Categoria Ambiente

La Finlandia continua a comprare gas GNL dalla Russia

La Finlandia continua a comprare gas GNL dalla Russia

La Finlandia ha chiesto di entrare nella NATO e appoggia le sanzioni energetiche europee contro la Russia, ma il fornitore di gas statale Gasum, ha ammesso che sta continuando a importare il gas russo "proibito".
Infatti, come si legge in una nota della compagnia energetica finlandese, «Gasum ha un contratto di approvvigionamento di gas naturale a lungo termine con la russa Gazprom Export. Lo scorso aprile, Gazprom Export ha presentato una richiesta a Gasum, secondo la quale i pagamenti concordati nel contratto di appalto dovrebbero in futuro essere pagati in rubli invece che in euro. Gasum non ha accettato questa richiesta. Inoltre, le società avevano un significativo disaccordo su alcune altre richieste avanzate sulla base dell'accordo. Per tali motivi, Gasum ha sottoposto le controversie relative al contratto di appalto alla procedura arbitrale prevista dal contratto. Gazprom Export ha sospeso le consegne di gas naturale a Gasum a maggio». Il 14 novembre 2022, il tribunale arbitrale ha emesso una decisione sul caso. Secondo la decisione del tribunale arbitrale, Gasum non è obbligata a pagare in rubli o con il metodo di pagamento proposto. Il tribunale arbitrale ha ordinato a Gasum e Gazprom Export di proseguire le trattative contrattuali bilaterali per risolvere la situazione. Le consegne dalla Russia in base al contratto di approvvigionamento di gas naturale di Gasum erano state bloccate.
Ora l’agenzia di stampa Yle  rivela che la cosa si è sbloccata e che Gasum intende continuare ad acquistare gas dalla Russia. La Compagni statale finlandese ha spiegato che il congtratto con Gazprom  «Sarà valido per molti altri anni» e che è «Obbligata a pagare in base al contratto e non intende violare questo accordo. Il contratto è un cosiddetto contratto take or pay, che è comune nei contratti di fornitura di gas. Significa che Gasum è obbligata a pagare una certa quantità di gas naturale liquefatto (GNL) ogni anno, che lo riceviamo dalla Russia o meno»,  ha spiegato la compagnia finlandese in una e-mail inviata a Yle, aggiungebndi di «Non saver motivi  legali per rescindere il contratto o portarlo in arbitrato».
Anche se la Finlandia si era rifiutata di pagare il gas russo in rubli invece che in euro o dollari, Helsinki ha continuato a importare gas naturale liquefatto (GNL) dall'impianto GNL Cryogas-Vysotsk della compagnia russa Novatek. Gasum afferma di importare solo il minimo indispensabile di GNL russo per evitare di violare i contratti firmati: «Gasum ha importato dalla Russia solo la quantità minima di GNL prevista dal contratto. Non abbiamo concordato eventuali spedizioni aggiuntive e non abbiamo intenzione di farlo in futuro».
Secondo il servizio doganale finlandese, dal febbraio 2022. Dopo l’invasione dell’Ucraina, Gasum ha acquistato gas naturale dalla Russia per un valore di circa 188 milioni di dollari. Nel 2021, Gazprom aveva fornito a Gasum 1,49 miliardi di metri cubi di gas, pari ai due terzi del consumo totale della Finlandia.
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Un senso nel disordine. Praticare la complessità all’università di Pisa

