A Parigi, nel 1912, critici e artisti lo snobbarono senza pietà. Per Umberto Boccioni il debutto alla Galleria Barnheim-Jeune fu una giostra di emozioni violente: qualcuno rise, giudicando i suoi dipinti già superati, altri gridarono allo scandalo, altri ancora seguirono con curiosità le gesta di quell’italiano eccentrico e un po’ vanesio, fuori posto negli ambienti bohémien dell’avanguardia. Per i critici britannici, al contrario, fu amore a prima vista: la prima uscita internazionale dei futuristi fu descritta dalla stampa inglese come “la mostra più bella del mondo”. Poi venne Peggy Guggenheim, con il suo infallibile fiuto e lo spirito ribelle: nel ’58, quando in Italia il Futurismo scontava ancora i legami con il regime fascista, la mecenate e collezionista americana acquistò con convinzione la scultura Dinamismo di un cavallo in corsa + case, felice di infrangere le regole proprio come Boccioni. La strada verso l’America era ormai spianata, e non è un caso che diversi capolavori del maestro futurista abbiano trovato casa in musei e collezioni internazionali. Dal 19 ottobre, 140° anniversario della nascita dell’artista, avremo modo di ammirarli comodamente da casa nel documentario FORMIDABILE BOCCIONI, scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura e disponibile in esclusiva sulla piattaforma ITsART. Nel frattempo, ecco una panoramica delle più belle opere di Boccioni conservate all’estero.Umberto Boccioni, Campagna romana o meriggio, 1903, Olio su tela. MASI, Collezione della Città di Lugano Al MASI di Lugano, il Museo d’Arte della Svizzera Italiana, troviamo il primo dipinto a olio del genio in erba: si intitola Campagna romana o meriggio ed è datato 1903. Umberto ha solo 21 anni quando realizza questa tela: vive a Roma da poco e, con l’amico Gino Severini, frequenta lo studio del maestro Giacomo Balla. Il paesaggio del MASI è perfetto ma non ha nulla di rivoluzionario, piuttosto svela le basi del linguaggio di Boccioni, che farà tesoro della lezione divisionista per scuotere dalle fondamenta la pittura italiana. La strada entra nella casa del 1911 è conservato presso lo Sprengel Museum di Hannover. Da un turbine di forme e colori emerge in primo piano la figura di una donna di spalle, appoggiata alla ringhiera di un balcone di Milano, dove l’artista si è trasferito. “La sensazione dominante”, scrive Boccioni, “è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non deve limitarsi a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone”. Palazzi, strade e cantieri si fondono nel vortice della visione futurista, talmente potente da riuscire a piegarne i contorni.Umberto Boccioni, La strada entra nella casa, 1911, Sprengel Museum, Hannover Sempre in Germania, al Von der Heydt-Museum di Wuppertal, possiamo ammirare Visioni simultanee (1912), quasi uno sviluppo del dipinto di Hannover: qui l’artista invita a osservare la strada dall’alto verso il basso, in una prospettiva che dà le vertigini. L’azione si svolge su piani sovrapposti e la deformazione dello spazio è ancora più radicale: gli edifici si curvano e si scompongono, come le figure catturate in strada e il corpo della donna che si sporge verso il vuoto. Si trova invece a Londra, presso la Estorick Collection, l’olio su tavola Idolo moderno, icona della nuova bellezza futurista. Bando alle Veneri del passato: in questo quadro, racconta lo storico dell’arte Niccolò D’Agati, la donna ideale è una cocotte dal cappello appariscente, che si ferma davanti a una vetrina colorandosi il volto di elettrica luce blu. “Ai primi tempi dell’Impressionismo il violetto era accettato per i prati, i cieli, i boschi… Guai a vederli sul viso, sulle braccia, sul seno di una donna bella”, scrive Boccioni orgoglioso della sua trasgressione.Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, Museum of Modern Art, New York Se al Metropolitan Museum of Art di New York abbiamo un saggio degli anni giovanili di Boccioni con due autoritratti (1904, 1905) e la guache Giovane sulla sponda del fiume (1902), al MoMa ne riviviamo la stagione più feconda attraverso alcuni celebri capolavori. La città che sale del 1910 “è forse l’opera più eroica di Boccioni per la tensione e la volontà di andare oltre le forme pittoriche tradizionali”, osserva la storica dell’arte Esther Coen. L’artista stesso definisce “titanico” questo dipinto di grandi dimensioni, che attrae lo sguardo dello spettatore verso il centro della tela con “una palla di fuoco rossa, rutilante” e un cavallo che muove l’intera composizione. Colori accesi e pennellate cariche di energia dipingono con vibrante dinamismo il paesaggio di un cantiere alla periferia di Milano, la città moderna che si espande e ascende verso il cielo. Sempre al Museum of Modern Arts di New York La risata trasferisce sulla tela un’emozione universale, mentre la vita notturna della metropoli batte il ritmo sulla tela. È ormai il 1912 quando Boccioni termina questo dipinto, e il suo linguaggio è maturato ulteriormente anche grazie al soggiorno parigino, che gli ha dato modo di conoscere Picasso e i cubisti. Lo testimoniano i piani scomposti e la visione degli stessi soggetti ripresi da diverse angolazioni, mentre i colori accesi e il movimento impresso all’insieme restituiscono i suoni di un riso gioioso, euforico, quasi delirante. Grande fu il clamore che accolse questo quadro all’Esposizione d’Arte Libera di Milano, dove un visitatore espresse il proprio disappunto sfregiando il dipinto. Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che partono, 1912, Museum of Modern Art, New York La ricerca di Boccioni sulle emozioni umane prosegue nella serie degli Stati d’animo, che ammiriamo al MoMa nella seconda versione (1912), probabilmente la più riuscita. Ambientata in una stazione ferroviaria, l’opera si compone di tre dipinti: Quelli che partono, Quelli che restano e Gli addii. Anche qui si avverte l’eco del recente incontro con il Cubismo, che Boccioni rielabora in modo alquanto personale. In Quelli che partono le linee oblique della velocità tagliano i volti dei viaggiatori, mentre il blu ne esprime la malinconia. In Quelli che restano, al contrario, l’immagine degli accompagnatori in piedi sul binario è rafforzata da linee verticali e sulla tela domina il verde, che nel vocabolario dell’artista è il colore dell’abbandono. Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che restano, 1912, Museum of Modern Art, New YorkGli addii rappresenta i saluti e gli abbracci che precedono il distacco: le linee sono circolari, i colori vividi, un vortice di rossi, verdi e azzurri interrotto dal fumo bianco della locomotiva. L’accoglienza, inutile dirlo, fu tutt’altro che tranquilla: la stampa francese gridò allo scandalo, l’arte di Boccioni restava incomprensibile ai più. Il poeta Guillaume Apollinaire, dopo aver visto gli Stati d’animo, seppe dire soltanto: “Ho incontrato un artista che sta lavorando sul tema delle stazioni”.Umberto Boccioni, Stati d'animo: Gli addii, 1912, Museum of Modern Art, New YorkAl Museo di Arte Contemporanea di San Paolo del Brasile si trova infine il gesso di Forme Uniche della Continuità nello Spazio (1913), unica testimonianza autografa del capolavoro scultoreo di Boccioni. “Ossessionato dalla scultura” per sua stessa ammissione, dal 1912 il maestro futurista si dedicò anima e corpo al rinnovamento di quella che considerava ormai “un’arte mummificata”. In Forme Uniche reinterpreta in chiave futurista il tema classico dell’uomo che cammina, cercando con geniale intuizione una rappresentazione sintetica, intuitiva e