Categoria Ambiente

La superpropulsione della pipì delle cicaline dalle ali vitree (VIDEO)

La superpropulsione della pipi delle cicaline dalle ali vitree
Lo studio “Droplet superpropulsion in an energetically constrained insect”, pubblicato su Nature Communications da Elio Challita, Prateek Sehgal e M. Saad Bhamla  del Georgia Institute of Technology e da Rodrigo Krugner  dell’United States Department of Agriculture, nasce da un incontro fatto da Bhamla nel suo cortile quando ha visto qualcosa che non aveva mai visto prima: un insetto che faceva la pipì: «Sebbene quasi impossibile da vedere – spiega - l'insetto formò una gocciolina quasi perfettamente rotonda sulla coda e poi la lanciò via così velocemente che sembrò scomparire. Il minuscolo insetto si è liberato ripetutamente per ore». Generalmente si dà per scontato che ciò che entra debba uscire, quindi quando si tratta di dinamica dei fluidi negli animali, la ricerca si concentra principalmente sull'alimentazione piuttosto che sull'escrezione. Ma Bhamla aveva la sensazione che qullo che aveva visto non fosse così banale: «Si sa poco della dinamica dei fluidi dell'escrezione, nonostante il suo impatto sulla morfologia, l'energia e il comportamento degli animali. "Volevamo vedere se questo minuscolo insetto avesse escogitato qualche innovazione ingegneristica o fisica intelligente per fare pipì in questo modo». E’ così che Bhamla ed Elio Challita, un bioingegnere, hanno cominciato a studiare  come e perché le cicaline dalle ali vitree (Homalodisca vitripennis), piccoli parassiti noti per diffondere malattie nelle piante  (e che gli anglofoni chiamano glassy-winged sharpshooters e i francofoni mouche pisseuse) espellono urina e il modo in cui lo fanno. Utilizzando la fluidodinamica computazionale e gli esperimenti biofisici, i ricercatori hanno studiato i principi fluidici, energetici e biomeccanici dell'escrezione, rivelando come un insetto più piccolo della punta di un mignolo compia un'eccezionale impresa di fisica e bioingegneria: la superpropulsione. La loro ricerca rappresenta la prima osservazione e spiegazione di questo fenomeno in un sistema biologico. Per osservare con precisione cosa stava accadendo sulla coda dell'insetto, i ricercatori hanno utilizzato video ad alta velocità e microscopia. Per prima cosa hanno identificato il ruolo svolto da uno strumento biofisico molto importante chiamato stilo anale o, come lo ha definito Bhamla, «Sfarfallio del sedere». Challita e Bhamla hanno visto che «Quando la cicalina dalle ali vitree è pronta per urinare, lo stilo anale ruota da una posizione neutra all'indietro per fare spazio mentre l'insetto spreme il liquido. Una gocciolina si forma e cresce gradualmente man mano che lo stilo rimane alla stessa angolazione. Quando la gocciolina si avvicina al suo diametro ottimale, lo stilo ruota ulteriormente all'indietro di circa 15 gradi e quindi, come le “pinne” di un flipper, lancia la gocciolina a una velocità incredibile. Lo stilo può accelerare più di 40G, 10 volte superiore rispetto alle auto sportive più veloci». Challita. Racconta che «Ci siamo resi conto che questo insetto aveva in realtà evoluto una molla e una leva come una catapulta e che poteva usare quegli strumenti per lanciare ripetutamente goccioline di pipì ad alte accelerazioni». Quindi, i ricercatori hanno misurato la velocità del movimento dello stilo anale e li hanno confrontati con la velocità delle goccioline, scoprendo qualcosa di sconcertante: «La velocità delle goccioline nell'aria era più veloce dello stilo anale che le lanciava. Ci aspettavamo che le goccioline si muovessero alla stessa velocità dello stilo anale, ma le goccioline venivano lanciate a velocità 1,4 volte superiori rispetto allo stilo stesso. Il rapporto tra velocità suggeriva la presenza della superpropulsione, un principio precedentemente mostrato solo nei sistemi sintetici in cui un proiettile elastico riceve un aumento di energia quando la sua tempistica di lancio coincide con la tempistica del proiettile, come un tuffatore che cronometri il suo salto da un trampolino». Dopo ulteriori osservazioni, i ricercatori hanno scoperto che «Lo stilo comprimeva le goccioline, immagazzinando energia grazie alla tensione superficiale appena prima del lancio». Per verificarlo, hanno posizionato le gocce d'acqua su un altoparlante audio, utilizzando le vibrazioni per comprimerle ad alta velocità e hanno scoperto che, «Su una scala minuscola, quando le gocce d'acqua vengono lanciate, immagazzinano energia a causa della tensione superficiale intrinseca. E, al momento giusto, le goccioline possono essere