Categoria Arte

Escher, maestro di meraviglia, in mostra a Firenze

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“Lo stupore è il sale della terra” diceva Maurits Cornelis Escher, l’incisore più amato del XX secolo. E infatti il tripudio di sfere riflettenti, geometrie impossibili e universi fantastici che avvolgono d’incanto il complesso monumentale progettato da Filippo Brunelleschi, sede del Museo degli Innocenti, è davvero un colpo d’occhio che produce meraviglia. Dal 20 ottobre al 26 marzo l’artista olandese sarà a Firenze con circa 200 opere al centro di otto sezioni - una delle quali dedicata al viaggio in Italia e alla Toscana, dove tenne, nel 1923, la sua prima mostra personale - che proiettano i visitatori in quei suoi mondi immaginifici e impossibili che fondono scienza e natura, il magico e il matematico, il rigore analitico e la capacità contemplativa, e ancora arte, matematica, scienza, fisica, design. Maurits Cornelis Escher, San Gimignano, 1923, Xilografia, 49.3 x 28.9 cm, Collezione Maurits, Bolzano All M.C. Escher works © 2022 The M.C. Escher Company. All rights reserved www.mcescher.comIl primo approdo dell’artista in città era stato nel 1921, in occasione di una vacanza con i genitori durante la quale era rimasto a tal punto affascinato da ritornare in Toscana l’anno dopo in compagnia di alcuni amici. E fu dai luoghi toscani e dalla bellezza selvaggia dei paesaggi del centro e sud della penisola che Escher trovò ispirazione per le sue opere. L’antologica pronta ad aprire i battenti domani a Firenze sfoglia i lavori più rappresentativi che lo hanno reso celebre in tutto il mondo raccontando il genio dell’artista olandese attraverso le opere più iconiche della sua produzione, da Mano con sfera riflettente (1935) a Vincolo d’unione (1956), da Metamorfosi II (1939) a Giorno e notte (1938).Nel museo nato per esporre le opere d’arte dell’antico Spedale, grande centro d’accoglienza per bambini, trasformato in un percorso che permette di scoprire un patrimonio culturale profondamente legato all’attività svolta in favore dei piccoli che non potevano essere cresciuti dalle famiglie d’origine, e che accoglie capolavori di artisti quali Domenico Ghirlandaio, Luca e Andrea della Robbia, Sandro Botticelli, le opere di Escher ammaliano. Maurits Cornelis Escher, Vincolo d’unione, 1956, Litografia, 33.9 x 25.3 cm, Collezione Maurits, Bolzano, All M.C. Escher works © 2022 The M.C. Escher Company. All rights reserved www.mcescher.comDai primi lavori ispirati all’Art Nouveau all’ “Eschermania” con l’influenza esercitata dall’artista sui pittori contemporanei e artisti digitali, il viaggio alla scoperta del genio prosegue in mostra con i viaggi in Italia che gli consentirono di ampliare i suoi orizzonti artistici.In questo universo nel quale gli uccelli si tramutano gradualmente in pesci e una lucertola diventa la cella di un alveare figurano anche elementi antitetici ma complementari, come il giorno e la notte o il bene e il male, che, in una stessa composizione, intrecciano gli opposti. Il pubblico procede attraverso architetture e composizioni geometriche caratterizzate da aberrazioni prospettiche, costruzioni impossibili frutto un dialogo con matematici e cristallografi, illusioni ottiche, la rappresentazione dell’infinito. Una sezione della mostra curata da Mark Veldhuysen, CEO della M.C. Escher Company, e da Federico Giudiceandrea, attraverso opere come Ascesa e discesa, Belvedere, Cascata, Galleria di stampe e Relatività, analizza come Escher abbia cercato di forzare oltre ogni limite la rappresentazione di situazioni impossibili, ma concrete all’apparenza. Eppure, nonostante tutto, la fama gli giunse tardi, anzi solo negli ultimi anni di vita. Maurits Cornelis Escher, Cascata, 1961, Litografia, 32 x 30 cm, Collezione privata, Italia | All M.C. Escher works © 2019 The M.C. Escher Company | All rights reserved www.mcescher.comAllora per sbarcare il lunario si dedicava spesso a lavori su commissione, progetti modesti, come la realizzazione di semplici biglietti di auguri e di etichette decorate che venivano applicate sui libri per indicarne il proprietario. Eseguì anche commesse pubbliche come la progettazione di banconote e francobolli. Nel 1967 eseguì un’incisione di ben sette metri intitolata Metamorfosi III destinata all’ufficio postale dell’Aia, nei Paesi Bassi: un’opera che oggi è considerata uno dei suoi capolavori. Patrocinata dal Comune di Firenze, dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M. C. Escher Foundation, Maurits e In Your Event. Leggi anche:• Escher

Quella volta che i futuristi, sconosciuti e incompresi, esposero alla Galerie Bernheim-Jeune (vendendo un solo quadro)

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Il 7 febbraio del 1912 nelle sale della Galerie Bernheim-Jeune di Parigi, 35 opere di Boccioni, Carrà, Severini e Russolo presentavano alla effervescente Ville Lumière l’astro nascente del Futurismo. L'Europa intera accorse ad assistere a questa mostra nella galleria di Joss e Gaston Bernheim-Jeune, che solo undici anni prima, nel 1901, aveva accolto la prima mostra di Van Gogh, nel 1906 quella di Bonnart e Viallard, e nel 1907 i dipinti di Cézanne e Cross. C'erano i compatrioti degli artisti venuti a sostenere rumorosamente i dipinti e c'erano i colleghi francesi incerti se ridere o piangere, donne di mondo del tutto inconsapevoli dei contenuti dei capolavori esposti. E c’era soprattutto la critica francese tutta che gridò allo scandalo, accusando i futuristi di volere rinnegare il passato con la loro pittura "odiosa, incompleta, incompresa". Solo i critici anglosassoni trovarono il coraggioso evento alla Bernheim-Jeune la mostra di pittura più bella del mondo. Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it “Parigi non era pronta è la frase che ricorre spesso in molti articoli di quegli anni. La critica francese non ha capito la pittura futurista o non l’ha accettata. Le parole che, nella maggior parte degli articoli sono state utilizzate in occasione di quella mostra potevano andare da questa pittura è odiosa, incompleta, incompresa, un mix tra Cubismo e Futurismo, a dove va la pittura? Vorrebbero distruggere il passato ma farebbero bene a lasciarsi ispirare. Per loro la pittura futurista non andava da nessuna parte, non era altro che un grande circo. Non è però il caso di tutta la critica, dal momento che i critici anglosassoni la considerarono la mostra di pittura più bella del mondo”. Quella di Floriane D’Auberville, pronipote del gallerista francese Josse Bernheim-Jeune, è una delle autorevoli testimonianze che impreziosiscono il documentario inedito dal titolo FORMIDABILE BOCCIONI, disponibile in esclusiva su ITsART a partire da oggi, 19 ottobre, giorno in cui, 140 anni fa, nasceva l’artista che abbracciava la rivoluzione di Marinetti traducendo la poesia in arte e dando un apporto fondamentale alla più importante Avanguardia artistica del primo Novecento in Europa.Floriane D’Auberville in Formidabile Boccioni | © ARTE.it Scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, FORMIDABILE BOCCIONI  è una produzione ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e RAI Cultura, che ripercorre la vita e le opere dell’artista futurista attraverso interviste esclusive ai massimi esperti, ai collezionisti e ai direttori dei più importanti musei che custodiscono i suoi capolavori. E tra le date importanti per l'artista nato a Reggio Calabria, divenuto pittore seguendo un percorso non convenzionale, figura anche quel 7 febbraio del 1912 quando, esponendo per la prima volta a Parigi, in occasione della mostra alla Galerie Bernheim-Jeune, opere come La città che sale e La risata, Umberto Boccioni destò scandalo in tutta Europa scontrandosi con Picasso e i Cubisti.Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, Museum of Modern Art, New York Certo, quella di presentare in una mostra, per la prima volta, artisti come i futuristi, sconosciuti in quegli anni ai più, fu una scelta molto coraggiosa da parte dei lungimiranti Josse e Gaston Bernheim-Jeune. “In un certo senso - racconta Floriane D’Auberville - quella di esporre in galleria artisti come i Futuristi che non erano assolutamente conosciuti a Parigi è stata in un certo senso una follia. Nessuno conosceva i dipinti dei Futuristi, anche se le loro teorie erano già arrivate alle orecchie dei parigini. Marinetti era conosciuto non per la sua pittura, ma per il Manifesto che aveva pubblicato su Le Figaro nel 1909. Sicuramente l'aver scelto una galleria già molto nota per Marinetti fu un punto di forza. Poteva dimostrare che i futuristi meritavano una grande sede per la loro prima mostra. Questa prima esposizione è la prova della spinta che Josse e Gaston hanno voluto dare ai futuristi. Sceglievano sempre artisti nei quali riponevano la loro fiducia, artisti che amavano e la cui pittura li colpiva. Per esempio di Cézanne - pittore che non veniva compreso, che veniva deriso dalla gente - i miei bisnonni organizzarono mostre e pubblicarono il primo libro al mondo a lui dedicato. Allora tutti risero. Accadde un po’ la stessa cosa per i futuristi. Nessuno ha creduto in noi per questa mostra, ma Josse e Gaston hanno intravisto questa scintilla”. La Parigi alla fine del XX secolo, del XIX e di metà Ottocento era ancora la capitale dell'arte. Era una città romantica dalla grande storia culturale, pervasa da una certa effervescenza. Era la meta ambiziosa di tutti gli artisti del mondo. Ma era anche una città che poteva essere spietata, dove i critici potevano elogiarti o distruggere il tuo lavoro. Se le avanguardie come Picasso incontrarono il loro successo con il Cubismo, altri pennelli come quelli di Marcel Duchamp potevano vedere il loro lavoro completamente distrutto e rifiutato ai Salon. Umberto Boccioni, La Risata, 1911 | © New York, Museum of Modern Art, Dono di Herbert e Nannette Rotschild“Come ogni artista che esponeva a Parigi - continua D’Auberville - anche per Boccioni giungere nella città francese è stata una sfida. Venire dicendo non ho paura era da folli perché i critici ti aspettavano all'angolo della strada per distruggere il tuo lavoro se non gli piaceva. Credo che già intorno al 1911 Boccioni avesse fatto un viaggio con Carrà per vedere le opere cubiste. E a quell’epoca ha sicuramente avuto modo di incontrare Picasso che dal 1907 era noto grazie al suo dipinto delle Demoiselles d'Avignon che aveva avuto un forte impatto segnando il punto di partenza del Cubismo. Queste opere sono state essenziali segnando inevitabilmente la visione dell'arte di Boccioni”. Eppure Boccioni, nella mostra del 1912 alla Galleria Bernheim-Jeune non vendette nemmeno un quadro. Anzi, una tela in quell'occasione fu venduta, ma non recava la sua firma. “Le 35 opere che sono state esposte nel 1912 - continua Floriane D’Auberville - non sono entrate nelle scorte di Bernheim-Jeune, quindi non ho registrazioni contabili di ciò che è stato venduto, riacquistato o di eventuali transazioni. Tuttavia facendo delle ricerche mi sono imbattuta in un buono acquisto di un'opera che sarebbe stata venduta proprio durante la mostra. Si chiamava Souvenirs de voyage ed era di Severini. Non so se ve ne siano state altre”. Gino Severini, 1911, Souvenirs de voyage, Olio su tela, 75 × 47 cm, Collezione privata E Giacomo Balla? A quanto pare risulta il grande assente di quel fatidico appuntamento, con un quadro che a Parigi non è mai giunto. “Il dipinto di Balla è stato scritto, il titolo compare nel catalogo della mostra del 1912, ma l’opera non è stata esposta. A tal proposito ci sono diverse teorie. La nostra è che Balla non riteneva che la sua pittura fosse sufficientemente realizzata per presentarla e accostarla a quella dei suoi compatrioti. Sarebbe stato lui a decidere di ritirarla dal momento che noi abbiamo pubblicato il nome di questo artista più il titolo della sua opera. Non vedo Bernheim-Jeune ritirare un quadro, non era nostra abitudine visto che accettare un pittore, significa accettiamo il suo lavoro. Non ho testi di corrispondenza che possano confutare o provare questa ipotesi, ma è quella che spesso discutiamo tra noi a Bernheim-Jeune”. Nel 1925 la Bernheim-Jeune ha cambiato edificio, trasferendosi al Faubourg Saint-Honoré Avenue Matignon in locali più grandi e, dieci anni dopo, nel 1935, ha ospitato una seconda mostra futurista con artisti che hanno presentato 159 opere. Marinetti ha concesso alla galleria il privilegio di scrivere un testo per il catalogo. Questa è stata l'ultima mostra futurista ospitata dalla presigiosa galleria parigina che scommise sull'arte d'avanguardia.Galerie Bernheim Jeune, Paris Madeleine Leggi anche:• FORMIDABILE BOCCIONI. Il genio futurista in un docufilm• In viaggio con Boccioni. I capolavori da ammirare nel mondo• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia

In viaggio con Boccioni. I capolavori da ammirare nel mondo

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A Parigi, nel 1912, critici e artisti lo snobbarono senza pietà. Per Umberto Boccioni il debutto alla Galleria Barnheim-Jeune fu una giostra di emozioni violente: qualcuno rise, giudicando i suoi dipinti già superati, altri gridarono allo scandalo, altri ancora seguirono con curiosità le gesta di quell’italiano eccentrico e un po’ vanesio, fuori posto negli ambienti bohémien dell’avanguardia. Per i critici britannici, al contrario, fu amore a prima vista: la prima uscita internazionale dei futuristi fu descritta dalla stampa inglese come “la mostra più bella del mondo”. Poi venne Peggy Guggenheim, con il suo infallibile fiuto e lo spirito ribelle: nel ’58, quando in Italia il Futurismo scontava ancora i legami con il regime fascista, la mecenate e collezionista americana acquistò con convinzione la scultura Dinamismo di un cavallo in corsa + case, felice di infrangere le regole proprio come Boccioni. La strada verso l’America era ormai spianata, e non è un caso che diversi capolavori del maestro futurista abbiano trovato casa in musei e collezioni internazionali. Dal 19 ottobre, 140° anniversario della nascita dell’artista, avremo modo di ammirarli comodamente da casa nel documentario FORMIDABILE BOCCIONI, scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura e disponibile in esclusiva sulla piattaforma ITsART. Nel frattempo, ecco una panoramica delle più belle opere di Boccioni conservate all’estero.Umberto Boccioni, Campagna romana o meriggio, 1903, Olio su tela. MASI, Collezione della Città di Lugano Al MASI di Lugano, il Museo d’Arte della Svizzera Italiana, troviamo il primo dipinto a olio del genio in erba: si intitola Campagna romana o meriggio ed è datato 1903. Umberto ha solo 21 anni quando realizza questa tela: vive a Roma da poco e, con l’amico Gino Severini, frequenta lo studio del maestro Giacomo Balla. Il paesaggio del MASI è perfetto ma non ha nulla di rivoluzionario, piuttosto svela le basi del linguaggio di Boccioni, che farà tesoro della lezione divisionista per scuotere dalle fondamenta la pittura italiana. La strada entra nella casa del 1911 è conservato presso lo Sprengel Museum di Hannover. Da un turbine di forme e colori emerge in primo piano la figura di una donna di spalle, appoggiata alla ringhiera di un balcone di Milano, dove l’artista si è trasferito. “La sensazione dominante”, scrive Boccioni, “è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non deve limitarsi a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone”. Palazzi, strade e cantieri si fondono nel vortice della visione futurista, talmente potente da riuscire a piegarne i contorni.Umberto Boccioni, La strada entra nella casa, 1911, Sprengel Museum, Hannover Sempre in Germania, al Von der Heydt-Museum di Wuppertal, possiamo ammirare Visioni simultanee (1912), quasi uno sviluppo del dipinto di Hannover: qui l’artista invita a osservare la strada dall’alto verso il basso, in una prospettiva che dà le vertigini. L’azione si svolge su piani sovrapposti e la deformazione dello spazio è ancora più radicale: gli edifici si curvano e si scompongono, come le figure catturate in strada e il corpo della donna che si sporge verso il vuoto. Si trova invece a Londra, presso la Estorick Collection, l’olio su tavola Idolo moderno, icona della nuova bellezza futurista. Bando alle Veneri del passato: in questo quadro, racconta lo storico dell’arte Niccolò D’Agati, la donna ideale è una cocotte dal cappello appariscente, che si ferma davanti a una vetrina colorandosi il volto di elettrica luce blu. “Ai primi tempi dell’Impressionismo il violetto era accettato per i prati, i cieli, i boschi… Guai a vederli sul viso, sulle braccia, sul seno di una donna bella”, scrive Boccioni orgoglioso della sua trasgressione.Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, Museum of Modern Art, New York  Se al Metropolitan Museum of Art di New York abbiamo un saggio degli anni giovanili di Boccioni con due autoritratti (1904, 1905) e la guache Giovane sulla sponda del fiume (1902), al MoMa ne riviviamo la stagione più feconda attraverso alcuni celebri capolavori. La città che sale del 1910 “è forse l’opera più eroica di Boccioni per la tensione e la volontà di andare oltre le forme pittoriche tradizionali”, osserva la storica dell’arte Esther Coen. L’artista stesso definisce “titanico” questo dipinto di grandi dimensioni, che attrae lo sguardo dello spettatore verso il centro della tela con “una palla di fuoco rossa, rutilante” e un cavallo che muove l’intera composizione. Colori accesi e pennellate cariche di energia dipingono con vibrante dinamismo il paesaggio di un cantiere alla periferia di Milano, la città moderna che si espande e ascende verso il cielo. Sempre al Museum of Modern Arts di New York La risata trasferisce sulla tela un’emozione universale, mentre la vita notturna della metropoli batte il ritmo sulla tela. È ormai il 1912 quando Boccioni termina questo dipinto, e il suo linguaggio è maturato ulteriormente anche grazie al soggiorno parigino, che gli ha dato modo di conoscere Picasso e i cubisti. Lo testimoniano i piani scomposti e la visione degli stessi soggetti ripresi da diverse angolazioni, mentre i colori accesi e il movimento impresso all’insieme restituiscono i suoni di un riso gioioso, euforico, quasi delirante. Grande fu il clamore che accolse questo quadro all’Esposizione d’Arte Libera di Milano, dove un visitatore espresse il proprio disappunto sfregiando il dipinto. Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che partono, 1912, Museum of Modern Art, New York La ricerca di Boccioni sulle emozioni umane prosegue nella serie degli Stati d’animo, che ammiriamo al MoMa nella seconda versione (1912), probabilmente la più riuscita. Ambientata in una stazione ferroviaria, l’opera si compone di tre dipinti: Quelli che partono, Quelli che restano e Gli addii. Anche qui si avverte l’eco del recente incontro con il Cubismo, che Boccioni rielabora in modo alquanto personale. In Quelli che partono le linee oblique della velocità tagliano i volti dei viaggiatori, mentre il blu ne esprime la malinconia. In Quelli che restano, al contrario, l’immagine degli accompagnatori in piedi sul binario è rafforzata da linee verticali e sulla tela domina il verde, che nel vocabolario dell’artista è il colore dell’abbandono. Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che restano, 1912, Museum of Modern Art, New YorkGli addii rappresenta i saluti e gli abbracci che precedono il distacco: le linee sono circolari, i colori vividi, un vortice di rossi, verdi e azzurri interrotto dal fumo bianco della locomotiva. L’accoglienza, inutile dirlo, fu tutt’altro che tranquilla: la stampa francese gridò allo scandalo, l’arte di Boccioni restava incomprensibile ai più. Il poeta Guillaume Apollinaire, dopo aver visto gli Stati d’animo, seppe dire soltanto: “Ho incontrato un artista che sta lavorando sul tema delle stazioni”.Umberto Boccioni, Stati d'animo: Gli addii, 1912, Museum of Modern Art, New YorkAl Museo di Arte Contemporanea di San Paolo del Brasile si trova infine il gesso di Forme Uniche della Continuità nello Spazio (1913), unica testimonianza autografa del capolavoro scultoreo di Boccioni. “Ossessionato dalla scultura” per sua stessa ammissione, dal 1912 il maestro futurista si dedicò anima e corpo al rinnovamento di quella che considerava ormai “un’arte mummificata”. In Forme Uniche reinterpreta in chiave futurista il tema classico dell’uomo che cammina, cercando con geniale intuizione una rappresentazione sintetica, intuitiva e immediata del movimento. Immagine a tre dimensioni dell’umanità nuova preconizzata da Marinetti – il “novello Icaro, metà uomo e metà macchina” – la scultura di Boccioni proclama “l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa”: la figura “si spalanca” e accoglie in sé lo spazio circostante, in una competrazione dinamica tra oggetto e ambiente. La fusione in bronzo di Forme Uniche non fu mai realizzata mentre Boccioni era in vita: le sculture in metallo esposte al MoMa e al MET di New York, al Museo del Novecento di Milano e alla Tate Modern di Londra sono datate tra il 1931 e il 1972, mentre altri gessi sono andati perduti in circostanze misteriose. Lo scopriremo dal 19 ottobre su ITsART nel documentario FORMIDABILE BOCCIONI, insieme ad altre storie, curiosità e testimonianze eccellenti intorno al genio del Futurismo. Leggi anche: • "FORMIDABILE BOCCIONI": il genio futurista in un docufilm inedito• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia

Romantici o Scapigliati? 70 gradi dipinti raccontano l’Ottocento milanese

133701 Bossoli C   La commemorazione dei Caduti nelle Cinque Giornate tenuta in Piazza del Duomo il 6 aprile 1848 tempera su carta riportata su tela 71 5 x 100 5 cm
Una full immersion nelle atmosfere Ottocento, inseguendo le trasformazioni dell’arte in un secolo denso di eventi e passioni: è l’esperienza che attende i visitatori della mostra Milano da romantica a scapigliata, in arrivo al Castello Visconteo Sforzesco di Novara. Dal prossimo 22 ottobre fino al 12 marzo 2023, oltre 70 capolavori restituiranno tappe e suggestioni di una stagione tumultuosa che ebbe come epicentro Milano, laboratorio sociale e culturale d’avanguardia nella penisola. Sotto la lente della curatrice Elisabetta Chiodini e del comitato scientifico composto da Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora, c'è il periodo compreso tra il secondo e il penultimo decennio del XIX secolo, che in Lombardia vide susseguirsi la caduta del regno napoleonico, il ritorno della dominazione austriaca, le rivolte popolari e le Guerre di Indipendenza, fino alla liberazione del ’59.  Nel corso di otto decenni, in campo artistico le istanze del Romanticismo - legato a doppio filo con l’avventura risorgimentale - sfumano nella Scapigliatura, la bohéme milanese dallo spirito ribelle. Gerolamo Induno, La fidanzata del Garibaldino, 1871, olio su tela, 65 x 85 cm. Collezione privataA Novara rivivremo questo passaggio cruciale nei dipinti di maestri come Francesco Hayez, Angelo Inganni, Giuseppe Molteni, i fratelli Domenico e Gerolamo Induno, Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni. Concepito come un viaggio nel tempo in otto capitoli, l’allestimento si sofferma sui temi, gli eventi e i fenomeni più significativi di questo periodo, come i moti del Risorgimento, cui è dedicata un’intera sezione, o i paesaggi urbani di Giovanni Migliara e Giuseppe Canella, interpreti di un filone oggi non troppo famoso, ma allora sulla cresta dell'onda. Giovanni Migliara, Veduta di piazza del Duomo in Milano, 1828 circa, olio su tela, 47 x 61 cm. Collezione Fondazione CariploTra i gioielli in mostra spicca il dipinto dedicato da Hayez alla vicenda di Imelda de’ Lambertazzi, un amore tragico all’epoca di gran moda: “La storia di Imelda Lambertazzi è divenuta a' dì nostri, come quella di Giulietta e Romeo, un argomento obbligato pei poeti e per gli artisti”, scriveva nel 1834 Giuseppe Sacchi, aggiungendo: “vedemmo un Hayez pingere i casi d’Imelda in mirabile tela”.Francesco Hayez, Imelda de Lambertazzi, 1853. Olio su tela. Collezione privataDopo una lunga pagina riservata ai protagonisti della pittura romantica, il panorama muta gradualmente: autori come Giovanni Carnovali detto il Piccio, Federico Faruffini, Filippo Carcano traghettano gli ambienti artistici milanesi verso un cambiamento che interesserà soggetti e atmosfere, ma anche le stesse modalità del dipingere, anticipando tendenze che proseguiranno nel Simbolismo e nel Divisionismo, e poi nelle avanguardie. Tranquillo Cremona, Melodia, 1874-78, olio su tela 115 x 129 cm. Collezione privataA raccontare questo momento al Castello Visconteo è una sfilata di capolavori di collezione privata firmati da protagonisti della Scapigliatura come Cremona, Ranzoni, Luigi Conconi e lo scultore Giuseppe Grandi. La vita quotidiana e la dimensione psicologica conquistano il centro della scena, sfumano i contorni, le pennellate si fanno morbide, quasi evanescenti, la luce rarefatta, e l’alba del moderno è sempre più vicina.Tranquillo Cremona, In ascolto, 1874-78, olio su tela 112 x 128 cm. Collezione privata

Le opere di Boccioni da vedere in Italia

133631 Umberto Boccioni Rissa in galleria Pinacoteca di Brera
“La lezione di Boccioni è stata alla base della progettazione dei miei avveniristici edifici come il Guggenheim di Bilbao. Le linee rette delle mie costruzioni, nella tensione a fendere l’aria, si sono deformate, diventando arco, parabola, appunto traiettoria”. Parola di Frank Gehry. Anche se, l’archistar statunitense non è il primo dei moderni a essere stregato dall’arte del visionario Boccioni. Da anni, grazie all’impiego di digital animation e stampa in 3D, Matt Smith e Anders Rädén lavorano al progetto di ricostruire i gessi perduti del maestro, Forme uniche di continuità nello spazio, studiando da vicino le fotografie dell’epoca per entrare nella mente creativa dell’artista. Dopo la sua morte, a soli 34 anni, le sculture di Boccioni vengono distrutte, fatte a pezzi da un anonimo artista ‘passatista’. Quelle che ammiriamo nei più importanti musei del mondo sono riproduzioni in bronzo. Ma perché la scultura di Boccioni affascina ancora oggi così tanto il pubblico? Visionario, geniale, l'artista nato a Reggio Calabria non ha un luogo di origine, nessuna città gli appartiene. E lo stesso vale per i suoi capolavori immortali che oggi è possibile ammirare tra sale del Metropolitan Museum of Modern Art di New York, e in quelle dell’Estorick Collection di Londra, e, in Italia, al Museo del Novecento di Milano che vanta la più grande collezione pubblica del pittore.FORMIDABILE BOCCIONI, Docufilm 54', 2022 | Courtesy of ARTE.it Originals / .ITsArt / Rai CulturaSeguendo idealmente le opere, in ordine di apparizione all’interno del documentario inedito FORMIDABILE BOCCIONI, disponibile in esclusiva su ItsART a partire dal 19 ottobre, data di nascita dell’artista, rintraccamo l’impronta dell’autorevole esponente del Futurismo nei musei italiani. Scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, il documentario, una produzione ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura, snocciola le opere del primo attore del Futurismo, che dedicò l’intera esistenza a inventare un nuovo linguaggio contemporaneo capace di esprimere la modernità in pittura e in scultura. “Il Museo del Novecento di Milano - dichiara nel docufilm il direttore del Museo del Novecento, Gianfranco Maraniello - ha una collezione unica al mondo di opere d’arte futuriste dove il ruolo di Boccioni è portante. Il nuovo allestimento, arricchito dai capolavori della collezione Mattioli, tra cui alcune delle opere più significative dell’artista, rende ancora più completa e preziosa la Galleria dedicata al Futurismo”. Se lo Studio per la Risata del 1911 è patrimonio della Galleria Nazionale di Cosenza, e il bozzetto di La città sale del 1910 si trova alla Pinacoteca Brera, ecco dove ammirare da vicino la pittura di colui che sfidò secoli di immobilità, liberando una volta per tutte quest’arte dalle forme chiuse, e dalla bellezza classica. Rissa in Galleria (1910), Pinacoteca di Brera, Milano Dopo un periodo trascorso a Roma, deluso dal clima artistico della capitale dove i fermenti e le novità che si agitavano in Europa non trovavano alcuna risonanza, Boccioni nel 1906 decise di trasferirsi a Parigi. Inizia così un periodo di spostamenti, da un soggiorno in Russia al trasferimento a Milano, dove si stabilisce attratto dal nuovo spirito tecnologico che anima la città e dove stringe amicizia con i fondatori del movimento futurista, firmatari del primo Manifesto già nel 1909. In Rissa in galleria, dipinto nei mesi immediatamente successivi alla firma del Manifesto Tecnico della Pittura Futurista (1910), Boccioni esaspera la tecnica divisionista per studiare i movimenti della folla e dare vita a inediti effetti di luce e di dinamismo, accentuati dall’uso di vivacissimi colori complementari. Protagonista del quadro è una folla di persone che si accalca di fronte alla buvette di Gaspare Campari (divenuta in seguito "Gran Bar Zucca" nella Galleria Vittorio Emanuele II di Milano), per prendere parte a una zuffa tra due donne. Autoritratto, 1908, Pinacoteca di Brera, Milano In questa tela Boccioni si ritrae sul balcone di quella che nel 1908 era la sua abitazione di Via Castel Morrone, angolo via Goldoni. Il balcone domina il paesaggio della periferia milanese, Lo sfondo è caratterizzato da case in costruzione mentre si vede un treno percorrere il cavalcavia Acquabella, oggi demolito, anticipazione delle tematiche futuriste degli anni successivi. “Dal primo del mese mi trovo in casa di mamma, lontano da quell’antipaticissima padrona e mi trovo abbastanza bene. In quella casa ho finito l’autoritratto che mi lascia completamente indifferente”. Così scriveva il pittore il 13 maggio 1908 a proposito della sua opera. Meriggio. Officine di Porta romana, 1909-10, Galleria d’Italia, Milano Quando, nel 1907, Boccioni arriva a Milano porta avanti lo sviluppo del suo linguaggio espressivo. Con la crescita commerciale e industriale, con il suo evolversi in una metropoli moderna, la città è la cornice perfetta per accogliere la poetica futurista. In Officine a Porta Romana un’inedita inquadratura, dilatata in orizzontale, domina la scena nella quale sono evidenti le diagonali che conferiscono solidità alla struttura compositiva. L'esasperazione delle linee di fuga, nonché l'utilizzo della tecnica divisionista portata all'eccesso, rendono l'immagine fortemente dinamica.Lo spettatore è investito da questa esplosione di contrasti cromatici, nuclei di colore raggrumati pieni di energia e ai quali si sovrappongono fasci di luce discendente, bilanciati dai vapori opachi delle ciminiere che sbucano in lontananza. Questa spasmodica intensificazione cromatica caratterizza l’estrema fase divisionista di Boccioni e precede la prime scomposizioni della forma. Umberto Boccioni, Meriggio. Officine a Porta Romana, 1910, Olio su tela, 145 x 75 cm, Collezione Intesa Sanpaolo Gallerie d'Italia - Piazza Scala, MilanoForme Uniche della continuità dello spazio, 1913, Museo del Novecento, Milano Emblema del dinamismo impresso dalla nuova cultura futurista, quest’opera, gioiello del Museo del Novecento, è diventata un’icona universale, riprodotta in milioni di esemplari sulle monete da 20 centesimi di euro. L’opera, il cui originale è in gesso, è simbolo della produzione scultorea futurista dell’artista, finalizzata a riprodurre la velocità e la forza del dinamismo nell'arte. La copia in bronzo è stata prodotta solo dopo la scomparsa di Boccioni per volere di Filippo Tommaso Marinetti. L’idea non è semplicemente quella di rappresentare un uomo che cammina, ma di rendere una forma unica in un movimento che è quello della materia nella continuità spazio-temporale. Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.itTre donne, 1909-10, Gallerie d’Italia, Milano In questa tela, che segna l’esordio di Boccioni sulla scena milanese, l’artista ricorre alle figure della madre Cecilia, della sorella Amelia e della modella Ines per rappresentare le tre età della donna, trasformando, attraverso la luce, le tre figure statiche in un vortice dinamico che genera tra le donne legami affettivi. Seduta in posizione rilassata, il volto rigato dal tempo, il morbido chignon d’argento, la madre dell’artista, Cecilia Forlanini, sbuca da un triangolo immaginario, con sottili linee colorate che delineano il lungo e ampio vestito dove dominano le tinte verdi. Anche Amelia è sorridente. I raggi del sole si insinuano tra i capelli, il libro stretto alla mano sinistra, tra il bianco, il verde, l’azzurro, il blu e il rosa dell’abito, tratteggiati con pennellate decise e linee verticali. Un’espressione malinconica avvolge invece Ines, l’amata musa di Boccioni, dalla quale si allargano linee bianche che enfatizzano la fusione dei due corpi. Umberto Boccioni, Tre donne, 1809-1810, Olio su tela, Milano, Gallerie d'Italia - Piazza Scala, Collezione Intesa san PaoloStati d’animo (prima serie), 1911, Museo del Novecento, Milano Il Museo del Novecento conserva la prima versione del ciclo Stati d’animo, realizzato nel 1911. La seconda versione si trova oggi al MoMA. Il titolo Stati d’animo racchiude tre dipinti con i quali Boccioni ha voluto rappresentare i sentimenti delle persone che partono e che restano in una stazione ferroviaria. Addii è la tela che ritrae la confusione, nel momento in cui la gente si saluta abbracciandosi sui binari accanto alla locomotiva. Le linee sono circolari, i colori vivi. Il secondo dipinto è dedicato a Quelli che partono, i volti tagliati dalla velocità del movimento, con i toni del blu e dell’azzurro a trasmettere il senso di malinconia tipica di ogni partenza. Quelli che restano, soggetto del terzo dipinto, è un trionfo di linee verticali, a indicare le persone che rimangono sul binario, mentre il colore verde esprime lo stato d’animo dell’abbandono.Umberto Boccioni, Stati d'animo - Quelli che vanno, 1911, Olio su tela,  95.5 x 71cm | Courtesy of Museo del Novecento, Milano Materia, 1912 Museo del Novecento, MilanoMateria fa parte della collezione Gianni Mattioli, perla del percorso espositivo del Museo del Novecento. La tela raffigura, a figura intera, la madre dell'artista, seduta nella sua casa frontalmente, mentre dà le spalle a un balcone che domina il paesaggio urbano retrostante. Questa scelta contribuisce a fondere in un'unica “visione simultanea” la percezione ottica di due soggetti distinti, il paesaggio metropolitano e la madre dell'artista. Le mani della donna, incrociate e giganti, caratterizzano il fuoco del ritratto. Lo scenario urbano si integra perfettamente con la figura femminile. Un flusso di energia, creata dai colori, si diffonde in ogni direzione. L’opera vuole rappresentare il moto assoluto, la forza del moto insita nell’oggetto nella sua struttura organica, elementi che poi saranno trasferiti da Boccioni nella scultura per dare vita a un insieme polimaterico che contenga la sintesi tra la figura e il suo ambiente. Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1915, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia All’indomani della pubblicazione del suo Manifesto Tecnico della Scultura Futurista, l’11 aprile 1912, Umberto Boccioni si volse alla scultura. In piena linea con i presupposti estetici del documento che prevedevano, in una sola opera, l’impiego dil'artista associa legno, cartone e metallo parzialmente dipinti in un uso futurista dei piani, influenzato dal Cubismo di Pablo Picasso e Georges Braque. Boccioni ricorre all’immagine del cavallo per dimostrare come la qualità della percezione visiva generi l’illusione di una fusione di forme. Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1915, Guazzo, olio, legno, cartone, rame e ferro dipinto, 115 x 112.9 cm, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim | Courtesy Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York)Elasticità, 1912 Museo del Novecento, Milano Considerata una delle opere più significative di Boccioni, Elasticità rappresenta il moto relativo dell’oggetto in un ambiente fluido. Nell’opera è possibile cogliere tutti gli elementi figurativi tipici della pittura futurista: il moto del cavallo in primo piano e i rimandi al progresso con lo scorcio sulle fabbriche in lontananza. Umberto Boccioni, Elasticità, 1912, Olio su tela, 100 × 100 cm | Courtesy of Museo del Novecento, MilanoSviluppo di una bottiglia nello spazio, 1913, Museo del Novecento, Milano Nell’opera è presente una bottiglia poggiata su un piatto. Le due figure formano una natura morta con la quale l'artista restituisce il gioco dinamico che sta alla base dei suoi lavori attraverso una visione vorticosa dei due elementi, dando movimento al tutto. Oltre all'esemplare fuso nel 1935 dal gesso originale e oggi esposto a Milano, ne esistono altri quattro, fusi in diversi momenti. Ritratto antigrazioso, 1912, Galleria nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma Conosciuto anche come La madre, il busto di Antigrazioso è uno dei pochi esempi superstiti delle sculture futuriste eseguite da Boccioni nel 1912 e 1913 ed esposti alla Galerie 23 di Parigi nel 1913. Questa scultura in gesso patinato, conservata alla Galleria nazionale d'Arte Moderna di Roma, rappresenta la scomposizione futurista del volto della madre di Boccioni, ripreso nel dipinto Materia. Dell'opera il Metropolitan Museum di New York conserva una fusione in bronzo del 1950-1951. Boccioni porta a termine la sua sperimentazione attraverso la quale aveva liberato la scultura dalle forme chiuse e dalla bellezza classica. Ritratto del maestro Busoni, 1916, Galleria nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma L'amicizia tra Boccioni e il compositore e pianista Ferruccio Busoni risale al 1912, quando Busoni acquista La città che sale in occasione della mostra futurista presso la Galleria Sackville di Londra. A lui è dedicato il ritratto oggi conservato presso la Galleria nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. La pennellata strutturata e la gamma cromatica impostata sui toni del verde e del blu racchiudono tutta la riflessione sul linguaggio pittorico di Cèzanne che Boccioni andava approfondendo nel periodo che precede di poco la sua prematura scomparsa. Una ricerca che segue gli studi sullo spazio già intrapresi durante la fase futurista. Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e ContemporaneaCarica di lancieri, 1915, Museo del Novecento, Milano Come al centro di una fotografia, un serrato gruppo di lancieri procede in avanti per caricare il nemico, inarrestabile. Le linee oblique orientate nello stesso senso, al centro, si contrappongono alle linee curve di destra, mentre a sinistra e in basso prevalgono campiture circolari. A dominare la scena, al centro dell’immagine, è un gruppo ordinato di soldati che procede a cavallo verso sinistra con le lance abbassate. In basso, i soldati nemici sono addossati al bordo del dipinto, mentre sullo sfondo si intravedono stralci di carta stampata. Carica di lancieri rappresenta l’interpretazione di un’azione bellica della Prima Guerra Mondiale da parte di Umberto Boccioni e fa parte di una serie di opere che i futuristi dedicarono alla celebrazione della guerra. Donna al caffè – compenetrazione di luci e di piani, 1912-14, Museo del Novecento, Milano Anch’essa custodita al museo del Novecento di Milano, la tela mostra una donna seduta in un caffè, di fronte a un piatto con un cucchiaino, un bicchiere, delle zollette di zucchero. Leggi anche:• FORMIDABILE BOCCIONI. Il genio futurista in un docufilm

Da Giotto a Boccioni, la settimana in tv

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Il 19 ottobre del 1882 nasceva a Reggio Calabria Umberto Boccioni. A distanza di 140 anni, anche il piccolo schermo rende omaggio al primo attore del Futurismo, genio inquieto che dedicò la sua vita a inventare un nuovo linguaggio contemporaneo per esprimere la modernità in pittura e in scultura. In esclusiva sulla piattaforma ITsART il documentario FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, con la regia di Franco Rado, una produzione ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura, segue la vita e le opere dell’artista attraverso interviste esclusive a esperti, direttori di musei, collezionisti. Un salto di sei secoli accompagna il pubblico di Sky Arte tra le grandiose intuizioni di Giotto, mentre Arte tv svela la vita di Oskar Kokoschka, l’artista antifascista che amava la pace. Questo e molto altro nella settimana in tv, dal 17 al 23 ottobre. Da I Grandi maestri, Giotto | Courtesy Sky ArteLa vita di Giotto sbarca su Sky Arte La settimana dell’arte su Sky si apre all’insegna del contemporaneo. Il terzo episodio della serie Inspired, dal titolo Georgia O'keeffe, Nuovo Messico, in programma lunedì 16 ottobre alle 21.15 segue la pioniera del linguaggio astratto, l’esponente di riferimento del Novecento americano conosciuta per le sue rappresentazioni floreali. L’episodio esplora il legame tra Georgia O'keeffe e le suggestioni del New Mexico. A seguire, Kusama - Infinity ripercorre la storia di un’altra pioniera con la parrucca rossa e la passione per i pois, che, da un piccolo e reazionario paese del Giappone, sbarca a New York sfidando il sessismo. Dopo il successo della prima edizione, a partire dal 20 ottobre, ogni giovedì sul piccolo schermo tornano i Grandi Maestri, la serie di Sky Arte dedicata alla vita e alla pittura di celebri artisti raccontati attraverso i loro capolavori. La nuova stagione darà ancora più spazio alle singole opere che saranno raccontate attraverso riprese immersive e il commento dei maggiori studiosi e storici dell'arte italiana. Un fotogramma da Kusama – Infinity, 2018, Russia, Documentario, 1h 20m, Regia di Heather LenzGiovedì 20 ottobre alle 21.15, il primo a trasportare lo spettatore a tu per tu con la sua tavolozza, in quel mondo di colori e forme che hanno scritto la storia dell’arte italiana, sarà Giotto. Gli storici dell’arte Gaia Ravalli e Andrea De Marchi ripercorreranno le sue grandiose intuizioni, come l’introduzione della prospettiva tra i contemporanei, accanto alle opere senza tempo, passando in rassegna i capolavori nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi, nella Cappella degli Scrovegni a Padova e nella Cappella Bardi della Basilica di Santa Croce di Firenze. Sempre giovedì 20 il docufilm Van Gogh – I girasoli ci porta in viaggio tra Amsterdam, Tokyo, Londra, Monaco e Philadelphia per indagare i misteri che si celano dietro i fiori più iconici della storia dell’arte. Il docufilm concede per la prima volta agli spettatori la possibilità di scrutare, fianco a fianco, e tutte insieme sulla pellicola, in altissima definizione, le cinque versioni ancora di proprietà pubblica dei girasoli in vaso, oggi custodite a Monaco, Amsterdam, Tokyo, Londra, Philadelphia. Che cosa lega questi fiori, la luce del Sud della Francia, Arles, la Casa Gialla? Lo scopriremo attraverso un viaggio cinematografico realizzato a stretto contatto con il Van Gogh Museum di Amsterdam per conoscere l’uomo Van Gogh, prendendo come spunto la mostra tenutasi al museo di Amsterdam nel 2019. Su Arte tv la storia di Oskar Kokoschka, l’artista antifascista che amava la pace Nato nel 1886, Oskar Kokoschka, pupillo di Gustav Klimt, irrompe sulla scena a 22 anni grazie a una grande mostra dedicata al giubileo dell'imperatore Francesco Giuseppe. L'enfant terrible della Secessione viennese genera scalpore scandagliando le passioni di una società in decomposizione. Pennello alla mano, fin dal 1923, Kokoschka viaggia per l'Europa. Considerato dai nazisti un "artista degenerato", nel 1938 fugge in esilio a Londra con la moglie Olda per poi stabilirsi in Svizzera. Il documentario Oskar Kokoschka: ritratti della storia europea ripercorre un secolo di memorie del pittore austriaco, intellettuale antifascista, impegnato per la pace, dal suo debutto nell'alveo della Secessione viennese all’incontro con Konrad Adenauer. Vincent van Gogh, Girasoli, 1888, Olio su tela, 73 x 92.1 cm, Londra, The National Gallery | Courtesy The National GallerySu Rai 5 viaggio tra i segreti del mondo sotterraneo Su Rai 5 avventura fa rima con Art Rider. L’archeologo Andrea Angelucci conduce il pubblico alla scoperta dell'Oriente tra le strade d'Italia, scovando tracce di influenze millenarie, tra icone greche e mosaici bizantini. Nelle puntate di questa settimana scopriremo il Monte Amiata e le opere del Parco di Bomarzo, voleremo in Sardegna, da Monte D'Accoddi a Sant'Antioco, e poi da Ascoli Piceno ad Ancona, da Ardea a Gaeta. Mercoledì, per la serie Under Italy, con l’archeologo Darius Arya si parte alla scoperta dei sotterranei partenopei, dai cunicoli di Napoli Sotteranea al teatro romano di Neapolis, dalla Galleria Borbonica con le sue infinite ramificazioni agli Ipogei Greci funerari e al Cimitero delle Fontanelle. Giovedì 20 Darius Arya cercherà invece di "scavare" nei misteri di Torino, dai locali sotterranei della Mole Antonelliana agli Infernotti del Palazzo Saluzzo di Paesana, mentre venerdì 21 protagonista di questo affascinante viaggio nel ventre delle città sarà Bergamo con i suoi sotterranei, dalla Cannoniera di Porta San Giacomo alla Cisterna di Piazza Mercato delle Scarpe.Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it Umberto Boccioni si racconta su ITsART A partire dal 19 ottobre Umberto Boccioni si racconta sulla piattaforma ItsART. Lo scrittore, il giornalista, l’illustratore figlio del suo tempo, in un’Italia scossa dalla Rivoluzione industriale e dalle grandi scoperte scientifiche, destinata a diventare epicentro della Grande Guerra, è il protagonista del documentario inedito dal titolo FORMIDABILE BOCCIONI, scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura. Attraverso il racconto dei direttori dei maggiori musei che custodiscono i capolavori di Boccioni, di collezionisti ed esperti, come gli storici dell’arte Ester Coen e Niccolò D’Agati, lo storico Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani, il biografo Gino Agnese e la scrittrice Marella Caracciolo Chia, autrice del libro Una parentesi luminosa incentrato sulla storia d’amore tra Umberto Boccioni e la principessa Vittoria Colonna, l’artista rivive in un avvincente viaggio corredato da documenti, filmati e materiali d’epoca originali.

Cent’anni di fotografia nei capolavori della Collezione Bachelot

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Un secolo di storia dell’immagine va in scena a Villa Medici nelle fotografie della Collezione Bachelot: da Brassai a Sabine Weiss, da Diane Arbus a Mitch Epstein, 150 scatti esplorano lo sguardo sull’umanità di circa 50 grandi maestri. A confronto due grandi tradizioni, la scuola umanista francese (Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Willy Ronis) e la fotografia di strada americana, con autori come Dave Heath, Helen Levitt, Vivian Maier, Robert Frank, Joel Meyerovitz. Il percorso immaginato da Florence e Damien Bachelot con il curatore Sam Stourdzé è di ampio respiro: la dimensione corale del reportage e quella intima del ritratto si incrociano di continuo, spaziando dai grandi eventi della storia al racconto intimo. Al cuore del progetto, l’indagine su come il corpo e il ritratto definiscano lo spazio, in una fotografia dove la figura umana funge sempre da unità di misura."Collection", allestimento a Villa Medici: Diane Arbus, Joel Meyerowitz, Bruce Davidson, Susan Meiselas, Judith Joy © Daniele Molajoli Rimandi e corrispondenze disegnano una trama di legami e influenze tra gli artisti in mostra, in un panorama di notevole varietà: accanto agli autori già citati, troviamo pionieri del modernismo come Paul Strand, grandi reporter come Dorothea Lange o Josef Koudelka, protagonisti della fotografia contemporanea come Luc Delhaye, Mohamed Bourouissa, Véronique Ellena, Laura Henno (al centro di un focus speciale nella cisterna di Villa Medici), e non mancano nemmeno scatti made in Italy, con Luigi Ghirri e Mario Giacomelli. Tra i fiori all’occhiello dell’allestimento, una serie di circa 40 stampe d’epoca di Saul Leiter, testimonianza della rivoluzione del colore.Sabine Weiss, Paris, Enfants, 1955. Collection Bachelot © Sabine Weiss Collection – questo il titolo della mostra visitabile fino al 15 gennaio – è un racconto da leggere su più piani: dal punto di vista dei singoli artisti, o nella prospettiva storica riflessa nello sguardo del curatore che, come un sismografo, registra i momenti salienti di un secolo denso di eventi. O ancora, attraverso gli occhi di una coppia di collezionisti che in vent’anni ha dato vita a una delle più importanti raccolte private di fotografia in Francia. Per loro la collezione è prima di tutto un racconto personale, dove la dimensione privata si intreccia alla continua ricerca di pezzi eccezionali per qualità e storia e all’impegno nel sostenere la fotografia nella sua materialità e unicità, specie attraverso i giovani artisti."Collection", allestimento a Villa Medici: Luc Delahaye, Saul Leiter © Daniele Molajoli

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Il PAC prosegue la sua esplorazione delle culture internazionali sulle tracce della contemporaneità con una mostra che si propone di introdurci alle diverse espressioni dell’arte contemporanea giapponese degli anni duemila, concentrandosi in particolare sulle tendenze che coinvolgono i corpi degli artisti, sugli elementi della performance, e sulle dinamiche e i movimenti ad essa pertinenti. Analizzando criticamente le relazioni tra queste espressioni corporee e la società, l'ambiente e la materialità, nonché la tecnologia, gli artisti invitati racconteranno le loro visioni della vita e della morte, il senso di urgenza sulla politica di identità e come la politica sociale - lo spirito del nostro tempo - si sia rivelato attraverso le pratiche artistiche. Il progetto proverà a contestualizzare le attuali forme d’arte nella genealogia delle avanguardie giapponesi del dopoguerra, o nel recente passato, generando dialoghi multistrato tra le opere in mostra. Artisti Makoto Aida, Dumb Type, Finger Pointing Worker/Kota Takeuchi, Mari Katayama, Meiro Koizumi, Yuko Mohri, Saburo Muraoka, Yoko Ono, Lieko Shiga, Chiharu Shiota, Kishio Suga, Yui Usui, Ami Yamasaki, Chikako Yamashiro, Fuyuki Yamakawa, Atsuko Tanaka, Kazuo Shiraga.

Art Days – Napoli Campania

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La seconda edizione degli Art Days Napoli Campania si svolgerà dal 24 al 27 novembre 2022, in ogni capoluogo della più votata tra le regioni europee ai linguaggi del contemporaneo.L’Associazione promotrice, Attiva Cultural Projects, celebra anche il successo della prima edizione (16-19 dicembre 2021) a cui hanno preso parte 46 tra istituzioni, gallerie e spazi indipendenti per un totale di 51 eventi specificamente creati per gli Art Days tra Napoli, Benevento, Caserta, Salerno e relative province nonostante il difficile scenario internazionale e la legislazione d’emergenza ancora vigente in quel periodo. ‘Art Days – Napoli Campania è il primo grande evento diffuso dedicato all’arte contemporanea in tutta la regione: ha l’obiettivo di valorizzare le eccellenze artistiche del territorio innescando un dialogo tra gli attori del sistema, offrendo visibilità dal respiro nazionale e internazionale ad un territorio già tra i più sensibili per la produzione, la fruizione ed il collezionismo di arte contemporanea. La Campania si distingue già, anche a livello extra-europeo, per la caratura degli attori dell’art system che operano in regione ma resta l’unico territorio a non avere ancora appuntamenti dedicati che mettano a sistema tutti gli operatori ed artisti che il territorio stesso esprime invitando il pubblico ad esplorare un unico calendario concentrato di performance, mostre e progetti speciali, premi e conferenze. Per questo abbiamo sentito l’esigenza di progettare gli Art Days e non una fiera: per dare la possibilità a visitatori da tutto il mondo (ma anche dalle altre regioni italiane e da ogni zona della stessa Campania) di prenotare un weekend lungo con la possibilità di fruire anche di alloggi convenzionati e tour dedicati che raccontino il milieu regionale interagendo direttamente con gli attori che lo esprimono tutto l’anno nella loro struttura: un museo, una collezione privata, una galleria, uno spazio indipendente e molto altro. Con un programma completamente bilingue (Italiano/Inglese), i visitatori di ogni nazionalità potranno anche godere di un percorso speciale in ogni istituzione e galleria aderenti e, perché no, conoscere tutte le altre eccellenze e luoghi iconici del territorio campano oltre l’arte contemporanea grazie alla nostra campagna social che racconta luoghi, monumenti e storie ricche di emozione accompagnando i futuri visitatori fino ai giorni dell’evento’ affermano le fondatrici di Attiva, Martina Campese e Raffaella Ferraro (1991, Napoli/Vico Equense), l'associazione che, insieme a Letizia Mari (1994, Bergamo) ha ideato e cura il festival e che, per questa seconda edizione, si avvale anche del contributo di Valeria Bevilacqua (1989, Ferrara), program manager. Mostre, interventi site-specific, performance, talk, visite guidate e tour, attività didattiche, workshop (e per la prima volta un programma by-night dedicato) affolleranno la seconda edizione degli Art Days: importanti le partnership con i principali musei ed istituzioni nazionali e regionali. Il MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) nonostante la sua missione di valorizzazione  copra un periodo storico ben situato, si è distinto negli ultimi decenni per lo spazio dato a grandi mostre di artisti contemporanei affermati ed emergenti. L’utilizzo di tutti i linguaggi del contemporaneo, inclusi musica e gaming, è parte integrante dell’offerta annuale. Lo staff del museo ha aperto un dialogo con le curatrici degli Art Days con l’idea di progettare uno dei percorsi dedicati al capoluogo di regione, Napoli, che vede anche l’Accademia di Belle Arti tra i main partner grazie alla realizzazione di un progetto formativo dedicato realizzato con l’associazione riTROVO.Il Museo Madre ospiterà alcuni talk degli Art Days e offrirà un ingresso ridotto ai visitatori del circuito. Tra le altre istituzioni museali già confermate vi sono anche il Museo Filangieri (Napoli) mentre altre importanti realtà di rilievo internazionale stanno completando l’iter di adesione in queste ore. Tra le fondazioni di origine privata od i luoghi di cultura, si segnalano tra le altre che prenderanno parte con eventi dedicati o con aperture speciali, Casa Morra (Napoli), la Fondazione Morra Greco (Napoli), l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Napoli) che ospiterà la conferenza stampa inaugurale della quattro giorni internazionale, la Fondazione Plart (Napoli). Diverse le gallerie e gli spazi indipendenti che hanno già confermato la loro adesione, nonostante la pausa estiva, con programmi dedicati: Aa29 (Caserta), Acappella (Napoli), Le 4 Pareti (Napoli), Spot Home Gallery (Napoli), SyArt Gallery (Sorrento), Swing Gallery (Benevento). Atelier Alifuoco (Napoli), Collettivo Zero | Viale delle Metamorfosi (Napoli), Fenice in Pigiama (Casalnuovo, NA), Gaudium Gallery (Napoli), Labinac, (Napoli), LaCasaforte S.B. (Napoli), Opificio Puca (Sant’Arpino, CE), puntozerovaleriaapicella (Napoli), SMMAVE, (Napoli), Spazio Amira (Nola, NA), Tramandars (Somma Vesuviana, NA), Underneath the arches (Naples). Tra le collezioni private che partecipano agli Art Days con programmi ed iniziative dedicati vi sono: Agovino, Frasca e Rossetta. Tra le residenze d’artista figura ExtrArtis - Relais La Rupe, Sorrento (NA). Due sono i premi che le curatrici e fondatrici di Art Days Napoli Campania presentano per la prima volta quest’anno: entrambi dedicati ad artisti emergenti residenti in Italia senza limite di età oltre a dare spazio qualificato per una residenza artistica (ed un premio di produzione in denaro per la realizzazione dell’opera) promuovono in sinergia due eccellenze territoriali: il vino ed il paesaggio agricolo campano, l’enorme patrimonio archeologico attualizzando un sito fortemente antropizzato. Wine Wise. Metodologie della trasformazione, è la prima open call volta alla promozione del legame tra arte contemporanea e aziende vitivinicole realizzata nella regione Campania e rivolta ad artisti emergenti. Il progetto si sviluppa in collaborazione con l’associazione The Emotional Experience (Cristina Varchetta, Natascia Sole, Rosa Puorro) all’interno di quattro aziende vitivinicole campane distribuite in altrettante province: Villa Matilde (CE), Villa Raiano (AV), Cantine Astroni (NA), Cantine Iannella (BN).  Il bando di partecipazione si chiude il 10 settembre, saranno quattro gli artisti vincitori selezionati dalle curatrici di Art Days coadiuvate da una giuria di eccezione: il collezionista Fabio Agovino, il team The Emotional Experience, la giornalista e critica d’arte Stella Cervasio (La Repubblica), un rappresentante per ciascuna delle cantine coinvolte. Le opere site specific realizzate durante il periodo di residenza saranno acquisite dalle cantine partecipanti e saranno presentate dagli artisti tra il 17 ed il 20 novembre attraverso l’organizzazione di tour speciali tra arte e degustazione che faranno da vera e propria vigilia ai giorni clou della manifestazione, 24-27 novembre. La trasformazione dell’uva in vino implica la collaborazione tra umani e non-umani favorendo tra loro relazioni chimiche, tecnologiche, estetiche e affettive. Una riflessione olistica sui processi di produzione del vino suggerisce un cambio di prospettiva in cui la collaborazione inter-specie apre nuove opportunità alla sostenibilità ambientale, alla sopravvivenza collaborativa, all’interazione estetica. WineWise - Metodologie della trasformazione è molto più di un premio d’arte contemporanea per emergenti. E’ un progetto di valorizzazione artistica e territoriale rivolto a tutti gli artisti, duo e collettivi interessati a esplorare il rapporto tra arte, territorio e produzione vinicola nella sua complessità. Flegreo per il contemporaneo - Art Residency, il secondo premio nel ricco parterre di Art Days, ha l’obiettivo di coinvolgere la comunità flegrea, chiamata a ridefinire - attraverso il lavoro svolto insieme all’artista - la propria relazione con il sito del Macellum - Tempio di Serapide, simbolo del centro storico della città di Pozzuoli. E' l’archeologia più antropizzata nel distretto culturale dei Campi Flegrei, inglobata ormai nel panorama urbanistico al punto da sottovalutare la sua importanza. Qual è il ruolo che l’artista ...

