Categoria Ambiente

L’Australia vuole i sottomarini nucleari AUKUS, ma nessuno vuole le loro scorie radioattive

sottomarini nucleari AUKUS
I Paesi che compongono l'alleanza trilaterale AUKUS - Australia, Stati Uniti e Regno Unito – si sono incontrati a San Diego, in California, dove hanno approvato la vendita di sottomarini a propulsione nuclere statunitensi all’Australia. Inoltre, il primo ministro laburista australiano, Anthony Albanese, ha confermato che il suo Paese costruirà una propria flotta di sottomarini nucleari, che saranno operativi all'inizio degli anni 2040. Un accordo che vale miliardi di dollari e che vedrà l'Australia diventare la settima nazione con sottomarini a propulsione nucleare nel suo arsenale militare. L’accordo nucleare AUKUS è stato presentato come risposta alle preoccupazioni occidentali sull'espansione militare della Cina nella regione indo-pacifica. Pechino ha criticato l'accordo sui sottomarini nucleari accusando Usa, Australie

34 associazioni: no alla proposta della Lega di censura delle proteine veg

no alla proposta della Lega di censura delle proteine veg
A Better Future AB, ACU - Associazione Consumatori Utenti, Alternative Protein International, Anima International, Animal Equality Italia, Animal Friends Croatia, Animal Law Italia, Associazione Terra!, CiWF Italia, ENPA, Essere Animali, Eurogroup for Animals, European Alliance for Plant-based Foods, European Vegetarian Union, Fórum Nacional de Proteção e Defesa Animal, Future Food 4 Climate, Green REV Institute, Grønn Framtid, Gyvi Gali, Humane Society International/Europe, LAV, LNDC Animal Protection, OIPA Italia, Plant Based Cities Movement, Plant Based Foods Association (PBFA), Plant Based Foods Institute (PBFI), Plantebranchen, ProVeg International, Swissveg, The Good Lobby Italia, The Jeremy Coller Foundation, Tutmonda Esperantista Vegetarana Asocio, Unión Vegetariana Española, Vegan France Interpro hanno scritto alla Commissione agricoltura della Camera ricordando ai deputati che «Un sondaggio evidenzia che l’88% degli italiani è a favore dell’uso di termini come burger e salsiccia per identificare prodotti a base vegetale, per rappresentare in trasparenza e rispetto dell'iter democratico è fondamentale audire in Commissione le associazioni che rappresentano consumatori, aziende e cittadini impegnati nella sostenibilità alimentare e ambientale». Il 15 marzo la Commissione agricoltura ha iniziato l’esame della proposta di legge n.746 “Disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali” che vede come primo firmatario Mirco Carloni della Lega e che punta a vietare per i prodotti a base vegetale l’utilizzo di nomi tipici dei prodotti di carne, come burger, salsiccia, würstel, cotoletta e altri Le 34 associazioni scrivono: «Riteniamo che il testo attualmente presenta alcune criticità» e per questo chiedono di poter essere audite in Commissione così da poter rappresentare il punto di vista e gli interessi delle associazioni della società civile. La lettera evidenzia alcune criticità della proposta di legge leghista: La proposta non tiene conto delle opinioni e delle consuetudini dei consumatori. La richiesta di prodotti a base vegetale è in crescita continua e rispecchia l’interesse dei consumatori per aspetti etici, ambientali e salutari del cibo. Utilizzare sulle confezioni le denominazioni attuali, specificando che si tratta di prodotti vegetali, è un modo per dare al consumatore una immediata idea di utilizzo e sapore del prodotto e favorire una scelta informata. A testimonianza di ciò in un sondaggio pubblicato nel 2020 da Beuc1 (The European Consumer Organization) l’88% degli italiani si è espresso a favore dell’utilizzo di questi termini. Inoltre il consumatore che sceglie un prodotto vegetale lo fa sapendo bene che tra alimenti diversi ci sono differenze in termini di principi nutritivi - come tra l’altro in un prodotto simile se realizzato con diverse topologie di carne - e spesso sceglie un’alternativa a base di proteine vegetali proprio con cognizione di causa2 e con l’obiettivo di una qualità e tipologia nutrizionale diversa. La proposta non è in linea con le attuali regole Ue e i suoi sviluppi riguardo le denominazioni.  Nell’ottobre 2020, nel contesto della Proposta per un Regolamento emendativo al Regolamento (EU) No 1308/2013 che stabilisce una organizzazione comune dei mercati per le produzioni agricole (“CMO Regulation”), il Parlamento Europeo ha rigettato un divieto di utilizzo di denominazioni tipiche della carne per i prodotti vegetali (per es. “burger vegetariano”)3 . Il voto ha univocamente chiarito che l’uso di tali denominazioni non ingannano i consumatori ma aiutano a fare scelte di acquisto informate. Per adempiere alle ambizioni dell’Europa per un sistema alimentare più sostenibile, il settore vegetale ha bisogno di un supporto legislativo che non ostacoli l’innovazione e l’informazione al consumatore attraverso restrizioni sproporzionate. Inoltre, se