Un senso nel disordine

Doppio appuntamento con l’eccellenza per il Dipartimento di civiltà e forme del sapere dell’università di Pisa che  ha presentato il bilancio del progetto di eccellenza 2018-2022, finanziato complessivamente con circa 8 milioni di euro, e illustrato il progetto di eccellenza per il quinquennio 2023-2027, finanziato dal MUR con una cifra che potrà variare da circa 5 a 8 milioni di euro.
Il progetto scientifico del quinquennio 2018-2022, “I tempi delle strutture. Resilienze, accelerazioni e percezioni del cambiamento” (nello spazio euro-mediterraneo), era articolato in 4 linee di ricerca che andavano dall'antichità al mondo contemporaneo. Oltre a essere stato sviluppato attraverso l’organizzazione di convegni, iniziative scientifiche e culturali e la pubblicazione di oltre 20 volumi nella specifica collana inaugurata da Carocci, il progetto di eccellenza ha permesso al Dipartimento di assumere personale, professori associati e ricercatori, e di offrire nuove opportunità ai giovani ricercatori, per esempio attraverso il conferimento di 32 assegni di ricerca.
Il direttore Simone Maria Collavini ha sottolineato che «Per la seconda volta su due, il nostro Dipartimento è stato riconosciuto fra i 180 di eccellenza in Italia, a testimonianza della qualità della ricerca umanistica che si svolge a Pisa, in particolare nelle discipline storiche e filosofiche. Il merito è di tutta la nostra comunità e di quanti, in particolare alcuni giovani ricercatori, hanno contribuito a fare squadra e a elaborare il progetto».
Il tema di ricerca del progetto di eccellenza per il quinquennio 2023-2027  “Un senso nel disordine. Praticare la complessità”, punta a «Evidenziare l’articolazione del problema al fine di osservare e comprendere l’intima natura del disordine e gestirlo attraverso un’educazione alla complessità del reale». Il progetto è suddiviso in 4 filoni di ricerca e prevede un percorso di condivisione con altri ricercatori e soprattutto il coinvolgimento della società civile, dedicandosi a sviluppare programmi di educazione e diffusione culturale, oltre a essere in linea con diverse delle mission del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e degli Obiettivi d sviluppo sostenibile dell’Onu.  All’ateneo pisano sono convinti che «La collaborazione fra discipline diverse e il coinvolgimento di partner nazionali e internazionali permetterà di rafforzare il ruolo del Dipartimento all’interno di una partnership globale per lo sviluppo sostenibile che porti in particolare allo sviluppo di una visione culturale globale e dia un contributo concreto alle trasformazioni che la società sta vivendo».
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L’acqua in Italia al tempo del cambiamento climatico: gli investimenti salgono a 56 euro annui per abitante

