Tag trasporti

Hyperloop: Webuild, Leonardo e HyperloopTT vincono la gara per progettarlo in Veneto

HyperloopTT capsule low
L’Italia lancia ufficialmente la sfida a Elon Musk nello sviluppo della tecnologia Hyperloop, cioè “treni supersonici” i cui vagoni sono capsule che viaggiano sospese in tunnel a bassa pressione che limitano attrito e consumi moltiplicando la velocità, fino ad avvicinarsi a quella del suono (1.200 km all’ora).A compiere i primi passi concreti verso l’adozione di […]

Aeroporto della Pila, Legambiente: no a interventi a gamba tesa dei privati e a ricatti politici

aeroporto di Marina di Campo
L’intervento a gamba tesa di un’impresa privata come Toscana Aeroporti (che pubblichiamo) che impone a enti pubblici le tempistiche per un procedimento democratico in corso la dice lunga sul clima che si è creato intorno all’allungamento/ampliamento/spostamento dell’Aeroporto della Pila. Si tratta di qualcosa di molto simile a un ricatto politico che si intravede anche nelle precedenti dichiarazioni del presidente della Regione Eugenio Giani. Il tutto facendo circolare cifre ballerine, promesse inverosimili e spandendo a piene mani uno sfacciato greenwashing che cerca di sminuire l’impatto di un progetto del quale si conosce solo una bozza preliminare. E’ sintomatico il fatto che, dopo il comunicato di Legambiente Arcipelago Toscano del 14 marzo nel quale definivamo l’allungamento della pista aeroportuale un’«Opera insostenibile dal punto di vista economico, ambientale, idrogeologico e urbanistico», nessuno degli attori principali  di una commedia messa forse in scena per eliminare la continuità territoriale aerea, e probabilmente aprire la strada dell’eliminazione anche di quella marittima, abbia reso pubblici i dati e  le approfondite analisi in grado di contestare le nostre affermazioni. La ragione, temiamo, sta nel fatto che i dati e le approfondite analisi semplicemente non esistono. Il  documento che più si avvicina ad un previsionale è lo “Studio di prefattibilità” redatto nell’aprile 2020 per conto di Alatoscana. Purtroppo lo studio stesso si autodefinisce come “indicativo” e, testualmente, “necessita di ulteriori e più approfondite valutazioni” (pag. 102). Del resto non contiene alcuna valutazione ambientale e/o economica al di là di un largamente spannometrico conteggio dei costi presunti. Anche volendo trascurare l’aspetto ambientale, idrogeologico, urbanistico e sociale al momento non risulta esistere né un Master Plan né uno straccio di analisi economica in grado di giustificare l’intervento ipotizzato e l’ingente spreco di denaro pubblico che ne conseguirebbe. E’ su questo che – abbastanza incredibilmente – verranno chiamati a votare gli elettori di Campo nell’Elba. Questo vuol dire – e ci chiediamo se i sindaci elbani se ne siano resi conto - che se passerà quel “progetto”, di fatto si darà a Toscana Aeroporti carta bianca per fare ciò che vuole, o un progetto definitivo anche molto diverso dalla bozza oppure, una volta appurata l'inconsistenza di qualsiasi ipotesi di allungamento, il ritiro dalla compagine societaria. Il recente ultimatum di Toscana Aeroporti sembra infatti nascondere malamente il desiderio di abbandonare in fretta Alatoscana al suo destino. Lo scenario è molto preoccupante. La Regione tace, L’Osservatorio per la continuità territoriale dell’Arcipelago Toscano non si riunisce dal marzo 2021. I Sindaci elbani non vedono, non sentono, non parlano. La diatriba sull’allungamento è la tortuosa strada scelta dalla Giunta Regionale per portare alla chiusura del finanziamento della continuità territoriale? Se così fosse, questa ipotesi va respinta con forza da tutte le componenti politiche e sociali dell’isola. Le stesse Confindustria Livorno e AssocomElba hanno scritto che «Sarebbe stato ragionevole dare attenzione prima di tutto al rinnovo triennale della continuità territoriale, in quanto essa è il presupposto indispensabile per parlare di ulteriori sviluppi dell’aeroporto». Non possiamo che sottoscrivere quanto affermato dalle associazioni imprenditoriali. La Regione proceda in fretta al rinnovo della continuità territoriale aerea e cominci a lavorare seriamente sul rinnovo di quella marittima, con navi moderne e non inquinanti, all’altezza di una destinazione turistica importante come l’Elba e l’Arcipelago Toscano che hanno bisogno di un sistema di trasporti intermodale che faciliti il raggiungimento dell’Elba ai turisti provenienti dagli aeroporti di Pisa, Firenze e Bologna, non di progetti nebulosi, sovradimensionati e insostenibili dal punto di vista economico e ambientale. di Legambiente Arcipelago Toscano   Toscana Aeroporti: «Aeroporto necessitano risposte chiare e rapide dal territorio» Il 16 marzo l'Amministratore delegato di Toscana Aeroporti, Roberto Naldi, ha scritto una lettera al Sindaco di Campo nell'Elba e per conoscenza al presidente della regione Toscana, alla Camera di commercio Maremma e del Tirreno e all’amministratore delegato di Alatoscana S.p.a.   Gentilissimo Sindaco, apprezziamo l'attenzione dimostrata verso lo scalo elbano e le sue prospettive future. La questione dell’aeroporto di Marina di Campo è un tema annoso e non di banale risoluzione. Affrontarne definitivamente il tema significa innanzi tutto assumere decisioni stabili nel lungo periodo e chiare sugli obiettivi finali che si vogliono raggiungere. E’ in base a queste scelte che, per noi tecnici, sarà possibile definire e finalizzare i relativi piani industriali di sviluppo. A tale riguardo, avendo già avuto un incontro con la regione toscana, voi e le amministrazioni locali dell’isola d’Elba, torniamo a ribadire quanto già espresso allora: nella massima consapevolezza dei ruoli e nel massimo rispetto delle distinte responsabilità, riteniamo che la scelta sul futuro dello scalo di Marina di Campo debba essere una decisione innanzi tutto politica. Noi, dal canto nostro, dovendo rispondere alle logiche industriali di azionisti che pianificano investimenti a lungo termine, abbiamo la necessità di definire il nostro ruolo dentro Alatoscana S.p.a. Per risolvere tale questione abbiamo a disposizione fino al 27 aprile p.v. data di approvazione del bilancio oltre la quale, se non dovesse esserci un quadro di riferimento chiaro e definitivo, saremo costretti a ritirare il nostro impegno nella società di gestione elbana.  Roberto Naldi Amministratore delegato Toscana Aeroporti L'articolo Aeroporto della Pila, Legambiente: no a interventi a gamba tesa dei privati e a ricatti politici sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Ponte sullo stretto: tutti i no di Italia Nostra

