L(ENI)re gli effetti?

Il 12 maggio Mattarella ha detto: “Serve un radicale ripensamento dei fondamenti dei nostri sistemi di vita, […] Raggiungere sicurezza e indipendenza non significa quindi affidarsi esclusivamente alle fonti energetiche tradizionali”.

L’Articolo 9 della Costituzione “tutela l’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni” e l’Articolo 41 ricorda che “l’iniziativa economica non deve recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Perché allora i soldi degli italiani vengono investiti nei combustibili fossili alimentando il collasso climatico e chi lo fa notare viene etichettato come criminale, violento, eco-vandalo o eco-terrorista?

Non è violenza la mancanza d’acqua, la manca di cibo?
Non è violenza l’innalzamento spropositato dei prezzi?
Non sono violenza le sempre più frequenti ondate di calore e alluvioni?
Perché scandalizza di più della vernice (che in poche ore viene lavata via) e non invece la rovina del nostro paese e del nostro futuro?

Il compito di mantenere il petrolio, il gas fossile e il carbone il più possibile nel terreno e la transizione all’energia pulita e rinnovabile è ora più forte e più urgente che mai.

Una ricerca peer-reviewed (lo ribadisco, non una opinione ma una ricerca effettuata con metodo scientifico e con i migliori esperti dell’argomento) di Oil Change International (OCI) e dei suoi partner rivela che i giacimenti di petrolio/gas esistenti e le miniere di carbone a livello globale contengono già più combustibili fossili di quanti il mondo ne possa estrarre e bruciare ai sensi dell’Accordo di Parigi.

Il sesto rapporto di valutazione sulla crisi climatica dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) afferma che il mondo ha già costruito troppe infrastrutture per i combustibili fossili e sottolinea che “l’uso globale di combustibili fossili […] deve diminuire sostanzialmente entro il 2030 per limitare il riscaldamento a 1,5°C.”

Invece, una gamma di scenari pubblicati dall’IPCC e IEA, mostra che la produzione di petrolio e gas, in calo di circa il 3% nel 2020 (pandemia), riprende ritmo e accelera fino al 7 per cento all’anno per il 2030. Una eliminazione graduale potrebbe ridurre i rischi di superare punti critici climatici irreversibili, mentre fare affidamento su tecnologie costose, rischiose e non sostenibili (che perpetuerebbero i combustibili fossili) come la cattura del carbonio, lo stoccaggio e la rimozione ingegnerizzata del carbonio sembra sia l’ipotesi sostenuta da chi con i fossili fa profitto.

In questo contesto, le aziende come Eni, stanno tentando di ritrarre, di dipingere i loro modelli di business come parte della transizione energetica, ma continuano a dare la priorità agli investimenti nel petrolio e nel gas che alimentano ulteriore caos climatico.

Eni ha annunciato nel 2023 che prevede di aumentare la sua estrazione di petrolio e gas del 3-4% all’anno fino al 2026, andando esattamente nella direzione opposta e contro le sue affermazioni di sostegno alla sostenibilità. Questo va contro i risultati dell’IPCC secondo cui è necessaria un’azione immediata e rapida per eliminare gradualmente i combustibili fossili per mantenere il riscaldamento globale a 1,5°C.

In questo 2023, Eni è sulla buona strada nell’approvare nuovi progetti di estrazione di petrolio e gas contenenti 1,4 miliardi di barili di petrolio equivalente (BOE) di riserve. Se Eni procedesse con questi piani, la società si classificherebbe come il terzo peggior “expander” di petrolio al mondo nel 2023 (in termini di approvazione di nuovi progetti di estrazione convenzionale). Dal 2023 al 2030, Eni sta per approvare una media annua di quasi 770 milioni di BOE di nuove riserve per lo sviluppo – il doppio del volume medio annuo di nuove riserve sanzionate da Eni nel quinquennio precedente.

Quando, nel febbraio 2023, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha annunciato l’utile netto record della società per il 2022, pari a 13,3 miliardi di euro (più di 14 miliardi di dollari), non ha menzionato i 419 milioni di tonnellate (Mt) di inquinamento climatico netto che Eni ha riferito di aver generato dal suo business orientato ai combustibili fossili.

Nel 2022, le attività di Eni hanno causato più inquinamento netto di gas serra a livello mondiale che l’intera nazione.

Fra l’altro, Eni ha sponsorizzato grandi eventi (come il festival di Sanremo ) e appare, nella percezione del signor Mario Rossi, come solida nella sostenibilità alla transizione ma la realtà racconta però un’altra storia. Per ogni euro investito in energia pulita, Eni ne investe ancora quindici in combustibili fossili che contribuiscono al riscaldamento globale e amplificano l’emergenza climatica.
Non c’è nessuna svolta verde in corso.
Ma continuiamo a raccontare sciocchezze nei talk show per fomentare le opinioni di analfabeti senza mai raccontare i fatti.

Dovremmo ragionare sul perché vengono considerati criminali dei ragazzi…

Fonti: https://priceofoil.org/2023/05/10/big-oil-reality-check-2023/
https://priceofoil.org/content/uploads/2023/05/BORC_Eni_2023_Final.pdf

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