Lacqua in Italia al tempo del cambiamento climatico

Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua, Utilitalia ha anticipato i dati del suo Blue Book 2023  – la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato –  realizzato dalla Fondazione Utilitatis con la partnership di The European House – Ambrosetti e in collaborazione con Istat, Ispra, Cassa Depositi e Prestiti, il Dipartimento della Protezione Civile e le Autorità di Bacino, Ne emerge che «Gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico raggiungono i 56 euro annui per abitante, in crescita del 17% dal 2019 e del 70% dal 2012, un trend che si riflette sul miglioramento della qualità del servizio seppur con marcate differenze tra Nord e Sud. Tra queste, permane un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto al Meridione. Un gap che va necessariamente colmato anche alla luce delle recenti fasi siccitose, fenomeno che potrebbe essere più frequente in un futuro dominato dagli effetti climatici del riscaldamento globale».
Uitilitalia evidenzia che «Con l’avvio della regolazione ARERA nel 2012, dopo anni di instabilità gli investimenti realizzati hanno registrato un incremento costante: per il 2021 si stima un valore pro capite di 56 euro, un dato in aumento del 17% rispetto al 2019 (49 euro per abitante) e di circa il 70% rispetto al 2012 (33 euro per abitante)». Numeri in crescita ma ancora lontani dalla media europea relativa ai dati degli ultimi cinque anni disponibili, che è pari a 82 euro per abitante.
Dall’analisi della destinazione degli investimenti realizzati dai gestori viene fuori come obiettivo prioritario il contenimento dei livelli di perdite idriche (22%); seguonoil miglioramento della qualità dell’acqua depurata (18% del totale) e gli investimenti nelle condotte fognarie (14%).
Il rapporto sottolinea che «Restano comunque ancora grandi differenze tra le diverse aree del Paese. La stima degli investimenti realizzati dai gestori industriali nel 2021 per il Centro Italia è pari a 75 euro l’anno per abitante, seguito dal Nord-Est (56 euro) e dal Nord-Ovest (53 euro). Decisamente più bassa la stima per il Sud, pari a 32 euro l’anno per abitante. Ancora bassissimi i dati relativi alle gestioni “in economia”, dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro. Dei 1.519 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, il 79% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,7 milioni di persone».
Secondo il Blue Book 2023, «L’efficacia del generale incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni sembra essere confermata dagli indicatori della qualità del servizio idrico, come dimostrano i dati sulle perdite di rete (da circa il 44% del 2016 al 41% del 2021) o sulla frequenza degli sversamenti/allagamenti in fognatura (dai 12 eventi l’anno ogni 100 km di rete del 2016 ai 5 del 2021). Tuttavia, si osservano differenti performance tra Nord e Sud, a riprova del divario territoriale: un esempio è il numero di interruzioni del servizio, che nel Meridione è di due ordini di grandezza superiore rispetto al Settentrione, o le perdite di rete, che nelle regioni del Sud si attestano a circa 47% contro il 31% del Nord-Ovest».
Per  Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis, «Risolvere le problematiche che affliggono il servizio idrico in diverse aree del Sud è una questione non più procrastinabile. Bisogna lavorare per elevare il livello degli investimenti e per ridurre il gap infrastrutturale, agendo rapidamente sulla governance favorendo la partecipazione di operatori industriali. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord, e in alcuni casi anche del Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini. Laddove la gestione è ancora affidata direttamente ai comuni, si registra infatti un livello di investimenti talmente basso da non consentire programmi di sviluppo delle reti, né un’adeguata manutenzione».
Con gli impatti dei cambiamenti climatici, per superare il gap territoriale e migliorare il grado di resilienza delle infrastrutture sono necessari ulteriori investimenti. Il rapporto ricorda che «Il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso della storia italiana, con temperature che hanno raggiunto i +2,7° C rispetto alla media 1981-2010 e anomalie pluviometriche significative soprattutto nelle regioni centro-settentrionali. Queste variazioni si inseriscono nel contesto degli effetti dei cambiamenti climatici in corso: negli ultimi 70 anni, in Italia, si è osservato un aumento statisticamente significativo delle zone colpite da siccità estrema e, negli ultimi 9 anni, la temperatura nelle principali città italiane è aumentata di 1,3° C. Variazioni meteo-climatiche che hanno un’influenza significativa sul ciclo idrologico: la stima di disponibilità idrica media per l’ultimo trentennio mostra una riduzione del 20% rispetto al periodo 1921-1950».
Ma Utilitalia fa presente che le cause delle crisi idriche non sono legate esclusivamente al clima che cambia: «Sono da addurre anche a fattori di vulnerabilità che connotano il settore idrico italiano. Durante la crisi 2022-2023, le azioni messe in campo dalla Protezione Civile, dalle Autorità di Bacino, dai loro Osservatori, dai gestori del servizio e dagli altri attori interessati hanno permesso di limitare i disagi per la popolazione. Per il futuro, al fine di fronteggiare al meglio eventi simili, occorre adottare una strategia operativa che combini misure di breve termine (es. utilizzo autobotti, serbatoi e nuove fonti di approvvigionamento) orientate prevalentemente alla minimizzazione degli impatti, con interventi di medio-lungo termine (es. interventi infrastrutturali), finalizzati a migliorare la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico». E Utilitalia ha stimato che «Per fronteggiare gli effetti della crisi climatica, i gestori nei prossimi anni investiranno almeno 10 miliardi di euro aggiuntivi rispetto agli interventi finanziati dal PNRR - la metà dei quali entro il 2024 - per un volume complessivo di acqua recuperata stimato in circa 620 milioni di metri cubi».
Il Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l'Italia”, contenuto in parte nel Blue Book 2023,  sottolinea che «Per mitigare i problemi di sicurezza dell’approvvigionamento, l’esperienza della crisi idrica ha ribadito la necessità di adottare un approccio preventivo nella gestione dell’acqua, dove le cosiddette “5 R” - Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione - costituiscono le azioni necessarie per garantire la circolarità della risorsa e la sicurezza dell’approvvigionamento. Inoltre le azioni da mettere in campo per fronteggiare questi episodi devono prevedere necessariamente una combinazione di fattori che riguardano non solo un utilizzo efficiente, ma anche la realizzazione di infrastrutture moderne che consentano la diversificazione della strategia di approvvigionamento e, non ultimo, il superamento delle criticità gestionali e di governance che oggi frenano lo sviluppo del settore e riducono la qualità del servizio in alcune zone del Paese. Da questo punto di vista è importante promuovere interventi in innovazione e digitalizzazione anche facendo ricorso a strumenti di veloce sviluppo come il venture capital».
Utilitalia ha presentato  8 proposte per favorire l’adattamento infrastrutturale delle reti idriche al cambiamento climatico: «Tra quelle di breve periodo (entro 3 mesi) figurano: favorire il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali; tra quelle di medio periodo (entro 6 mesi) il rafforzamento della governance dei distretti idrografici e la semplificazione per la realizzazione degli investimenti, mentre tra quelle di lungo periodo (oltre 6 mesi) la promozione dell’uso efficiente dell’acqua e la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche.
Il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, conclude: «Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali. Bisogna affrontarli con interventi che favoriscano la resilienza delle reti e dei sistemi acquedottistici all’interno di un approccio globale che consideri tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all’uso civile. Al contempo, dai dati del Blue Book emerge chiaramente la necessità di interventi urgenti sul fronte della governance, in mancanza dei quali sarà impossibile portare il livello degli investimenti vicino alla media europea e colmare il water service divide tra le diverse aree italiane».
 