Ponte sullo Stretto 1
La «grande opera delle opere italiane» – il ponte sullo Stretto di Messina – torna ancora una volta alla ribalta nazionale. Si tratta di uno dei progetti mai realizzati dalla storia più lunga, addirittura secolare, periodicamente richiamato come priorità dai governi delle più disparate coloriture politiche. Ma cosa intendiamo per “ponte sullo Stretto di Messina”? La speciale infrastruttura comprende una serie di progetti di ingegneria civile per la realizzazione di un ponte sospeso tra la Sicilia e la Calabria, con sede stradale e ferroviaria, a campata unica. Il progetto complessivo prevede: 3.300 metri lunghezza della campata centrale; 3.666 metri lunghezza complessiva con campate laterali; 60,4 metri larghezza dell’impalcato; 399 metri altezza delle torri; 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione; 5.320 metri lunghezza complessiva dei cavi; 1,26 metri diametro dei cavi di sospensione; 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo di sospensione; 70/65 metri di altezza di canale navigabile centrale per il transito di grandi navi; 533.000 metri cubi di volume dei blocchi d’ancoraggio. Questo quantomeno è ciò che ci risulta, ovvero quanto previsto dalla concessionaria Stretto di Messina S.p.A. per la realizzazione del ponte. Di certo non esiste al mondo un ponte di tali dimensioni, per di più da collocare in un luogo di straordinaria bellezza e ricchezza naturalistica e paesaggistica, ma con notevolissime e ben note criticità ambientali e sismiche (il terremoto del 1908 rase al suolo Messina e Reggio Calabria). Il ponte più lungo al mondo, con analoghe caratteristiche strutturali e funzionali, è il ponte di Akashi Kaikyō in Giappone, in esercizio dal 5 aprile 1998, con 1.991 metri di campata centrale. Dunque, non ci vuole molto a comprendere che passare da 1.991 metri a 3.300 metri appare utopistico. È importante altresì evidenziare che il progetto iniziale del ponte di Akashi Kaikyō prevedeva anche il traffico ferroviario che, in una fase successiva, fu soppresso per criticità strutturali non risolte. Italia, marzo 2023. L’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti esulta per l’approvazione «salvo intese», del Consiglio dei ministri, al decreto sul mitico ponte che collegherebbe Sicilia e Calabria. Il decreto è denominato “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente”. Da quanto emerso al tavolo di lavoro entro la fine di marzo 2023 sarà presentato un apposito decreto ad hoc per il Ponte sullo Stretto che disciplinerà il riavvio delle procedure di progettazione e di realizzazione dell’opera. In seguito, entro fine aprile verrà nominato il Consiglio di amministrazione della nuova società Stretto di Messina. Nel 2024 la posa della prima pietra. Per noi di Italia Nostra si tratta di un’opera assolutamente velleitaria e dannosa che è già costata un miliardo di euro, tra studi, consulenze, ecc. Questo, quando invece sarebbe necessario e urgente ammodernare le scadenti infrastrutture di Sicilia e Calabria e mettere in sicurezza territori straordinariamente fragili dal punto di vista geologico e ad altissimo rischio sismico. Uno sperpero di danaro pubblico che ora rischia di essere ulteriormente incrementato. Di certo le risorse spese, sprecate si sarebbero potute investire a favore delle linee ferroviarie e per il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e del trasporto via nave. Se oggi si prende il treno da Trapani a Ragusa o a Siracusa, si impiegano nove ore. Un viaggio avvilente determinato da frequenti interruzioni causate da frane e smottamenti, ma soprattutto da linee ferroviarie assolutamente inadeguate, quasi tutte a binario unico e molte tratte prive di elettrificazione. Per non parlare dell’autostrada Siracusa-Gela, iniziata oltre sessanta anni fa e la cui realizzazione è ancora ferma nei pressi di Modica, o dell'interruzione della dorsale ferroviaria Catania-Gela che, a causa del crollo del ponte ferroviario Vituso-Carbone nel 2011, alle porte di Caltagirone è ancora oggi da ripristinare. Insomma, il Meridione non ha bisogno di ulteriori, illusori miti. Ha bisogno di più treni, elettrificazione e collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola. E magari, ha bisogno che vengano attivate le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma e potenziato il trasporto via nave nello Stretto e rafforzati i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari. Ha bisogno di programmazione e pianificazione. Ha bisogno di buona politica, di sana gestione dei territori e di cura. Ma, al di là degli annunci, al di là della propaganda politica di questi giorni, è utile fare un passo indietro. «In ordine al tema dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, per dar seguito all’impegno del Governo, si dovrebbe procedere con la redazione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica per le due opzioni evidenziate». Queste le parole, lo scorso 4 agosto 2021, dell’allora Ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini, in audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera. Insomma: il Governo Monti sembrava deciso a procedere verso un “progetto di fattibilità” del ponte. «E’ utile sviluppare la prima fase del progetto di fattibilità limitando il confronto ai due sistemi di attraversamento con ponte a campata unica e con ponte a più campate, ma la valutazione dell’utilità andrà però definita al termine di