immediata del movimento. Immagine a tre dimensioni dell’umanità nuova preconizzata da Marinetti – il “novello Icaro, metà uomo e metà macchina” – la scultura di Boccioni proclama “l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa”: la figura “si spalanca” e accoglie in sé lo spazio circostante, in una competrazione dinamica tra oggetto e ambiente. La fusione in bronzo di Forme Uniche non fu mai realizzata mentre Boccioni era in vita: le sculture in metallo esposte al MoMa e al MET di New York, al Museo del Novecento di Milano e alla Tate Modern di Londra sono datate tra il 1931 e il 1972, mentre altri gessi sono andati perduti in circostanze misteriose. Lo scopriremo dal 19 ottobre su ITsART nel documentario FORMIDABILE BOCCIONI, insieme ad altre storie, curiosità e testimonianze eccellenti intorno al genio del Futurismo. Leggi anche: • "FORMIDABILE BOCCIONI": il genio futurista in un docufilm inedito• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia
Una full immersion nelle atmosfere Ottocento, inseguendo le trasformazioni dell’arte in un secolo denso di eventi e passioni: è l’esperienza che attende i visitatori della mostra Milano da romantica a scapigliata, in arrivo al Castello Visconteo Sforzesco di Novara. Dal prossimo 22 ottobre fino al 12 marzo 2023, oltre 70 capolavori restituiranno tappe e suggestioni di una stagione tumultuosa che ebbe come epicentro Milano, laboratorio sociale e culturale d’avanguardia nella penisola. Sotto la lente della curatrice Elisabetta Chiodini e del comitato scientifico composto da Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora, c'è il periodo compreso tra il secondo e il penultimo decennio del XIX secolo, che in Lombardia vide susseguirsi la caduta del regno napoleonico, il ritorno della dominazione austriaca, le rivolte popolari e le Guerre di Indipendenza, fino alla liberazione del ’59. Nel corso di otto decenni, in campo artistico le istanze del Romanticismo - legato a doppio filo con l’avventura risorgimentale - sfumano nella Scapigliatura, la bohéme milanese dallo spirito ribelle. Gerolamo Induno, La fidanzata del Garibaldino, 1871, olio su tela, 65 x 85 cm. Collezione privataA Novara rivivremo questo passaggio cruciale nei dipinti di maestri come Francesco Hayez, Angelo Inganni, Giuseppe Molteni, i fratelli Domenico e Gerolamo Induno, Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni. Concepito come un viaggio nel tempo in otto capitoli, l’allestimento si sofferma sui temi, gli eventi e i fenomeni più significativi di questo periodo, come i moti del Risorgimento, cui è dedicata un’intera sezione, o i paesaggi urbani di Giovanni Migliara e Giuseppe Canella, interpreti di un filone oggi non troppo famoso, ma allora sulla cresta dell'onda. Giovanni Migliara, Veduta di piazza del Duomo in Milano, 1828 circa, olio su tela, 47 x 61 cm. Collezione Fondazione CariploTra i gioielli in mostra spicca il dipinto dedicato da Hayez alla vicenda di Imelda de’ Lambertazzi, un amore tragico all’epoca di gran moda: “La storia di Imelda Lambertazzi è divenuta a' dì nostri, come quella di Giulietta e Romeo, un argomento obbligato pei poeti e per gli artisti”, scriveva nel 1834 Giuseppe Sacchi, aggiungendo: “vedemmo un Hayez pingere i casi d’Imelda in mirabile tela”.Francesco Hayez, Imelda de Lambertazzi, 1853. Olio su tela. Collezione privataDopo una lunga pagina riservata ai protagonisti della pittura romantica, il panorama muta gradualmente: autori come Giovanni Carnovali detto il Piccio, Federico Faruffini, Filippo Carcano traghettano gli ambienti artistici milanesi verso un cambiamento che interesserà soggetti e atmosfere, ma anche le stesse modalità del dipingere, anticipando tendenze che proseguiranno nel Simbolismo e nel Divisionismo, e poi nelle avanguardie. Tranquillo