lanciate a velocità estremamente elevate». Ma la domanda sul perché le cicaline dalle ali vitree lancino goccioline di urina con la superpropulsione rimaneva ancora senza risposta. La dieta quasi a zero calorie di una Homalodisca vitripennis consiste solo in linfa xilematica vegetale, un liquido carente di nutrienti che contiene solo acqua e una traccia di minerali. Al giorno, bevono fino a 300 volte il loro peso corporeo in linfa xilematica e devono quindi bere costantemente ed espellere in modo efficiente i loro rifiuti fluidi che sono per il 99% di acqua. Però, anche altri insetti si nutrono esclusivamente di linfa xilematica ma non la espellono con getti superveloci. Il team ha inviato esemplari di cicaline dalle ali vitree a un laboratorio specializzato e le micro scansioni CT hanno permesso a Bhamla e Challita di studiare la morfologia d i questi minuscoli insetti e effettuare misurazioni dall'interno degli insetti stessi. Poi, hanno usato w queste informazioni per calcolare la pressione necessaria per spingere il fluido attraverso il suo piccolissimo canale anale, determinando quanta energia sia necessaria per una cocalina dalle ali vitree per urinare. Lo studio rivela che «L'espulsione di goccioline superpropulsive serve alle cicaline dalle ali vitree come strategia per risparmiare energia per ciclo di alimentazione-escrezione. Le cicaline dalle ali vitree affrontano importanti sfide fluidodinamiche a causa delle loro piccole dimensioni e dei vincoli energetici e per loro urinare nelle goccioline è il modo più efficiente dal punto di vista energetico di espellere». A prima vista potrebbe sembrare uno studio “inutile”,  ma al Georgia Institute of Technology fanno notare che «Studiare come la cicaline dalle ali vitree usano la superpropulsione può anche fornire spunti su come progettare sistemi che superino l'adesione e la viscosità con un'energia inferiore. Un esempio è l'elettronica indossabile con espulsione dell'acqua a bassa potenza, come un orologio intelligente che utilizza le vibrazioni degli altoparlanti per respingere l'acqua dal dispositivo». Miriam Ashley-Ross, direttrice programma del Directorate for biological sciences della National Science Foundation Usa, che ha parzialmente finanziato lo studio, concorda: «L'oggetto di questo studio può sembrare stravagante ed esoterico, ma è da indagini come questa che otteniamo informazioni sui processi fisici su scale di dimensioni al di fuori della nostra normale esperienza umana. Quello con cui hanno a che fare le cicaline dalle ali vitree è come se noi cercassimo di lanciare via un globo di sciroppo d'acero delle dimensioni di un pallone da spiaggia che è attaccato alla nostra mano. Il metodo efficiente che questi minuscoli insetti hanno evoluto per risolvere il problema può portare a soluzioni bio-ispirate per rimuovere solventi in applicazioni di micro-produzione come l'elettronica o per eliminare rapidamente l'acqua da superfici strutturalmente complesse». Il semplice fatto che gli insetti urinano è curioso di per sé, soprattutto perché le persone non ci pensano spesso. Ma applicando la lente della fisica a un processo biologico quotidiano in miniatura, il lavoro dei ricercatori rivela nuove dimensioni per apprezzare piccoli comportamenti al di là di ciò che vede il nostro occhio. Challita conclude: «Questo lavoro rafforza l'idea che la scienza guidata dalla curiosità sia preziosa. E il fatto che abbiamo scoperto qualcosa di così interessante – la superpropulsione di goccioline in un sistema biologico e imprese eroiche della fisica che hanno applicazioni in altri campi – lo rende ancora più affascinante». L'articolo La superpropulsione della pipì delle cicaline dalle ali vitree (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Le vespe cinipedi cambiano la chimica delle piante per produrre galle acide

Le vespe cinipedi cambiano la chimica delle piante
Lo studio “Extreme acidity in a cynipid gall: a potential new defensive strategy against natural enemies”, pubblicato su Biology Letters da un team di entomologi e chimici della Pennsylvania State University e della Michigan State University ha scopetto che le larve della minuscola vespa cinipide Amphibolips nubilipennis inducono la crescita di galle traslucide che contengono livelli di acidità simili a quella dei limoni sulle foglie di quercia rossa (Quercus rubra) e di altre specie di querce nordamericane. Secondo l’autore principale dello studio, l’entomologo Antoine Guiguet, «Questo è eccitante perché rappresenta un nuovo sistema di difesa che non abbiamo mai visto prima». Da decenni è noto che la maggior