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“Ancient Apocalypse” con Graham Hancock su Netflix

Ancient Apocalypse

La docuserie “Ancient Apocalypse” di Graham Hancock, disponibile su Netflix, ha suscitato grande interesse tra gli appassionati di archeologia, misteri e culture antiche. L’autore, noto per le sue teorie alternative sulla storia dell’umanità, ci guida alla scoperta di civiltà perdute e cataclismi che hanno segnato il passato del nostro pianeta. Ancient Apocalypse: La teoria di […]
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A rischio il 60% degli alberi dell’orto botanico dell’università di Pisa

Orto botanico di Pisa scaled 1

Secondo lo studio “The Trees of the Pisa Botanic Garden under Climate Change Scenarios: What Are We Walking into?”, pubblicato su Sustainability da Marco D’Antraccoli, Nóra Weiger, Leonardo Cocchi dell’Orto Botanico dell’università di Pisa  in collaborazione con il direttore Lorenzo Peruzzi del Dipartimento di biologia e del  CIRSEC - Centre for Climatic Change Impact dell’ateneo pusano, «Il 60% degli alberi attualmente presenti nell’Orto Botanico di Pisa sono a rischio estinzione entro la fine del secolo a causa del cambiamento climatico».
L’Orto e Museo Botanico dell’università di Pisa, il più antico al mondo per fondazione, annovera tra le sue collezioni oltre 2.000 specie provenienti da ogni parte del mondo, incluse circa 200 specie di alberi, tra cui alcuni esemplari di carattere monumentale, come un albero dei ventagli (Ginkgo biloba) e una magnolia (Magnolia grandiflora) messa a dimora nel 1787.
D’Antraccoli, curatore dell’Orto Botanico, sottolinea che «Il nostro studio analizza alcuni scenari di cambiamento climatico possibili, confrontando poi le condizioni climatiche attese per il futuro con quelle tipiche delle specie che attualmente abbiamo in coltivazione».
Secondo lo scenario più pessimistico dello studio, «Entro la fine di questo secolo fino al 60% delle specie arboree coltivate si troverà al di fuori delle condizioni climatiche compatibili con la loro vita, sia per precipitazioni che temperature. Tra le specie più a rischio ci sono ad esempio l’alloro (Laurus nobilis), la noce del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia), la palma del Cile (Jubaea chilensis) e la sequoia (Sequoia sempervirens)».
Peruzzi  conclude: «Conoscere il grado di sensibilità ai cambiamenti climatici dei singoli esemplari permette di cartografare delle vere e proprie mappe di rischio climatico dell’intero Orto Botanico che permetteranno di iniziare a elaborare un piano a medio-lungo termine di sostituzione di specie, in modo da mitigare quello che verosimilmente sarà un significativo impatto sul patrimonio arboreo e sull’assetto del giardino».
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Acqua e cambiamenti climatici: servono 1,3 miliardi l’anno di risorse aggiuntive fino al 2026