adottata, questa proposta contribuirebbe a una frammentazione regolatoria che può costituire una potenziale barriera al Mercato Unico UE, impattando sia sulle informazioni ai consumatori che sull’accesso ai cibi vegetali. La proposta non è in linea con i piani Ue per un sistema alimentare più sostenibile. La strategia Farm to Fork punta a rendere il sistema alimentare meno impattante anche favorendo la transizione verso un maggior consumo di proteine vegetali e la riduzione degli allevamenti. Come scrive la stessa Commissione europea nel testo “Drivers of Food Security”4 del gennaio 2023: “Il cibo contribuisce per circa il 45% dell’impatto ambientale dei consumatori UE; per esempio il sistema alimentare contribuisce per circa un terzo delle emissioni di gas serra (GHG). (...) Includendo le emissioni relative alla produzione, trasporto e lavorazione dei mangimi, il settore zootecnico è responsabile per l’81-86% delle emissioni totali di gas serra dell’agricoltura. Le scelte alimentari possono influenzare l’efficienza di utilizzo di energie e risorse nel nostro attuale sistema alimentare. In un mondo già spinto ai limiti delle le proprie capacità, inclusa l’UE, passare a diete basate maggiormente sui vegetali contribuirebbe alla sicurezza alimentare perché una considerevole proporzione di terre agricole viene utilizzata per produrre mangimi piuttosto che cibo per il consumo umano.” Per favorire questa transizione, che anche l’ultimo report IPCC5 definisce necessaria, è fondamentale rendere i cibi di origine vegetale più disponibili e convenienti per il consumatore. Le denominazioni e la comunicazione riguardo questi prodotti giocano un ruolo importante. La proposta non promuove la sana alimentazione. Un’alimentazione maggiormente basata sulle proteine a base vegetale ha ricadute positive sulla salute, riducendo i rischi di malattie cardiache, infarti, pressione alta, oltre a ridurre il rischio di malattie croniche come il diabete. Basandosi su oltre 800 studi l’OMS6 ha dichiarato nel 2015 che la carne rossa processata è carcinogenica e che la carne rossa è potenzialmente carcinogenica, e la transizione a un’alimentazione più vegetale è parte del Piano europeo di lotta contro il cancro. La proposta avrà un impatto economico negativo su numerose aziende italiane. Questa proposta di legge parla di “rispetto del lavoro delle nostre aziende”, puntando alla tutela delle attività italiane, ignorando però il fatto che numerose aziende che producono alternative a base vegetale del nostro Paese subiranno gravi danni economici dovendo investire ingenti somme in comunicazione, marketing e completo rinnovo dei packaging. Per tutti questi motivi chiediamo al Governo italiano di allineare le proprie attività legislative con gli obiettivi UE di sostenibilità, a partire dal non fare avanzare questa proposta di legge sulle denominazioni dei prodotti vegetali. Ricordiamo nuovamente che nel 2020 con la strategia Farm to Fork la Commissione Europea si è impegnata a prendere una direzione più sostenibile, verso la transizione del sistema alimentare e agricolo, e che gli alimenti a base vegetale sono parte integrante di questa transizione. Le 34 associazioni concludono: «Vi invitiamo pertanto a considerare le osservazioni e le proposte delle scriventi organizzazioni in audizione presso la Commissione Agricoltura. E’ fondamentale che l’Italia assuma un ruolo determinante nella definizione di politiche alimentari sostenibili e le proteine a base vegetale giocano un ruolo chiave in questo processo così importante per il futuro di tutti noi e per una vera e sostenibile transizione ecologica». L'articolo 34 associazioni: no alla proposta della Lega di censura delle proteine veg sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Il nuovo Piano regionale dell’economia circolare propone scenari, in attesa degli impianti

piano regionale economia circolare toscana 1
Il vecchio Piano regionale su rifiuti e bonifiche (Prb), approvato in Toscana nel 2014, è arrivato da anni a conclusione senza aver raggiunto nessuno dei principali obiettivi che si era dato. Avrebbe dovuto essere aggiornato nel 2018, con orizzonte 2023, ma in realtà ci sono stati cinque anni di vuoto. La nuova proposta di Piano dell’economia circolare e delle bonifiche (Prec) è stata presentata dalla Giunta toscana solo ieri. Il documento, approvato pochi giorni fa con la Proposta di deliberazione al C.R. n.23 del 13-03-2023, non è comunque quello definitivo: dovrà passare adesso all’esame del Consiglio regionale per le fasi di adozione e approvazione. Si tratta di un puntuale lavoro di ricognizione che si snoda lungo centinaia di pagine, offrendo possibili soluzioni ai problemi che gravano sulla gestione rifiuti toscana, ma senza confermarne alcuna: dove, quali e quanti impianti localizzare non è dato sapere al momento. «Il nuovo Piano dell’economia circolare – spiega il presidente Eugenio Giani – apre una prospettiva di