Il Deep Learning sfida la filosofia del linguaggio: ecco i capisaldi messi in discussione

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Il deep learning, motore della nuova intelligenza artificiale, ha prodotto risultati inattesi nel campo dell’elaborazione del linguaggio naturale. Gli esiti sono così eccezionali che probabilmente i ricercatori non si stanno neanche rendendo conto della portata di quel che stanno ottenendo
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La Cappella Herrera di Annibale Carracci torna a incantare Roma dopo due secoli di oblio

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Per il viaggiatore della Roma del Seicento era una tappa obbligata, assolutamente da non perdere, straordinario esempio della commissione più importante della tarda carriera di Annibale Carracci, oltre che opera collettiva delle più raffinate mani del Seicento. Ecco perché oggi la ricostruzione, nella Sala Marmi di Palazzo Barberini, della Cappella Herrera, smantellata nel 1830 e ricostruita adesso con i suoi affreschi secondo la sequenza originaria del ciclo, dopo duecento anni di oblio, assume un valore particolare restituendo al pubblico un gioiello della pittura romana bolognese del Seicento nella stessa Roma per la quale era stata realizzata. Ricostruzione della Cappella Herrera nella Sala Marmi di Palazzo Barberini | Foto: © Alberto NovelliMa procediamo con ordine nel ripercorrere le vicende di questa affascinante storia sentimentale. Nei primi anni del Seicento Annibale Carracci riceveva a Roma dal noto banchiere spagnolo Juan Enriquez de Herrera la commissione di ideare l'intero ciclo dedicato al santo francescano Diego di Alcalá. La decorazione avrebbe dovuto abbellire la cappella di famiglia nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a piazza Navona. Così, come un appassionato “direttore dei lavori” Annibale Carracci affidò alla sua mano alcuni degli affreschi più importanti fino a quando, nel 1605, la grave malattia che lo colpì - e dalla quale non si sarebbe più ripreso - costrinse l’artista ad affidarne l'esecuzione a Francesco Albani e a un piccolo gruppo di collaboratori, tra i quali Domenichino, Giovanni Lanfranco e Sisto Badalocchio. La decorazione della cappella fu completata in pochissimo tempo, come risulta dalle giornate di lavoro evidenziate nei singoli affreschi durante i restauri. Purtroppo nel XIX secolo la cappella Herrera (all’interno della Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a piazza Navona, ancora esistente) fu smantellata e nel 1830 gli affreschi furono staccati, trasferiti su tela e portati nella Chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli. Dopo non molto sarebbero volati alla volta della Spagna per essere divisi tra il Museo del Prado a Madrid e l’Accademia Reale Catalana di Belle Arti di Sant Jordi di Barcellona. Attualmente sette frammenti sono conservati a Madrid, nel Museo del Prado, e nove a Barcellona al Museu Nacional d’Art de Catalunya (MNAC), mentre resta ignota l’ubicazione dei restanti tre frammenti di decorazione.Ricostruzione della Cappella Herrera, Sala Marmi di Palazzo Barberini | Foto: © Alberto NovelliOggi quello scrigno straordinario che fu la Cappella Herrera, smantellata e dispersa, riappare dopo duecento anni nella stessa città, Roma, per la quale fu realizzata, ricostruita grazie al lavoro congiunto di tre grandi istituzioni internazionali, con i suoi