un processo decisionale che prevede inizialmente la redazione di un progetto di fattibilità tecnico-economica al fine di confrontare diverse soluzione alternative», affermava Giovannini. Dunque, secondo le previsioni del ministro Giovannini, la prima fase avrebbe dovuto concludersi entro la primavera del 2022, quindi avviare un dibattito pubblico, pervenire a una scelta condivisa ed evidenziare nella legge di bilancio 2023 le risorse. Il ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili segnalava, infine, la disponibilità di un finanziamento di 50 milioni di euro, individuato con la legge di bilancio 2021. Da queste considerazioni emerge il fatto che, malgrado la pervasiva retorica sul “ponte”, malgrado le notevolissime risorse economico-finanziarie sprecate nel corso degli anni, non esiste un progetto esecutivo credibile e affidabile del ponte sullo Stretto. Noi lo abbiamo sempre saputo. Italia Nostra ha contrastato e continuerà a contrastare l’idea del “ponte”, augurandosi comunque che da parte dell’attuale Governo ci sia una disponibilità al dialogo, a un ascolto autentico delle auspicabili, sostenibili alternative. Antonella Caroli Presidente nazionale Italia Nostra  Leandro Janni Presidente Italia Nostra Sicilia L'articolo Ponte sullo stretto: tutti i no di Italia Nostra sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Turismo: come l’impatto ambientale influenza i comportamenti di viaggio di italiani ed europei

turismo 0
Oltre che all’Italia, la terza edizione dell’Osservatorio EY Future Travel Behaviours ha esteso il panel di viaggiatori presi esame anche a Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, fornendo un quadro delle abitudini e dei driver alla base delle scelte dei viaggiatori nel Paese e in Europa. Inoltre, dato l'attuale contesto caratterizzato da tensioni geopolitiche e il conseguente aumento generale dei prezzi, l’Osservatorio ha esaminato come le aspettative di riduzione del potere d'acquisto influenzino le scelte di viaggio. L’approccio utilizzato ha combinato domande esplicite con test psicologici impliciti che consentono di sondare le motivazioni inconsce che determinano le scelte di viaggio. Ne è emerso che «Si registra un trend crescente dei viaggi di vacanza e in recupero rispetto al calo dovuto alla pandemia (89% quest’anno rispetto all’85% nel 2022), con una propensione degli italiani a mantenere o incrementare la frequenza dei propri viaggi maggiore rispetto agli altri principali Paesi europei. Anche se ad oggi non si registra un impatto rilevante dell’inflazione sulle scelte di viaggio degli italiani, tuttavia emerge un potenziale rischio con circa il 65% del campione che ridurrebbe la durata e/o il numero di viaggi nel caso di un calo del proprio potere di acquisto». L’Osservatorio ha delineato 8 profili di viaggiatori che in parte confermano le tendenze riscontrate nelle precedenti edizioni: gli Environment Concerned sono particolarmente sensibili ai viaggi sostenibili, i Virtual Meeting Fans prevedono di limitare i viaggi di vacanza e di lavoro, gli Hypertravellers intendono aumentare ulteriormente i viaggi e chiedono esperienze personalizzate. I profili che durante la pandemia erano ansiosi di riprendere a viaggiare si sono evoluti in Serial Vacationers e Experience Seekers. All’opposto si collocano i Reluctant Travelers. Altri profili incarnano trend emergenti: le scelte degli Inflation Concerned sono guidate dalla riduzione del potere d'acquisto, mentre i Young Price Seekers sono Gen Z e Millennials interessati a combinare lavoro e vacanza e a trovare soluzioni di viaggio convenienti in linea con il loro budget. I dati dell’Osservatorio testimoniano come i viaggi di vacanza siano in aumento con un ulteriore recupero rispetto al calo dovuto alla pandemia: «L’89% dei partecipanti ha in piano almeno un viaggio di vacanza nel 2023, dato migliorativo rispetto al 2022 (85%). L’Italia presenta inoltre la più alta percentuale di viaggiatori in Europa (88%) che incrementerà o non limiterà i viaggi nel 2023 e 1 persona su 5 pensa di incrementare i viaggi rispetto allo scorso anno». Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, l’Osservatorio evidenzia come «L’aereo abbia un tasso di utilizzo più alto nel Regno Unito e in Spagna mentre l’Italia è al primo posto per l’uso del treno». Guardando all’estero, 3 persone su 5 prevedono di viaggiare in un Paese estero in Europa e circa il 20% oltre i confini europei. La Spagna è indicata come la meta preferita tra le destinazioni di viaggio europee del 2023, seguita da Italia e Francia. Però l’indagine rivela che «I viaggi per lavoro, ancora notevolmente inferiori ai livelli pre-pandemici, hanno ancora limitate prospettive di ripresa per il 2023. A quest’ultima rilevazione si associa il fenomeno ormai consolidato del lavoro del remoto che ha subito una forte accelerazione dettata dalla pandemia e che ancora oggi offre talvolta un’alternativa ai viaggi di lavoro. Nonostante solo il 6% dei partecipanti nell’Osservatorio indichi tra le motivazioni di viaggio del 2023 la scelta di combinare vacanza e lavoro nello stesso viaggio (workation), una percentuale ben più significativa (36%) è potenzialmente interessata a farlo in futuro, in particolare tra le generazioni più giovani. Tra le principali motivazioni per i viaggi di vacanza viene indicato il relax (73%), il desiderio di esplorare nuovi luoghi e culture (64%) e lo stare insieme a familiari e amici (54%). Guardando al futuro, il rapporto evidenzia una maggiore propensione implicita al risparmio rispetto all’orientamento alla spesa:  «Il 66% del campione è propenso a cambiare le proprie abitudini di viaggio qualora si verificasse una riduzione del proprio potere di acquisto, con una preferenza a diminuire il numero o la durata dei viaggi piuttosto che sacrificarne la qualità e il comfort. Tuttavia, il 19% del campione non rinuncerebbe ai propri viaggi a costo di sacrificare altre voci di spesa e il 15% non crede che il proprio potere di acquisto si ridurrà». La nuova