Acqua e cambiamenti climatici

Secondo i dati presentati oggi da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) nel corso del webinar “Siccità, abbiamo un piano?”, «Di fronte alle nuove sfide poste dagli effetti dei cambiamenti climatici, per coprire il fabbisogno annuo di investimenti del settore idrico - stimato in circa 6 miliardi di euro - servono risorse aggiuntive per 1,3 miliardi di euro l’anno fino al 2026. Attualmente, infatti, le risorse si attestano sui 4,7 miliardi di euro annui, 4 dei quali derivanti dagli investimenti da tariffa e 0,7 dal Pnrr, che ha un orizzonte temporale al 2026: dopo quell’anno, se non venissero nel frattempo incrementati gli investimenti da tariffa o altra fonte, le risorse aggiuntive necessarie passerebbero da 1,3 a 2 miliardi di euro l’anno».
Utilitalia ha presentato 8 proposte per favorire l’adattamento infrastrutturale delle reti idriche, un documento suddiviso in azioni di breve (attuabili entro 3 mesi), medio (entro 6 mesi) e lungo periodo (oltre 6 mesi), che segnala una serie di possibili interventi normativi in risposta alla crisi idrica.
Tra le azioni di breve periodo, si prevede di favorire il riuso efficiente: «Il riuso delle acque reflue depurate rappresenta una soluzione che dovrebbe diventare strutturale, laddove economicamente sostenibile anche a fronte di un’analisi costi-benefici rispetto ad altre soluzioni praticabili nel contesto di riferimento: si tratta di un potenziale enorme che in Italia viene sfruttato solo per il 4% a fronte di una potenzialità del 23%. Tra le misure abilitanti, Utilitalia chiede di aggiornare il DM 185/2003 (una nuova proposta di decreto è attualmente in consultazione pubblica) alle disposizioni del Regolamento europeo 2020/741 e di individuare la corretta copertura dei costi inerenti l’implementazione degli impianti ed infrastrutture necessarie per il riuso, anche di stoccaggio».
La seconda misura di breve periodo punta a contrastare il cuneo salino: «Uno degli effetti più gravi della siccità è infatti la progressiva salinizzazione della falda e delle acque di transizione, che rende le acque emunte inutilizzabili a fini potabili e agricoli. In quest’ottica, sarà necessario sostenere i livelli idrici necessari al contrasto del cuneo salino anche praticando l’aumento dei volumi di falda».
La terza proposta si concentra sull’opportunità di diversificare la strategia di approvvigionamento: «La pratica della dissalazione può essere considerata come un’azione di produzione complementare di acqua potabile: in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1% delle fonti di approvvigionamento idrico (pari a 11,1 milioni di metri cubi) contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna. Utilitalia chiede di modificare o abrogare l’art.12 della legge 60/2022 (Salvamare) che aumenta i tempi e la complessità degli iter autorizzativi per gli impianti di dissalazione».
La quarta proposta di breve periodo mira a sostenere la presenza di gestioni industriali: «In totale, in Italia, ci sono ancora 1.519 comuni gestiti in economia (il 20% del totale nazionale), pari a 8,2 milioni di abitanti (circa il 14% della popolazione). Tra le misure abilitanti, viene indicato il completamento dell’affidamento del Servizio Idrico Integrato a gestori industriali in tutto il Paese, come previsto dal Dl “Aiuti bis”».
Tra le azioni di medio periodo, Utilitalia revede innanzitutto di rafforzare il ruolo di pianificazione e governance dei distretti idrografici: «Il ruolo dei sette distretti idrografici è fondamentale nella governance interregionale della risorsa idrica, soprattutto nella gestione delle fasi particolarmente siccitose».
Visto che in Italia le procedure autorizzative occupano quasi il 54% del tempo necessario per la realizzazione di un’opera infrastrutturale Per Utilitalia «Si dovrà puntare inoltre a semplificare la realizzazione degli investimenti» de per questo suggerisce di «Inserire gli impianti connessi allo svolgimento dei servizi di interesse generale a rete tra quelli sottoposti alle “speciali” procedure accelerate per la VIA Statale e regionale (PAUAR), consentendo al contempo semplificazioni procedurali per gli impianti già esistenti».
Nel lungo periodo bisogna puntare a promuovere l’uso efficiente dell’acqua: «Efficientare ed ottimizzare l’utilizzo della risorsa da parte dei settori idroesigenti è la prima forma di tutela della risorsa idrica da perseguire. Tre le misure abilitanti segnalate: accelerare nella riduzione delle perdite nel sistema idropotabile; introdurre meccanismi di incentivazione economica al risparmio, quali “certificati blu” in analogia ai “certificati bianchi” nell’energia elettrica; istituire la Giornata Nazionale del Risparmio Idrico e dell’uso razionale dell’acqua, affiancandola alla Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo)».
L’ultima proposta riguarda la realizzazione delle opere infrastrutturali strategiche, «Perché la realizzazione di invasi e l’interconnessione delle reti idriche garantirà una pluralità di fonti per prevenire le emergenze future». Tra gli interventi necessari, Utilitalia chiede di «Promuovere una pianificazione integrata per la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie a partire dal Piano Nazionale per gli investimenti del settore idrico, e di realizzare inoltre grandi invasi ad uso plurimo, invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e interconnessioni delle reti per favorire l’adattamento».
 
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Il Consiglio Ue trova un accordo sulle emissioni industriali. L’Italia dice no

