È già finita la festa del decreto anti-rave? Governo e Parlamento verso modifiche sulla pena e sul reato

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Potrebbe essere già finita la festa per il decreto anti-rave. Ad appena 48 ore dall’approvazione in Consiglio dei Ministri il governo Meloni comincia già a pensare a come cambiarlo. Anche se la premier lo ha rivendicato con orgoglio in conferenza stampa. I punti sotto la lente sono due. Ovvero quelli su cui si sono concentrate le critiche di giuristi e opposizione. Il primo è l’eccessiva genericità della norma. Che consentirebbe una sua applicazione al di fuori delle feste dei ragazzi. Il secondo è la possibilità di usare le intercettazioni per le indagini. Che deriva dalle pene massime oltre i cinque anni previste per il nuovo reato. Anche se il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lo ha negato. E così, mentre Forza Italia annuncia la presentazione di emendamenti, la maggioranza ragiona su come cambiare in parlamento la norma senza schiantarsi.

Lo “sconto” di pena

Il secondo problema si può risolvere facilmente. La possibilità di intercettare chi organizza raduni potenzialmente illegali è uno dei problemi segnalati dal viceministro Francesco Paolo Sisto (Fi). «L’unico sistema è portare la pena a un livello che inibisca l’uso delle intercettazioni», ha proposto Sisto. E quindi uno “sconto” a quattro anni per il massimo della pena dovrebbe risolvere il problema alla radice. Più difficile invece la tipizzazione del reato. Una delle ipotesi fa leva sulla droga. Visto che l’intenzione del governo è quella di colpire situazione in cui si fa largo uso di sostanze stupefacenti, una definizione maggiore del reato potrebbe andare in questa direzione. Ma c’è un problema. La Stampa fa sapere che ieri il Viminale ha risposto informalmente alle obiezioni. Segnalando che le pene previste sono alte perché soltanto così può scattare la confisca obbligatoria delle

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