edizione dell’Osservatorio analizza da diverse angolazioni come la preoccupazione per l'impatto ambientale influenzi i comportamenti e le intenzioni di viaggio: «Sono stati effettuati dei test impliciti che hanno permesso di sondare in profondità gli intenti e fattori inconsci alla base delle scelte di viaggio. E’ emerso che secondo circa 1 persona su 2 l'impatto ambientale è un fattore importante per le proprie scelte di viaggio e gran parte del campione (2 su 3) mostra un atteggiamento implicito di preoccupazione verso i temi ambientali. In termini economici, 6 persone su 10 pagherebbero costi aggiuntivi per compensare le emissioni di CO2. Tuttavia, quando si tratta di comportamenti effettivi, i viaggiatori bilanciano la sostenibilità con altri driver di scelta, come il prezzo e la durata complessiva. I risultati suggeriscono che in futuro la sostenibilità avrà un ruolo maggiore, trainata dalla crescente motivazione delle generazioni più giovani e dalla disponibilità di informazioni e offerte commerciali su opzioni di viaggio sostenibili». L’Osservatorio fa notare che la Generazione Z viaggia più della media e che è  quella più propensa a viaggiare all'estero: «Il confronto con le altre generazioni consente di fornire alcune indicazioni sui principali trend di viaggio anche in ottica futura. I viaggiatori della Generazione Z, infatti, sono più influenzati dalla sostenibilità nelle loro scelte di viaggio, desiderano maggiori informazioni sulle opzioni di viaggio sostenibili e sono più disposti a pagare un extra costo per compensare le emissioni. Questi soggetti si aspettano esperienze digitali “one click” al momento della prenotazione oltre a una connettività costante durante il viaggio. Sono due volte più interessati rispetto alla media a combinare lavoro e vacanza quando viaggiano e ad abbonarsi a servizi premium». I servizi gratuiti più apprezzati sono quelli che aiutano i clienti nella gestione di ritardi e disservizi, soprattutto  rimborsi e bonus automatici ed informazioni tempestive. Anche la flessibilità nella prenotazione emerge come priorità, in particolare la possibilità di bloccare gratuitamente una prenotazione per un periodo di tempo limitato. Tuttavia, la gamma di servizi gratuiti desiderati è ampia e varia a seconda del profilo del viaggiatore. Le preferenze per i servizi accessori a pagamento sono ancora più variegate. Inoltre, 2 su 3 affermano che la personalizzazione dell'esperienza di viaggio è un importante fattore di scelta. Claudio d’Angelo, transportation market segment leader di EY in Italia, conclude: «L’edizione di quest’anno dell’Osservatorio indaga come le abitudini dei viaggiatori in Italia e in Europa si stiano trasformando, permettendo di delineare potenzialmente quali saranno i principali trend di viaggio nel futuro. In particolare, i comportamenti attesi e le preferenze della Generazione Z forniscono indicazioni sulle scelte di viaggio future con trend emergenti quali l’interesse a unire vacanze e lavoro nello stesso viaggio e fruire di esperienze digitali personalizzate. La sostenibilità ambientale, che ormai si consolida come un fattore importante per le scelte dei mezzi di trasporto secondo il 50% dei viaggiatori, in prospettiva avrà un ruolo ancora più determinante per le nuove generazioni che desiderano maggiori informazioni sulle opzioni di viaggio sostenibili e sono più disposte a pagare un extra per compensare le emissioni». L'articolo Turismo: come l’impatto ambientale influenza i comportamenti di viaggio di italiani ed europei sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Il governo britannico regala 300 milioni di sterline alle compagnie aeree inquinanti

300 milioni di sterline alle compagnie aeree inquinanti
Nell'ambito dell'Emissions Trading Scheme del Regno Unito (ETS UK), che avrebbe lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra costringendo i grandi inquinatori ad acquistare un permesso per ogni tonnellata di carbonio che emettono e a rimpinguare così le casse pubbliche, il governo conservatore britannico ha concesso più di 300 milioni di sterline di "permessi di inquinamento" gratuiti a compagnie aeree come British Airways, RyanAir e EasyJet. OpenDemocracy sottolinea che così, un programma progettato per affrontare il cambiamento climatico ottiene l’effetto contrario e rivela che «L'anno scorso il settore dell'aviazione del Regno Unito ha ricevuto gratuitamente più di 4 milioni di "permessi di inquinamento". I 4,1 milioni di tonnellate di CO2 che rappresentano equivalgono alle emissioni di oltre 400.000 passeggeri che volano in classe economica da Londra a Sydney e ritorno. I permessi gratuiti hanno consentito alle compagnie aeree di risparmiare l'equivalente di 336 milioni di sterline in base al prezzo medio annuo del carbonio, il 39% in più rispetto all'anno precedente, il 2021». I grandi vincitori delle dispense ETS UK sono state le compagnie aeree EasyJet, RyanAir e British Airways, che hanno ricevuto rispettivamente quote gratuite di emissioni del valore rispettivamente di 84 milioni di sterline, 73 milioni di sterline e 58 milioni di sterline. OpenDemocracy ricorda che «Tutte le compagnie hanno subito pesanti perdite durante la pandemia, ma da allora sono tornate redditizie: il mese scorso, International Airlines Group (IAG), proprietario di British Airways, ha annunciato profitti per 1,3 miliardi di sterline, mentre RyanAir ha appena goduto del suo "trimestre di dicembre più redditizio mai registrato" e easyJet sta  riportando “vendite record”». Precedentemente openDemocracy aveva rivelato come le compagnie petrolifere e del gas, comprese  Shell e BP, durante il 2022 hanno ricevuto allo stesso modo più di 1 miliardo di sterline di permessi di inquinamento gratuiti. Caroline Lucas, deputata dl  Green Party ha detto a openDemocracy che «Il governo sta lasciando che le compagnie aeree la facciano franca e costringe il pubblico a pagare il conto. I ministri devono porre immediatamente fine a questi permessi di inquinamento gratuiti e far pagare