Ue trova un accordo sulle emissioni industriali

Il Consiglio europeo ambiente ha adottato la sua posizione negoziale ("orientamento generale") su una proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali ed evidenzia che «Le nuove norme offriranno una migliore protezione della salute umana e dell'ambiente riducendo le emissioni nocive degli impianti industriali e degli allevamenti intensivi nell'aria, nell'acqua e attraverso gli scarichi di rifiuti.
Presentando il compromesso raggiunto, la giovane ministra svedese per il clima e l'ambiente, la liberale Romina Pourmokhtari, presidente di turno del Consigliuo Ue ambiente, ha ricordato che «L'inquinamento provoca gravi malattie e danneggia l'ambiente. L'obiettivo dell'Ue per il 2050 è ridurre l'inquinamento a livelli non più dannosi per la salute umana. L'accordo raggiunto oggi dal Consiglio sulle emissioni industriali stabilisce norme più rigorose per contrastare l'inquinamento alla fonte. Questo fisserà i limiti di inquinamento a livelli più efficaci e fornirà indicazioni chiare all'industria e alle grandi aziende zootecniche affinché effettuino i giusti investimenti in modo da ridurre efficacemente il loro inquinamento».
Ma, nonostante la vicinanza politica (e la lontanaza anagrafica)  con la 26enne Pourmokhtari, il ministro dell’ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che «L’Italia non può esprimersi favorevolmente alla proposta di compromesso della Presidenza svedese sulla modifica della direttiva riguardante le emissioni industriali, il cui campo di applicazione si estende in maniera consistente sulle realtà dell’allevamento. Nonostante l’apprezzato lavoro di mediazione svolto sul testo, permangono i problemi di fattibilità della proposta, con tre tipi di criticità: sull’impatto per gli allevamenti, in tema di deroghe e sulla tutela della salute umana». Qurewllo dell’”eccezionalità italiana” è ormai un refrain che il nostro governo utilizza per ogni proposta di progresso verso un’economia davvero sostenibile: dalla conversione energetica delle abitazioni ai rifiuti, dagli allevamenti ai combustibili fossili, alle auto elettriche. Infatti, anche stavolta per Pichetto Fratin «Il livello di ambizione rimane eccessivo, perché il campo di applicazione aumenterebbe di oltre 5 volte».
Per il ministro italiano, altro tema critico è «La disciplina del ricorso alle deroghe, i cui criteri non consentono analisi costi-benefici integrate e non considerano la necessità di coordinare i tempi degli investimenti con i programmi di ambientalizzazione in atto». Infine, «I riferimenti alla salute umana sono confusi e ciò può determinare un’incongrua prevalenza degli aspetti sanitari rispetto a quelli ambientali e una sovrapposizione di altre normative».
A Pichetto è subito arrivato l’apprezzamento del presidente della Coldiretti Ettore Prandini: «Continua la battaglia per fermare la Direttiva europea ammazza stalle che equipara gli allevamenti alle fabbriche spingendoli alla chiusura dopo l’approvazione della posizione negoziale del Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’Ue nonostante il voto contrario del Ministro italiano Gilberto Pichetto al quale va il nostro ringraziamento».
Ma cosa prevede questo regolamento che è ritenuto così pericoloso da governo e Coldiretti?
Gli impianti industriali - come la produzione di elettricità e cemento, la gestione dei rifiuti, l'incenerimento dei rifiuti e l'allevamento intensivo di bestiame - le cui attività sono elencate nella direttiva devono operare in conformità a un'autorizzazione concessa dalle autorità nazionali. L'autorizzazione fissa valori limite di emissione per le sostanze inquinanti emesse dagli impianti. Le autorizzazioni riguardano le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, l'utilizzo di materie prime, l'efficienza energetica, il rumore, la prevenzione degli incidenti ambientali e il ripristino del sito alla chiusura. I valori limite di emissione si basano sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per limitare le emissioni. Il Live Stock Unit (LSU) è un'unità di riferimento che utilizza coefficienti basati sui fabbisogni di mangime per diversi tipi di animali ed è solitamente maggiore del numero di animali in una data azienda. L'obiettivo principale della revisione è compiere progressi verso l'ambizione di inquinamento zero dell'Ue per un ambiente privo di sostanze tossiche».
Le nuove regole prevedono di «Includere più impianti nel suo campo di applicazione (in particolare più allevamenti intensivi su larga scala); rendere i permessi più efficaci; ridurre i costi amministrativi; aumentare la trasparenza e dare maggiore sostegno alle tecnologie rivoluzionarie e ad altri approcci innovativi»
In una nota il Consiglio ambiente Ue spiega che «Nel loro approccio generale, gli Stati membri hanno modificato la proposta della Commissione per estendere il campo di applicazione della direttiva agli allevamenti intensivi di bestiame con un numero di unità di bestiame vivo (ULA) superiore a 350 UBA per bovini e suini, 280 UBA per pollame e 350 UBA per allevamenti misti. Sarebbero esclusi gli allevamenti estensivi. Le nuove regole verrebbero applicate progressivamente a partire dalle aziende agricole più grandi».
Gli Stati membri hanno convenuto di aggiungere le attività minerarie nel campo di applicazione della direttiva. Hanno introdotto una soglia di 500 tonnellate di capacità produttiva al giorno per minerali non energetici e minerali prodotti su scala industriale. Gli Stati membri hanno escluso il gesso dall'ambito di applicazione della direttiva e hanno incluso una soglia per l'idrogeno prodotto attraverso l'elettrolisi dell'acqua».
Secondo la maggioranza dei governi dei Paesi membri dell’Ue, «L’approccio generale ha introdotto la flessibilità necessaria agli Stati membri per adattare le disposizioni in materia di sanzioni e risarcimenti in caso di danni alla salute ai loro diversi ordinamenti giuridici nazionali.Gli Stati membri hanno introdotto una deroga ai valori limite di emissione associati alle migliori tecniche disponibili in caso di crisi che porti a gravi interruzioni o carenza di approvvigionamento di energia o di risorse, materiali o attrezzature essenziali, a condizioni rigorose. L'orientamento generale prevede una deroga limitata nel tempo per gli impianti di combustione facenti parte di un piccolo sistema isolato, non interconnesso alla rete energetica continentale. L'obiettivo è dare loro tempo sufficiente per stabilire reti di interconnessione, al fine di garantire la sicurezza energetica. L'orientamento generale specifica gli obiettivi per il centro di innovazione per la trasformazione industriale e le emissioni (INCITE) proposto dalla Commissione. Chiarisce inoltre molte altre parti della proposta e cerca di ridurre gli oneri amministrativi per gli operatori e le autorità nazionali».
Ora che il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale, i negoziati con il Parlamento europeo possono iniziare non appena quest'ultimo avrà adottato la sua posizione negoziale.
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Nel 2022 la Toscana del sud ha avviato a riciclo 95mila ton di imballaggi