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Liberiamo l’Arno dalle plastiche

Liberiamo lArno dalle plastiche

Liberiamo l’Arno dalle plastiche. L’appello arriva alla vigilia della giornata mondiale dell’acqua dal Contratto di Fiume Casentino H2O che ha promosso  una eco-giornata di pulizia del fiume. L’iniziativa nasce sotto l’egida di Puliamo il Mondo, la manifestazione nazionale voluta da Legambiente per sensibilizzare i cittadini contro l’abbandono dei rifiuti.
In Casentino, è fissato il primo appuntamento toscano del 2023 e ha per protagonista il tratto dell’Arno su cui, di recente, è stato sottoscritto Casentino H2O, il primo contratto di fiume, nato all’interno del Patto per l’Arno,   summa dei percorsi partecipativi che si svilupperanno lungo l’intera asta fluviale.
Quasi quattro i chilometri da passare al setaccio e, armati di sacchetti e guanti,   da ripulire dalle plastiche trascinate, disperse e depositate lungo gli argini e sulla vegetazione circostante dalle recenti piene del fiume.
Sono stati proprio i Pescatori Casentinesi, associati a Fipsas Arezzo, i primi a dare l’allarme, insieme agli amministratori locali, preoccupati per le conseguenze della sgradevole  e massiccia presenza di brandelli di materiale, pericoloso per gli animali e l’ambiente. Immediata la mobilitazione per recuperare i rifiuti e ripristinare l’immagine, l’ecologia, la funzionalità dell’Arno.
E’ nata così, all’interno del Contratto di Fiume Casentino H2O, voluto e coordinato dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno, l’idea di un’edizione speciale di Puliamo il Mondo, per una straordinaria operazione di pulizia e di educazione, a cui hanno aderito con convinzione, oltre ai comuni di Pratovecchio Stia, Poppi e Castel San Niccolò, l’Unione dei Comuni Montani del Casentino, Sei Toscana e alcune associazioni impegnate sul fronte della difesa dell’ambiente: da Legambiente ai Pescatori Casentinesi, da Casentino 2030 a Fipsas, da Pratoveteri a Civitas. Tutti insieme per una giornata di “pulizie ambientali” necessarie per mantenere vivo, efficiente e pulito il grande fiume.
L’appuntamento è fissato per sabato mattina alle ore 09.30 al parcheggio del River Piper a Castel San Niccolò, dove saranno distribuiti gli attrezzi necessari ai volontari, che sono invitati a presentarsi con abbigliamento comodo, muniti possibilmente di guanti da lavoro e   stivali di gomma. Di qui, con il sistema di carpooling si raggiungerà il punto di partenza dell’iniziativa, in località San Paolo.
Sei Toscana in collaborazione con i comuni provvederà alla raccolta, alla differenziazione e allo smaltimento.
Serena Stefani, presidente Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno, sottolinea che «Il Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno, come ente promotore del Contratto di Fiume Casentino H2O, partecipa con convinzione a questa iniziativa di pulizia ambientale. Pur non essendo la mission del nostro ente recuperare e smaltire i rifiuti rinvenuti  nei corsi d’acqua, ci mettiamo a disposizione, con tanti altri partner, per affrontare insieme una problematica ambientale seria. Contiamo che operazioni di questo tipo possano servire a sensibilizzare i cittadini e a promuovere comportamenti più corretti e rispettosi del fiume e dell’ambiente».
Ilaria Violin, vice presidente Legambiente Arezzo, ricorda che «L'acqua è una risorsa indispensabile per la vita  e abbiamo il compito di proteggerla. Lo sversamento delle plastiche in Arno mette in pericolo un tratto importante di un corso d'acqua già provato dai cambiamenti climatici. Il contratto di Fiume ci è servito per accelerare i tempi e a  reagire in modo tempestivo».
Alessandro Fabbrini, presidente di Sei Toscana, evidenzia che «Oltre a svolgere quotidianamente al meglio i nostri servizi, credo sia importante parlare e mettere in pratica la sostenibilità ambientale anche grazie a iniziative come questa. Ringrazio tutti gli Enti e le Associazioni che hanno aderito, come noi, al Contratto di Fiume Casentino H2O promosso dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno, permettendoci di mettere al centro della nostra attività quei valori della sostenibilità, del rispetto e dell’attenzione verso l’ambiente che sono propri di Sei Toscana».
Nicola Venturini, vice presidente Pescatori Casentinesi, associati a Fipsas Arezzo, conclude: «Sono stati proprio i pescatori che frequentano il fiume a segnalare la presenza di materiale plastico disperso dentro e lungo il fiume.  Un problema immediatamente segnalato a Polizia provinciale e Forestale. Ringraziamo il Consorzio, i Comuni e tutte le associazioni ambientaliste del Contratto di Fiume Casentino H2O per l’immediato sostegno: con questa giornata, uniremo tutte le forze,  per rimuovere i rifiuti presenti in Arno. Un fiume a noi caro, che, ogni giorno, ci impegniamo a migliorare, a valorizzare e a promuovere anche attraverso la gestione di aree di pesca, capaci di richiamare migliaia di presenze ogni anno».
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Giornata mondiale dell’acqua, Greenpeace: In Italia il 38% di risaie e coltivazioni irrigue a rischio siccità