Cremona, Melodia, 1874-78, olio su tela 115 x 129 cm. Collezione privataA raccontare questo momento al Castello Visconteo è una sfilata di capolavori di collezione privata firmati da protagonisti della Scapigliatura come Cremona, Ranzoni, Luigi Conconi e lo scultore Giuseppe Grandi. La vita quotidiana e la dimensione psicologica conquistano il centro della scena, sfumano i contorni, le pennellate si fanno morbide, quasi evanescenti, la luce rarefatta, e l’alba del moderno è sempre più vicina.Tranquillo Cremona, In ascolto, 1874-78, olio su tela 112 x 128 cm. Collezione privata
Il PAC prosegue la sua esplorazione delle culture internazionali sulle tracce della contemporaneità con una mostra che si propone di introdurci alle diverse espressioni dell’arte contemporanea giapponese degli anni duemila, concentrandosi in particolare sulle tendenze che coinvolgono i corpi degli artisti, sugli elementi della performance, e sulle dinamiche e i movimenti ad essa pertinenti. Analizzando criticamente le relazioni tra queste espressioni corporee e la società, l'ambiente e la materialità, nonché la tecnologia, gli artisti invitati racconteranno le loro visioni della vita e della morte, il senso di urgenza sulla politica di identità e come la politica sociale - lo spirito del nostro tempo - si sia rivelato attraverso le pratiche artistiche. Il progetto proverà a contestualizzare le attuali forme d’arte nella genealogia delle avanguardie giapponesi del dopoguerra, o nel recente passato, generando dialoghi multistrato tra le opere in mostra. Artisti Makoto Aida, Dumb Type, Finger Pointing Worker/Kota Takeuchi, Mari Katayama, Meiro Koizumi, Yuko Mohri, Saburo Muraoka, Yoko Ono, Lieko Shiga, Chiharu Shiota, Kishio Suga, Yui Usui, Ami Yamasaki, Chikako Yamashiro, Fuyuki Yamakawa, Atsuko Tanaka, Kazuo Shiraga.
La seconda edizione degli Art Days Napoli Campania si svolgerà dal 24 al 27 novembre 2022, in ogni capoluogo della più votata tra le regioni europee ai linguaggi del contemporaneo.L’Associazione promotrice, Attiva Cultural Projects, celebra anche il successo della prima edizione (16-19 dicembre 2021) a cui hanno preso parte 46 tra istituzioni, gallerie e spazi indipendenti per un totale di 51 eventi specificamente creati per gli Art Days tra Napoli, Benevento, Caserta, Salerno e relative province nonostante il difficile scenario internazionale e la legislazione d’emergenza ancora vigente in quel periodo. ‘Art Days – Napoli Campania è il primo grande evento diffuso dedicato all’arte contemporanea in tutta la regione: ha l’obiettivo di valorizzare le eccellenze artistiche del territorio innescando un dialogo tra gli attori del sistema, offrendo visibilità dal respiro nazionale e internazionale ad un territorio già tra i più sensibili per la produzione, la fruizione ed il collezionismo di arte contemporanea. La Campania si distingue già, anche a livello extra-europeo, per la caratura degli attori dell’art system che operano in regione ma resta l’unico territorio a non avere ancora appuntamenti dedicati che mettano a sistema tutti gli operatori ed artisti che il territorio stesso esprime invitando il pubblico ad esplorare un unico calendario concentrato di performance, mostre e progetti speciali, premi e conferenze. Per questo abbiamo sentito l’esigenza di progettare gli Art Days e non una fiera: per dare la possibilità a visitatori da tutto il mondo (ma anche dalle altre regioni italiane e da ogni zona della stessa Campania) di prenotare un weekend lungo con la possibilità di fruire anche di alloggi convenzionati e tour dedicati che raccontino il milieu regionale interagendo direttamente con gli attori che lo esprimono tutto l’anno nella loro struttura: un museo, una collezione privata, una galleria, uno spazio indipendente