SeiToscana giornata mondiale del riciclo

La raccolta differenziata è uno strumento indispensabile al riciclo, rispetto al quale agisce in via preliminare: i rifiuti correttamente differenziati dai cittadini vengono poi raccolti dal gestore dell’igiene urbana, vagliati ulteriormente in apposite piattaforme di selezione, e infine avviati a riciclo effettivo nelle filiere industriali di competenza (cartiere per la carta, vetrerie per il vetro, etc).
Un processo non esente da scarti, sia nella fase di selezione sia in quella di riciclo vero e proprio, da avviare dunque a recupero energetico o a smaltimento in discarica. Per ridurre al minimo tali quantitativi, è essenziale una raccolta differenziata di qualità, dove imballaggi e rifiuti organici vengano differenziati correttamente dai cittadini.
Nel corso dell’ultimo anno, nella Toscana del sud – come informa il gestore unico dei servizi d’igiene urbana, Sei Toscana, in vista della Giornata mondiale del riciclo del 18 marzo – sono stati avviati a riciclo quasi 95mila ton di rifiuti da imballaggio (carta, vetro, plastica, metalli) e altre 65mila ton di organico sono andate a compostaggio.
«Un impegno che cresce nel tempo, grazie ai servizi sul territorio e soprattutto grazie alla sensibilità dei cittadini che ogni giorno separano correttamente i propri rifiuti», commentano da Sei Toscana.
In particolare, nel corso del 2022 nella Toscana meridionale sono state avviate a riciclo poco meno di 48.000 tonnellate di carta e cartone; 5.130 tonnellate di metalli (con un aumento di oltre 300 tonnellate rispetto al 2021); 15.150 tonnellate di plastica (più 3.150 tonnellate rispetto all’anno precedente); 26.700 tonnellate di vetro (di cui 12.900 t provenienti dalle raccolte mono-vetro. Modalità di raccolta separata che sta progressivamente introdotta su tutto il territorio). Sono state inoltre avviate a compostaggio circa 65.000 tonnellate di organico.
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Mobilità elettrica, operative le prime cinque stazioni di ricarica installate a Rosignano

coloninna ricarica elettrica scapigliato

Nonostante il rinvio subito in Europa al via libera definitivo per lo stop alla vendita di auto e furgoni con emissioni di CO2 dal 2035, arrivato anche a causa delle resistenze del Governo Meloni, a Rosignano Marittimo proseguono gli investimenti per favorire la mobilità elettrica di residenti e turisti.
Si sono concluse positivamente le operazioni di allaccio delle prime cinque stazioni di ricarica installate da Scapigliato sul territorio comunale di Rosignano, annunciate nel dicembre 2022.
A partire da oggi sono infatti operative le colonnine poste a Castiglioncello (via Gorizia), Vada (piazza Garibaldi) e Rosignano Solvay (piazza Monte alla Rena, via della Repubblica e via dell’Energia in località Le Morelline, nei pressi dell’attuale sede dello sportello “Scapigliato Energia”).
L’iniziativa nasce grazie alla convenzione siglata col Comune di Rosignano Marittimo e nell’ambito del progetto “Scapigliato Energia”, con cui la Società intende massimizzare sul territorio locale i benefici legati alla produzione di energia rinnovabile a partire dal biogas di discarica.
Le stazioni di ricarica, ognuna delle quali dotata di 2 prese standard Tipo2 da 22kW, possono essere utilizzate da tutti, con particolari benefici per i clienti “Scapigliato Energia” che possono avvalersi in corso d’anno di 2.000 kWh di ricarica gratuita: un quantitativo sufficiente a percorrere circa 13mila chilometri.
La ricarica dei veicoli elettrici alle colonnine di Scapigliato può essere effettuata con più modalità: tramite tessera Rfid, da richiedersi gratuitamente online sul sito www.scapigliato.it alla pagina “Colonnine di ricarica per veicoli elettrici”; con l’app Eco E-Mobility scaricabile su smartphone da Appstore o Google play store, che consente la ricarica anche presso tutte le colonnine sul territorio nazionale interoperabili con E.co–Neogy; tramite carta di credito, seguendo le istruzioni del codice Qr presente in ogni stazione di ricarica.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web di Scapigliato all’indirizzo www.scapigliato.it (percorso Iniziative per il territorio/Scapigliato Energia/Colonnine di ricarica per veicoli elettrici), oppure rivolgersi allo sportello “Scapigliato Energia” (tel. 0586-03.23.23 / e-mail info.energia@scapigliato.it), aperto al pubblico dal lunedì al sabato, con orario 9.00 – 12.30, e il martedì e il giovedì anche dalle 15.00 alle 18.00, in località Le Morelline Due, a Rosignano Solvay.
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Il governo britannico regala 300 milioni di sterline alle compagnie aeree inquinanti