modernizzazione  e innovazione nel processo di trasformazione e assorbimento dei rifiuti, con nuovi possibili impianti, che consentiranno una sempre maggiore autosufficienza nello smaltimento e nella conversione dei rifiuti in materiali recuperati ed energia». Sulla stessa linea l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni: «Il nuovo Piano dell’economia circolare è un punto di partenza. È una strategia complessiva e una visione della Toscana del futuro che può sostanziarsi unicamente attraverso il protagonismo dei territori. È una chiamata, se volete. Perché se intendiamo davvero percorrere compiutamente la strada verso l’economia circolare, possiamo farlo solo assieme». Ad oggi Di fatto, il Piano si limita a indicare degli scenari, sia per i rifiuti urbani sia per gli speciali. Ai sensi di legge guarda all’orizzonte temporale dei prossimi sei anni, spingendosi comunque a sbirciare fino al 2035 quando per i rifiuti urbani – in base alle più recenti direttive Ue in materia – il riciclo effettivo dovrà arrivare minimo al 65% e lo smaltimento in discarica massimo al 10%. Di fatto, si dà per scontato che da qui al 2028 potrà cambiare molto poco nell’assetto impiantistico regionale. «Poiché gli interventi funzionali alla virtuosa “chiusura del ciclo gestionale” potranno concretizzarsi, almeno per le componenti impiantistiche riferite al trattamento dei rifiuti urbani e dei rifiuti decadenti dal loro trattamento, solo dall’anno 2028, è evidente – si legge nel documento – come il periodo temporale di vigenza del presente Piano sia per lo più da definirsi “transitorio” verso il nuovo assetto impiantistico; tutto il Piano è pertanto impostato evidenziando la progressiva evoluzione del sistema gestionale attraverso: la contrazione della produzione di rifiuti, l’incremento del recupero e del riciclaggio, la progressiva minimizzazione dello smaltimento in discarica sino a tendere all’anno 2027 ad una percentuale di smaltimento intorno al 20%». Più nel dettaglio, il Piano sviluppa due ipotesi per i rifiuti urbani: uno scenario inerziale (senza l’attivazione di azioni di Piano) e uno programmatico con «prestazioni di “eccellenza” per quanto concerne i servizi di raccolta e l’attivazione di impiantistica innovativa». Sui rifiuti speciali, che sono circa un quintuplo degli urbani, si limita a fornire «indirizzi per l’evoluzione nella direzione di massimizzare il recupero sia di materia che di energia anche attraverso l’utilizzo dell’impiantistica innovativa, contraendo conseguentemente i fabbisogni di smaltimento». Per quanto riguarda ad esempio la produzione complessiva di rifiuti urbani, nello scenario inerziale si prevede una contrazione al 2028 del 2,1% e al 2035 del 3,6%, rispetto alla produzione 2019; nello scenario programmatico una contrazione al 2028 del 4,9% e al 2035 del 10,5%, rispetto alla produzione 2019. La raccolta differenziata crescerebbe nella media degli ultimi anni nello scenario inerziale (+12% e -27% di indifferenziata al 2035), mentre in quello programmatico arriverebbe all’82% al 2035 (+22%, -60%); per il riciclo effettivo, cui guarda l’Ue, si parla invece del 61,6% al 2028. Numeri che resterebbero però campati in aria, se non si realizzassero le proposte impiantistiche necessarie a dargli corpo. Su questo fronte le ipotesi in campo sono sempre le 39 manifestazioni di interesse presentate nell’ambito dell'Avviso pubblico bandito dalla Regione a fine 2021. «Le potenzialità “teoriche” di trattamento che si genererebbero con l’attivazione di tutti gli impianti proposti attraverso le manifestazioni di interesse sono pari ad oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti», osserva il Piano. In questo caso il sistema gestionale regionale si troverebbe «nella condizione di pieno soddisfacimento dei fabbisogni di trattamento a recupero dei rifiuti urbani e derivati, in totale autosufficienza», e non solo per gli urbani: lo sviluppo della nuova impiantistica si configura «come un’occasione per conseguire gli obiettivi normativi per la gestione dei rifiuti urbani ma anche un’opportunità per migliorare la gestione dei rifiuti speciali prodotti negli importanti distretti produttivi regionali, rendendo gli stessi più “ambientalmente sostenibili” e più competitivi sul mercato […] La “nuova impiantistica di mercato per economia circolare” sarà inoltre fondamentale per l’integrazione gestionale tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, con l’obiettivo di incrementare le sinergie tra i diversi settori industriali e minimizzare quanto più possibile gli smaltimenti in discarica». Senza impianti alternativi, invece, continueranno ovviamente a crescere le discariche e/o l’export di rifiuti. Più concretamente, lo scenario programmatico prevede al 2028 un fabbisogno di smaltimenti in discarica per 7,8 mln di metri cubi (3,9 mln mc urbani e 3,9 mln mc speciali), mentre quello inerziale 10,3 mln mc (6,3 mln mc urbani e 4 mln mc speciali). Una differenza non da poco. Ma se non arriveranno decisioni precise di politica industriale, per inerzia la Toscana andrà dritto verso lo scenario meno sostenibile. L'articolo Il nuovo Piano regionale dell’economia circolare propone scenari, in attesa degli impianti sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Pianta un amico. Edizione speciale della Festa dell’Albero 2023

