Roberto «Baffo» Da Crema, il re delle televendite: «Il mio record? I finti Swatch. Tra i miei clienti Greggio e Bertè»

di Elvira Serra

L’Amarcord di Roberto Da Crema: «L’oggetto più inutile? Uno stendino che non funzionava». Il paragone: «Vendevo più di Mike Bongiorno»

Il Baffo ti intontisce con un vocione baritonale asmatico che da quarant’anni è il suo marchio di fabbrica. Però è lui a lasciarti in debito di ossigeno, travolgendoti con ricordi, aneddoti, dietrolequinte verosimili o veri, per certo gustosi. Non a caso Roberto Baffo, al secolo Roberto Da Crema,
altrimenti detto il «Maradona delle televendite»,
è l’uomo che ha venduto (a blocchi di 7 per 99 mila lire) quasi due milioni di «Watch» cinesi, «ispirati Swatch», finiti — giura — anche tra le mani di insospettabili come Ezio Greggio e Loredana Bertè. «Il bello era che ne potevi cambiare uno al giorno», gigioneggia per telefono da Lampedusa, in pausa tra una battuta di pesca mattutina che ha prodotto una cernia e un barracuda, e una pomeridiana per ricciole. In Sicilia trascorre sei mesi l’anno: «Faccio due settimane qui e 10 giorni a Pioltello. Al mare mi vengono a trovare a turno gli amici, i miei 4 nipoti, mia moglie Raffaella».

Quale oggetto ha venduto di più?

«I Watch che scimmiottavano gli Swatch: un milione e 750 mila pezzi. Li comprarono pure Ezio Greggio e Loredana Bertè, che da me ordinava le pentole».

Altri clienti «illustri»?

«Sandra Mondaini e Raimondo Vianello presero i giubbotti in ecopelle con la striscia di lana al centro per i loro filippini».

Quello che toccava diventava sempre oro?

«No. Dopo il caso dei Watch, un’azienda americana mi chiese di vendere gli orologi Beverly Hills: un fiasco. Ma un conto è se vendi l’orologio inventato e lo fai pagare poco, un altro è se utilizzi una griffe; la signora Teresa a casa non capisce».

In America vinse l’Oscar delle televendite.

«Andai al Madison Square Garden con un amico con cui pescavo le carpe sul Ticino. Dovevo spiegare la differenza tra gli orologi normali e quelli subacquei, in platea c’erano anche gli psicologi. Non sapevo una parola di inglese. Mentre alle mie spalle mandavano un video sul mio stile di vendita, trovai vicino a me un’ampolla di vetro con dei pesciolini rossi. Allora la presi sotto braccio e ci infilai dentro un orologio. Finito il video lo tirai fuori e lo sbattei sul tavolo: “Water resistant!” gridai. Ovazione. Tornai in Italia con un assegno da ventimila dollari in tasca. Era il 1992».

La invitavano negli atenei.

«Raccontavo di quando la Philips mi aveva fatto andare a Eindhoven per liberarsi di una serie di articoli in magazzino: una bistecchiera elettrica, un tritacarne, lo spremiagrumi, cose così. Io noto in un angolino il coltello elettrico, una roba che in Italia ne vendi mille pezzi l’anno se va bene e che loro avevano in quantità esagerata. Rovesciai la promozione: se voi comprare tutti e cinque gli elettrodomestici che potete trovare ovunque, vi arriva a casa questo coltello elettrico che avete sempre sognato! Ho venduto 80 mila confezioni: la Philips non ne aveva abbastanza. All’università un libro spiegava quello che avevo fatto senza saperlo».

A «Cielito lindo», su Rai 3, provò a vendere l’Aeroporto di Linate. C’era un numero in sovrimpressione: davvero qualcuno chiamò?

«Era collegato al centralino delle mie televendite: chiamò il mondo, non avevano capito che era uno scherzo».

Cosa diavolo erano i forni ovalizzati con i baffi?

«Un’azienda non riusciva a vendere un forno per la pizza con il cassetto. Ma che roba è quel porta scarpe?, dissi. Chiamai mia sorella con le sue mani da contadina e glielo feci riempire di salamelle, patate, verdure, apriva e chiudeva, toglieva e infornava. Ne vendetti 350 mila. Dopo lo comprò l’Ariete».

L’oggetto più inutile?

«Lo stendino a forma di ombrello: si apriva con questi tentacoli orrendi dove potevi appendere fino a tre lavatrici. La biancheria cadeva da tutte le parti».

Marchi inventati?

«Il sarto Severgnini. Mi avevano dato uno stock di camicie di cotone. Le vendetti dicendo che erano della grande sartoria artigianale Severgnini. Mai esistita. Un successo».

Su «Dagospia» abbiamo riascoltato la sua intervista a Radio24 in cui racconta che televendeva di più di Mike Bongiorno.

«Per non dirlo in giro mi diedero un pacchetto di 12 televendite in una bella fascia, che valeva 400 milioni di vecchie lire».

Televenditore si nasce o si diventa?

«Mia madre vendeva abiti al mercato, mio padre l’Omino bianco. Una volta gli si allagò la cantina con tutte le scatole del detersivo. Io riempii sacchetti di plastica con il prodotto che si poteva salvare e mi inventai il 3 per 2».

Quanti anni aveva?

«Sette-otto».

Oggi ne ha 69: non va in pensione?

«Io? Ora ho cambiato il paradigma. Non dico più: “Guarda che bello, te lo mando a casa”. Ma: “Guarda che bello, vieni a trovarmi nei miei magazzini”. Si accede solo con la tessera: ritiro i cambi merce e rivendo a prezzi ribassato».

Roberto «Baffo» Da Crema, il re delle televendite

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