300 milioni di sterline alle compagnie aeree inquinanti

Nell'ambito dell'Emissions Trading Scheme del Regno Unito (ETS UK), che avrebbe lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra costringendo i grandi inquinatori ad acquistare un permesso per ogni tonnellata di carbonio che emettono e a rimpinguare così le casse pubbliche, il governo conservatore britannico ha concesso più di 300 milioni di sterline di "permessi di inquinamento" gratuiti a compagnie aeree come British Airways, RyanAir e EasyJet.
OpenDemocracy sottolinea che così, un programma progettato per affrontare il cambiamento climatico ottiene l’effetto contrario e rivela che «L'anno scorso il settore dell'aviazione del Regno Unito ha ricevuto gratuitamente più di 4 milioni di "permessi di inquinamento". I 4,1 milioni di tonnellate di CO2 che rappresentano equivalgono alle emissioni di oltre 400.000 passeggeri che volano in classe economica da Londra a Sydney e ritorno. I permessi gratuiti hanno consentito alle compagnie aeree di risparmiare l'equivalente di 336 milioni di sterline in base al prezzo medio annuo del carbonio, il 39% in più rispetto all'anno precedente, il 2021».
I grandi vincitori delle dispense ETS UK sono state le compagnie aeree EasyJet, RyanAir e British Airways, che hanno ricevuto rispettivamente quote gratuite di emissioni del valore rispettivamente di 84 milioni di sterline, 73 milioni di sterline e 58 milioni di sterline. OpenDemocracy ricorda che «Tutte le compagnie hanno subito pesanti perdite durante la pandemia, ma da allora sono tornate redditizie: il mese scorso, International Airlines Group (IAG), proprietario di British Airways, ha annunciato profitti per 1,3 miliardi di sterline, mentre RyanAir ha appena goduto del suo "trimestre di dicembre più redditizio mai registrato" e easyJet sta  riportando “vendite record”».
Precedentemente openDemocracy aveva rivelato come le compagnie petrolifere e del gas, comprese  Shell e BP, durante il 2022 hanno ricevuto allo stesso modo più di 1 miliardo di sterline di permessi di inquinamento gratuiti.
Caroline Lucas, deputata dl  Green Party ha detto a openDemocracy che «Il governo sta lasciando che le compagnie aeree la facciano franca e costringe il pubblico a pagare il conto. I ministri devono porre immediatamente fine a questi permessi di inquinamento gratuiti e far pagare alle imprese ad alto contenuto di carbonio i danni che stanno causando al clima».
Il Department for Net Zero and Energy Security sta ora analizzando i risultati di una consultazione sull'eliminazione graduale dei permessi gratuiti per il settore dell'aviazione, ma gli eventuali cambiamenti politici non entreranno in vigore almeno fino al 2026. Intanto il governo conservatore britannico ha già stanziato 12,2 milioni di permessi gratuiti per i prossimi tre anni, che al prezzo del carbonio del 2022 arranno altri 965 milioni di sterline.
Un portavoce del governo ha detto a openDemocracy che il Regno Unito sta regalando permessi gratuiti perché «Si è impegnato ad affrontare il cambiamento climatico ma anche a proteggere la nostra industria dal carbon leakage». Un portavoce del governo ha dichiarato a openDemocracy: «l Regno Unito è impegnato ad affrontare il cambiamento climatico proteggendo al contempo la nostra industria dal carbon leakage. Questo è il motivo per cui una parte delle quote viene assegnata gratuitamente alle imprese nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissione del Regno Unito». Inoltre, la consegna di permessi gratuiti ai giganti delle compagnie aeree «Ssosterrebbe l'industria nella transizione versoil net zero nel contesto degli alti prezzi energetici globali, incentivando al contempo la decarbonizzazione a lungo termine».
Ma, secondo  il rapporto finale dell’Economic research on the impacts of carbon pricing on the UK aviation sector” commissionato dallo stesso governo ad Air e Frontier Economics, il rischio di carbon leakage – quando le imprese si trasferiscono in Paesi che non hanno il carbon pricing – è minimo.
Lo studio di Air e Frontier Economics realizzato per conto del Department for Transport (DfT) e del Department for Business, Energy, and Industrial Strategy (BEIS) ha anche rilevato che «Porre fine ai permessi gratuiti porterebbe a una diminuzione dei profitti delle compagnie aeree e migliorerebbe la concorrenza sul mercato».
Daniele de Rao, esperto di aviazione di Carbon Market Watch, ha fatto notare che «Nonostante diversi studi dimostrino che il rischio di carbon leakage nel settore dell'aviazione è insignificante, le compagnie aeree stanno ancora ricevendo un'enorme quantità di assegnazioni gratuite. Il Regno Unito dovrebbe applicare il principio “chi inquina paga” nel proprio ETS e, seguendo l'esempio dell'Unione Europea, dovrebbe porre fine il prima possibile all'erogazione di permessi di inquinamento gratuiti alle compagnie aeree».
Matt Finch, policy manager britannico di Transport & Environment, ha aggiunto: «La nazione è all’erta per l'inquinamento delle acque reflue, ma allo stesso tempo il nostro governo sta pagando alle compagnie aeree milioni di sterline all'anno per inquinare. Sono queste le azioni di un leader climatico? No. Le quote gratuite dovrebbero essere gradualmente eliminate dall'ETS, il più rapidamente possibile».
I restanti 120 milioni di sterline in permessi gratuiti sono stati spartiti tra il resto del settore aereo del Regno Unito e anche i super-ricchi proprietari di jet privati ​​hanno ricevuto sussidi. Ineos Aviation, la compagnia di proprietà del miliardario petroliere Jim Ratcliffe, ha ricevuto permessi gratuiti per un valore di circa 2.000 sterline.
Il governo britannico ribatte che «Il nostro ETS nel Regno Unito è più ambizioso del sistema dell'Ue che sostituisce». Ma openDemocracy replica: «L'Ue ha votato per eliminare gradualmente le assegnazioni di permessi gratuiti a partire dal 2026. Inoltre, ridistribuisce i ricavi derivanti dalla vendita di permessi a progetti ambientali, mentre nel Regno Unito i proventi vengono trattenuti dal Tesoro».
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Lo sviluppo del porto di Livorno corre sui binari: nell’ultimo anno 2.817 treni nello scalo