e molto altro. Con un programma completamente bilingue (Italiano/Inglese), i visitatori di ogni nazionalità potranno anche godere di un percorso speciale in ogni istituzione e galleria aderenti e, perché no, conoscere tutte le altre eccellenze e luoghi iconici del territorio campano oltre l’arte contemporanea grazie alla nostra campagna social che racconta luoghi, monumenti e storie ricche di emozione accompagnando i futuri visitatori fino ai giorni dell’evento’ affermano le fondatrici di Attiva, Martina Campese e Raffaella Ferraro (1991, Napoli/Vico Equense), l'associazione che, insieme a Letizia Mari (1994, Bergamo) ha ideato e cura il festival e che, per questa seconda edizione, si avvale anche del contributo di Valeria Bevilacqua (1989, Ferrara), program manager. Mostre, interventi site-specific, performance, talk, visite guidate e tour, attività didattiche, workshop (e per la prima volta un programma by-night dedicato) affolleranno la seconda edizione degli Art Days: importanti le partnership con i principali musei ed istituzioni nazionali e regionali. Il MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) nonostante la sua missione di valorizzazione copra un periodo storico ben situato, si è distinto negli ultimi decenni per lo spazio dato a grandi mostre di artisti contemporanei affermati ed emergenti. L’utilizzo di tutti i linguaggi del contemporaneo, inclusi musica e gaming, è parte integrante dell’offerta annuale. Lo staff del museo ha aperto un dialogo con le curatrici degli Art Days con l’idea di progettare uno dei percorsi dedicati al capoluogo di regione, Napoli, che vede anche l’Accademia di Belle Arti tra i main partner grazie alla realizzazione di un progetto formativo dedicato realizzato con l’associazione riTROVO.Il Museo Madre ospiterà alcuni talk degli Art Days e offrirà un ingresso ridotto ai visitatori del circuito. Tra le altre istituzioni museali già confermate vi sono anche il Museo Filangieri (Napoli) mentre altre importanti realtà di rilievo internazionale stanno completando l’iter di adesione in queste ore. Tra le fondazioni di origine privata od i luoghi di cultura, si segnalano tra le altre che prenderanno parte con eventi dedicati o con aperture speciali, Casa Morra (Napoli), la Fondazione Morra Greco (Napoli), l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Napoli) che ospiterà la conferenza stampa inaugurale della quattro giorni internazionale, la Fondazione Plart (Napoli). Diverse le gallerie e gli spazi indipendenti che hanno già confermato la loro adesione, nonostante la pausa estiva, con programmi dedicati: Aa29 (Caserta), Acappella (Napoli), Le 4 Pareti (Napoli), Spot Home Gallery (Napoli), SyArt Gallery (Sorrento), Swing Gallery (Benevento). Atelier Alifuoco (Napoli), Collettivo Zero | Viale delle Metamorfosi (Napoli), Fenice in Pigiama (Casalnuovo, NA), Gaudium Gallery (Napoli), Labinac, (Napoli), LaCasaforte S.B. (Napoli), Opificio Puca (Sant’Arpino, CE), puntozerovaleriaapicella (Napoli), SMMAVE, (Napoli), Spazio Amira (Nola, NA), Tramandars (Somma Vesuviana, NA), Underneath the arches (Naples). Tra le collezioni private che partecipano agli Art Days con programmi ed iniziative dedicati vi sono: Agovino, Frasca e Rossetta. Tra le residenze d’artista figura ExtrArtis - Relais La Rupe, Sorrento (NA). Due sono i premi che le curatrici e fondatrici di Art Days Napoli Campania presentano per la prima volta quest’anno: entrambi dedicati ad artisti emergenti residenti in Italia senza limite di età oltre a dare spazio qualificato per una residenza artistica (ed un premio di produzione in denaro per la realizzazione dell’opera) promuovono in sinergia due eccellenze territoriali: il vino ed il paesaggio agricolo campano, l’enorme patrimonio archeologico attualizzando un