Pianta un amico
Arriva la primavera e la Festa dell’Albero raddoppia, Legambiente lancia un’edizione speciale della storica campagna per il prossimo weekend in cui si celebrano la Giornata Internazionale delle Foreste e la Giornata in memoria delle vittime della mafia. 65 eventi organizzati dai circoli locali e regionali del Cigno Verde in 16 regioni dove verranno messi a dimora 5mila alberi e arbusti insieme a migliaia di volontari, studenti, cittadini e 200 associazioni, Comuni ed enti territoriali. L’appuntamento clou è fissato per i giorni dal 18 al 21 marzo quando i volontari dell’associazione metteranno a dimora piante ed alberi in piazze e quartieri delle città italiane.  Gli ambientalisti spiegano che «“Pianta un amico” è  il claim della Festa dell’Albero, perché oltre a combattere gli effetti della crisi climatica, in questa occasione diventano simboli della legalità e della lotta contro le mafie». Roverelle, ginestre, aceri e ulivi sono alcune delle essenze che verranno messe a dimora nel dai volontari e volontarie dei circoli di Legambiente che daranno vita anche a momenti di commemorazione per le vittime della mafia insieme a studenti e cittadini che verranno coinvolti anche in laboratori sul fenomeno delle eco-mafie. Diverse le iniziative da segnalare: nelle Marche ad Ancona il 18 marzo saranno piantati sei alberi di farnia per la valorizzazione del sentiero cittadino “Direzione Parco” con annesso laboratorio su reati ambientali e eco-mafie; in Sicilia a Ragusa, in collaborazione con il Comune e Libera contro le mafie, il 21 marzo saranno piantati 13 ulivi dedicati ad altrettante vittime innocenti della mafia dopo un corteo tra le strade cittadine; anche in Campania a Nola un leccio sarà messo a dimora in un parco pubblico per commemorare una vittima della mafia; infine decine i parchi e le aree urbane che riceveranno un tocco di verde in tutta Italia, grazie alla Festa dell’Albero, come il Parco Punta Pizzo a Gallipoli, la Pineta di San Francesco a Bari e il Parco Vivi Gioi a Roma Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, sottolinea che «L’edizione speciale della Festa dell’Albero è il nostro modo di vivere la giornata internazionale delle foreste testimoniando in maniera concreta l’importanza e il ruolo di alberi e foreste ancora oggi troppo spesso sottovalutati Sono un elemento strategico nelle politiche di adattamento sia nelle aree urbane che in quelle naturali, purificano l'acqua e l'aria, sono fonti di cibo e di materia prima rinnovabile estremamente preziosa ed efficiente in tanti utilizzi, grazie all’attuazione di una gestione forestale sostenibile. Gli alberi piantati dai circoli e dai volontari di Legambiente nei giorni in cui si celebra anche la giornata in memoria delle vittime della mafia diventano anche un gesto concreto per la lotta contro l’illegalità e la criminalità organizzata, ancora oggi troppo spesso presente dietro gli incendi boschivi. Un ringraziamento speciale va a tutti i volontari e volontarie dei circoli impegnati nelle tante iniziative di questi giorni».  E legalità e azione per la crisi climatica  sarà questo il file rouge che unirà gli eventi organizzati da Legambiente che, così come nell’edizione autunnale, beneficeranno del sostegno della raccolta fondi Music for the Planet, lanciata da Elisa durante il Back to the future tour e promossa da Music Innovation Hub, e AWorld in collaborazione con ASviS e l’Unione Buddhista Italiana. Gli eventi di piantumazione – che inizieranno nel weekend per poi proseguire anche nella prossima stagione autunnale - contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi del progetto europeo Life Terra, cofinanziato dal programma LIFE della Commissione Europea e di cui Legambiente è l’unica referente in Italia. Intorno a Life Terra si è creato, da circa due anni, un vero e proprio movimento di attivisti con l’obiettivo di mettere freno all’emergenza climatica attraverso la messa a dimora di alberi in tutta Europa con il coinvolgimento soprattutto di giovani, studenti e imprese a cui sta a cuore il futuro del Pianeta. L'articolo Pianta un amico. Edizione speciale della Festa dell’Albero 2023 sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

A rischio il 60% degli alberi dell’orto botanico dell’università di Pisa

Orto botanico di Pisa scaled 1