parte delle specie delle vespe cinipedi inietta sostanze chimiche nelle foglie per indurre le querce a produrre galle protettive attorno alle loro larve per garantire la sicurezza della loro prole durante lo sviluppo. Le galle ospitano e nutrono gli insetti durante il loro sviluppo larvale e svolgono una funzione difensiva per allontanare i nemici naturali. Alla fine, le galle alla fine cadono dall'albero e la larva della vespa si fa strada divorando la sua protezione e lasciando dietro di sé le palline a decomporsi sul suolo del bosco. Alla Penn State fanno notare che «Tutto questo lavoro richiede della chimica e, fino a poco tempo fa, i principali composti difensivi identificati nelle galle erano i tannini che si accumulano sulla superficie della galla, prevenendo i danni causati dagli erbivori che potrebbero nutrirsi della galla. In effetti, i livelli di tannino sono così alti nelle galle di quercia che, quando vengono frantumate e immerse in acqua, creano un liquido marrone scuro che forma la base di un inchiostro di lunga durata, un inchiostro che un tempo è stato usato per scrivere la Dichiarazione di Indipendenza, la Costituzione e la carta dei diritti degli Stati Uniti». John Tooker, professore di entomologia alla Penn State e coautore dello studio, aggiunge: «E’ così affascinante perché questo è un animale che usa la chimica per costringere una pianta a eseguire i suoi ordini. E’ davvero una manipolazione parassitaria. L'insetto fa in modo che la pianta produca esattamente il cibo di cui ha bisogno, il che spiega l'ipotesi nutrizionale per cui si sono evolute le galle, ma indubbiamente deve essere combinata con un aspetto di difesa, perché se hai una buona fonte di cibo, finirà che altre cose andranno a mangiarla». Nel loro studio, i ricercatori hanno rivelato una manipolazione potenzialmente nuova della chimica della pianta ospite nella galla traslucida della quercia, nella quale il cinipedi abbassano il livello di pH dell'interno delle loro galle fino a raggiungere i livelli di acidità utilizzati dalle piante carnivore. Tooker  sottolinea: «Sappiamo che un pH così basso è raro nelle piante in generale. E il pH che abbiamo misurato era vicino alla natura acida di quel che si trova all'interno di una pianta carnivora, che è più o meno la stessa di un limone. Stiamo ipotizzando che il ruolo di questo sia la difesa. Tutto ciò che volesse scavare lì dentro sarebbe scoraggiato da quell'ambiente acido». I ricercatori hanno esaminato il contenuto di acido organico della galla di quercia traslucida e lo hanno confrontato con frutti e altre galle utilizzando la spettrometria di massa, una tecnica analitica utilizzata per lo studio delle sostanze chimiche, hanno così scoperto che «L'acido malico, un acido particolarmente abbondante nelle mele, rappresenta il 66% dell'acido organico rilevato nelle galle. La concentrazione di acido malico era due volte superiore a quella delle altre galle e due volte superiore a quella delle mele». Inoltre, «Il pH della galla era compreso tra 2 e 3, rendendolo tra i livelli di pH più bassi trovati nei tessuti vegetali». Guiguet. Spiega ancora_ «L'acido malico è un componente fondamentale del metabolismo delle cellule, quindi è presente all'interno della quercia, all'interno di tutte le cellule vegetali e animali, ma solo a bassa concentrazione. La cosa sorprendente è che questa vespa è in grado di indurre il suo accumulo nel compartimento di stoccaggio delle cellule vegetali, chiamato vacuolo. Con un livello di pH inferiore a 3, la galla traslucida dellq quercia è tra i tessuti vegetali più acidi misurati fino ad oggi. Fino a questa scoperta, solo i tessuti degli agrumi erano noti per essere capaci di questa estrema acidità». I ricercatori ipotizzano che la vespa possa aver sviluppato galle acide come strategia alternativa all'accumulo di tannino osservato nella maggior parte delle altre galle di quercia: «Come i tannini, il pH basso potrebbe diminuire l'efficienza della digestione delle proteine ​​negli insetti perché le budella posteriori dei bruchi sono altamente alcaline. Ma a differenza dei tannini, gli ambienti acidi potrebbero rivelarsi efficaci anche contro le vespe parassitoidi, i principali nemici delle vespe cinipidi, in quanto potrebbero degradare il tessuto dell'organo aghiforme che le specie di vespe parassitoidi femmine utilizzano per inserire le uova nella galla». Guiguet conclude: «Il meccanismo molecolare con cui le vespe cinipedi inducono le galle a diventare acide rimane un mistero. Ora, a questo mistero abbiamo aggiunto qualcosa, dimostrando che si sono evolute con la capacità di alterare il pH». L'articolo Le vespe cinipedi cambiano la chimica delle piante per produrre galle acide sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Panama pioniere blu: ampliata la grande area marina protetta di Banco Volcán (VIDEO)

