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Irena: nel 2022 crescita record delle energie rinnovabili: + 9,6%. Diminuiti i nuovi impianti fossili

crescita record delle energie rinnovabili

Secondo il nuovo rapporto “Renewable Capacity Statistics 2023” pubblicato dall’International Renewable Energy Agency (Irensa), «Alla fine del 2022, la capacità di produzione globale di energia da fonti rinnovabili era pari a 3372 Gigawatt (GW), con una crescita della capacità delle rinnovabili di 295 GW, o del 9,6%. Ben l'83% di tutta la capacità elettrica aggiunta lo scorso anno è stata ottenuta da fonti rinnovabili».
Il rapporto dimostra che  «Le rinnovabili continuano a crescere a livelli record nonostante le incertezze globali» e il , direttore generale di Irena, Francesco La Camera, sottolinea che «Questa continua crescita record dimostra la resilienza delle energie rinnovabili nonostante il perdurare della crisi energetica. "Il solido business case delle energie rinnovabili, insieme a politiche adeguate, ha sostenuto una il trend ascendente della loro quota nel mix energetico globale anno dopo anno.  Tuttavia, se vogliamo mantenerci su un percorso che limiti il riscaldamento globale a 1,5  °C, gli incrementi annuali di capacità di energia rinnovabile devono crescere e restare  tre volte rispetto al livello attuale».”
Il rapporto fa notare che continua e si amplia il gap tra Paesi ricchi e emergenti e quelli più poveri: «Mentre nel 2022 molti Paesi hanno aumentato la loro capacità rinnovabile, la crescita significativa delle rinnovabili si concentra continuamente in pochi Paesi e regioni come l'Asia, gli Stati Uniti e l'Europa». I dati di Irena rilevano che «Nel 2022 quasi la metà di tutta la nuova capacità è stata aggiunta in Asia, per un totale di 1,63 Terawatt (TW) di capacità rinnovabile nello stesso anno. La Cina è stata il Paese che ha apportato il contributo maggiore, aggiungendo 141 GW alla nuova capacità del continente. In Europa e Nord America le rinnovabili sono cresciute rispettivamente di 57,3 GW e 29,1 GW.  L'Africa ha continuato a espandersi con un aumento di 2,7 GW, leggermente superiore a quello dello scorso anno. L'Oceania ha proseguito la sua crescitacon un'espansione di 5,2 GW e il Sud America ha confermato il trend al rialzo, con un'espansione della capacità di 18,2 GW. Il Medio Oriente ha registrato l’incremento di rinnovabili più alto di sempre, con 3,2 GW di nuova capacità commissionata nel 2022, equivalenti a un aumento del 12,8%».
Entrando nei dettagli delle performance delle diverse energie rinnovabili  viene fuori che, «Sebbene con 1250 GW l'energia idroelettrica abbia rappresentato la quota maggiore della capacità di generazione rinnovabile totale, il solare e l'eolico hanno continuato a dominare la nuova capacità di generazione. Insieme, entrambe le tecnologie hanno contribuito per il 90% alla quota di tutta la nuova capacità rinnovabile nel 2022. La capacità solare si è posizionata in testa con oltre il 22% di aumento, seguita dall'energia eolica, che ha accresciuto la sua capacità di generazione di più del 9%».
Riassumendo: la capacità idroelettrica rinnovabile è aumentata di 21 GW (+2%), con un'espansione in linea con gli ultimi anni. Con un aumento di 75 GW (+9%) nel 2022, la crescita dell'energia eolica ha continuato a rallentare rispetto ai due anni precedenti. L'energia solare fotovoltaica ha rappresentato la quasi totalità dell'aumento dell'energia solare nel 2022, con un incremento di 191 GW. Nel 2022 l'espansione delle bioenergie ha subito un leggero rallentamento (+7,6 GW rispetto a +8,1 GW nel 2021). L'energia geotermica ha registrato un modesto aumento di 181 MW. La capacità dell’elettricità rinnovabile off-grid è cresciuta di 1.237 MW nel 2022 (+11%), raggiungendo i 12,4 GW.
La Camera conclude: «Poiché si prevede che la domanda di energia aumenterà in molte regioni del mondo, la transizione energetica richiede un cambio di passo con una svolta strategica che vada oltre la decarbonizzazione dell'offerta.  Alla luce dei recenti eventi globali, qualsiasi espansione di nuova capacità non rinnovabile deve essere collegata a un impegno teso ad accelerare la transizione energetica per rendere il sistema più resiliente, inclusivo e a prova di cambiamento climatico».
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Rischio imminente di una crisi idrica globale

