«Padre e madre» restano sulla carta d’identità, alla fine ci rimettono i bambini

Le associazioni Lgbtqi+ protestano dopo le affermazioni della ministra della famiglia Eugenia Roccella. Non cambierà la legge che impone di indicare madre e padre sui documenti dei figli nonostante la decisione del tribunale civile di Roma di riconoscere a due madri di essere chiamate genitori

Prima è arrivata l’intervista della ministra della famiglia Eugenia Roccella, poi l’intervento social di Matteo Salvini: «Mamma e papà, le parole più belle e dolci del mondo, non si toccano». Entrambi confermano una scelta del governo, quella di non toccare il decreto del gennaio 2019 quando il ministro dell’Interno era proprio Salvini. Sulla carta d’identità dei minori rimarrà scritto «padre e madre» e non si tornerà a «genitore» come era in precedenza, termine che comprendeva una casistica più ampia delle famiglie omogenitoriali, comprendendo chi ha un genitore soltanto e chi in affido ad altri.

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L’esecutivo non seguirà l’indicazione venuta dalla sentenza del tribunale di Roma che, nel mese di novembre, ha accolto il ricorso di due madri. Loro possono scrivere «genitore», l’indicazione neutra, nei documenti dei figli. Questa sentenza sembrava aver aperto al possibile ribaltamento della norma. Così non sarà. «Si è fatto tanto rumore per quella decisione ma si tratta di una sentenza individuale, dunque vale per la singola coppia che ha fatto ricorso» ha detto Eugenia Roccella.


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