Panama pioniere blu
Con l'espansione dell'área marina protegida de Banco Volcán nei Caraibi panamensi, il governo di Panama,  con il supporto dello Smithsonian Tropical Research Institute (STRI), ha protetto più della metà dei suoi oceani. Infatti, alla  conferenza Our Ocean a Panama City, il presidente Laurentino Cortizo e il ministro dell'ambiente Milciades Concepción hanno firmato un decreto esecutivo che aggiunge al Banco Volcán 36.058 miglia quadrate di mare protetto. Inaugurando la Conferenza Our Ocean 2023che si è tenuta il 2 e 3 marzo, il presidente della Repubblica, Laurentino Cortizo Cohen,  ha detto: «Siamo onorati di ospitare l'ottava edizione di questa importante conferenza internazionale, in cui i paesi del mondo intrattengono conversazioni franche con lo scopo di impegnarsi in azioni per la conservazione e il rafforzamento della vita nell'oceano. Durante questi due giorni di dialogo i nostri impegni saranno rinnovati con nuovi approcci, per continuare la lotta per la protezione del nostro oceano, che è la base per la sopravvivenza del pianeta e la vita di oltre 8 miliardi di persone. esseri umani che lo abitano. L'impegno di Panama per la vita sul pianeta è reale, inequivocabile e forte, e le decisioni che abbiamo preso come Paese lo dimostrano. Siamo, insieme a Bhutan e Suriname, nel gruppo degli unici tre paesi dichiarati carbon negative al mondo. Durante la nostra amministrazione, abbiamo assunto gli impegni dell'Agenda 2030 e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E’ stata data priorità all'espansione delle aree marine protette, in particolare la protezione e la connettività del corridoio marino del Pacifico tropicale orientale, lavorando in coordinamento con i Paesi vicini per promuovere la protezione transnazionale delle risorse marine e per sviluppare azioni contro la pesca. illegale. Nel 2021, Panama ha raggiunto la protezione di oltre il 30% del nostro oceano, raggiungendo in anticipo l'obiettivo dell'iniziativa 30x30». Poi Cortizo Cohen ha chiesto che «Vengano concordati impegni condivisi, obiettivi chiari e strategie efficaci, non solo nell'aspetto politico, ma anche nella realizzazione di azioni e sostegno finanziario che costituiscono un investimento per il futuro dell'oceano. il futuro della vita sul pianeta. Panama è sempre disposta a partecipare attivamente per la sopravvivenza del nostro oceano, del nostro pianeta e dell'umanità». E, per dimostrare che il suo Paese fa sul serio ha firmato il decreto esecutivo che crea l' Área Protegida de Banco Volcán, aumentando così la sua superficie fino a 93.390 Km2, cioè 6 volte la sua dimensione originale e portando Panama a salvaguardare il 54,33% della sua zona economica esclusiva. La conferenza ha affrontato 6 aree di azione: Aree Marine Protette; sicurezza marittima; blue economy,  pesca sostenibile; Cambiamenti climatici e inquinamento marino e il presidente panamense ha sottolineato che «La conferenza Our Ocean 2023 crea l'opportunità per Panama di dimostrare la sua leadership nel campo degli oceani, per cercare e creare collegamenti strategici che ci consentano di continuare a promuovere iniziative che ci hanno reso un "leader blu" riconosciuto a livello mondiale. Questo incontro consente anche un dialogo diretto con le organizzazioni finanziarie che cercano di investire o sostenere progetti che comportano cambiamenti positivi per il pianeta. Panama è stato riconosciuto come "Blue Leader", un titolo che viene concesso solo ai paesi che hanno raggiunto l'obiettivo di proteggere il 30% o più dei loro oceani, un risultato che Panama ha raggiunto prima della data prevista per l'anno 2030». La proposta di ampliare i confini dell'área marina protegida de Banco Volcán è stata avanzata nel 2022 in risposta a una richiesta del ministero dell'ambiente, dopo una revisione dell'area protetta da parte dello scienziato Héctor Guzmán, biologo marino di STRI e co-fondatore di MigraMar, e tenendo in considerazione l'integrità ecologica della regione. Tempi impensabili in Italia, dove si aspetta ancora dal 1982 di istituire la prevista Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano. Allo STRI spiegano che «Creata nel 2015, con’estenzione  5.487 miglia quadrate, la "Banco Volcán Managed Resources Area" è un'area con risorse naturali uniche, come catene montuose profonde e un'elevata biodiversità che comprende varie specie migratrici e specie protette e in via di estinzione, tutte importanti per la salute di gli oceani».  