Giornata mondiale dellacqua Greenpeace

Sulla base del dati anticipati dall’Osservatorio Siccità del CNR-IBE, Greenpeace Italia evidenzia che «Il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severo estrema, ovvero soffre per un deficit di pioggia che dura da ben due anni. Tutto il distretto del Po, dove si trova buona parte della superficie irrigata italiana, è inoltre già in stato di severità idrica media da diversi mesi, mettendo a rischio  riso, mais e altre colture».
Greenpeace sottolinea che «La situazione già a marzo appare drammatica: anche le acque superficiali, risorsa fondamentale per l'irrigazione, sono infatti in estrema sofferenza. Tutti i grandi laghi del Bacino del Po sono vicini ai minimi storici registrati negli ultimi ottant’anni e i principali invasi artificiali del bacino Padano mostrano un volume di riempimento pari a un quinto della capienza. Oltre alle scarse piogge, soprattutto al Nord, hanno contribuito a questa situazione il caldo, con temperature sopra la media 9 mesi su 12 nel 2022, e la scarsità di neve in montagna, dove si registra un deficit nevoso del 63% rispetto alla media degli ultimi dieci anni.
In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, rivolgendosi al al governo Meloni, che oggi riunisce la  cabina di regia sulla siccità a Palazzo Chigi, l’organizzazione ambientalista presenta 8 proposte per contrastare la siccità: 1. Velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, riducendo e poi azzerando le emissioni climalteranti, attraverso un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con obiettivi in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e la posizione dell’Unione Europea. 2. Smettere di investire sulle fonti fossili e le relative infrastrutture, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica. 3. Ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura, rendendo prioritario  l’uso di terreni e acqua per la produzione di alimenti destinati al consumo umano diretto anziché alla filiera mangimistica o alla produzione di biocarburanti. 4. Ridurre a monte la domanda mangimistica, riducendo gradualmente il numero degli animali allevati e adottando misure per incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale. 5. Adottare misure per incoraggiare l'utilizzo di tecniche agroecologiche che migliorino la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità. 6. Ridurre drasticamente il consumo di suolo e la cementificazione, incrementando le superfici di boschi e aree naturali. 7. Pianificare l’eventuale costruzione di nuovi invasi e laghetti in base ai dati di riempimento storici degli invasi esistenti e agli scenari meteo-climatici futuri, evitando opere dannose oltre che inefficaci. 8. Adottare un grande piano di ristrutturazione della rete idrica e di messa in sicurezza idrogeologica, aumentando le risorse dedicate nel PNRR, anche con il contributo degli enti gestori del servizio idrico integrato.
Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell'Osservatorio Siccità del CNR-IBE, sottolinea che «Se non vi sarà un’inversione di tendenza saranno fortemente colpite anche tutte le coltivazioni orticole estive, come insalata o pomodori. Probabilmente si dovranno ripensare alcune tipologie di colture o usarne varietà che siano più resistenti a periodi di siccità. Turnazioni irrigue molto più rigorose potrebbero diventare la norma. Si potrebbe arrivare anche a razionamenti di acqua per uso idropotabile in diversi comuni». Un quadro ch è già realtà, visto che in Piemonte questo inverno alcuni comuni sono stati riforniti di acqua tramite autobotti.
Greenpeace spiega che «Quel che sta cambiando è la frequenza e l'intensità di questi fenomeni estremi, un trend ascendente la cui velocità è inasprita e legata a doppio filo con i cambiamenti climatici. Per fronteggiare la siccità è dunque necessario adottare da subito politiche ambiziose per liberarci dalla dipendenza da petrolio, gas e carbone e ridurre le emissioni dei gas serra. Ma allo stesso modo è necessario modificare profondamente il nostro sistema agricolo - che assorbe circa il 50% dell’acqua dolce utilizzata in Italia ogni anno - modificando anche la superficie dedicata alle colture che richiedono più acqua. Il mais, ad esempio, seconda coltivazione italiana per volumi di acqua utilizzati, è quasi interamente assorbito dalla filiera mangimistica, e più del 45% dell’impronta idrica dei prodotti agricoli è imputabile a carne, latte e derivati».
Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, conclude: «Per ridurre i consumi idrici in agricoltura non bastano le soluzioni tecnologiche, ma è necessario agire in un’ottica di maggiore “efficienza alimentare”, anche attraverso la riduzione di produzioni e relativi consumi che comportano un maggior utilizzo di acqua, come quelle zootecniche e la relativa filiera mangimistica. Le dichiarazioni, istituzionali e non, sul tema della siccità, ruotano invece quasi tutte intorno alla stessa ipotetica soluzione: costruire nuovi invasi e bacini artificiali, nonostante le possibili minori precipitazioni future e l’aumento dell’evapotraspirazione a causa del riscaldamento globale, cosa che dovrebbe spingere alla cautela su questo tipo di infrastrutture, anche rispetto ai loro impatti ambientali. Canalizzazioni forzate e cementificazione hanno infatti ridotto le aree naturali in grado di "assorbire" l’acqua in eccesso durante gli eventi climatici estremi, impoverendo i corsi d’acqua e le falde, che rimangono sempre gli “invasi” migliori per immagazzinare le risorse idriche, più efficienti di qualsiasi infrastruttura».
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Giornata internazionale delle foreste, Pichetto: «Preziose contro dissesto, climate change e inquinamento»