alle imprese ad alto contenuto di carbonio i danni che stanno causando al clima». Il Department for Net Zero and Energy Security sta ora analizzando i risultati di una consultazione sull'eliminazione graduale dei permessi gratuiti per il settore dell'aviazione, ma gli eventuali cambiamenti politici non entreranno in vigore almeno fino al 2026. Intanto il governo conservatore britannico ha già stanziato 12,2 milioni di permessi gratuiti per i prossimi tre anni, che al prezzo del carbonio del 2022 arranno altri 965 milioni di sterline. Un portavoce del governo ha detto a openDemocracy che il Regno Unito sta regalando permessi gratuiti perché «Si è impegnato ad affrontare il cambiamento climatico ma anche a proteggere la nostra industria dal carbon leakage». Un portavoce del governo ha dichiarato a openDemocracy: «l Regno Unito è impegnato ad affrontare il cambiamento climatico proteggendo al contempo la nostra industria dal carbon leakage. Questo è il motivo per cui una parte delle quote viene assegnata gratuitamente alle imprese nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissione del Regno Unito». Inoltre, la consegna di permessi gratuiti ai giganti delle compagnie aeree «Ssosterrebbe l'industria nella transizione versoil net zero nel contesto degli alti prezzi energetici globali, incentivando al contempo la decarbonizzazione a lungo termine». Ma, secondo  il rapporto finale dell’Economic research on the impacts of carbon pricing on the UK aviation sector” commissionato dallo stesso governo ad Air e Frontier Economics, il rischio di carbon leakage – quando le imprese si trasferiscono in Paesi che non hanno il carbon pricing – è minimo. Lo studio di Air e Frontier Economics realizzato per conto del Department for Transport (DfT) e del Department for Business, Energy, and Industrial Strategy (BEIS) ha anche rilevato che «Porre fine ai permessi gratuiti porterebbe a una diminuzione dei profitti delle compagnie aeree e migliorerebbe la concorrenza sul mercato». Daniele de Rao, esperto di aviazione di Carbon Market Watch, ha fatto notare che «Nonostante diversi studi dimostrino che il rischio di carbon leakage nel settore dell'aviazione è insignificante, le compagnie aeree stanno ancora ricevendo un'enorme quantità di assegnazioni gratuite. Il Regno Unito dovrebbe applicare il principio “chi inquina paga” nel proprio ETS e, seguendo l'esempio dell'Unione Europea, dovrebbe porre fine il prima possibile all'erogazione di permessi di inquinamento gratuiti alle compagnie aeree». Matt Finch, policy manager britannico di Transport & Environment, ha aggiunto: «La nazione è all’erta per l'inquinamento delle acque reflue, ma allo stesso tempo il nostro governo sta pagando alle compagnie aeree milioni di sterline all'anno per inquinare. Sono queste le azioni di un leader climatico? No. Le quote gratuite dovrebbero essere gradualmente eliminate dall'ETS, il più rapidamente possibile». I restanti 120 milioni di sterline in permessi gratuiti sono stati spartiti tra il resto del settore aereo del Regno Unito e anche i super-ricchi proprietari di jet privati ​​hanno ricevuto sussidi. Ineos Aviation, la compagnia di proprietà del miliardario petroliere Jim Ratcliffe, ha ricevuto permessi gratuiti per un valore di circa 2.000 sterline. Il governo britannico ribatte che «Il nostro ETS nel Regno Unito è più ambizioso del sistema dell'Ue che sostituisce». Ma openDemocracy replica: «L'Ue ha votato per eliminare gradualmente le assegnazioni di permessi gratuiti a partire dal 2026. Inoltre, ridistribuisce i ricavi derivanti dalla vendita di permessi a progetti ambientali, mentre nel Regno Unito i proventi vengono trattenuti dal Tesoro». L'articolo Il governo britannico regala 300 milioni di sterline alle compagnie aeree inquinanti sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Ponte sullo stretto: decreto in Cdm. Legambiente: la vera urgenza è la partenza dei cantieri per la transizione ecologica

Ponte sullo stretto
Ieri, approfittando dell’incontro bilaterale con la vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti (BEI) Gelsomina Vigliotti, sugli investimenti della BEI in Italia, con particolare riguardo al settore dei trasporti, quello idrico e delle infrastrutture, il vice presidente del Consiglio e ministro Matteo Salvini ha  annunciato che il progetto “Ponte sullo Stretto di Messina” approderà in Consiglio dei Ministri già a marzo. E ha annunciato che «La BEI, in caso di richiesta ufficiale, è disponibile a valutare il ruolo di partner finanziario per il Ponte sullo Stretto: gli uffici del Mit sono già al lavoro per fornire tutti i necessari dettagli tecnici con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale». In realtà, nel comunicato ufficiale finale tutto questo interesse sembra più del governo italiano – e come tale considerato dall’Ue – che della Bei che invece ha finanziato  con 3,4 miliardi di euro l’ammodernamento della linea ferroviaria Palermo-Catania. Comunque Salvini ha mantenuto quanto promesso è oggi ha presentato la bozza di decreto-legge sulla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina che verrà discussa dal Consiglio dei Ministri. Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente e Anna Parretta e Giuseppe Alfieri, rispettivamente presidente di Legambiente Calabria e Sicilia, commentano e la scelta da parte del Governo di procedere con una decretazione d’urgenza: «La vera urgenza da affrontare in un decreto-legge è la partenza di quei cantieri per la transizione ecologica necessari per permettere ai cittadini e alle merci di muoversi in Calabria e Sicilia come in un paese civile e industrializzato e per contribuire alla lotta alla crisi climatica. Questo oggi non è garantito né agli uni, né agli altri e non sarà certo il Ponte sullo Stretto a permetterlo. Serve una drastica cura del ferro, un potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile, con linee ferroviarie elettrificate e a doppio binario, percorse da treni moderni, frequenti e puntuali, e non una cattedrale nell’evidente ‘deserto della mobilità’ come il Ponte sullo stretto di Messina». Ciafani sottolinea: «Chiediamo al ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini di fare un esercizio molto più utile ai cittadini meridionali e a chi si sposta in queste due regioni per lavoro o turismo. Il Ponte sullo Stretto di Messina è, infatti, un’inutile opera faraonica che in tutti questi anni è costata al Paese tra studi, consulenze e stipendi della società stretto di Messina circa un miliardo di euro. Uno sperpero di soldi pubblici che ora rischia di essere ulteriormente aumentato, senza contare che quelle risorse si sarebbero potute investire per la cura del ferro e per il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e del trasporto via nave. Su questi tre interventi, l’Italia è in netto ritardo rispetto agli altri Paesi europei e agli obiettivi che ci sta chiedendo l’Europa in termini di lotta alla crisi climatica, decarbonizzazione dei trasporti e accelerazione della transizione ecologica del Paese. Le risposte che sono arrivate dal governo Meloni invece sono state la riattivazione dello Stretto di Messina Spa, prevista nell’ultima legge di bilancio, e un decreto-legge che oggi approderà in Cdm attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza e in cui si dice che i lavori inizieranno del Ponte inizieranno entro il 2024. Il Ministro dovrebbe spiegare ai cittadini calabresi e siciliani quali sono questi motivi “straordinari e urgenti” per cui si ricorre alla decretazione d’urgenza e perché l’Italia, dall’altra parte, continua ad essere in ritardo nel realizzare e migliorare quelle infrastrutture di mobilità sostenibile di cui il Paese, e soprattutto il Meridione, ha bisogno». Come ha sottolineato nell’ultimo report Pendolaria 2023, Legambiente, ricorda che «Sul fronte trasporti nel Mezzogiorno circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria, ad esempio, sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola». Per l’associazione ambientalista «La cura per il sud si traduce con più treni per il Meridione, elettrificazione e collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portando le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, potenziando il trasporto via nave lungo lo Stretto e rafforzando i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari, ripristinando la possibilità di imbarcarsi sulle navi di qualunque vettore con un unico biglietto». L'articolo Ponte sullo stretto: decreto in Cdm. Legambiente: la vera urgenza è la partenza dei cantieri per la transizione ecologica sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Clean Cities 2023: città italiane ancora lontane dagli obiettivi 2030

Claean Citties 2023
«Le città italiane sono ancora lontane dagli obiettivi di mobilità, riduzione delle emissioni e sicurezza fissati al 2030». E’ la sintesi del bilancio finale di Clean Cities, la campagna itinerante di Legambiente che ha messo in luce il ruolo che i capoluoghi italiani possono svolgere per guidare il paese verso una mobilità a zero emissioni. Per misurare la distanza tra le attuali politiche di mobilità e quelle necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati al 2030, il tour della Clean Cities Campaign, ha toccato Avellino, Bari, Bergamo, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Perugia, Prato, Frosinone, Roma, Torino, Trieste – alle quali si aggiunge la tappa spin off di Taranto -  e ne è venuto fuori che «Tutte le città monitorate superano i futuri limiti di legge per la qualità dell'aria e presentato ritardi rispetto agli indici di sicurezza e all’implementazione di servizi e infrastrutture di mobilità sostenibile».  Ma Legambiente evidenzia che ci sono notevoli differenze territoriali: «Per esempio, Catania, Perugia, Avellino e Roma hanno i tassi di motorizzazione più elevati, mentre solo Milano e Genova si avvicinano al limite Ue di 35 auto ogni 100 abitanti». Troppe città hanno registrato un numero elevato di feriti e morti in incidenti stradali, superiori alla media nazionale e sono lontane dagli obiettivi di dimezzamento delle vittime della strada al 2030 stabilito dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale. Inoltre, spesso presentano una scarsa offerta di trasporto pubblico e mancano di alternative adeguate come i mezzi in sharing. Tendenza ravvisabile, soprattutto ad Avellino, Palermo, Prato, Perugia, Pescara, Catania e Napoli. Per quanto riguarda l'estensione della rete stradale a velocità ridotta (30 km/h), in generale si è molto lontani dagli obiettivi indicativi che Legambiente propone al 2030, pari all'80% delle strade urbane. Il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani ha commentato: «Le città italiane devono compiere un importante cambiamento per diventare più vivibili e meno inquinate, ponendo al centro della loro strategia la mobilità pubblica, condivisa, elettrica, attiva e intermodale. Mentre il governo sembra muoversi in direzione opposta, decisamente anacronistica rispetto agli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni - tra cui il phase-out delle auto alimentate da combustibili fossili - le città hanno la responsabilità e il potere di fare la differenza. Possono diventare veri motori di cambiamento, rispondendo finalmente alle esigenze di tutti i cittadini e posizionando il nostro Paese tra i più avanzati dell'Unione Europea. In particolare, le 9 città pioniere - Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino - incluse nella Missione per la Neutralità Climatica devono definire un percorso chiaro per raggiungere l'obiettivo del net-zero entro 7 anni». E’ stato anche presentato il sondaggio Ipsos-Legambiente "Tipi mobili nelle città italiane", promosso in collaborazione con Unrae,  che ha analizzato le abitudini di mobilità su scala nazionale con un focus su Roma, Napoli, Firenze, Milano e Torino e dal quale  emerge che «I comportamenti degli italiani riguardo alla mobilità sono molto variegati e segmentati, e ognuno di essi richiede una risposta diversa.  