Rischio imminente di una crisi idrica globale

Secondo il “The United Nations World Water Development Report 2023: partnerships and cooperation for water”, realizzato dal World Water Assessment Programme dell'UNESCO per conto di UN Water in occasione del  World Water Day, «A livello globale, 2 miliardi di persone (il 26% della popolazione) non hanno acqua potabile sicura e 3,6 miliardi (il 46%) non hanno accesso a servizi igienici gestiti in modo sicuro».
Il rapporto diffuso oggi alla Unitad Nations 2023 Water Conference in corso a New York, evidenzia che «Tra i due e i tre miliardi di persone soffrono di scarsità d'acqua per almeno un mese all'anno, con gravi rischi per i mezzi di sussistenza, in particolare a causa della sicurezza alimentare e dell'accesso all'elettricità. Si prevede che la popolazione urbana globale che affronta la scarsità d'acqua raddoppierà, passando da 930 milioni nel 2016 a 1,7-2,4 miliardi di persone nel 2050. Anche la crescente incidenza di siccità estreme e prolungate sta mettendo a dura prova gli ecosistemi, con conseguenze disastrose sia per le specie vegetali che per quelle animali».
Presentando il rapporto, che fornisce informazioni sui principali trend riguardanti lo stato, l'uso e la gestione dell'acqua dolce e dei servizi igienico-sanitari, la direttrice generale dell'UNESCO, Audrey Azoulay, ha detto che «C'è un urgente bisogno di istituire forti meccanismi internazionali per evitare che la crisi globale dell'acqua vada fuori controllo. L'acqua è il nostro futuro comune ed è essenziale agire insieme per condividerla equamente e gestirla in modo sostenibile».
Per Gilbert F. Houngbo, presidente di UN-Water e direttore generale dell'International Labour Organization (ILO), «C'è molto da fare e il tempo non è dalla nostra parte. Questo rapporto ostra la nostra ambizione e ora dobbiamo unirci e accelerare l'azione. Questo è il nostro momento per fare la differenza».
Quasi tutti gli interventi relativi all'acqua implicano un qualche tipo di cooperazione. La crescita dei raccolti richiede sistemi di irrigazione condivisi tra gli agricoltori. Fornire acqua sicura ed economica alle città e alle aree rurali è possibile solo attraverso una gestione comune dei sistemi di approvvigionamento idrico e fognario. E la cooperazione tra queste comunità urbane e rurali è essenziale per mantenere la sicurezza alimentare e sostenere i redditi degli agricoltori. La gestione dei fiumi e delle falde acquifere che attraversano i confini internazionali rende le cose ancora più complesse. Ma il rapporto ricorda che «Mentre è stato dimostrato che la cooperazione per i bacini e le falde acquifere transfrontaliere offre molti vantaggi oltre alla sicurezza idrica, inclusa l'apertura di ulteriori canali diplomatici, solo 6 delle 468 falde acquifere condivise a livello internazionale sono soggette a un accordo formale di cooperazione». In questo World Water Day, le Nazioni Unite chiedono di «Rafforzare la cooperazione internazionale su come l'acqua viene utilizzata e gestita. Questo è l'unico modo per prevenire una crisi idrica globale nei prossimi decenni».
In una conferenza stampa tenutasi all’Onu a New York, il redattore capo del rapporto Richard Connor, ha detto ai giornalisti che «Le incertezze stanno aumentando. Se non lo affrontiamo, ci sarà sicuramente una crisi globale» doviuta alla «Crescente scarsità che riflette la ridotta disponibilità e l'aumento della domanda, dalla crescita urbana e industriale all'agricoltura, che da sola consuma il 70% della produzione mondiale della fornitura d’acqua. Inoltre, promuove la responsabilità e la trasparenza, costruire partenariati e  cooperazione sono cose fondamentali per realizzare i diritti umani sull'acqua e superare le sfide esistenti. La scarsità economica idrica è un grosso problema, dove i governi non riescono a fornire un accesso sicuro, come nel cuoredell'Africa, dove l'acqua scorre. Nel frattempo, la scarsità fisica è peggiore nelle aree desertiche, compresa l'India settentrionale e in tutto il Medio Oriente».
Rispondendo alle domande dei giornalisti sulle possibili “guerre per l'acqua” di fronte a una crisi globale, Connor ha sottolineato che «Questa risorsa naturale essenziale tende a portare alla pace e alla cooperazione piuttosto che al conflitto. Rafforzare la cooperazione transfrontaliera è lo strumento principale per evitare conflitti e tensioni crescenti. 153 paesi condividono quasi 900 fiumi, laghi e sistemi acquiferi e più della metà hanno firmato accordi».