porto di livorno comune

Il servizio Studi e statistiche dell'Autorità di sistema portuale (Adsp) del Mar Tirreno settentrionale documenta come nel 2022 sia cresciuto del 35,8% il traffico ferroviario nel porto di Livorno, che nell’ultimo anno conta 2.817 treni  e 47.412 carri arrivati e partiti.
Allargando l’osservazione all’intero comprensorio i treni sono stati 3.468 (con un incremento su base annua del 30,4%) e 54.217 i carri (+22,6%).
Andando più nel dettaglio dell’analisi merceologica, sul fronte del traffico container i treni in entrata e in uscita dall'Interporto Vespucci e dai terminal Lorenzini e Tdt sono stati 2.430, il 39% in più rispetto ai valori del 2021. Di fatto la modalità ferroviaria rappresenta oggi oltre il 18,7% della domanda complessiva di traffico container nel porto.
Per quanto riguarda invece i prodotti forestali, sono arrivati e partiti dai terminal di riferimento (Marterneri e Cilp) 257 treni, con un incremento del 16% sul 2021 (quota rail al 10,3% del totale)
Con riferimento alle auto nuove, nel 2022 sono transitati dai terminal di riferimento 152 treni, con un aumento del 130% su base annuale (quota rail al 2,8%).
Sul traffico rinfusiero e, in particolare, cerealicolo, la modalità ferro non è stata invece così battuta nell'anno appena trascorso, dato che i treni arrivati e partiti dal porto nell'anno sono stati appena 10, con un decremento del 77% sul 2021.
Infine, per quel che concerne le rinfuse liquide, nel 2022 Costiero Gas, Eni e Neri depositi costieri hanno visto arrivare e partire dai propri terminal 531 treni, 31 in più rispetto all'anno precedente (quota rail al 3,9%).
Rispetto a Livorno va molto peggio nel porto di Piombino, dove si è fatta sentire la crisi del polo industriale piombinese e dei suoi stabilimenti storici, Jsw Steel Italy e Liberty Magona. Nell'anno appena trascorso sono stati movimentati 345 treni, il 35,4% in meno rispetto al 2021. 4.693 i carri, il 56,1% in meno su base annuale.
«I dati statistici del 2022 riferiti al traffico ferroviario parlano di un sistema portuale a due velocità: se Livorno continua a crescere, Piombino risulta chiaramente in affanno a causa della situazione di difficoltà in cui si trova il settore siderurgico – spiega il presidente dell'Adsp, Luciano Guerrieri – Nel 2023 raddoppieremo gli sforzi per favorire ulteriormente il trasferimento di merce oggi movimentata solo su gomma».
In tutto verranno investiti 70 milioni di euro, una quota parte dei quali da destinare, a Livorno, alla realizzazione di un nuovo terminal ferroviario presso il terminal crociere e all'ammodernamento dei binari in due aree nevralgiche dello scalo portuale: quella dei prodotti forestali e quella delle autostrade del mare e del traffico multipurpose.
A Piombino si prevede invece di realizzare un nuovo raccordo base per collegare le attuali aree operative portuali/retroportuali e le nuove banchine all’infrastruttura ferroviaria nazionale e di realizzare nuovi binari, ove possibile a modulo 750, a servizio delle nuove banchine.
Fondamentale, poi, a livello di sistema, la connessione ferroviaria tra l'Interporto Vespucci e il porto di Livorno. L'opera dello scavalco, i cui lavori sono cominciati nel 2022, verrà ultimata nel 2024. Nel frattempo verranno portati avanti i lavori per la realizzazione del collegamento tra l’Interporto Vespucci e la linea PisaCollesalvetti-Vada, opera del valore di 160 milioni di euro, interamente coperta dal contratto di programma Rfi-Mims 2022-2026 e di cui si prevede di completare l'iter procedurale/ambientale nell'anno in corso.
«Questa amministrazione – conclude Guerrieri – non ha mai trascurato l'importanza strategica dell'intermodalità. Il nostro obiettivo è quello di rendere ancora più performante il nostro sistema portuale, grazie al potenziamento delle connessioni ferroviarie e a una dotazione infrastrutturale ancora più avanzata».
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Dalla Toscana oltre 3 mln di euro contro l’erosione delle spiagge

