I Mondiali di calcio in Qatar 2022 sono uno scempio: geografia dei diritti ambientali e civili spezzati
Dal prossimo 20 novembre fischio di inizio per i Mondiali di calcio in Qatar. Da quando il torneo è stato assegnato al Paese arabo, nel 2010, la drammatica condizione del lavoro migrante è stata oggetto di una crescente attenzione. Ma non abbastanza, evidentemente. Perché mancano anche libertà d’espressione, di stampa e di associazione. E le donne e le persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+ subiscono pesanti discriminazioni. Costantemente
C’è un Paese che si chiama Qatar, tanto minuscolo quanto ultraricco (secondo stime ONU è al secondo posto, dopo il Liechtenstein, per reddito pro capite con 92mila dollari nel 2019), nella Penisola arabica e a due passi dagli Emirati Arabi. Col suo dirimpettaio, l’Iran (i due Paesi sono separati dal Golfo Persico), è comproprietario del più grande giacimento offshore al mondo di gas naturale, il South Pars-North Dome, a cavallo tra le rispettive acque territoriali.
Insomma qui, a Doha, la capitale, tutto è pronto ad ospitare gli imminenti Mondiali di calcio, su cui – però – calano sempre più pressanti le ombre di diritti civili calpestati.
D’altronde,
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