Secondo lo studio “The Trees of the Pisa Botanic Garden under Climate Change Scenarios: What Are We Walking into?”, pubblicato su Sustainability da Marco D’Antraccoli, Nóra Weiger, Leonardo Cocchi dell’Orto Botanico dell’università di Pisa  in collaborazione con il direttore Lorenzo Peruzzi del Dipartimento di biologia e del  CIRSEC - Centre for Climatic Change Impact dell’ateneo pusano, «Il 60% degli alberi attualmente presenti nell’Orto Botanico di Pisa sono a rischio estinzione entro la fine del secolo a causa del cambiamento climatico». L’Orto e Museo Botanico dell’università di Pisa, il più antico al mondo per fondazione, annovera tra le sue collezioni oltre 2.000 specie provenienti da ogni parte del mondo, incluse circa 200 specie di alberi, tra cui alcuni esemplari di carattere monumentale, come un albero dei ventagli (Ginkgo biloba) e una magnolia (Magnolia grandiflora) messa a dimora nel 1787. D’Antraccoli, curatore dell’Orto Botanico, sottolinea che «Il nostro studio analizza alcuni scenari di cambiamento climatico possibili, confrontando poi le condizioni climatiche attese per il futuro con quelle tipiche delle specie che attualmente abbiamo in coltivazione». Secondo lo scenario più pessimistico dello studio, «Entro la fine di questo secolo fino al 60% delle specie arboree coltivate si troverà al di fuori delle condizioni climatiche compatibili con la loro vita, sia per precipitazioni che temperature. Tra le specie più a rischio ci sono ad esempio l’alloro (Laurus nobilis), la noce del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia), la palma del Cile (Jubaea chilensis) e la sequoia (Sequoia sempervirens)». Peruzzi  conclude: «Conoscere il grado di sensibilità ai cambiamenti climatici dei singoli esemplari permette di cartografare delle vere e proprie mappe di rischio climatico dell’intero Orto Botanico che permetteranno di iniziare a elaborare un piano a medio-lungo termine di sostituzione di specie, in modo da mitigare quello che verosimilmente sarà un significativo impatto sul patrimonio arboreo e sull’assetto del giardino». L'articolo A rischio il 60% degli alberi dell’orto botanico dell’università di Pisa sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Acqua e cambiamenti climatici: servono 1,3 miliardi l’anno di risorse aggiuntive fino al 2026

Acqua e cambiamenti climatici
Secondo i dati presentati oggi da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) nel corso del webinar “Siccità, abbiamo un piano?”, «Di fronte alle nuove sfide poste dagli effetti dei cambiamenti climatici, per coprire il fabbisogno annuo di investimenti del settore idrico - stimato in circa 6 miliardi di euro - servono risorse aggiuntive per 1,3 miliardi di euro l’anno fino al 2026. Attualmente, infatti, le risorse si attestano sui 4,7 miliardi di euro annui, 4 dei quali derivanti dagli investimenti da tariffa e 0,7 dal Pnrr, che ha un orizzonte temporale al 2026: dopo quell’anno, se non venissero nel frattempo incrementati gli investimenti da tariffa o altra fonte, le risorse aggiuntive necessarie passerebbero da 1,3 a 2 miliardi di euro l’anno». Utilitalia ha presentato 8 proposte per favorire l’adattamento infrastrutturale delle reti idriche, un documento suddiviso in azioni di breve (attuabili entro 3 mesi), medio (entro 6 mesi) e lungo periodo (oltre 6 mesi), che segnala una serie di possibili interventi normativi in risposta alla crisi idrica. Tra le azioni di breve periodo, si prevede di favorire il riuso efficiente: «Il riuso delle acque reflue depurate rappresenta una soluzione che dovrebbe diventare strutturale, laddove economicamente sostenibile anche a fronte di un’analisi costi-benefici rispetto ad altre soluzioni praticabili nel contesto di riferimento: si tratta di un potenziale enorme che in Italia viene sfruttato solo per il 4% a fronte di una potenzialità del 23%. Tra le misure abilitanti, Utilitalia chiede di aggiornare il DM 185/2003 (una nuova proposta di decreto è attualmente in consultazione pubblica) alle disposizioni del Regolamento europeo 2020/741 e di individuare la corretta copertura dei costi inerenti l’implementazione degli impianti ed infrastrutture necessarie per il riuso, anche di stoccaggio». La seconda misura di breve periodo punta a contrastare il cuneo salino: «Uno degli effetti più gravi della siccità è infatti la progressiva salinizzazione della falda e delle acque di transizione, che rende le acque emunte inutilizzabili a fini potabili e agricoli. In quest’ottica, sarà necessario sostenere i livelli idrici necessari al contrasto del cuneo salino anche praticando l’aumento dei volumi di falda». La terza proposta si concentra sull’opportunità di diversificare la strategia di approvvigionamento: «La pratica della dissalazione può essere considerata come un’azione di produzione complementare di acqua potabile: in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1% delle fonti di approvvigionamento idrico (pari a 11,1 milioni di metri cubi) contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna. Utilitalia chiede di modificare o abrogare l’art.12 della legge 60/2022 (Salvamare) che aumenta i tempi e la complessità degli iter autorizzativi per gli impianti di dissalazione». La