affreschi riposizionati nella medesima disposizione pensata da Carracci e dai suoi illustri collaboratori. Per capire come si presentasse questo immenso scrigno “a più mani”, frutto della collaborazione tra artisti che lavorarono all’unisono per realizzare la cappella di uno dei banchieri più illustri nella Roma del tempo, basta fare un salto a Palazzo Barberini dove da oggi, 17 novembre, fino al 5 febbraio, la mostra Annibale Carracci. Gli affreschi della cappella Herrera, guida il pubblico direttamente "dentro" la cappella facendola rivivere in una sala del palazzo. La mostra a cura di Andrés Úbeda de los Cobos, vicedirettore del Museo del Prado, e organizzata con il Museo Nacional del Prado e il Museu Nacional d’Art de Catalunya, come spiega Flaminia Gennari Santori, direttrice della Gallerie Nazionali di Arte Antica, “sarà un’occasione unica per capire cos’era la cappella Herrera in San Giacomo degli spagnoli, ammirata e imitata nel XVII e XVIII secolo e distrutta nel 1830, oltre naturalmente a costituire un’opportunità fondamentale per la ricerca e gli studi su Annibale Carracci e la sua bottega”. Il percorso, che ha avuto due precedenti tappe, al Museo del Prado a Madrid e al Museu Nacional d’Art de Catalunya a Barcellona, riunisce il ciclo di affreschi ideato da Annibale Carracci per la decorazione della cappella di famiglia del banchiere spagnolo Juan Enriquez de Herrera nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a piazza Navona. “Ma solo nella mostra di Roma, dove lo spazio della cappella è stato letteralmente ricostruito e gli affreschi sono stati collocati esattamente nella posizione che avevano in origine, si percepisce meglio come questa cappella fosse, e si intuisce il motivo delle pitture ovali o trapezoidali” spiega il curatore Andrés Úbeda de los Cobos, vicedirettore del Museo del Prado. San Diego de Alcalá riceve l’elemosina, affresco trasportato su tela, 222 x 126 cm, Museo Nacional del PradoGrazie al probabile intervento degli aiuti, Carracci dipinse anche la pala d'altare, San Diego di Alcalà presenta il figlio di Juan de Herrera a Gesù Cristo, oggi in una cappella della Chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli ed eccezionalmente riunita, in occasione della mostra, agli affreschi che la circondavano nella cappella Herrera. Negli spazi della Sala Marmi, della Sala Ovale e della Sala Paesaggi di Palazzo Barberini i sedici affreschi grandeggiano accanto a una selezione di disegni, alla bella Veduta di Roma di Gaspar van Wittel, con Piazza Navona e la facciata della chiesa di San Giacomo come si presentava al tempo. Un video prodotto dal Museo del Prado illustra invece le vicende legate alla genesi della cappella, agli autori e all'iconografia, alla Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, alla dispersione dei dipinti e infine al loro restauro. In occasione della mostra è stato pubblicato il catalogo, una co-edizione tra Museo Nacional del Prado, Museu Nacional d’Art de Catalunya, Gallerie Nazionali di Arte Antica, le tre istituzioni organizzatrici della mostra, edito da Museo Nacional del Prado Difusión per la versione in spagnolo e catalano e da Skira Editore per la versione in italiano.Ricostruzione della Cappella Herrera, Sala Marmi di Palazzo Barberini | Foto: © Alberto Novelli Leggi anche:• La Cappella Herrera di Annibale Carracci rivive al Prado• Annibale Carracci. Gli affreschi della Cappella Herrera

