L’inferno di Brandy&Melville: antisemitismo, razzismo e fat-fobia, le accuse al marchio icona degli anni Duemila
Chi è cresciuto negli anni Duemila lo sa: gli adolescenti considerati alla moda avevano un codice di abbigliamento ben definito. Jeans super-skinny o minigonne a balze, vestiti ricoperti di fiorellini, collane a forma di gufo e felpe con il nome di qualche college americano a caso. I marchi che dettavano legge puntavano a evocare lo stile casual delle coste californiane: Abercrombie & Fitch, che al posto di commessi comuni arruolava modelli, o Hollister, con i suoi nebbiosi corridoi, sono solo alcuni esempi di questo trend. Incarnato alla perfezione anche da un altro marchio: Brandy & Melville. Un brand collegato automaticamente a un immaginario a stelle strisce, sponsorizzato da bellissime adolescenti (preferibilmente bionde e magrissime), che impacchettava il sogno americano del
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