Il rapporto, che fornisce ai decisori le conoscenze e gli strumenti per formulare e attuare politiche idriche sostenibili offre inoltre esempi di buone pratiche e analisi approfondite per stimolare idee e azioni per una migliore gestione nel settore idrico e oltre. I servizi ambientali, come il controllo dell'inquinamento e la biodiversità, sono tra i benefici condivisi che il rapporto evidenzia più spesso insieme alla condivisione di dati/informazioni e alle opportunità di cofinanziamento. Ad esempio, «I " water funds" sono schemi di finanziamento che riuniscono utenti a valle, come città, imprese e servizi pubblici, per investire collettivamente nella protezione dell'habitat a monte e nella gestione dei terreni agricoli per migliorare la qualità e/o la quantità complessiva dell'acqua».
Attraverso il cofinanziamento, il Monterrey Water Fund del Messico, istituito nel 2013, ha mantenuto la qualità dell'acqua, ridotto le inondazioni, migliorato l'infiltrazione idrica e riabilitato gli habitat naturali. Approcci simili hanno avuto successo anche nell'Africa subsahariana, compreso lo spartiacque del fiume Tana-Nairobi, che fornisce il 95% dell'acqua dolce di Nairobi e il 50% dell'elettricità del Kenya. Nei campi profughi nella regione di Gedo in Somalia, i residenti eleggono comitati per l'acqua che gestiscono e mantengono i punti d'acqua che riforniscono decine di migliaia di persone. I membri del comitato collaborano con le autorità idriche locali delle comunità ospitanti per condividere e gestire le risorse idriche.  Iniziative che  dimostrando il potenziale globale di queste partnership anche nei Paesi in via di sviluppo e in quelli meno sviluppati.
Connor  ha ricordato che «Le innovazioni durante l'inizio della pandemia di Covd-19 hanno visto la formazione di partenariati tra le autorità sanitarie e delle acque reflue, che insieme sono state in grado di tracciare la malattia e fornire dati essenziali in tempo reale. Dagli abitanti delle città ai piccoli agricoltori, i partenariati hanno prodotto risultati reciprocamente vantaggiosi. Investendo nelle comunità agricole a monte, gli agricoltori possono trarre vantaggio in modi che aiutano le città a valle che alimentano. Gli Stati e gli stakeholders possono cooperare in settori quali il controllo delle inondazioni e dell'inquinamento, la condivisione dei dati e il cofinanziamento. Dai sistemi di trattamento delle acque reflue alla protezione delle zone umide, gli sforzi che contribuiscono a ridurre le emissioni di gas serra dovrebbero aprire la porta a un'ulteriore collaborazione e aumentare l'accesso ai fondi idrici. Tuttavia, la comunità dell'acqua non sta attingendo a queste risorse. Spero che  il rapporto e la conferenza possano innescare discussioni produttive e risultati sul territorio».
Per Johannes Cullmann, consulente scientifico speciale del presidente della World meteorological organization (WMO), «E’ una questione di investimenti oculati. Sebbene le risorse idriche e il modo in cui vengono gestite abbiano un impatto su quasi tutti gli aspetti dello sviluppo sostenibile, compresi i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG, gli investimenti attuali devono essere quadruplicati per soddisfare la stima annuale da 600 miliardi a 1 trilione di dollari necessaria per realizzare l'SDG 6, in materia di acqua e servizi igienico-sanitari. La cooperazione è il cuore dello sviluppo sostenibile e l'acqua è un connettore immensamente potente. Non dovremmo negoziare l'acqua; dovremmo deliberare su di essa». L'acqua, dopo tutto, è un diritto umano».
E, in una dichiarazione congiunta, 18 esperti indipendenti delle Nazioni Unite e relatori speciali  hanno ribadito che «L’acqua dovrebbe essere gestita come un bene comune, non come una merce. Considerare l'acqua come una merce o un'opportunità commerciale lascerà indietro coloro che non possono accedervi o permettersi i prezzi di mercato. I progressi sull'SDG 6 possono avvenire in modo efficace solo se le comunità e i loro diritti umani sono al centro delle discussioni. E’ tempo di fermare un approccio tecnocratico all'acqua e, per garantire la sostenibilità dell'agenda dell'acqua, prendere in considerazione le idee, le conoscenze e le soluzioni delle popolazioni indigene e delle comunità locali che comprendono gli ecosistemi acquatici locali. La mercificazione dell'acqua fa deragliare il raggiungimento degli SDG e ostacolerà gli sforzi per risolvere la crisi idrica globale».
Il rapporto UNESCO UN Water conclude: «La partecipazione inclusiva degli stakeholder  promuove anche l'adesione e la titolarità. Coinvolgere gli utenti finali nella pianificazione e nell'implementazione dei sistemi idrici crea servizi che corrispondono meglio ai bisogni e alle risorse delle comunità povere e aumenta l'accettazione e la titolarità da parte dell’opinione  pubblica».
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Condizioni meteorologiche estreme: Early Warnings For All entra in azione

Early Warnings For All

Il recente ciclone Freddy, che ha battuto ogni record di durata devastando una grande area tre Madagascar, Mozambico, Malawi e Zimbabwe, ha dimostrato ancora una volta l'importanza fondamentale delle allerte meteorologiche precoci  per salvare vite e mezzi di sussistenza da eventi meteorologici e climatici sempre più estremi.
Early Warnings For All, un'iniziativa globale per garantire che, entro il 2027, tutti sulla Terra siano protetti da allerte meteorologiche precoci sta per essere messa rapidamente in azione sul campo.  Per aiutare questo lavoro, il 21 marzo il Segretario generale dell’Onu António Guterres ha convocato un gruppo consultivo di leader di agenzie delle Nazioni Unite, banche multilaterali di sviluppo, organizzazioni umanitarie, società civile, assicurazioni e società IT con l'obiettivo di avere una maggiore influenza politica, tecnologica e finanziaria per garantire che  Early Warnings for All diventi una realtà per tutti, ovunque.
La World meteorological organization (WMO) informa che «Nei mesi a venire vedranno intensificare l'azione coordinata, inizialmente in 30 Paesi particolarmente a rischio, compresi i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i Paesi meno sviluppati. Si prevede l'aggiunta di altri Paesi man mano che questo lavoro vitale con i partner aumenterà ritmo, dimensioni e le risorse. Allo stesso tempo, le azioni e le iniziative esistenti delle Nazioni Unite per salvare vite umane e mezzi di sussistenza e costruire la resilienza in un'ampia gamma di altri Paesi continueranno e saranno rafforzate, assicurando che la campagna Early Warnings for All trasformi i suoi impegni in realtà salvavita sul terreno per milioni di persone tra le più vulnerabili. L'obiettivo non è reinventare la ruota, ma piuttosto promuovere la collaborazione e le sinergie e sfruttare il potere dei telefoni cellulari e delle comunicazioni di massa».
Guterres ha sottolineato: «Ora è il momento per noi di fornire risultati. Milioni di vite sono in bilico, è inaccettabile che i Paesi e i popoli che hanno contribuito meno a creare la crisi stiano pagando i prezzi più alti. Le persone che vivono in Africa, Asia meridionale, America meridionale e centrale e piccoli Stati insulari hanno 15 volte più probabilità di morire a causa di disastri climatici. Queste morti sono prevenibili. Le prove sono chiare: i sistemi di allerta precoce sono una delle misure più efficaci di riduzione del rischio e di adattamento al clima per ridurre la mortalità e le perdite economiche in caso di calamità».
Occorre che la comunità internazionale agisca urgentemente perché negli ultimi 50 anni, il numero di disastri registrati è aumentato di 5 volte, a causa in gran parte dal cambiamento climatico indotto dall'uomo che sta sovraccaricando il nostro clima. Questa tendenza dovrebbe continuare. Se non viene intrapresa nessuna azione, si prevede che entro il 2030 il numero di eventi disastri di media o grande scala raggiungerà i 560 all'anno, 1,5 al giorno. Il verificarsi di condizioni meteorologiche avverse e gli effetti del cambiamento climatico aumenteranno la difficoltà, l'incertezza e la complessità degli sforzi di risposta alle emergenze in tutto il mondo.
La metà dei Paesi del mondo non dispone di adeguati sistemi di allerta precoce e ancora meno dispone di quadri normativi per collegare gli allarmi precoci ai piani di emergenza e il segretario generale della WMO, of. Petteri Taalas ha ricordato che «Le inondazioni senza precedenti in Mozambico, Malawi e Madagascar causate dal ciclone tropicale Freddy evidenziano ancora una volta che il clima e le precipitazioni stanno diventando più estremi e che i rischi legati all'acqua sono in aumento. Le aree più colpite hanno ricevuto mesi di pioggia nel giro di pochi giorni e gli impatti socio-economici sono catastrofici. Preavvisi accurati combinati con una gestione coordinata dei disastri sul campo hanno impedito che il bilancio delle vittime aumentasse ancora di più. Ma possiamo fare ancora meglio ed è per questo che l'iniziativa Early Warnings for All è la massima priorità per la WMO. Oltre a evitare danni, i servizi meteorologici, climatici e idrologici sono economicamente vantaggiosi per l'agricoltura, i trasporti aerei, marittimi e terrestri, l'energia, la salute, il turismo e varie attività commerciali».
WMO e United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNDRR) sono i leader dell'iniziativa Early Warnings for All, insieme all'International Telecommunication Union (ITU) ae all’International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies (IFRC) e Mami Mizutori, rappresentante speciale dell’UNDRR ha evidenziato che «L'operatività di questa iniziativa è un chiaro esempio di come il Sistema delle Nazioni Unite e i suoi partner possono lavorare insieme per salvare vite umane e proteggere i mezzi di sussistenza dai disastri. I sistemi di allerta precoce inclusivi e multi-rischio che chiudono l'"ultimo miglio" sono tra i migliori metodi di riduzione del rischio di fronte ai pericoli legati al clima e ai pericoli geofisici come gli tsunami. Raggiungere questo obiettivo non è solo un chiaro obiettivo nel Sendai Framework for Disaster Risk Reduction, ma anche un imperativo morale».
I sistemi di allerta precoce sono ampiamente riconosciuti come “il frutto maturo” e a portata di mano per l'adattamento ai cambiamenti climatici perché sono un modo relativamente economico ed efficace per proteggere le persone e i beni dai pericoli, tra cui tempeste, inondazioni, ondate di caldo e tsunami. La WMO fa notare che «I sistemi di allerta precoce forniscono un ritorno sull'investimento più che decuplicato. Solo 24 ore di preavviso di un evento pericoloso imminente possono ridurre del 30% i danni che ne derivano. La Global Commission on Adaptation ha scoperto che spendere solo 800 milioni di dollari per tali sistemi nei Paesi in via di sviluppo eviterebbe perdite da 3 a 16 miliardi di dollari all'anno».
La segretaria generale dell'ITU, Doreen Bogdan-Martin, ha sottolineato che «Quando si verifica un disastro, le persone e le comunità possono rivolgersi alla tecnologia come un'ancora di salvezza. Indirizzando il lavoro della Early Warnings for All initiative One sulla “disseminazione e comunicazione degli allarmi”, l'ITU contribuisce a garantire che le persone a rischio possano agire in tempo per il nostro mondo sempre più vulnerabile dal punto di vista climatico». Gli avvisi di allerta possono essere inviati tramite canali radiofonici e televisivi, social media e sirene. L'ITU raccomanda «Un approccio inclusivo e incentrato sulle persone utilizzando il Common Alerting Protocol (CAP), un formato di dati standardizzato per gli avvisi pubblici, per mantenere i messaggi coerenti attraverso diversi canali».