ripascimento erosione costiera regione toscana

In vista della stagione estiva, la Giunta della Regione Toscana ha approvato ieri il primo stralcio del Documento operativo per la Costa 2023. Oltre 3 milioni di euro destinati a 13 interventi da farsi in tempi rapidi, a cui è stato concesso un contributo regionale al quale si sommano circa 270mila euro finanziati da alcuni Comuni.
«La lotta all'erosione costiera – commenta il presidente della Regione, Eugenio Giani – è una priorità che abbiamo ribadito fin dall’inizio della legislatura. Con gli oltre 3 milioni appena approvati andiamo avanti  con la nostra azione volta alla tutela della costa».
Guardando al dettaglio degli interventi previsti per singolo Comune, a Campo dell’Elba sono in agenda due interventi sia a Marina di Campo (170mila euro) che in località Seccheto (circa 132mila euro); due manutenzioni delle spiagge anche nel comune Follonica, uno per il ripristino dell’arenile (45mila euro), l’altro per la manutenzione della barriera soffolta (465mila euro). Due interventi riguardano Pisa: la manutenzione straordinaria delle scogliere  a Marina (210mila euro) e la riprofilatura  della spiaggia di Ghiaia (60mila euro).
Altri lavori sono a Scarlino per la sistemazione di tutto il litorale (200mila euro); a Rosignano Marittimo con la riprofilatura della spiaggia di Vada-Mazzanta (250mila euro); a Capalbio i lavori riguardano la manutenzione degli arenili a Macchiatonda (200mila euro); a Orbetello 500mila euro sono per gli interventi di manutenzione, ripristino e rimodellamento in località Camporegio, a Massa 500mila euro per la riprofilatura della spiaggia con sedimenti geologici inorganici in zona Ronchi. Infine Vecchiano, circa 37mila euro per il ripristino dell’arenile e 570mila euro a Castiglione della Pescaia dove è prevista la riprofilatura straordinaria di tratti della spiaggia delle Rocchette e Punta Capezzolo.
«Sappiamo – spiega l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni – che sono necessari interventi strutturali e duraturi per la difesa della nostra costa, sulla quale incidono pesantemente i cambiamenti climatici che rendono più severi i fenomeni erosivi, ed è per questo che abbiamo prodotto un Master plan che li pianifica e li progetta in maniera puntuale, a partire però da uno sguardo complessivo sulle dinamiche di costa».
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I sabotaggi dei gasdotti Nord Stream hanno messo a rischio focene e merluzzi del Baltico

