile cogliere i dettagli di San Rocco gettato in prigione (1618), dipinto nell’Oratorio di San Rocco a Bologna, La vestizione di San Guglielmo (1620) e ancora la decorazione della cupola nel Duomo di Piacenza. Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.itSu ITsART FORMIDABILE BOCCIONI Scrittore, giornalista, illustratore, Umberto Boccioni diventa pittore seguendo un percorso non convenzionale. La svolta arriva il 21 febbraio 1910 quando a Milano conosce il poeta Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo. Ne abbraccia la rivoluzione traducendo la poesia in arte e dando un apporto fondamentale alla più importante Avanguardia artistica del primo Novecento in Europa, il Futurismo. A 140 anni dalla nascita di Umberto Boccioni è disponibile in esclusiva su ITsART il documentario inedito dal titolo FORMIDABILE BOCCIONI scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, un’opera prodotta da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura. James M. Bradburne, Karole P.B. Vail, Danka Giacon, gli storici Ester Coen e Niccolò D’Agati, lo storico Giordano Bruno Guerri, il biografo Gino Agnese e la scrittrice Marella Caracciolo Chia sono solo alcune delle autorevole voci che raccontano la vita e le opere dell’artista futurista. Arte tv omaggia Joan Mitchell e l'arte dell'astrattismo Dal 23 ottobre è disponibile su Arte tv un documentario dedicato a Joan Mitchell, una delle più grandi pittrici americane del secondo Dopoguerra, una delle poche donne ad affermarsi nel mondo dell'espressionismo astratto. A metà strada tra la scuola astratta americana e l'impressionismo di Claude Monet, Mitchell si afferma come un'artista-cardine del XX secolo nonché potente figura femminile accanto a Pollock, Motherwell, Kline, de Kooning e Rauschenberg. La sua opera è stata riconosciuta e apprezzata sia a New York negli anni Cinquanta che a Parigi, luogo dove visse l'appassionata storia d'amore con il collega Jean-Paul Riopelle e dove si spense nel 1992. Leggi anche:• "Formidabile Boccioni". Il genio futurista in un docufilm• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia