Brasile: di stretta misura, non priva di dubbi su eventuali brogli, Lula ha vinto

O S S E R V A T O R I O 1/11/22

In Brasile, di stretta misura, non priva di dubbi su eventuali brogli, Lula ha vinto.
L’elettorato brasiliano, in buona parte corrotto, con una crescita demografica purtroppo africana, ossia irresponsabile, è altresì riottoso verso il padrone americano.

Assistiamo perciò alla schizofrenia piddina che esulta per un terrorista marxista amico di terroristi e criminali comuni spesso travestiti da terroristi “amici del popolo”, per dirla alla giacobina: e fin qui ci troviamo di fronte alla solita sceneggiatura.
Epperò è, Lula, anche filoputinista, antiatlantista, antistatunitense.

Dunque che fare? Lula, nel dettaglio, è colui che ha portato il Brasile nei BRICS, che non è solo un concetto mediatico di comodo, quanto proprio un consesso di paesi massimalisti ed ex massimalisti, antiborghesi ed ex antiborghesi, e cmq regimi ILLIBERALI, antitetici al G7.
Lula è colui che in queste settimane di campagna elettorale ha proposto – non so dire se conseguentemente alla Conferenza di Shanghai, alle proposte di Putin, ai mal di pancia cinesi e alla voglia indiana di rendersi ancor più emancipata dal Commonwealth (eggiá) – l’adozione di una moneta comune per tutto il Sudamerica (e, in prospettiva, per tutta l’America Latina) per buttare fuori dai locali mercati finanziari il dollaro e dunque l’FMI.

Come si vede, quell’elettore di centrodx che si sentisse orfano per le inversioni a U sulla Russia dei propri riferimenti politici può dormire sonni tranquilli. Putin non ha un futuro incerto davanti: esce notevolmente rafforzato dalle elezioni brasiliane, può esercitare la sua amicizia tra popoli (un soft power ben diverso da quello anglosassone) trasferendo sempre più potere da FMI e Banca Mondiale a paralleli e concorrenti istituti messi su proprio grazie al peso geopolitico dei BRICS, e a loro consolidamento.

L’elettore di centrosinistra invece ha visto il “fascismo” arrivare al momento giusto a raccogliere – per reprimerle secondo la sinistra in modo reazionario – le rivolte degli scontenti di undici anni di governo tecnici. Compreso, nel conto della serva, le misure anticovid e le sanzioni che ci faranno passare i prossimi inverni al freddo e deindustrializzati con fabbriche in lockdown volontario.
Già orfano dell’Urss, il post comunista s’è fatto adottare dagli Usa, per continuare a vivere nella propria bolla platonica, e additare dall’alto del suo finto antifascismo tutti quelli che non si allineano al suo modo scriteriato di intendere la realtà politica.

Cominciano, a disorientarlo, le faide interne, che sono in realtà le solite baruffe chiozzotte à la Goldoni: Much Ado About Nothing. Calenda accusa la Bonino, ripescando i vecchi dubbi pannelliani, di farsi corrompere da Soros: fotografie congressuali di paciosa amicizia tra l’anziana politica italiana e l’anziano oligarca statunitense avevano bisogno di questa conferma?
I grillini rimasti fuori dal Palazzo cominciano a litigare tra loro per ruoli di partito: eppure la riforma del numero dei parlamentari è stata voluta proprio da loro!
La guerra delle donne, esacerbate dalla quotidiana esistenza in vita dell’attuale presidente del consiglio, a Enrico Letta è sempre più acida nei rinfacci e nelle recriminazioni. Ma hanno avuto decenni, e la retorica boldriniana da un paio di lustri, per non consentire la situazione attuale…

Insomma, assistiamo a una mise en scène del famoso “marciare divisi per colpire uniti”, quando la buriana della crisi energetica e occupazionale creata ad hoc dai governi tecnici, montiani, filorenani e atlantisti assecondati proprio dal PD sarà passata.
Sia consentito dal lettore a questo punto qualche dubbio che il centrodestra a guida meloniana non ceda a misure reazionarie e illiberali, affinché possa, chi scrive, cedere alla facile tentazione del vedonero tipica dei moderni astrologi del Potere (economisti l’altro ieri, virologi ieri, geopolitologi oggi).
La coperta, concessa da una UE che senza il suo Paese più ricco e creativo collasserebbe su se stessa, è troppo corta perché non sorgano ulteriori screzi in Consiglio dei Ministri: Giorgia Meloni, consapevole, ha prudentemente tenuto fuori proprio i ronzulliani che già seminavano zizzania e, per cerchiobottismo, qualche tajaneo (che termine pseudoomerico…). Come a dire: la linea di Forza Italia, perdente nelle ultime elezioni, deve seguire quella dei diversi partiti di sinistra e procedere a un redde rationem interno, poi magari a metà legislatura, in luogo di un governo montian draghiano tirato fuori dal cilindro dell’inquilino del colle, arriveremo a un rimpasto premiante per i berlusconiani.

Questa è la situazione di questa settimana.

(Luigi Menta)

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