Decreto anti-rave, la partita è fra pubblica sicurezza e repressione penale

Le vicende che hanno dato origine al decreto anti-rave e le polemiche accese che hanno fatto seguito alla pubblicazione della norma in Gazzetta Ufficiale richiedono di essere inquadrate nel tema più generale del rapporto fra poteri-doveri di pubblica sicurezza e quelli di repressione penale. Come è noto, i primi spettano al ministro dell’interno, i secondi […]

Le vicende che hanno dato origine al decreto anti-rave e le polemiche accese che hanno fatto seguito alla pubblicazione della norma in Gazzetta Ufficiale richiedono di essere inquadrate nel tema più generale del rapporto fra poteri-doveri di pubblica sicurezza e quelli di repressione penale. Come è noto, i primi spettano al ministro dell’interno, i secondi sono esercitati dalla magistratura nell’ambito delle norme approvate dal Parlamento che, in materia penale, è destinatario di una riserva di legge assoluta (il che, ma è un altro discorso, implicherebbe anche di riconsiderare la legittimità dell’iperattivismo comunitario in materia). Fatta questa premessa, è necessario iniziare l’analisi della vicenda legata al decreto dalla sua “tenuta” costituzionale.

Ammissibilità del ricorso alla decretazione d’urgenza

I dubbi di legittimità sono stati espressi in rapporto alla scelta di presentare un decreto legge in assenza dei requisiti per la sua emanazione. A stretto rigore, considerata la natura episodica dei rave e di eventi similari è difficile sostenere che sussistano “necessità e urgenza”. Va detto tuttavia che, tanto per rimanere ai tempi recenti, il governo Conte  si comportò allo stesso modo con il decreto legge 105/19 sul perimetro nazionale cibernetico. A sostegno dell’urgenza venne invocato un pericolo per la sicurezza nazionale anche se l’infrastruttura complessiva che fa funzionare il 5g non è ancora oggi nemmeno completata nella sua parte minima che è l’installazione degli apparati di trasmissione, mentre dei data-centre di prossimità, dei device “intelligenti” e delle piattaforme software necessarie a gestire l’escosistema non c’è ancora traccia.

Critiche analoghe a quelle mosse al decreto 162, all’epoca, non vennero minimamente formulate e, come in tanti decreti-legge che nel corso dei decenni sono stati emanati ricorrendo a forzature semantiche o all’utilità strategica, è la componente politica, non quella giuridica, a


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