sabotaggi dei gasdotti Nord Stream

Le guerre, oltre ad avere gravi impatti sulle vite umane e sulle infrastrutture, hanno anche ripercussioni sull'ambiente, che devono essere valutate e documentate. Il 26 settembre 2022, autori sconosciuti – gli occidentali dicono un commando ucraino, i russi e un’inchiesta giornalistica del premio Pulitzeri  Seymour Hersh un’azione militare organizzata da statunitensi e norvegesi che hanno piazzato bombe a tempo con la copertura di manovre navali NATO -  hanno deliberatamente fatto saltare i due gasdotti Nord Stream 1 e 2 con quattro esplosioni coordinate vicino a un importante deposito di munizioni chimiche –la discarica CWA - al largo all'isola danese di Bornholm nel Mar Baltico. Mentre il massiccio rilascio di gas naturale nell'atmosfera ha sollevato serie preoccupazioni per il clima, le esplosioni hanno sollevato, e lasciato in  sospensione per oltre un mese, 250.000 tonnellate di sedimenti fortemente contaminati  da tossine a lungo sepolte che potrebbero minacciare la vita marina.
L’area interessata dagli attentati è una discarica storica per agenti della guerra chimica della seconda guerra mondiale. I contaminanti, tra cui il piombo e un interferente endocrino utilizzato per proteggere gli scafi delle navi, sono rimasti al di sopra della soglia di sicurezza per più di un mese. L’impatto  sugli animali che vivono nella zona, come il merluzzo e  la rara focena comune, non è ancora noto.
Lo studio “Environmental impact of sabotage of the Nord Stream pipelines”, pubblicato su Research Square (no peer reviewed) da un team d internazionale di ricercatori danesi, tedeschi e polacchi guidato da Signe Sveegaard dell’Aarhus Universitet, valuta proprio l'impatto diretto trascurato di questo sabotaggio sull'ecosistema marino ed evidenzia che «Foche e focene entro un raggio di quattro km sarebbero state ad alto rischio di essere uccise dall'onda d'urto, mentre ci si aspetterebbe un impatto temporaneo sul loro udito fino a 50 km di distanza. Poiché la popolazione di focene del Mar Baltico (Phocoena phocoena) è in grave pericolo di estinzione, la perdita o il ferimento grave anche di un solo individuo è considerato un impatto significativo sulla popolazione».
I ricercatori confermano che «La rottura [dei gasdotti] ha provocato la risospensione di 250.000 tonnellate di sedimenti fortemente contaminati dal bacino sedimentario di acque profonde per oltre una settimana, con conseguenti rischi inaccettabili per i pesci e altri biota in 11 km3 di acqua per più di un mese».
A preoccupare è in particolare  la sorte della popolazione di focene del Baltico che è ridotta a circa 500 individui. I ricercatori evidenziano che «Durante la stagione riproduttiva (maggio-ottobre), questa popolazione si raduna intorno ai banchi Hoburgs e Midsjö nelle acque territoriali svedesi, situate a circa 40 km a est delle esplosioni più settentrionali. E’ quindi probabile che individui di questa popolazione fossero presenti nell'area alla fine di settembre e quindi potrebbero essere stati colpiti. Sebbene la bassa densità di focene significhi che il numero di individui colpiti è stato probabilmente basso, la popolazione è così piccola che la perdita o il ferimento grave anche di un solo animale, specialmente se una femmina adulta, può avere un impatto sulla popolazione».
Per quanto riguarda la popolazione di foche grigie (Halichoerus grypus) del Baltico e la popolazione locale di foche di Kalmarsund, sono sia più numerose che meno vulnerabili delle focene.
Gli scienziati nord-europei spiegano che «L'acqua di Bornholm Deep è caratterizzata da stratificazione e basso rimescolamento verticale. I siti sono inoltre caratterizzati da bassi livelli di ossigeno e quindi attività biologica relativamente bassa. Questo significa che, mentre si trovavano nei sedimenti imperturbati, questi contaminanti sono stati "bloccati" lontano da esposizioni biologiche significative, causando rischi ambientali limitati».
E pensare che la risospensione di sedimenti contaminati era stata una delle principali preoccupazioni ambientali dei Paesi che si affacciano sul Mar Baltico durante l'installazione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 e  che sono state anche il motivo per il quale i gasdotti che collegavano la Russia alla Germania non sono stati realizzati lungo il percorso più breve attraverso la discarica CWA.
I ricercatori ricordano che, grazie a queste osservazioni, il progetto Nord Stram è stato realizzato con l’intento di ottenere «Una risospensione minima dei sedimenti e probabilmente non ha causato rischi per la comunità ittica a causa del rilascio di residui della CWA».  Ma lo studio fa notare che «La rottura delle pipeline e il conseguente getto di gas hanno però provocato una risospensione di 2,5 - 10 tonnellate di sedimenti. L'evento ha rilasciato inquinanti introdotti storicamente nel sito più profondo del bacino di Bornholm e ha smosso grandi volumi di acqua che hanno superato la soglia tossica ambientale per un massimo di 34 giorni, che non hanno raggiunto la superficie del mare né le coste circostanti. La causa del rischio per l'ambiente marino era principalmente la risospensione di TBT e Pb che rappresentano i tre quarti dei contributi totali di tossicità della miscela».
Il bacino di Bornholm è il tradizionale luogo di deposizione delle uova e nursery della popolazione di merluzzo del Baltico orientale (Gadus morhua) e il dsabotaggio è avvenuto  alla fine della normale stagione riproduttiva del merluzzo che va da marzo a settembre. Lo studio fa notare che «La risospensione dei sedimenti tossici potrebbe inoltre aver raggiunto per più di un mese i pesci così come i giovani merluzzi e le uova nell'area. L'impatto a lungo termine più probabile sui pesci sarebbe l'interruzione del sistema endocrino dovuta all'esposizione al TBT. L'esposizione al piombo (Pb) nei pesci può indurre stress ossidativo, influenzare le funzioni biochimiche e fisiologiche tra cui interrompere i neurotrasmettitori causando neurotossicità e interruzioni del sistema immunitario. Il carico contaminante derivante dalla risospensione dei sedimenti da parte di questo evento probabilmente aggiunge ulteriore pressione su quelli già esistenti, sottoponendo, ad esempio, lo stock di merluzzo del Baltico a ulteriore stress».
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