Gigi Riva. L’intervista esclusiva. Vivere senza rombi né tuoni

Gigi Riva. L'intervista esclusiva. Vivere senza rombi né tuonirepubblica.it

Cagliari. A righe e a quadretti. Per Gigi Riva non faceva differenza. Anzi, forse meglio a quadretti; potevano ricordare la rete della porta dei campi di calcio. Nei primi anni Settanta, in Sardegna, il volto in multicolor alla Warhol dell’idolo del Cagliari e della Nazionale conquistava addirittura le copertine dei quaderni Pigna per i bambini delle elementari. Persino di chi, continentale, tifava Juventus. Poco importa, Riva era Riva. Anzi Giggirriva, tutto raddoppiato, all’isolana, e tutto attaccato, miticamente, come conviene a quei pochi, pochissimi che dall’iperuranio riflettono la propria immagine in carne e ossa al centro degli stadi.

Questo soltanto per ricordare di chi parliamo; se mai qualcuno lo avesse dimenticato o se i più giovani non avessero idea del più grande attaccante del calcio italiano, 35 gol in azzurro su 42 partite, media pazzesca, un record che resiste da quasi cinquant’anni. E chissà per quanto tempo ancora.

Vallo a fermare, Giggirriva. Ci hanno provato in parecchi sui campi, invano. Ci ha provato la vita, i tanti lutti in gioventù, il collegio, gli infortuni, la depressione, le crisi. Piegato ma mai spezzato. Come giunco deleddiano al vento. Lo sguardo triste in tutti i ritratti. La mascella forte. La maglia azzurra e quella bianca del Cagliari, con i bordi rossoblù e le quattro asole perforate dal filo a tenerla stretta. E sul petto, prima e dopo l’unico scudetto della storia, lo stemma sardo dei quattro mori. Allora con gli occhi bendati. Ossimoro esemplare per lui, Riva, che invece ci ha sempre visto benissimo. Soprattutto se doveva mirare alla rete avversaria.

A casa di Gigi Riva

Poterci parlare, oggi come ieri, è impresa ardua. Riva ha perpetuamente blindato il

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