sito fortemente antropizzato. Wine Wise. Metodologie della trasformazione, è la prima open call volta alla promozione del legame tra arte contemporanea e aziende vitivinicole realizzata nella regione Campania e rivolta ad artisti emergenti. Il progetto si sviluppa in collaborazione con l’associazione The Emotional Experience (Cristina Varchetta, Natascia Sole, Rosa Puorro) all’interno di quattro aziende vitivinicole campane distribuite in altrettante province: Villa Matilde (CE), Villa Raiano (AV), Cantine Astroni (NA), Cantine Iannella (BN). Il bando di partecipazione si chiude il 10 settembre, saranno quattro gli artisti vincitori selezionati dalle curatrici di Art Days coadiuvate da una giuria di eccezione: il collezionista Fabio Agovino, il team The Emotional Experience, la giornalista e critica d’arte Stella Cervasio (La Repubblica), un rappresentante per ciascuna delle cantine coinvolte. Le opere site specific realizzate durante il periodo di residenza saranno acquisite dalle cantine partecipanti e saranno presentate dagli artisti tra il 17 ed il 20 novembre attraverso l’organizzazione di tour speciali tra arte e degustazione che faranno da vera e propria vigilia ai giorni clou della manifestazione, 24-27 novembre. La trasformazione dell’uva in vino implica la collaborazione tra umani e non-umani favorendo tra loro relazioni chimiche, tecnologiche, estetiche e affettive. Una riflessione olistica sui processi di produzione del vino suggerisce un cambio di prospettiva in cui la collaborazione inter-specie apre nuove opportunità alla sostenibilità ambientale, alla sopravvivenza collaborativa, all’interazione estetica. WineWise - Metodologie della trasformazione è molto più di un premio d’arte contemporanea per emergenti. E’ un progetto di valorizzazione artistica e territoriale rivolto a tutti gli artisti, duo e collettivi interessati a esplorare il rapporto tra arte, territorio e produzione vinicola nella sua complessità. Flegreo per il contemporaneo - Art Residency, il secondo premio nel ricco parterre di Art Days, ha l’obiettivo di coinvolgere la comunità flegrea, chiamata a ridefinire - attraverso il lavoro svolto insieme all’artista - la propria relazione con il sito del Macellum - Tempio di Serapide, simbolo del centro storico della città di Pozzuoli. E' l’archeologia più antropizzata nel distretto culturale dei Campi Flegrei, inglobata ormai nel panorama urbanistico al punto da sottovalutare la sua importanza. Qual è il ruolo che l’artista ...
Domenico Fontana, ticinese di origine ma lungamente attivo a Roma e a Napoli, viene solitamente abbinato al ricordo di quell’“acqua alle corde” che, leggenda vuole, abbia consentito all’architetto di innanzare l’obelisco di Piazza San Pietro. Un episodio di colore per dar conto dell’ammirazione vissuta dai contemporanei nell’assistere a questo evento, partecipe nei decenni conclusivi del Cinquecento del grandioso riordino di Roma voluto da papa Sisto V (1585-1590), per farne una città moderna degna della funzione di cuore del Cattolicesimo.Egli è, ora, protagonista di una originale mostra promossa dalla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate (Mendrisio, Cantone Ticino, Svizzera) e dall’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana, in partenariato con i Musei Vaticani, e con il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di Nicola Navone, Letizia Tedeschi (Università della Svizzera italiana-Archivio del Moderno) e Patrizia Tosini (Università Roma Tre), che si svolgerà dal 27 novembre 2022 al 19 febbraio 2023. L’esposizione presenta la carriera e le opere dell’architetto Domenico Fontana mettendone in luce il dialogo con i numerosi artisti che collaborano alla realizzazione dei grandi cantieri da lui progettati e