Foreste e acqua

Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin; «La giornata internazionale delle foreste, il cui tema è quest’anno “Foreste e salute”, ci ricorda quanto questa preziosa ricchezza di biodiversità sia importante per il benessere del pianeta e dell’uomo. Per una gestione forestale sostenibile da ogni punto di vista – ambientale, economico e sociale - occorre un approccio scientifico rigoroso e aperto, una collaborazione interistituzionale solida e dinamica e una condivisione sempre più partecipativa e diffusa con le filiere interessate e i cittadini. Le foreste sono preziose per fronteggiare il dissesto idrogeologico, i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Investire sulla conservazione e il ripristino degli ecosistemi forestali significa investire sul nostro futuro».
Il patrimonio forestale italiano è costituito da circa 9 milioni di ettari. All’interno delle aree protette la superficie forestale è di oltre 3 milioni e 800 mila ettari, nei parchi nazionali è di oltre 250 mila ettari. A livello mondiale, occupa oltre un terzo del territorio.  Nel nostro Paese, sin dal Regio decreto forestale del 1923, la normativa punta a tutelare e ad aumentare gli ecosistemi forestali.
Il ministero evidenzia che «La collaborazione tra i due ministeri competenti - Agricoltura e Ambiente - ha dato negli anni i suoi frutti, dalle Linee guida forestali al Programma quadro del settore forestale, dal Testo unico in materia di foreste e filiere forestali alla Strategia nazionale foreste. Una collaborazione che si è rivelata strategica. Alla gestione sostenibile delle foreste il Mase fornisce il suo contributo anche con altre misure, come i progetti Life-foreste, i programmi “Parchi per il clima” e quelli attuativi del decreto clima e del Pnrr».
E proprio Federparchi sottolinea che «Nel nostro Paese abbiamo 820mila ettari di boschi e foreste nei parchi italiani che svolgono funzioni ecosistemiche fondamentali, fra queste l’assorbimento di 145 milioni di tonnellate di CO2 eq./anno. Un contributo non da poco, almeno nel nostro continente, contro l’inquinamento».
La giornata delle foreste e quella dell’acqua coincidono e Federparchi, sottolinea che «L’acqua è un bene comune per la vita in tutto il pianeta. Siccità e desertificazione, indotte dai cambiamenti del clima, sono fenomeni in crescita che determinano non solo danni ambientali, ma anche crisi economiche, sociali e migratorie. Foreste ed acqua sono quindi  di primaria importanza e  le aree protette contribuiscono alla conservazione di queste risorse naturali fondamentali per l’umanità».
Il nuovo presidente di Federparchi, Luca Santini, conclude: «L’Italia ha la più grande biodiversità forestale europea, un patrimonio naturalistico inestimabile. I parchi, inoltre, sono custodi della purezza   di tantissime sorgenti d’acqua, punti di partenza dei nostri fiumi. Foreste ed acqua sono due pilastri degli ecosistemi. Il ruolo delle aree naturali protette è di fare il massimo per la loro tutela e sviluppare modelli sempre più virtuosi affinchè questi beni preziosi siano tutelati su tutto il territorio»
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Un piano Marshall per l’acqua? Cirf: sì ma per recuperare gli ecosistemi (VIDEO)