quarta proposta di breve periodo mira a sostenere la presenza di gestioni industriali: «In totale, in Italia, ci sono ancora 1.519 comuni gestiti in economia (il 20% del totale nazionale), pari a 8,2 milioni di abitanti (circa il 14% della popolazione). Tra le misure abilitanti, viene indicato il completamento dell’affidamento del Servizio Idrico Integrato a gestori industriali in tutto il Paese, come previsto dal Dl “Aiuti bis”». Tra le azioni di medio periodo, Utilitalia revede innanzitutto di rafforzare il ruolo di pianificazione e governance dei distretti idrografici: «Il ruolo dei sette distretti idrografici è fondamentale nella governance interregionale della risorsa idrica, soprattutto nella gestione delle fasi particolarmente siccitose». Visto che in Italia le procedure autorizzative occupano quasi il 54% del tempo necessario per la realizzazione di un’opera infrastrutturale Per Utilitalia «Si dovrà puntare inoltre a semplificare la realizzazione degli investimenti» de per questo suggerisce di «Inserire gli impianti connessi allo svolgimento dei servizi di interesse generale a rete tra quelli sottoposti alle “speciali” procedure accelerate per la VIA Statale e regionale (PAUAR), consentendo al contempo semplificazioni procedurali per gli impianti già esistenti». Nel lungo periodo bisogna puntare a promuovere l’uso efficiente dell’acqua: «Efficientare ed ottimizzare l’utilizzo della risorsa da parte dei settori idroesigenti è la prima forma di tutela della risorsa idrica da perseguire. Tre le misure abilitanti segnalate: accelerare nella riduzione delle perdite nel sistema idropotabile; introdurre meccanismi di incentivazione economica al risparmio, quali “certificati blu” in analogia ai “certificati bianchi” nell’energia elettrica; istituire la Giornata Nazionale del Risparmio Idrico e dell’uso razionale dell’acqua, affiancandola alla Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo)». L’ultima proposta riguarda la realizzazione delle opere infrastrutturali strategiche, «Perché la realizzazione di invasi e l’interconnessione delle reti idriche garantirà una pluralità di fonti per prevenire le emergenze future». Tra gli interventi necessari, Utilitalia chiede di «Promuovere una pianificazione integrata per la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie a partire dal Piano Nazionale per gli investimenti del settore idrico, e di realizzare inoltre grandi invasi ad uso plurimo, invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e interconnessioni delle reti per favorire l’adattamento».   L'articolo Acqua e cambiamenti climatici: servono 1,3 miliardi l’anno di risorse aggiuntive fino al 2026 sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Il Consiglio Ue trova un accordo sulle emissioni industriali. L’Italia dice no

Ue trova un accordo sulle emissioni industriali
Il Consiglio europeo ambiente ha adottato la sua posizione negoziale ("orientamento generale") su una proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali ed evidenzia che «Le nuove norme offriranno una migliore protezione della salute umana e dell'ambiente riducendo le emissioni nocive degli impianti industriali e degli allevamenti intensivi nell'aria, nell'acqua e attraverso gli scarichi di rifiuti. Presentando il compromesso raggiunto, la giovane ministra svedese per il clima e l'ambiente, la liberale Romina Pourmokhtari, presidente di turno del Consigliuo Ue ambiente, ha ricordato che «L'inquinamento provoca gravi malattie e danneggia l'ambiente. L'obiettivo dell'Ue per il 2050 è ridurre l'inquinamento a livelli non più dannosi per la salute umana. L'accordo raggiunto oggi dal Consiglio sulle emissioni industriali stabilisce norme più rigorose per contrastare l'inquinamento alla fonte. Questo fisserà i limiti di inquinamento a livelli più efficaci e fornirà indicazioni chiare all'industria e alle grandi aziende zootecniche affinché effettuino i giusti investimenti in modo da ridurre efficacemente il loro inquinamento». Ma, nonostante la vicinanza politica (e la lontanaza anagrafica)  con la 26enne Pourmokhtari, il ministro dell’ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che «L’Italia non può esprimersi favorevolmente alla proposta di compromesso della Presidenza svedese sulla modifica della direttiva riguardante le emissioni industriali, il cui campo di applicazione si estende in maniera consistente sulle realtà dell’allevamento. Nonostante l’apprezzato lavoro di mediazione svolto sul testo, permangono i problemi di fattibilità della proposta, con tre tipi di criticità: sull’impatto per gli allevamenti, in tema di deroghe e sulla tutela della salute umana». Qurewllo dell’”eccezionalità italiana” è ormai un refrain che il nostro governo utilizza per ogni proposta di progresso verso un’economia davvero sostenibile: dalla conversione energetica delle abitazioni ai rifiuti, dagli allevamenti ai combustibili fossili, alle auto elettriche. Infatti, anche