Il caso Michael Giffoni non può finire con una nuova ingiustizia

(Premessa. Chiedo scusa per essere scomparso dai radar. Mi è salita, e ancora dura, una nausea verso tutto. Anche scrivere. Prima, amici e parenti ucraini e russi in guerra mi hanno fatto sentire inutile. Le parole di solidarietà servono a chi le esprime, meno a chi le riceve intrappolato in una tonnara. Poi, la scomparsa […]

(Premessa. Chiedo scusa per essere scomparso dai radar. Mi è salita, e ancora dura, una nausea verso tutto. Anche scrivere. Prima, amici e parenti ucraini e russi in guerra mi hanno fatto sentire inutile. Le parole di solidarietà servono a chi le esprime, meno a chi le riceve intrappolato in una tonnara. Poi, la scomparsa improvvisa di mia madre Olga mi ha dato la sensazione del vuoto dopo la fine. L’abbraccio delle terre d’origine erzegovesi ha rimosso il lutto senza lasciare sensi di colpa ma mi ha dirottato su un malinconico distacco.)

***

In questo periodo sospeso, la surreale sorte capitata al caro amico e stimato collega Michael Giffoni è tra le poche cose capaci di farmi uscire dal torpore mentale in cui mi sono rifugiato.

Talmente grande è il senso di ingiustizia per la vicenda che lo sta colpendo, da risvegliare una reazione di protesta anche nello spirito più disincantato e assente.

I contorni del caso in oggetto sono ben noti, riportati con regolarità da quando nel 2014 Giffoni, che nel periodo 2008-2013 fu il primo a ricoprire il ruolo di Ambasciatore d’Italia nel neonato Kosovo, viene investito da gravissime accuse di avere avvallato irregolarità amministrative con pesanti risvolti penali. Le une e gli altri tutti da provare.

La Farnesina prende però per buoni questi sospetti e prima ancora che inizi un processo penale destituisce l’ambasciatore e – con una decisione senza precedenti nei 161 anni di storia italiana – addirittura lo radia (!!?) dal Ministero, in cui lavorava come capo unità del Nord Africa. Un trattamento previsto per conclamati traditori dello Stato: per un diplomatico la destituzione equivale alla degradazione per un militare.

A poco o nulla valsero le numerosissime voci che si


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