“Il fine (non) giustifica i mezzi”: indagine sulla frase attribuita a Machiavelli

Nel mondo di oggi è consuetudine cadere in errori del genere; basta che qualcuno, per errore o intenzionalmente, lanci una freccia nella direzione sbagliata, che ecco tutti corrergli dietro. E’ la trappola del web, ma faremo in modo di abbatterla.

L’internet favorisce certi “errori filologici”: accetta che chiunque possa pubblicare, anche chi non è esperto di determinati settori o chi si diverte nel diffondere false informazioni, e per giunta, attraverso parole chiave e metadati, permette a tali individui di essere letti e dunque diffondere tali erroneità. L’orgoglio di condividere un pensiero espresso da un noto scrittore italiano spinge evidentemente molti a non interrogarsi sull’attendibilità della fonte.

E’ utile, d’altra parte, utilizzare le stesse armi per difendere il vero: ebbene, la famosissima massima “il fine giustifica i mezzi“, sempre attribuita al nostro Niccolò Machiavelli, non è sua. O perlomeno non così come siamo soliti riportarla.

E’ indubbio che, nel Principe e in alcuni saggi, un pensiero simile sia quantomeno sfiorato; nondimeno si tenga bene a mente che l’espressione, per come è conosciuta, rischia di allontanarsi dalla realtà dell’intenzione machiavelliana, modificandola e reificandola verso un troppo definitivo modus operandi.

Poiché spesso tali citazioni vengono riprese e (a volte giustamente, a volte molto meno) utilizzate in contesti diversi da quello di creazione, va spiegato il motivo reale per il quale questa sia stata attribuita al Machiavelli, sottolineando peraltro quanto sarebbe bene che venisse circoscritta al solo settore di partenza: la politica. Secondo Machiavelli, e questo è un pensiero condiviso anche dall’altro suo amico fiorentino Guicciardini, in situazioni di estrema difficoltà gli uomini di governo sarebbero “giustificati” nel commettere azioni anti-etiche o mosse da incoerenze e incorrettezze; si tratta comunque di casi eccezionali, in cui, magari, uno Stato (o comunque un principato, un territorio, un dominio regolamentato) possa trovarsi in una situazione di pericolo, la quale potrebbe cambiare per sempre le sorti di questo.

Ecco la frase mal interpretata: «…nelle azioni […] massime de’ principi […] si guarda al fine.»

L’errore appare dunque grossolano se considerato che, nella vita comune, venga (o “possa essere”, per i più positivi) utilizzato come spunto per prendere decisioni. Queste massime vanno sempre calibrate. E come si è potuto constatare, l’iniziale e perentorio “il fine giustifica i mezzi” si allontana del tutto dalla necessaria rarità attribuita da Machiavelli a tale modo di operare.

La sopravvivenza, la grandezza e il prestigio dello Stato assumono dunque il valore di un ideale supremo e assoluto, di un mito in nome del quale tutto si giustifica. Solo in ambito politico, e solo per salvaguardare lo Stato.

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