stavolta per Pichetto Fratin «Il livello di ambizione rimane eccessivo, perché il campo di applicazione aumenterebbe di oltre 5 volte». Per il ministro italiano, altro tema critico è «La disciplina del ricorso alle deroghe, i cui criteri non consentono analisi costi-benefici integrate e non considerano la necessità di coordinare i tempi degli investimenti con i programmi di ambientalizzazione in atto». Infine, «I riferimenti alla salute umana sono confusi e ciò può determinare un’incongrua prevalenza degli aspetti sanitari rispetto a quelli ambientali e una sovrapposizione di altre normative». A Pichetto è subito arrivato l’apprezzamento del presidente della Coldiretti Ettore Prandini: «Continua la battaglia per fermare la Direttiva europea ammazza stalle che equipara gli allevamenti alle fabbriche spingendoli alla chiusura dopo l’approvazione della posizione negoziale del Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’Ue nonostante il voto contrario del Ministro italiano Gilberto Pichetto al quale va il nostro ringraziamento». Ma cosa prevede questo regolamento che è ritenuto così pericoloso da governo e Coldiretti? Gli impianti industriali - come la produzione di elettricità e cemento, la gestione dei rifiuti, l'incenerimento dei rifiuti e l'allevamento intensivo di bestiame - le cui attività sono elencate nella direttiva devono operare in conformità a un'autorizzazione concessa dalle autorità nazionali. L'autorizzazione fissa valori limite di emissione per le sostanze inquinanti emesse dagli impianti. Le autorizzazioni riguardano le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, l'utilizzo di materie prime, l'efficienza energetica, il rumore, la prevenzione degli incidenti ambientali e il ripristino del sito alla chiusura. I valori limite di emissione si basano sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per limitare le emissioni. Il Live Stock Unit (LSU) è un'unità di riferimento che utilizza coefficienti basati sui fabbisogni di mangime per diversi tipi di animali ed è solitamente maggiore del numero di animali in una data azienda. L'obiettivo principale della revisione è compiere progressi verso l'ambizione di inquinamento zero dell'Ue per un ambiente privo di sostanze tossiche». Le nuove regole prevedono di «Includere più impianti nel suo campo di applicazione (in particolare più allevamenti intensivi su larga scala); rendere i permessi più efficaci; ridurre i costi amministrativi; aumentare la trasparenza e dare maggiore sostegno alle tecnologie rivoluzionarie e ad altri approcci innovativi» In una nota il Consiglio ambiente Ue spiega che «Nel loro approccio generale, gli Stati membri hanno modificato la proposta della Commissione per estendere il campo di applicazione della direttiva agli allevamenti intensivi di bestiame con un numero di unità di bestiame vivo (ULA) superiore a 350 UBA per bovini e suini, 280 UBA per pollame e 350 UBA per allevamenti misti. Sarebbero esclusi gli allevamenti estensivi. Le nuove regole verrebbero applicate progressivamente a partire dalle aziende agricole più grandi». Gli Stati membri hanno convenuto di aggiungere le attività minerarie nel campo di applicazione della direttiva. Hanno introdotto una soglia di 500 tonnellate di capacità produttiva al giorno per minerali non energetici e minerali prodotti su scala industriale. Gli Stati membri hanno escluso il gesso dall'ambito di applicazione della direttiva e hanno incluso una soglia per l'idrogeno prodotto attraverso l'elettrolisi dell'acqua». Secondo la maggioranza dei governi dei Paesi membri dell’Ue, «L’approccio generale ha introdotto la flessibilità necessaria agli Stati membri per adattare le disposizioni in materia di sanzioni e risarcimenti in caso di danni alla salute ai loro diversi ordinamenti giuridici nazionali.Gli Stati membri hanno introdotto una deroga ai valori limite di emissione associati alle migliori tecniche disponibili in caso di crisi che porti a gravi interruzioni o carenza di approvvigionamento di energia o di risorse, materiali o attrezzature essenziali, a condizioni rigorose. L'orientamento generale prevede una deroga limitata nel tempo per gli impianti di combustione facenti parte di un piccolo sistema isolato, non interconnesso alla rete energetica continentale. L'obiettivo è dare loro tempo sufficiente per stabilire reti di interconnessione, al fine di garantire la sicurezza energetica. L'orientamento generale specifica gli obiettivi per il centro di innovazione per la trasformazione industriale e le emissioni (INCITE) proposto dalla Commissione. Chiarisce inoltre molte altre parti della proposta e cerca di ridurre gli oneri amministrativi per gli operatori e le autorità nazionali». Ora che il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale, i negoziati con il Parlamento europeo possono iniziare non appena quest'ultimo avrà adottato la sua posizione negoziale. L'articolo Il Consiglio Ue trova un accordo sulle emissioni industriali. L’Italia dice no sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Nel 2022 la Toscana del sud ha avviato a riciclo 95mila ton di imballaggi