In particolare, una fetta consistente del campione nazionale, il 23%, è rappresentato dagli “aperti al pubblico”, ovvero da coloro che userebbero di più i mezzi pubblici e condivisi a fronte di un potenziamento dei servizi e una diminuzione dei costi. A Milano sono il 25%, a Napoli il 24%, a Torino il 23%, a Firenze 18%, a Roma il 16%.  Il 19% del campione nazionale è, invece, rappresentato dagli "obbligati ma insoddisfatti", che preferiscono camminare o andare in bicicletta perché conviene. Sono disposti a rinunciare del tutto all'auto di proprietà, a fronte di una maggiore sicurezza stradale e un potenziamento dei servizi sharing.  Questo gruppo è cresciuto dopo il lockdown e vive soprattutto nelle grandi città, come Roma (27%) e Torino (25%), seguita da Napoli (22%) e Milano (22%) e Firenze (19%). Tra coloro che si muovono tanto (oltre un’ora al giorno in viaggio) nelle periferie e nei piccoli centri prevalgono gli “Irriducibili individualisti - mai fermi ma incollati al volante” (14% del campione), che, a Milano si dimezzano in favore degli “attenti per scelta - multimobili e multimodali”, ovvero chi usa in modo prevalente bici, metropolitana e i servizi di sharing (il 13% dei milanesi)». Secondo Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente, «I dati emersi dalla campagna e dal sondaggio sono chiari: i cittadini sono disposti a cambiare il loro modo di muoversi, ma il trasporto pubblico in Italia è molto al di sotto della media europea, con soltanto un quarto delle metropolitane, treni veloci, linee tranviarie e autobus elettrici rispetto agli altri paesi. Per rendere le città veramente sostenibili e inclusive, occorre adottare politiche che rendano i quartieri e le città più accessibili in bici e con mezzi elettrici condivisi (con zone a basse emissioni e a pedaggio per le auto private) adottando le nudge policies (o spinte gentili) attraverso incentivi economici, abbonamenti e miglioramenti dei servizi. Queste misure devono andare di pari passo, poiché l'esperienza di tutte le città del mondo dimostra che senza l'una, l'altra non può funzionare». Per trasformare le città italiane in vere “clean cities”, il Cigno Verde sottolinea che «Bisogna dunque disegnare percorsi prioritari ciclo-pedonali, incrementare i mezzi pubblici, creare zone scolastiche, aumentare i servizi e le infrastrutture di mobilità elettrica e condivisa, progettare zone cittadine a "zero emissioni", anche per la distribuzione delle merci». E’ stato presentatto anche il progetto MOB realizzato della Fondazione Unipolis in partnership con Legambiente, che ha l’obiettivo dell’engagement dei giovani tra i 16 e i 21 anni. Durante il tour sono state raggiunte ben 50 classi delle scuole secondarie di secondo grado e ingaggiate altrettante squadre, che si sfideranno assieme ad altri 100 team - in rappresentanza di classi, oratori, associazioni sportive e culturali - in un grande torneo nazionale con l’app MUV Game. Dal 20 marzo al 28 maggio si affronteranno e saranno premiate muovendosi a piedi, in bicicletta, in autobus, in car pooling o con mezzi elettrici e saranno poi impegnate nella definizione di interventi per rendere la mobilità della propria città più sostenibile ed efficiente. La campagna è stata anche l'occasione per i volontari di Legambiente di accendere i riflettori sull'impatto che l'inquinamento atmosferico ha sugli ecosistemi e sulla biodiversità, oltre che sulla salute umana. Flash mob in diverse città italiane grazie al progetto LIFE MODErn (NEC), guidato dall’Arma dei Carabinieri del CUFAA e supportato, tra gli altri, da Legambiente, che ha l'obiettivo di migliorare il sistema di valutazione degli impatti dell'inquinamento atmosferico sugli ecosistemi forestali e di acqua dolce. Gli attivisti sono scesi in strada muniti di una maschera antigas collegata ad una piccola teca contenente una piantina con il messaggio "Respiriamo grazie a loro. Non soffochiamole". L'articolo Clean Cities 2023: città italiane ancora lontane dagli obiettivi 2030 sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.

Approvati Piano operativo e piano strutturale di Firenze. La Giunta: «Svolta urbana»

Piano operativo e piano strutturale Firenze
Il Consiglio Comunale di Firenze ha approvato il piano operativo e il piano strutturale 2023 presentati dall’assessora all’Urbanistica Cecilia Del Re e che, secondo la maggioranza (le opposizioni hanno votato contro) «Delinea la ‘Svolta urbana: zero alberghi, lotta alla rendita e servizi a 15 minuti a piedi, per una Firenze giusta e prossima attraverso innovazione pubblica e privata». Il sindaco Dario Nardella ha detto: «Ringrazio il consiglio comunale per l’adozione del Piano operativo, primo atto che ci porterà nei prossimi mesi a portare nello stesso consiglio la definitiva approvazione. Ringrazio altresì l’assessore Del Re e tutta la giunta nonché gli uffici tecnici per il lavoro che ha portato a questo risultato. Il Piano operativo rientra tra i principali atti amministrativi che danno forma all’azione di governo dell’ente permettendoci così di offrire ai cittadini e alle istituzioni pubbliche e private un quadro di regole certe e di lungo periodo. In questo modo possiamo proseguire la grande azione di rigenerazione urbana e di sviluppo urbano della città nel segno della sostenibilità e dell’attenzione al mondo del lavoro, ai più fragili, alle imprese virtuose e agli investimenti che fanno crescere la comunità». Per la Del Re  quello approvato è «Un piano innovativo che segna una svolta e si pone in discontinuità con i precedenti piani urbanistici, e non poteva che essere così in quanto si tratta del primo piano post pandemia. Le riflessioni che abbiamo fatto insieme al Consiglio comunale, ai quartieri, alla città tutta, in questo drammatico momento che abbiamo vissuto si ritrovano nel piano operativo con delle scelte in controtendenza. No alla turistificazione della città grazie alla scelta più coraggiosa che facciamo, cioè il blocco verso il turistico ricettivo: siamo la prima città in