L'espansione dell'Area Marina Protetta del Banco Volcán nel 2023 non solo ha portato Panama a proteggere oltre il 54% delle sue acque territoriali, ma attutirà anche i cambiamenti climatici, proteggerà gli ambienti montuosi di acque profonde di Panama e contribuirà a salvaguardare la fauna dagli interventi umani, tra cui diverse specie di pesci e invertebrati di alto valore commerciale, come l'aragosta spinosa dei Caraibi (Panulirus argus). Pertanto, questa azione avrà un impatto diretto sulla protezione di un'importante risorsa sostenibile per le comunità costiere indigene e afro-caraibiche di Panama. Inoltre, potrebbe mantenere la connettività delle rotte migratorie per le specie oceaniche e marino-costiere nell'area che si estende lungo le coste caraibiche di Giamaica, Colombia, Honduras, Nicaragua, Costa Rica e Panama». Guzmán aggiunge: «Con la protezione di oltre la metà dei suoi mari, comprese le vaste riserve oceaniche su entrambi i lati dell'istmo, Panama non solo garantisce la conservazione della sua biodiversità marina e il sostentamento a lungo termine delle persone che dipendono da questi ecosistemi, ma è anche in grado di guidare uno sforzo regionale molto più ambizioso». Da quasi 20 anni lo STRI accompagna il governo panamense mettendo a disposizione le basi scientifiche per la creazione di nuove aree marine protette,  a partire dal del Parque Nacional Coiba nel 2004 e seguito archipiélago de Las Perlas nel 2007, entrambi nelle zone costiere panamensi dell'Oceano Pacifico. Nel 2015, STRI ha guidato la progettazione e la giustificazione scientifica per la creazione delle prime due aree marine protette oceaniche: Banco Volcán nei Caraibi e Cordillera de Coiba nel Pacifico, aiutando così Panama a proteggere il 13% dei suoi oceani e a superare l'obiettivo internazionale di Aichi per la diversità biologica. Nel 2021, lo STRI ha nuovamente sostenuto il governo panamense con i dati scientifici per l'ampliamento dell'area marina protetta della Cordillera de Coiba, con il quale Panama aveva raggiunto 37.926 miglia quadrate di aree marine protette e molto in anticipo l’obiettivo 30x30 dell’Onu di proteggere almeno il 30% della sua superficie marina entro il 2030. Secondo Joaquín Labougle di Blue Nature Alliance per i Caraibi e l'America Latina, «La leadership di Panama nell'espansione del Banco Volcán ha dimostrato che l'impegno e l'azione nella conservazione marina possono andare oltre l'obiettivo standard di proteggere almeno il 30% dell'oceano. Ci auguriamo che altri Paesi dei Caraibi seguano l'esempio di Panama o aumentino le proprie ambizioni oltre l'impegno del 30% di area protetta». Joshua Tewksbury, direttore dello STRI, conclude: «L'espansione del Banco Volcan è un primo passo essenziale per la protezione regionale su larga scala della biodiversità marina. Da parte nostra e di altri, sarà necessaria molta più scienza per garantire il monitoraggio di questa vasta area e garantire che specifici interventi politici creino effettivamente gli ecosistemi sostenibili che tutti desideriamo».   L'articolo Panama pioniere blu: ampliata la grande area marina protetta di Banco Volcán (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Trattato sulla protezione internazionale del mare, gli ambientalisti: bene ora ratificarlo rapidamente

Trattato sulla protezione internazionale del mare
Dopo quasi vent'anni di negoziati, è stato approvato lo storico UN Ocean Treaty  che ora passerà alla revisione tecnica e alla traduzione, prima di essere adottato ufficialmente in un'altra sessione. Per Greenpeace international. «Questo trattato è una vittoria monumentale per la protezione degli oceani e un segnale importante che il multilateralismo funziona ancora in un mondo sempre più diviso. L'accordo di questo Trattato mantiene vivo l'obiettivo 30×30 – proteggere il 30% degli oceani del mondo entro il 2030 –. Fornisce un percorso per la creazione di aree completamente o altamente protette negli oceani del mondo. Ci sono ancora difetti nel testo e i governi devono garantire che il Trattato sia messo in pratica in modo efficace ed equo affinché possa essere considerato un Trattato veramente ambizioso». Rebecca Hubbard, direttrice dell’High Seas Alliance, ha commentato: «Dopo due settimane di trattative e sforzi da supereroi nelle ultime 48 ore, i governi hanno raggiunto un accordo su questioni chiave che promuoveranno la protezione e una migliore gestione della biodiversità marina in alto mare». High Seas Alliance ricorda che «L'alto mare, l'area dell'oceano che si trova oltre le acque nazionali dei Paesi, è il più grande habitat sulla Terra e ospita milioni di specie. Con attualmente poco più dell'1% delle acque d'alto mare protette, il nuovo trattato fornirà un percorso per istituire aree marine protette in queste acque. E’ anche uno strumento chiave per aiutare a raggiungere il target di Kunming-Montreal di almeno il 30% di protezione degli oceani del mondo entro il 2030 appena concordato a dicembre: il livello minimo di protezione che gli scienziati avvertono che è necessario per garantire un oceano sano. Ma il tempo è essenziale. Il nuovo Trattato porterà la governance degli oceani nel XXI secolo, stabilendo anche requisiti moderni per valutare e gestire le attività umane pianificate che avrebbero un impatto sulla vita marina in alto mare, oltre a garantire una maggiore trasparenza. Questo  rafforzerà notevolmente un'efficace gestione territoriale della pesca, del trasporto marittimo e di altre attività che hanno contribuito al declino generale della salute degli oceani. La questione dei finanziamenti sufficienti per finanziare l'attuazione del Trattato, così come le questioni di equità relative alla condivisione dei benefici derivanti dalle risorse genetiche marine, è stato uno dei principali punti di scontro tra Nord e Sud durante il meeting. Tuttavia, fino alle ultime ore del summit, i governi sono stati in grado di concludere un accordo che prevede un'equa condivisione di questi benefici derivanti dal mare profondo e dall'alto mare». Per quanto riguarda l'Italia, Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette e biodiversità di Legambiente, ha detto che «Il sistema di protezione delle acque internazionali che abbiamo fin qui utilizzato anche nel nostro Paese, ad esempio, ha prodotto poca tutela e molta confusione. Come nel caso del Santuario dei Mammiferi marini definito sulla base dell’Accordo Pelagos nel 1999 che interessa Francia, Italia e principato di Monaco che aveva l’ambizione di tutelare una vastissima area dell’alto Tirreno (87.500 kmq e 2.022 km di costa) in un mare, quello Mediterraneo, tra i più esposti alle pressioni antropiche ma anche uno dei 25 hot spot di biodiversità riconosciuti a livello globale. Il Santuario, creato sulla base di un accordo tra Stati e non sulla base di un trattato internazionale, è stato fin qui un clamoroso flop: facciamo fatica a individuare uno solo dei rischi conosciuti per i mammiferi marini presenti nell’area (traffici marittimi, trasporti di idrocarburi, etc…) che è stato mitigato dall’azione di tutela imposta dalla presenza dal Santuario. Perciò ben venga questo nuovo trattato attraverso il quale l’Onu istituirà una conferenza delle parti (Cop) ad hoc che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di essere chiamati a rispondere di questioni quali la governance e la biodiversità. Uno strumento come questo serve per istituire nuove aree marine protette e proteggere il bacino del Mediterraneo. Ma il Trattato serve principalmente al nostro Paese per affrontare con la dovuta diligenza la tutela di aree particolarmente esposte come l’alto Adriatico, dove serve un’azione congiunta con i Paesi balcanici per tutelare i siti importanti per la presenza dei mammiferi marini e per ridurre i rischi di utilizzo dei fondali per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi. Serve per i banchi di coralligeno a sud di capo d’Otranto, d’intesa con i paesi costieri dell’Adriatico meridionale (Albania, Grecia, Cipro) e la biodiversità presente nel Canale di Sicilia d’intesa con i Paesi del Nord d’Africa. Oggi, dopo una lunga attesa, abbiamo uno strumento in più a disposizione per raggiungere l’obiettivo globale di proteggere la biodiversità e frenare i cambiamenti climatici. Serve, come sempre, una decisa azione di Governo per procedere nella direzione giusta. Ma questa la deve fornire la politica e poco possono fare i trattati». Secondo Gladys Martínez, direttrice esecutiva dell’Asociación Interamericana para la Defensa del Ambiente (AIDA), «I governi hanno compiuto un passo importante che rafforza la protezione legale di due terzi dell'oceano e con essa la biodiversità marina, i mezzi di sussistenza delle comunità costiere e sovranità alimentare. L'accordo traccia un percorso per la creazione di aree di elevata e integrale protezione in alto mare, nonché per la valutazione ambientale di progetti e attività che possono danneggiare questa vasta area». Laura Meller, oceans campaigner di Greenpeace Nordic,  che ha partecipato all”Intergovernmental Conference on an international legally binding