Un trilione di alberi

Le città sono da sempre delle bolle di calore. 

L’anno scorso, l’Europa ha vissuto l’estate più calda di sempre nel secondo anno più caldo di sempre. Le ondate di caldo in tutto il mondo stanno registrando picchi da record e, negli ultimi decenni, sono aumentate ahimè, anche di durata.

Con l’innalzamento delle temperature medie, piantare più alberi per abbassare le temperature estive nelle aree urbane potrebbe ridurre di un terzo le morti direttamente legate al caldo e alle ondate di caldo.

Questo è quanto hanno detto i ricercatori mercoledì 1 febbraio. 

La ricerca, pubblicata su The Lancet, ha scoperto che l’aumento della copertura degli alberi al 30% ridurrebbe di 0,4 gradi la temperatura durante i mesi estivi. Nello studio, dei 6.700 decessi prematuri attribuiti a temperature più elevate in 93 città europee durante il 2015, un terzo avrebbe potuto essere evitato, secondo i risultati.

Attualmente, poco meno del 15% degli ambienti urbani in Europa, è coperto da fogliame. Quello presentato è il primo studio a prevedere il numero delle morti premature dovute a temperature elevate nelle città, numero che potrebbe essere diminuito da ulteriore copertura arborea, come ha affermato l’autrice principale del testo, Tamara Iungman, ricercatrice presso l’Istituto per la salute globale di Barcellona.

“Sappiamo già che le alte temperature negli ambienti urbani sono associate a impatti negativi per la salute, il nostro obiettivo è informare la politica locale e i responsabili delle decisioni sui vantaggi dell’integrazione delle infrastrutture verdi nella pianificazione urbana al fine di promuovere ambienti urbani più sostenibili, resilienti e sani”.

Le città registrano temperature più elevate rispetto alle periferie o alle campagne circostanti a causa del cosiddetto effetto isola di calore urbano. Questo calore extra è causato principalmente dalla mancanza di vegetazione, dai gas di scarico dei sistemi di climatizzazione, dall’asfalto scuro e dai materiali da costruzione che assorbono e intrappolano il calore. Il cambiamento climatico ha  amplificato il problema. 

Servirebbero un triliardo di alberi in più. 

Invece lo togliamo il verde, lo annulliamo. L’anno scorso abbiamo distrutto una superficie pari all’Austria e i polmoni del mondo sono l’unica risorsa per mangiare l’anidride carbonica che emettiamo mentre distruggiamo biodiversità. E la biodiversità è quel miracolo che ci lega tutti insieme, dalle api ai funghi, dal mare a noi. 

Dieci anni fa, per la prima volta, con lo stato delle conoscenze sul punto critico del clima, solo un luogo aveva forti prove di trovarsi in una grave spirale discendente: il ghiaccio dell’Artico. Altri punti critici sembravano  ancora molto lontani. 

Sbagliavamo. 

Siamo a pochi decenni di distanza da un Artico senza ghiaccio marino in estate. In Siberia il permafrost si sta ora sciogliendo in maniera drammatica rilasciando metano in atmosfera. La Groenlandia sta perdendo trilioni di tonnellate di ghiaccio, le grandi foreste del Nord stanno bruciando con colonne di fumo grandi come l’Europa. La circolazione dell’oceano Atlantico sta rallentando. 

La foresta amazzonica si sta indebolendo e potrebbe iniziare a emettere, invece che assorbire, CO2 entro 15 anni, metà del corallo della Grande Barriera Corallina è morto. 

L’Antartide occidentale potrebbe aver già oltrepassato un punto critico già oggi. E ora, il più solido tra i ghiacciai della Terra, ed anche il più ciclopico, il Thwaites, quello dell’Antartide orientale sta perdendo stabilità.

Nove dei 15 grandi sistemi biofisici che regolano il clima sono ora in movimento. Mostrano preoccupanti segni di declino e si stanno potenzialmente avvicinando ai punti critici. 

I punti critici portano a tre minacce. 

Prima, l’innalzamento del livello del mare. Possiamo già aspettarci fino a 1 metro in questo secolo. Questo metterà in pericolo le case di 200 milioni di persone. Ma quando aggiungiamo all’equazione il ghiaccio che si sta sciogliendo dall’Antartide e dalla Groenlandia, questo potrebbe portare a un innalzamento di 2 metri. Ma non si fermerà qui, continuerà a peggiorare. 

Secondo, se chi trattiene il carbonio, come il permafrost e la foresta, si trasformano, cominciando a rilasciarlo, allora questo rende molto più difficile il lavoro di stabilizzazione delle temperature. 

E terzo, questi sistemi sono tutti collegati, come il domino. 

Se si oltrepassa un punto critico ci si avvicina a tutti gli altri.

Non contenti non crediamo nemmeno alla scienza. Di fronte a questi segnali rinneghiamo, ignoriamo. E’ come se ci arrivasse costantemente un messaggio di un dottore che ci dice che stiamo morendo di tumore e questo messaggio noi non lo apriamo nemmeno. lo buttiamo via, sempre, e non ci piace nemmeno la busta con cui è arrivato. Anzi addirittura scherniamo i postini (e Greta è un esempio).

Ci servono alberi. 

Ci serve consapevolezza. 

Non abbiamo ne gli uni ne l’altra. 

Lo studio è reperibile qui. 

https://phys.org/news/2023-02-trees-urban-heatwave-mortality.html

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(22)02585-5/fulltext

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