Un piano Marshall per lacqua

Il tema del World water day quest’anno è “accelerare il cambiamento” per risolvere la crisi idrica e il Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) ricorda che «Il cambiamento prevede un nuovo approccio che metta al centro la natura, non la riproposizione di soluzioni fallimentari quali gli ennesimi commissariamenti, deroghe dalle norme di tutela ambientale e una nuova ondata di infrastrutture e cemento sul territorio. Una natura in grave difficoltà che deve essere ripristinata e non ulteriormente sfruttata, non solo per la tutela di habitat e specie, ma per garantire il nostro benessere. Questo ribaltamento degli obiettivi è già stato applicato in alcuni paesi europei come la Spagna, dove sempre più spesso nei sistemi fluviali vengono eliminati gli ostacoli che creano più danni che benefici e con i fondi Next Generation EU si stanno realizzando progetti di ripristino delle aree umide».
Al Cirf indicano una direzione opposta a quella che sembra aver intrapreso il govermno Meloni con il siostegno delle grandi associazioni imprenditoriali: «Per mitigare siccità e alluvioni, due problemi in apparenza opposti ma in realtà strettamente connessi, bisogna ripristinare gli ecosistemi degradati, in particolare quelli acquatici, restituire spazio ai corsi d’acqua, ripristinare i naturali processi di ricarica delle falde, tutelare la salute dei suoli».
Ma non è qualcosa di strano o avulso dalla politica idrica, infatti il Cirf ricorda che si tratta di «Tutte azioni oggetto della Nature Restoration Law». Una proposta di regolamento europeo che il 22 marzo verrà discussa nel convegno “Free-flowing rivers” e nuovo Regolamento europeo sulla rinaturazione: ripristinare connettività e biodiversità per adattarsi al cambiamento climatico” che si terrà in Senato, organizzato dal Cirf in collaborazione con l’intergruppo parlamentare sulle politiche di contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il direttore del Cirf Andrea Goltara rivolge un appello al Governo: «Il Decreto Siccità non può limitarsi ad accelerare la costruzione di nuovi invasi, o non risolveremo nulla: dobbiamo sostenere il mondo agricolo nel percorso di riduzione della domanda irrigua, e soprattutto mettere in campo una strategia di adattamento che sia davvero fondata su un piano esteso di riqualificazione e recupero della biodiversità, come giustamente suggerito dalle recenti strategie e proposte normative europee. Al ministro dell’ambiente e al governo chiediamo di promuovere con urgenza un programma nazionale di ripristino degli ecosistemi acquatici. Questo è il Piano Marshall per l’acqua che serve all’Italia».
Il Cirf  si dice «Fortemente critico nei confronti dell’approccio basato solo sulla realizzazione di nuovi invasi promosso da molte associazioni di categoria. La soluzione a un problema complesso non può essere una sola e valida ovunque. Gli invasi lungo i corsi d’acqua, in particolare, hanno molti aspetti negativi: rilevanti perdite di acqua per evaporazione, rischio di peggioramento della qualità dell’acqua, interruzione del naturale corso dei fiumi e del trasporto dei sedimenti verso valle, con una conseguente progressiva incisione degli alvei, abbassamento della falda, aumento della risalita del cuneo salino, del rischio di alluvioni a valle e dell’erosione costiera. In una situazione come quella attuale, poi, con la maggior parte dei laghi e degli invasi esistenti semivuoti che non si riescono a riempire per la scarsità di precipitazioni, pensare che l’idea migliore sia concentrare le risorse nel costruirne di nuovi sembra molto velleitario».
E per far capire quali sia il tema del confronto il Cirf ricorda che «Il nuovo Regolamento europeo, una volta entrato in vigore, porrà obiettivi giuridicamente vincolanti e riguarderà non solo le aree protette, ma tutti gli ecosistemi, comprese le aree urbane e i terreni agricoli. Gli Stati membri dovranno garantire entro il 2030 che non vi sia perdita netta di spazio verde urbano e se ne dovrà incrementare progressivamente la superficie totale nazionale; invertire il calo delle popolazioni di impollinatori, aumentare complessivamente la biodiversità e ripristinare la connettività in almeno 25,000 km di fiumi europei. Fiumi connessi possono scorrere liberamente da monte a valle, assicurando il passaggio di fauna e sedimenti, muoversi e inondare almeno in parte le pianure alluvionali, infiltrare acqua nelle falde acquifere. Questo obiettivo prevede di rimuovere sbarramenti e altre opere dannose, non di costruirne di nuove».
Secondo gli studi a supporto della proposta normativa, «Ogni euro speso in rinaturazione genera da 8 a 38 euro di valore economico grazie ai servizi ecosistemici ripristinati, che sostengono la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e obiettivi cruciali come la sicurezza alimentare e la protezione dai disastri naturali».
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Indagine Bei sul clima: gli italiani più virtuosi di francesi e tedeschi. E chiedono al governo di fare di più