SeiToscana giornata mondiale del riciclo
La raccolta differenziata è uno strumento indispensabile al riciclo, rispetto al quale agisce in via preliminare: i rifiuti correttamente differenziati dai cittadini vengono poi raccolti dal gestore dell’igiene urbana, vagliati ulteriormente in apposite piattaforme di selezione, e infine avviati a riciclo effettivo nelle filiere industriali di competenza (cartiere per la carta, vetrerie per il vetro, etc). Un processo non esente da scarti, sia nella fase di selezione sia in quella di riciclo vero e proprio, da avviare dunque a recupero energetico o a smaltimento in discarica. Per ridurre al minimo tali quantitativi, è essenziale una raccolta differenziata di qualità, dove imballaggi e rifiuti organici vengano differenziati correttamente dai cittadini. Nel corso dell’ultimo anno, nella Toscana del sud – come informa il gestore unico dei servizi d’igiene urbana, Sei Toscana, in vista della Giornata mondiale del riciclo del 18 marzo – sono stati avviati a riciclo quasi 95mila ton di rifiuti da imballaggio (carta, vetro, plastica, metalli) e altre 65mila ton di organico sono andate a compostaggio. «Un impegno che cresce nel tempo, grazie ai servizi sul territorio e soprattutto grazie alla sensibilità dei cittadini che ogni giorno separano correttamente i propri rifiuti», commentano da Sei Toscana. In particolare, nel corso del 2022 nella Toscana meridionale sono state avviate a riciclo poco meno di 48.000 tonnellate di carta e cartone; 5.130 tonnellate di metalli (con un aumento di oltre 300 tonnellate rispetto al 2021); 15.150 tonnellate di plastica (più 3.150 tonnellate rispetto all’anno precedente); 26.700 tonnellate di vetro (di cui 12.900 t provenienti dalle raccolte mono-vetro. Modalità di raccolta separata che sta progressivamente introdotta su tutto il territorio). Sono state inoltre avviate a compostaggio circa 65.000 tonnellate di organico. L'articolo Nel 2022 la Toscana del sud ha avviato a riciclo 95mila ton di imballaggi sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Mobilità elettrica, operative le prime cinque stazioni di ricarica installate a Rosignano

coloninna ricarica elettrica scapigliato
Nonostante il rinvio subito in Europa al via libera definitivo per lo stop alla vendita di auto e furgoni con emissioni di CO2 dal 2035, arrivato anche a causa delle resistenze del Governo Meloni, a Rosignano Marittimo proseguono gli investimenti per favorire la mobilità elettrica di residenti e turisti. Si sono concluse positivamente le operazioni di allaccio delle prime cinque stazioni di ricarica installate da Scapigliato sul territorio comunale di Rosignano, annunciate nel dicembre 2022. A partire da oggi sono infatti operative le colonnine poste a Castiglioncello (via Gorizia), Vada (piazza Garibaldi) e Rosignano Solvay (piazza Monte alla Rena, via della Repubblica e via dell’Energia in località Le Morelline, nei pressi dell’attuale sede dello sportello “Scapigliato Energia”). L’iniziativa nasce grazie alla convenzione siglata col Comune di Rosignano Marittimo e nell’ambito del progetto “Scapigliato Energia”, con cui la Società intende massimizzare sul territorio locale i benefici legati alla produzione di energia rinnovabile a partire dal biogas di discarica. Le stazioni di ricarica, ognuna delle quali dotata di 2 prese standard Tipo2 da 22kW, possono essere utilizzate da tutti, con particolari benefici per i clienti “Scapigliato Energia” che possono avvalersi in corso d’anno di 2.000 kWh di ricarica gratuita: un quantitativo sufficiente a percorrere circa 13mila chilometri. La ricarica dei veicoli elettrici alle colonnine di Scapigliato può essere effettuata con più modalità: tramite tessera Rfid, da richiedersi gratuitamente online sul sito www.scapigliato.it alla pagina “Colonnine di ricarica per veicoli elettrici”; con l’app Eco E-Mobility scaricabile su smartphone da Appstore o Google play store, che consente la ricarica anche presso tutte le colonnine sul territorio nazionale interoperabili con E.co–Neogy; tramite carta di credito, seguendo le istruzioni del codice Qr presente in ogni stazione di ricarica. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web di Scapigliato all’indirizzo www.scapigliato.it (percorso Iniziative per il territorio/Scapigliato Energia/Colonnine di ricarica per veicoli elettrici), oppure rivolgersi allo sportello “Scapigliato Energia” (tel. 0586-03.23.23 / e-mail info.energia@scapigliato.it), aperto al pubblico dal lunedì al sabato, con orario 9.00 – 12.30, e il martedì e il giovedì anche dalle 15.00 alle 18.00, in località Le Morelline Due, a Rosignano Solvay. L'articolo Mobilità elettrica, operative le prime cinque stazioni di ricarica installate a Rosignano sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.