Il segretario generale dell'IFRC, Jagan Chapagain. Asggiunge che «Gli allarmi precoci che si traducono in preparazione e risposta salvano vite umane. Poiché i disastri legati al clima stanno diventando più frequenti, più intensi e più mortali, sono essenziali per tutti, ma una persona su tre a livello globale non è ancora coperta. I sistemi di allerta precoce sono il modo più efficace e dignitoso per evitare che un evento meteorologico estremo crei una crisi umanitaria, soprattutto per le comunità più vulnerabili e remote che ne sopportano il peso maggiore. Nessuna vita dovrebbe essere persa in un disastro prevedibile».
L' iniziativa Early Warnings for All  prevede, tra il 2023 e il 2027,  nuovi investimenti mirati iniziali di 3,1 miliardi di dollari, una somma molto più bassa dei benefici che porterà. Si tratta di circa il 6% dei 50 miliardi di dollari richiesti per il finanziamento dell'adattamento climatico e riguarderebbero il rafforzamento della conoscenza del rischio di catastrofi, le osservazioni e le previsioni, la preparazione e la risposta e la comunicazione degli allarmi precoci. La WMO spiega che «Per attuare il piano per proteggere ogni persona sulla Terra è necessaria una gamma di soluzioni di finanziamento innovative nuove e preesistenti. Questi includono un potenziamento della Climate Risk Early Warning Systems (CREWS) Initiative, il Systematic Observations Financing Facility (SOFF ) e programmi di investimento accelerati dei fondi per il clima, come il Green Climate Fund (GCF) e l’ Adaptation Fund e di mportanti Banche multilaterali di sviluppo (MDB), nonché altri nuovi strumenti finanziari innovativi tra tutti gli stakeholders della catena del valore dell'allerta precoce».
La riunione del gruppo consultivo prenderà in considerazione l'avanzamento dei quattro pilastri chiave del Multi-Hazard Early Warning System (MHEWS): Conoscenza e gestione del rischio di catastrofi (374 milioni di dollari): punta a raccogliere dati e intraprendere valutazioni del rischio per aumentare le conoscenze sui pericoli, le vulnerabilità e le tendenze. E’ guidato dall'UNDRR con il sostegno della WMO. Rilevamento, osservazioni, monitoraggio, analisi e previsione dei pericoli (1,18 miliardi di dollari) per sviluppare servizi di monitoraggio dei pericoli e di allerta precoce. Guidato dalla WMO, con il sostegno dell’UN Development Porgramme (UNDP), UN Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) e UN Environment Programme (UNEP). Disseminazione e comunicazione (550 milioni di dollari) per comunicare le informazioni sui rischi in modo che raggiungano tutti coloro che ne hanno bisogno, siano comprensibili e utilizzabili. Guidato dall’ITU, con il supporto di IFRC, UNDP e WMO. Preparazione e risposta ($ 1 miliardo di dollari) per costruire capacità di risposta a livello nazionale e comunitario. Guidato da IFRC, con il supporto di Risk Informed Early Action Partnership (REAP), Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), Food and Agriculture Organization (Fao) e World Food Programme (WFP).
 
