Quasi 5 milioni di animali sono morti nell’inverno più rigido della Mongolia (e sì, c’entra la siccità)
I pastori nomadi della steppa mongola sono in balia di inverni drammatici, condizioni estreme che causano estese morie di pecore, capre, bovini e cammelli, animali su cui proprio le tradizionali comunità fanno affidamento per la loro sopravvivenza. Secondo le Nazioni Unite, i pastori mongoli sperimentano più spesso condizioni di freddo estremo ‘dzud’, con poco tempo per riprendersi prima del successivo
È “dzud”, il freddo estremo che in Mongolia piega in due i pastori nomadi e il bestiame. Una condizione meteorologica “normale”, se non fosse che la frequenza e l’intensità di questi cicli di gelo sono in aumento dal 2015 a causa del peggioramento degli impatti dei cambiamenti climatici. Con danni sempre più devastanti.
I mongoli, insomma, sono abituati a sopportare il freddo nei mesi invernali da dicembre a marzo, sì, ma le temperature estreme che caratterizzano da qualche anno a questa parte lo dzud, col termometro che arriva anche a -50°, creano una vera emergenza, anche economica.
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