“I vestiti più sostenibili sono quelli che sono già nel tuo armadio”: la storia di Lee So-yeon, attivista contro la fast fashion
Lee So-yeon, una volta maniaca dello shopping compulsivo, ha vissuto un radicale cambiamento di prospettiva che l’ha portata a rivedere completamente il suo rapporto con la moda. In passato, infatti, acquistava nuovi vestiti quasi ogni giorno, attratta dalle offerte a basso costo delle grandi catene di fast fashion. Tuttavia un giorno, mentre lavorava negli Stati...
Lee So-yeon comprava vestiti nuovi ogni giorno prima di accorgersi delle drammatiche conseguenze della fast fashion: ora sceglie solamente capi di seconda mano ricevuti da amici e parenti
@cottonbro studio/Pexels
Lee So-yeon, una volta maniaca dello shopping compulsivo, ha vissuto un radicale cambiamento di prospettiva che l’ha portata a rivedere completamente il suo rapporto con la moda. In passato, infatti, acquistava nuovi vestiti quasi ogni giorno, attratta dalle offerte a basso costo delle grandi catene di fast fashion.
Tuttavia un giorno, mentre lavorava negli Stati Uniti, si imbatté in un cappotto invernale venduto a soli 1,50 dollari. Questo episodio la spinse a interrogarsi su come fosse possibile produrre e vendere un capo d’abbigliamento a un prezzo così ridotto.
Approfondendo il funzionamento dell’industria della fast fashion, Lee scoprì le drammatiche conseguenze di questo modello economico: salari da fame per le operaie tessili, danni ambientali significativi e un impatto negativo sulla salute mentale dei consumatori.
In Corea del Sud gli abiti usati sono ancora stigmatizzati
Sconvolta dalle sue scoperte, decise di interrompere del tutto l’acquisto di nuovi vestiti,
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