tutta Italia a farlo, e in questo modo cerchiamo anche di attrarre altri investimenti in città, incentivando un mix di funzioni per il recupero di grandi contenitori. E poi sì alla città pubblica: dobbiamo mettere fine alla stagione della dismissione degli immobili che precedenti amministrazioni hanno attuato anche per necessità di bilancio. Oggi, grazie alle risorse europee, e anche grazie a un cambiamento rispetto agli oneri di urbanizzazione e monetizzazione inserito in questo piano operativo dove, in tema di housing sociale, abbiamo modificato una norma di 18 anni fa che non era poi mai stata toccata, aprendo all'acquisto di nuovi immobili per dare risposte soprattutto sul tema della casa e sul tema degli alloggi per studenti, altra grande emergenza a cui dobbiamo far fronte ovviamente insieme agli altri enti competenti, ovvero Regione Toscana, Azienda regionale per il diritto allo studio e Università di Firenze. Il pubblico deve fare il pubblico e quindi verso questi obiettivi devono essere indirizzate le nostre energie per costruire una città sempre più prossima a misura di cittadino. E ciò anche con il tema della mappatura dei rioni e quindi dei servizi a 15 minuti, che entra sempre in una logica di città post pandemia dentro i nuovi strumenti urbanistici così come entra per la prima volta la mappatura delle isole di calore: i cambiamenti climatici stanno e devono stare al centro della pianificazione urbanistica con scelte anche coraggiose come quella sul fotovoltaico che abbiamo compiuto anche discostandosi dal parere della Soprintendenza e con temi delicati ma centrali per una città inclusiva, quali quelli dell'urbanistica di genere per una città progettata secondo i bisogni di tutte e tutti. Infine il tema dell'accessibilità, con l'accordo di ricerca  e le linee generali del Dida che entrano dentro al piano operativo e portano a un nuovo metodo dell'Amministrazione per lavorare su questo fronte». Ampio lo spazio dedicato ai temi ambientali, della mitigazione climatica e della transizione energetica possibile e giusta con l’avvio del primo Piano del verde e degli spazi pubblici aperti della Città di Firenze (coordinato a Ps e Poc); l’aumento degli spazi di verde pubblico su scale diverse: oltre al nuovo Parco Florentia e all’ex Camping Michelangelo, 33 nuove schede di verde pubblico, insieme a nuovi orti urbani, pocket garden e verde di quartiere; l’incentivo alla depavimentazione, alla copertura arborea dei parcheggi (un posto auto ogni 50 mq anziché ogni 25 mq) e alle aree di sosta naturalistiche; valorizzazione delle greenways cittadine; tutela della biodiversità e del mondo animale, a partire dal sostegno all’apicoltura (piante nettarifere, etc), alla tutela di rondini e rondoni, e a nuove aree cani. Viene inoltre pianificato un Ecocentro per quartiere, parte del piano di raccolta dei rifiuti ‘Firenze città circolare’, oltre all’attivazione del nuovo impianto per smaltimento Raee (rifiuti elettronici ed elettrici) a San Donnino. Si favorisce poi il ricorso alle energie rinnovabili grazie all’installazione di impianti fotovoltaici e pannelli solari (requisito fondamentale per la costituzione di comunità energetiche), con la variante urbanistica di prossima approvazione. In tema di mobilità sostenibile, dolce e intermodale per Firenze e per la Grande Firenze, il piano inserisce le nuove linee tramviarie, i parcheggi scambiatori (preferibilmente sotterranei) e i parcheggi diffusi in centro storico e nei Quartieri, ma anche Scudo verde, Bicipolitana, zone 30, bike boxes e spazi per ricovero mezzi di mobilità sostenibile, pedibus, mobilità elettrica e micrologistica, Smart City Control Room e infine un Piano strutturale unico (il prossimo) per la Grande Firenze. Secondo  l’Ordine degli ingegneri di Firenze, «L’adozione del nuovo Piano operativo comunale è apprezzabile, perché bisogna costruire la Firenze del futuro. Ciò che ci preme sottolineare oggi è la necessità di norme che consentano di lavorare sugli edifici esistenti per metterli in sicurezza e l’importanza di meno limiti agli impianti fotovoltaici». Ma Giancarlo Fianchisti e Stefano Corsi, rispettivamente presidente e coordinatore della Commissione ambiente ed energia dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze, fanno notare che «Il vincolo paesaggistico riguarda due terzi del territorio comunale, anche zone periferiche. E' necessario un quadro meno limitante o la maggior parte della città rimarrà sguarnita di impianti fotovoltaici. Per questo sarebbe auspicabile che fosse il Comune, tramite approfondimenti, a definire e comunicare condizioni differenziate per le zone che sono sottoposte al vincolo. Non dovrebbe essere il privato cittadino a studiare soluzioni compatibili con il paesaggio. Il rischio è di incaricare costosi studi senza avere certezza di realizzazioni. Riteniamo sia importante un tavolo con la Soprintendenza per comprendere i reali bisogni di tutela, che andrebbero coniugati con regole chiare, ma allo stesso tempo non uguali in tutte le aree a vincolo paesaggistico. Il dibattito del fotovoltaico, riteniamo, non può riguardare solo l'area di Castello ma deve essere esteso a tutto il territorio». Fianchisti e Corsi concludono: «Nelle aree a vincolo paesaggistico non cambia praticamente niente con la variante del regolamento urbanistico. Il cittadino dovrebbe sapere con più facilità se ha la possibilità di fare questo investimento energetico, che dovrebbe essere incentivato. Il vincolo del cromatismo (che prevede l'uso di pannelli rossi invece che blu), aumenta la spesa e riduce l'efficienza del pannello. Mentre l'integrazione strutturale costringe al rifacimento della copertura, con problemi non solo economici, ma anche tecnici e amministrativi, risultando un intervento sproporzionato rispetto al beneficio che si può ottenere, sia per il privato che nella tutela del paesaggio». L'articolo Approvati Piano operativo e piano strutturale di Firenze. La Giunta: «Svolta urbana» sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.