instrument under the United Nations Convention on the Law of the Sea on the conservation and sustainable use of marine biological diversity of areas beyond national jurisdiction (General Assembly resolution 72/249)”  tenutasi all’Onu a New York, subito dopo la sofferta approvazione, ha sottolineato che «Questo è un giorno storico per la conservazione e un segno che in un mondo diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sulla geopolitica. Aver messo da parte le differenze e aver approvato un trattato, ci consentirà di proteggere gli oceani, costruire la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e salvaguardare le vite e i mezzi di sussistenza di miliardi di persone. Lodiamo i Paesi per aver cercato compromessi, messo da parte le differenze e consegnato un Trattato che ci consentirà di proteggere gli oceani, costruire la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e salvaguardare le vite e i mezzi di sussistenza di miliardi di persone. Ora possiamo finalmente passare dalle chiacchiere al vero cambiamento in mare. I Paesi devono adottare formalmente il Trattato e ratificarlo il più rapidamente possibile per farlo entrare in vigore e quindi fornire i santuari oceanici completamente protetti di cui il nostro pianeta ha bisogno. Il tempo stringe ancora per arrivare al 30×30. Abbiamo ancora mezzo decennio e non possiamo essere compiacenti». La Meller ha ricordato che «La High Ambition Coalition, che comprende Unione europea (Italia compresa, ndr), Stati Uniti e Regno Unito, e la Cina sono stati attori chiave nella mediazione dell'accordo. Entrambi hanno mostrato la volontà di scendere a compromessi negli ultimi giorni di colloqui e hanno costruito coalizioni invece di seminare divisioni. I piccoli Stati insulari hanno mostrato leadership durante tutto il processo e il gruppo G77 ha aperto la strada per garantire che il Trattato possa essere messo in pratica in modo giusto ed equo. L'equa ripartizione dei benefici monetari derivanti dalle risorse genetiche marine è stato un punto critico. Questo è stato risolto solo l'ultimo giorno di colloqui. La sezione del Trattato sulle aree marine protette elimina il processo decisionale basato sul consenso che non è riuscito a proteggere gli oceani attraverso organismi regionali esistenti come lAntarctic Ocean Commission. Sebbene nel testo vi siano ancora questioni importanti da risolvere, si tratta di un trattato praticabile che rappresenta un punto di partenza per proteggere il 30% degli oceani del mondo. L'obiettivo 30×30, concordato alla COP15 sulla biodiversità, non sarebbe realizzabile senza questo storico Trattato. E’ fondamentale che i paesi ratifichino urgentemente questo trattato e inizino i lavori per creare vasti santuari oceanici completamente protetti che coprano il 30% degli oceani entro il 2030. Ora inizia il duro lavoro di ratifica e protezione degli oceani. Dobbiamo sfruttare questo slancio per respingere nuove minacce come l'estrazione mineraria in acque profonde e concentrarci sulla messa in atto della protezione. Oltre 5,5 milioni di persone hanno firmato una petizione di Greenpeace chiedendo un trattato forte. Questa è una vittoria per tutti loro». Matthew Collis, vicepresidente per le politiche dell’IFAW. «L'accordo per un  nuovo trattato per la conservazione dell'alto mare è un modo meraviglioso per celebrare la Giornata mondiale della fauna selvatica per gli animali oceanici e le loro case in alto mare. IFAW si congratula con i governi per questo passo significativo, che traccia un percorso per proteggere il 30% degli oceani entro il 2030. Per raggiungere il 30×30, i governi devono ora adottare, ratificare e attuare il nuovo Trattato senza indugio». Lance Morgan, presidente del Marine Conservation Institute, ha sottolineato che «Sulla scia del Global Biodiversity Framework, questo accordo storico è un enorme passo avanti verso la garanzia di aree marine protette in alto mare e il raggiungimento di 30×30"». Lisa Speer, direttrice International Ocean program del Natural Resources Defense Council (NRDC), ha sottolineato che «Questo testo fornisce le basi per proteggere i principali punti caldi della biodiversità in alto mare. Ora abbiamo un percorso per raggiungere l'obiettivo di proteggere in modo significativo almeno il 30% degli oceani entro il 2030, un obiettivo che secondo gli scienziati è fondamentale per mantenere la salute degli oceani di fronte al riscaldamento degli oceani, all'acidificazione e ad altri impatti del cambiamento climatico. Ora cominciamo». Fabienne McLellan, AD di OceanCare, è convinta che «Questo trattato sarà il punto di