La mossa dello chef

Prima di fondare a New York il ristorante d’elezione di ricchi, potenti e celebrity, Mario Carbone era un ragazzo con l’ambizione in tasca e l’umiltà nel cuore. Che è partito squamando i pesci, imparando dai grandi e non smettendo mai di sognare

Questo articolo è pubblicato sul numero 49 di Vanity Fair in edicola fino al 6 dicembre 2022

Per raccontare l’ascesa di Mario Carbone, bisogna fare un passo indietro. Esattamente al maggio scorso, durante il Gran Premio di Formula 1 di Miami. Per l’occasione, i proprietari di Carbone, il tempio decennale della cucina italoamericana nel Greenwich Village di New York, avevano aperto un pop-up sotto una gigantesca tenda sulla spiaggia. Il prezzo di un pasto era di tremila dollari a persona. Tuttavia, nei giorni precedenti alle gare, Jeff Zalaznick, cofondatore di Major Food Group, la società ombrello proprietaria di Carbone, era decisamente ottimista. «Non abbiamo mai registrato un numero di richieste così alto», commentava allora. «Sarà un’esperienza molto edonistica». 
Zalaznick conosceva il suo mercato. Durante i quattro giorni di Carbone Beach, la lista dei clienti rappresentava un perfetto spaccato della ricchezza e della celebrità: dai miliardari del settore immobiliare e petrolifero all’eroina Marvel della Gen Z Hailee Steinfeld, i registi Michael Bay e Spike Lee, Derek Jeter, Venus e Serena Williams e altri ancora, come LeBron James che si era fermato a Carbone Beach


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