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Jeremy Corbell: “Siamo in possesso di astronavi aliene”

Jeremy Corbell ufo

Jeremy Corbell, il regista del recente documentario riguardante Bob Lazar e l’Area 51, ha affermato che gli Stati Uniti detengono un’astronave extraterrestre intatta. “Sono assolutamente convinto – e mi è stato chiaramente dimostrato – che possediamo navi e veicoli che abbiamo cercato di decifrare e che non provengono da questo pianeta.” “Chi ha creato queste […]
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BE MY VOICE di Nahid Persson

BE MY VOICE di Nahid Persson

Giovedì 23 marzo, alle ore 18 presso lo Spazio Arci Biancovolta, AUCS onlus e Erinna presentano Be My Voice, il film documentario della regista iraniana Nahid Persson che testimonia la vita e l’attivismo di Masih Alinejad, scrittrice, giornalista e blogger.

Per il ministro Lollobrigida i pesticidi non fanno male alle api e la pesca a strascico è perseguitata dall’Ue

1 milione di firme per salvare api e agricoltori

Ieri, intervenendo al Consiglio Agricoltura e Pesca dell'Ue, il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, ha sottolineato che è «Necessario rivedere il Piano di Azione della Pesca sostenibile europea, in particolare per quanto riguarda il rispetto dell'obbligo di sbarco delle catture involontarie e l'eliminazione graduale della pesca a strascico. La revisione del Piano va realizzata di concerto con gli Stati membri e il settore, e attribuire alla pesca a strascico una parte della responsabilità del depauperamento dei fondali marini e delle risorse ittiche appare una semplificazione». Lollobrigida ha poi criticato i controlli nel Mediterraneo, sottolineando come «Non si debba penalizzare i nostri pescherecci con regole rigide che sono inapplicabili verso i Paesi Terzi.  L'Europa deve mettere tutte le Nazioni in condizione di sopportare eventuali oneri, dovuti alla sostenibilità ambientale, che siano compensati però dalla possibilità di avere una sostenibilità economica, e quindi sociale conseguente, che sia tollerabile».
Ma dopo la performance sulla pesca a strascico e i controlli draconiani, Lollobrigida è passato ai pesticidi e alle api e, rispondendo alla comunicazione della Commissione europea sulla nuova Iniziativa europea per la tutela delle specie di insetti impollinatori, ha detto che «La tutela delle api non deve mettere a rischio produzione agricola. Sarebbe sbagliato collegare il declino degli impollinatori all’uso dei pesticidi».
Per il Wwf si tratta di dichiarazioni «Sorprendenti e preoccupanti.  L’interazione tra pesticidi e api preoccupa da tempo gli scienziati di tutto il mondo e una azione per ridurre la minaccia di estinzione degli insetti impollinatori dovrebbe essere una priorità per i nostri decisori politici se si vogliono davvero salvare le nostre produzioni agroalimentari oltre che tutelare la salute delle persone».
Gli ambientalisti ricordano al ministro che «Il bilancio dell’interazione tra pesticidi e api è in realtà drammatico così come il declino degli insetti. Oggi il 40% degli insetti impollinatori nel mondo è a rischio estinzione ed entro il 2100 lo saranno i due terzi. In Europa, negli ultimi 30 anni, abbiamo perso il 70% della biomassa degli insetti volatori, molti dei quali garantiscono il servizio ecosistemico dell’impollinazione. Gli apicoltori lamentano ovunque, una elevata mortalità dei propri alveari, in particolare nei territori dove l’agricoltura usa quantità elevate di pesticidi».
Il recente studio "Agrochemicals interact synergistically to increase bee mortality", pubblicato su Nature da un team di scienziati della  Royal Holloway University of London ha esaminato oltre 90 pubblicazioni scientifiche sui pesticidi e altri fattori di stress per le api e il Wwf fa notare che «Sono evidenti le responsabilità dei pesticidi nella moria delle api, soprattutto quando nei pesticidi vengono usate due o più sostanze chimiche: il danno causato si amplifica con quello che gli scienziati chiamano l’effetto “cocktail” dei pesticidi, micidiale per tutti gli insetti impollinatori. Gli altri fattori di minaccia sono senz’altro il cambiamento climatico, i parassiti, la carenza di nutrienti e la distruzione degli habitat che però non fanno altro che amplificare l’effetto dei pesticidi».
Al contrario di quel che sembra credere il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare, per il Wwf «Sono necessari e urgenti dei provvedimenti: la Commissione europea ha proposto agli Stati membri dell’Unione due importanti Regolamenti per l’attuazione delle Strategie Ue “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, il primo dedicato alla riduzione dell’uso dei pesticidi - che fissa per l’Italia l’obiettivo della riduzione del 62% dell’uso delle sostanze chimiche di sintesi in agricoltura - il secondo dedicato al ripristino della Natura - che prevede proprio interventi di restauro degli ecosistemi per la tutela degli insetti impollinatori. Ieri nel Consiglio europeo AgriFish i Ministri dell’agricoltura dei 27 Paesi UE hanno discusso proprio questo secondo Regolamento e la posizione contraria del Governo italiano è risultata evidente nelle parole del Ministro Lollobrigida: è incredibile come il Governo italiano arrivi a negare l’evidenza della responsabilità dell’uso dei pesticidi in agricoltura rispetto alla moria delle api, ignorando di fatto, anche il loro ruolo fondamentale nella produzione agroalimentare».
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