diretti, tra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno. Nelle sue fabbriche più prestigiose, di committenza papale e reale, al lavoro di muratori, vetrai, stagnai e fabbri, si sovrappone l’opera delle botteghe artistiche di pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, indoratori e incisori. Si ha così modo di vivere, in mostra, l’esperienza dei grandi cantieri artistici della Roma papale di fine Cinquecento attraverso la presenza di rilevanti opere d’arte di pittori quali il Cavalier D’Arpino, Cesare Nebbia, Giovanni Guerra, Paul Bril, Andrea Lilio, Ferraù Fenzoni, scultori in bronzo e in marmo, come Bastiano Torrigiani, Lodovico Del Duca e Leonardo Sormani, medaglisti come Domenico Poggini.Di questa straordinaria coralità che unisce le più diverse competenze, vuole parlare la mostra, suddivisa in tre sezioni principali, articolate al loro interno in sottosezioni tematiche. Riproduzioni digitali, fotografie immersive e ricostruzioni multimediali accompagnano le opere, creando un ricco e sfaccettato apparato digitale che integra e arricchisce il racconto, interagendo in maniera diretta con il visitatore.La mostra illustra i risultati del progetto di ricerca, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (FNS), L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze” e si svolge nell’ambito del progetto FNS-Agorà The «invention of many works». Domenico Fontana (1543-1607) and his buildings works (CRAGP1_199500, 2022-2024), volto a favorire il dialogo tra comunità scientifica e società civile.Domenico Fontana nacque a Melide nell’attuale Cantone Ticino (Svizzera) nel 1543. Esordisce come stuccatore a Roma a partire dal 1563, dove interviene nei cantieri del cardinale Ricci (gli attuali Palazzo Sacchetti e Villa Medici), nel Palazzo del Campidoglio e nella Chiesa Nuova in Santa Maria in Vallicella. È attestato anche a Villa d’Este a Tivoli nel 1568. Nel 1584 costruisce la Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore per il cardinale Felice Peretti, futuro papa Sisto V, che diventerà il suo principale committente. La nuova cappella incorporò la duecentesca Cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio: il piccolo sacello fu trasportato all’interno della costruzione utilizzando complesse macchine di cantiere. Per lo stesso committente costruì la grandiosa Villa Montalto alle Terme. Con l’accesso al soglio di San Pietro di Felice Peretti,Fontana , ricevette prestigiose committenze: costruì il complesso del Laterano che sostituì l’antico Patriarchio, con il Palazzo, la Loggia delle benedizioni e l’edificio della Scala Santa, il Palazzo Apostolico e la Biblioteca Apostolica Vaticana. È ancor oggi celebre per l’innalzamento dell’obelisco in Piazza San Pietro, impresa di cui pubblicò un resoconto nel suo libro Della transportatione dell’obelisco Vaticano e delle fabriche di Sisto V, pubblicato a Roma nel 1590. Eseguì, inoltre, l’innalzamento di altri tre obelischi antichi nell’odierna Piazza del Popolo (Obelisco Flaminio), Piazza Santa Maria Maggiore (Obelisco Esquilino) e Piazza San Giovanni in Laterano (Obelisco Lateranense). Ottenne dal papa il titolo di cavaliere dell’Ordine dello Speron d’oro.Alla morte di Sisto V, l’architetto, accusato di malversazioni, fu costretto a trasferirsi nel 1592 a Napoli dove fu al servizio dei viceré spagnoli, impegnati in grandi opere per la nuova e seconda capitale del Regno. Fece il progetto per il porto di Napoli e fu incaricato della progettazione del Palazzo Reale la cui costruzione fu avviata nel 1600. Morì a Napoli nel 1607 e fu sepolto nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi. A seguito del crollo della chiesa nel 1805, la salma fu traslata nel vestibolo della Chiesa di Monteoliveto dove l’Arciconfraternita dei Lombardi si trasferì.