“Facevo fatica a camminare”: la confessione della conduttrice sulla malattia che le è stata diagnosticata qualche anno fa

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“Facevo fatica a camminare”: la conduttrice ha parlato in un’intervista della malattia che le fu diagnosticata qualche anno fa.  Non è sempre facile per i personaggi del mondo dello spettacolo raccontarsi al pubblico. Qualcuno cerca sempre di tenere da parte la sfera privata da quella pubblica e tende a rivelare soltanto alcune cose personali. Ma […]
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La forza del numero: come i cambiamenti demografici stravolgeranno la politica internazionale

popolazione cina

"La demografia è il destino". Così il sociologo francese Auguste Comte rimarcava l’importanza dell’analisi delle tendenze demografiche per definire il futuro sviluppo di una comunità, un’economia o una nazione. Già nel 1991, nell’opera History of Contraception, lo storico canadese Angus McLaren applicava gli studi demografici per teorizzare come tra le cause del crollo dell’Impero Romano d’Occidente ci fosse stato il calo della natalità.
Oggi il tema del crollo delle nascite e della decrescita demografica è quanto mai attuale in Europa. L’Eurostat ha stimato che la popolazione dell’Unione europea, dopo avere raggiunto i 449 milioni nel 2025, si attesterà intorno ai 424 milioni nel 2070, con una percentuale di over 65 superiore al 30%. Questo calo interesserà l’intero continente, seppur in modo non omogeneo, e sarà dovuto soprattutto al crollo della natalità, vista la media europea di 1,55 figli per donna (l’Italia, fanalino di coda, è addirittura a 1,28). Molto lontana dai 2,1 figli che garantirebbero la stabilità della popolazione. Nei prossimi anni neanche l’immigrazione extra Ue riuscirà a invertire la tendenza.
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10,5 miliardi di persone sulla Terra
Il fenomeno non sarà lo stesso a livello globale. Nel 2070, secondo un rapporto delle Nazioni unite, gli abitanti del pianeta cresceranno dai 7,9 miliardi del 2020 a oltre 10,5 miliardi. L’Europa, che nel 1950 rappresentava il 12,9% della popolazione globale, peserà solo per il 3,7%. Le due super potenze, Stati Uniti e Cina, rappresenteranno rispettivamente il 3,9% e il 12%. La Cina perderà 181 milioni di abitanti, l’età media dei cittadini passerà da 38 a 49 anni e si allineerà a quella dei paesi europei. I responsabili della crescita demografica globale saranno l’India, che già nel 2023 supererà la Cina come paese più popoloso al mondo, e l’Africa, dove nel 2070 risiederà un quarto della popolazione mondiale.
Questi stravolgimenti demografici potrebbero segnare il destino di intere nazioni dal punto di vista economico e geopolitico. Potranno causare fenomeni, in parte già in atto, di migrazioni di massa tra Africa ed Europa, o accrescere conflitti e tensioni etniche all’interno dei singoli stati. In passato abbiamo già assistito a conflitti etnici esacerbati da pressioni demografiche, come nel caso dei Balcani. In Kosovo, nel 1961 la componente albanese di religione islamica rappresentava il 67% della popolazione. Grazie a un tasso di natalità tra i più alti d’Europa, 30 anni, dopo era al 90%, mentre serbi ortodossi si erano ridotti al 10%. Questo mutato equilibrio spinse la maggioranza albanese a rivendicare l’indipendenza dalla Serbia. L’opposizione dei nazionalisti serbi culminò in una sanguinosa guerra a fine anni ‘90, terminata solo con l’intervento militare della Nato.
Anche in Bosnia Erzegovina si verificò una situazione simile, con i bosniaci musulmani che passarono dal 23% al 44% della popolazione tra il 1961 e il 1991, mentre i serbi ortodossi videro il loro peso diminuire dal 43% al 31%. Il cambiamento nei rapporti numerici tra i gruppi etnici creò ulteriori tensioni da cui scaturì  una guerra, con la maggioranza musulmana che non voleva essere più assoggettata alle minoranze serbo-ortodossa e croata-cattolica.
Il caso Israele
Dalla crescita demografica, quindi, passa anche la sopravvivenza delle nazioni. Ne sanno qualcosa i governi israeliani che, dalla fondazione dello stato, sono sempre stati ossessionati dalla natalità come mezzo per garantire una superiorità nei confronti della popolazione palestinese. Nel tempo la natalità israeliana è cresciuta fino a raggiungere i 3,05 figli per donna: la stessa delle palestinesi, che invece, negli ultimi anni, hanno visto una tendenza decrescente.
Per gli israeliani riuscire a competere a livello demografico con i vicini paesi arabi e mantenere un’età media bassa è sempre stato un obiettivo di sicurezza nazionale. L’aumento delle nascite, che dal 1995 al 2015 sono salite del 65%, ha contribuito anche a far crescere il Pil di oltre il 900% in 30 anni. L’età media bassa ha reso Israele un paese molto dinamico, lo ha aiutato a diventare un polo per startup e aziende ad alto contenuto tecnologico.
Il cambiamento demografico in Italia
Anche uno studio della Banca d’Italia ribadisce che il contributo di una crescita demografica stabile allo sviluppo economico è rilevante. L’analisi indica che la decrescita demografica del nostro Paese porterà, da qui al 2061, a una diminuzione del 16% del Pil. Il calo potrà essere in parte compensato solo da un deciso aumento della produttività - circa lo 0,3% annuo - o dall’innalzamento dell’età della pensione - almeno fino a 69 anni - per tamponare la diminuzione della forza lavoro.
La “peste bianca”, come lo storico francese Pierre Chaunu definì la crisi demografica europea, potrebbe avere quindi pesanti ripercussioni economiche, con una contrazione permanente dei Pil. Demografia, economia e geopolitica sono, insomma, strettamente legate e si influenzano a vicenda. Nei prossimi anni, per analizzare le prospettive di crescita di una nazione, si dovrà guardare all’andamento delle nascite. Perché, come affermava un detto ebraico, “un bambino senza genitori è un orfano, ma una nazione senza figli è un popolo orfano”.
L’articolo La forza del numero: come i cambiamenti demografici stravolgeranno la politica internazionale è tratto da Forbes Italia.