svolta di cui l'oceano ha urgente bisogno. Accogliamo con particolare favore gli elementi incentrati sulla conservazione, come le valutazioni di impatto ambientale. Le VIA sono uno dei meccanismi più efficaci e importanti per prevenire, mitigare e gestire le attività dannose nei casi in cui vi sia un grave danno alla vita marina dovuto, ad esempio, all'inquinamento acustico sottomarino. Sebbene abbiamo sostenuto una maggiore ambizione nelle disposizioni sulle VIA, questi requisiti rafforzeranno comunque la conservazione degli oceani». Anche Susanna Fuller, VP conservation and projects di Oceans North, è soddisfatta: «Facendo seguito all'accordo di Kunming-Montreal, che stabilisce un percorso globale per la protezione della biodiversità, questo trattato porterà un'ambizione simile in alto mare. Poiché le acque del Canada sono delimitate da tre bacini oceanici internazionali, ha un ruolo enorme nel garantire che il Trattato sia pienamente attuato, una volta adottato formalmente». Liz Karan, direttrice del ocean governance project  di Pew, sottolinea che «L'effettiva attuazione di questo storico trattato è l'unica strada per salvaguardare la biodiversità in alto mare per le generazioni a venire e fornisce un percorso alle nazioni per raggiungere l'obiettivo 30X30. I governi e la società civile devono ora garantire che l'accordo sia adottato ed entri rapidamente in vigore». Christopher Chin, direttore esecutivo del Center for Oceanic Awareness, Research, and Education (COARE), è d’accordo: «Con questo testo concluso,  il mondo ha fatto un grande passo avanti nell'abbracciare l'importanza dell'alto mare e nel raggiungere l’obiettivp 30X30 obiettivi. Una volta adottato, tuttavia, gli Stati membri devono ancora ratificare il Trattato e li invitiamo a farlo rapidamente». Andrew Deutz, direttore politica globale, istituzioni e finanza per la conservazione di The Nature Conservancy, fa notare che «Sebbene il Trattato abbia  margini di miglioramento, dovremmo nondimeno celebrare il fatto che, dopo più di un decennio di discussioni e tre tentativi concertati per superarlo, abbiamo finalmente un quadro globale per la conservazione e l'uso sostenibile dei biodiversità per quasi la metà della superficie del nostro pianeta. Se questo sarà arrivato in tempo per rallentare l'accelerazione della crisi ecologica in atto nel nostro oceano dipenderà dalla rapidità con cui i Paesi potranno ratificare il Trattato a livello nazionale e iniziare a integrare ambizioni come 30X30 sia nel proprio processo decisionale, sia in quello globale enti che gestiscono l'attività umana in alto mare. Vedremo se potranno farlo rapidamente, mettendo le persone e il pianeta al di sopra della politica», Per Farah Obaidullah, ocean advocate e  fondatrice di Women4Oceans, «Questo è un momento storico per l'umanità e per la protezione di tutti gli esseri viventi nel nostro oceano globale. Un raro e gradito momento di speranza per tutti noi giustamente preoccupati per lo stato del mondo. Quasi la metà del nostro pianeta avrà ora una possibilità di una sorta di protezione dai sempre crescenti attacchi all'oceano. Questo trattato non arriva un momento troppo presto. Con il peggioramento delle crisi climatiche e della fauna selvatica globale e una nuova e sconsiderata industria mineraria in acque profonde all'orizzonte, non possiamo permetterci alcun ritardo nell'entrata in vigore di questo trattato». L'articolo Trattato sulla protezione internazionale del mare, gli ambientalisti: bene ora ratificarlo rapidamente sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

La NATO si prepara alla Terza Guerra Mondiale

NATO
Forse la NATO sta cominciando a svegliarsi. Ora si rendono conto che potrebbero dover condurre la guerra su due fronti contemporaneamente. La NATO sta prendendo in considerazione quella che chiamano una mossa difensiva che è un “conflitto dell’articolo 5” ma anche una battaglia “fuori area”. Ciò sta dimostrando che la NATO non è più ciò […] L'articolo La NATO si prepara alla Terza Guerra Mondiale proviene da Nexus Edizioni.

Boss della Formula 1: “Non passeremo mai all’elettrico”

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Stefano Domenicali ha iniziato il suo ruolo di CEO della Formula Uno nel 2021, dopo quattro anni come presidente di Lamborghini. Negli ultimi due anni, ha ripetutamente affermato che la piena elettrificazione delle auto di F1 non avverrà e che “l’ibrido è il nostro futuro”. Domenica, Domenicali ha parlato col quotidiano italiano Il Sole 24 […] L'articolo Boss della Formula 1: “Non passeremo mai all’elettrico” proviene da Nexus Edizioni.