LE “INVENZIONI DI TANTE OPERE”, Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri

132673 11 Willem van Nieulandt Veduta di piazza San Pietro a Roma
Domenico Fontana, ticinese di origine ma lungamente attivo a Roma e a Napoli, viene solitamente abbinato al ricordo di quell’“acqua alle corde” che, leggenda vuole, abbia consentito all’architetto di innanzare l’obelisco di Piazza San Pietro. Un episodio di colore per dar conto dell’ammirazione vissuta dai contemporanei nell’assistere a questo evento, partecipe nei decenni conclusivi del Cinquecento del grandioso riordino di Roma voluto da papa Sisto V (1585-1590), per farne una città moderna degna della funzione di cuore del Cattolicesimo.Egli è, ora, protagonista di una originale mostra promossa dalla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate (Mendrisio, Cantone Ticino, Svizzera) e dall’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana, in partenariato con i Musei Vaticani, e con il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di Nicola Navone, Letizia Tedeschi (Università della Svizzera italiana-Archivio del Moderno) e Patrizia Tosini (Università Roma Tre), che si svolgerà dal 27 novembre 2022 al 19 febbraio 2023. L’esposizione presenta la carriera e le opere dell’architetto Domenico Fontana mettendone in luce il dialogo con i numerosi artisti che collaborano alla realizzazione dei grandi cantieri da lui progettati e diretti, tra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno. Nelle sue fabbriche più prestigiose, di committenza papale e reale, al lavoro di muratori, vetrai, stagnai e fabbri, si sovrappone l’opera delle botteghe artistiche di pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, indoratori e incisori. Si ha così modo di vivere, in mostra, l’esperienza dei grandi cantieri artistici della Roma papale di fine Cinquecento attraverso la presenza di rilevanti opere d’arte di pittori quali il Cavalier D’Arpino, Cesare Nebbia, Giovanni Guerra, Paul Bril, Andrea Lilio, Ferraù Fenzoni, scultori in bronzo e in marmo, come Bastiano Torrigiani, Lodovico Del Duca e Leonardo Sormani, medaglisti come Domenico Poggini.Di questa straordinaria coralità che unisce le più diverse competenze, vuole parlare la mostra, suddivisa in tre sezioni principali, articolate al loro interno in sottosezioni tematiche. Riproduzioni digitali, fotografie immersive e ricostruzioni multimediali accompagnano le opere, creando un ricco e sfaccettato apparato digitale che integra e arricchisce il racconto, interagendo in maniera diretta con il visitatore.La mostra illustra i risultati del progetto di ricerca, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (FNS), L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze” e si svolge nell’ambito del progetto FNS-Agorà The «invention of many works». Domenico Fontana (1543-1607) and his buildings works (CRAGP1_199500, 2022-2024), volto a favorire il dialogo tra comunità scientifica e società civile.Domenico Fontana nacque a Melide nell’attuale Cantone Ticino (Svizzera) nel 1543. Esordisce come stuccatore a Roma a partire dal 1563, dove interviene nei cantieri del cardinale Ricci (gli attuali Palazzo Sacchetti e Villa Medici), nel Palazzo del Campidoglio e nella Chiesa Nuova in Santa Maria in Vallicella. È attestato anche a Villa d’Este a Tivoli nel 1568. Nel 1584 costruisce la Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore per il cardinale Felice Peretti, futuro papa Sisto V, che diventerà il suo principale committente. La nuova cappella incorporò la duecentesca Cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio: il piccolo sacello fu trasportato all’interno della costruzione utilizzando complesse macchine di cantiere. Per lo stesso committente costruì la grandiosa Villa Montalto alle Terme. Con l’accesso al soglio di San Pietro di Felice Peretti,Fontana , ricevette prestigiose committenze: costruì il complesso del Laterano che sostituì l’antico Patriarchio, con il Palazzo, la Loggia delle benedizioni e l’edificio della Scala Santa, il Palazzo Apostolico e la Biblioteca Apostolica Vaticana. È ancor oggi celebre per l’innalzamento dell’obelisco in Piazza San Pietro, impresa di cui pubblicò un resoconto nel suo libro Della transportatione dell’obelisco Vaticano e delle fabriche di Sisto V, pubblicato a Roma nel 1590. Eseguì, inoltre, l’innalzamento di altri tre obelischi antichi nell’odierna Piazza del Popolo (Obelisco Flaminio), Piazza Santa Maria Maggiore (Obelisco Esquilino) e Piazza San Giovanni in Laterano (Obelisco Lateranense). Ottenne dal papa il titolo di cavaliere dell’Ordine dello Speron d’oro.Alla morte di Sisto V, l’architetto, accusato di malversazioni, fu costretto a trasferirsi nel 1592 a Napoli dove fu al servizio dei viceré spagnoli, impegnati in grandi opere per la nuova e seconda capitale del Regno. Fece il progetto per il porto di Napoli e fu incaricato della progettazione del Palazzo Reale la cui costruzione fu avviata nel 1600. Morì a Napoli nel 1607 e fu sepolto nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi. A seguito del crollo della chiesa nel 1805, la salma fu traslata nel vestibolo della Chiesa di Monteoliveto dove l’Arciconfraternita dei Lombardi si trasferì.