Indagine Bei sul clima

Secondo quanto emerge dalla seconda parte della quinta edizione dell’Indagine annuale della Banca europea per gli investimenti (BEI) sul clima, condotta nell'agosto 2022 e pubblicata oggi, l'81% dei ventenni italiani considera l'impatto climatico delle attività di un potenziale datore di lavoro un fattore rilevante nella scelta di un posto di lavoro, e il 25% addirittura afferma che è una priorità assoluta. L'85% è favorevole all'etichettatura generalizzata dei prodotti alimentari per contribuire a ridurre l’impatto su clima e ambiente. Il 64% sarebbe disposto a pagare di più per alimenti prodotti con criteri di attenzione al clima. Il 64% è favorevole alla creazione di un sistema di bilancio del carbonio per fissare un tetto ai consumi climaticamente più nocivi».
La BEI è il braccio finanziario dell’Unione europea e uno dei maggiori finanziatori multilaterali mondiali di progetti in campo climatico, La seconda parte dell’Indagine della BEI sul clima per il 2022-2023 esamina le opinioni dei cittadini sui cambiamenti climatici in un mondo in rapida evoluzione e i risultati di questa edizione si concentrano sui comportamenti individuali e sulle azioni che adottano per contrastare i cambiamenti climatici.
L’Indagine evidenzia che «La guerra in Ucraina e le sue conseguenze, tra cui l'aumento dei prezzi dell'energia e l'inflazione, hanno accresciuto in modo significativo le preoccupazioni delle persone riguardo al calo del potere d'acquisto. In Italia, tuttavia, i cambiamenti climatici restano una delle maggiori sfide che il Paese deve affrontare (il 56% degli italiani colloca il degrado climatico o ambientale tra le tre principali sfide nazionali). Oltre tre quarti degli intervistati (80%) affermano di essere convinti che il proprio comportamento possa fare la differenza nell'affrontare l'emergenza climatica, una percentuale di 8 punti percentuali superiore alla media Ue».
Molti italiani ritengono  che il governo debba svolgere un ruolo forte quando si tratta di spingere i singoli a modificare il proprio comportamento: «Tre quarti degli italiani (76%) sono favorevoli a misure governative più stringenti che impongano un comportamento diverso delle persone di fronte ai cambiamenti climatici (l'82% degli intervistati sotto i 30 anni sarebbe favorevole a questo tipo di misure)».
Con l’entrata di nuovi soggetti nel mercato del lavoro, le considerazioni sulle questioni climatiche tra chi (può) sceglie che lavoro fare lavoro diventano sempre più diffuse. Il rapporto evidenzia che «La maggior parte della popolazione (75%) afferma già che è importante che un potenziale datore consideri la sostenibilità un aspetto prioritario. Per il 25% dei candidati a un posto di lavoro, la sostenibilità è perfino una priorità assoluta. Questa maggioranza è generalizzata e abbraccia tutti i vari orientamenti politici e livelli di reddito».
Inoltre, «Quasi due terzi degli italiani intervistati (64%) vedono di buon grado la creazione di un sistema di bilancio del carbonio che destinerebbe un numero fisso di crediti annuali da spendere nei prodotti con una pesante impronta carbonio (beni che non sono di prima necessità, voli aerei, carne, ecc.). Lo stesso parere è condiviso anche dalla maggioranza degli intervistati francesi e tedeschi (rispettivamente il 57% e 56%). È bene sottolineare come questa misura raccolga il consenso della maggior parte degli italiani, indipendentemente dal livello di reddito (70% dei redditi più bassi, 63% della classe media e oltre il 63% degli intervistati nelle fasce di reddito più elevato)».
La produzione alimentare contribuisce significativamente alle emissioni di gas serra. Per aiutare le persone a fare scelte più sostenibili quando riempiono il carrello della spesa, l'85% degli italiani è favorevole all'etichettatura generalizzata dei prodotti alimentari per una chiara individuazione dell’impronta climatica dei vari prodotti. Una percentuale vicina a quella francese (83%) e superiore del 5% rispetto a quella tedesca (80%). Inoltre, l 64% degli italiani afferma di essere disposto a pagare un po’ di più per i generi alimentari prodotti localmente e in modo più sostenibile una percentuale che in Francia arriva al 60% e in Germania al 61%. Smentendo una convinzione diffusa – soprattutto tra i politici e i media italiani – il rapporto evidenzia che «La disponibilità a pagare di più per i prodotti alimentari accomuna le varie fasce di reddito, e va dal 62% dei soggetti con reddito inferiore al 68% di quelli a reddito più elevato».
Un altro modo efficace per limitare le emissioni di gas serra è quello di ridurre il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari e dal rapporto viene fuori che «Più di due terzi degli italiani (68%) sarebbero disposti a contenere la quantità di carne e latticini che le persone possono acquistare». Il 19% più dei tedeschi e l’11% sopra i francesi. Anche questa risposta accomuna i soggetti che appartengono alle varie fasce di età e di reddito.
La Vicepresidente della BEI Gelsomina Vigliotti conclude: «I risultati dell'Indagine della BEI sul clima mostrano che gli italiani sono più che disposti a contribuire individualmente alla lotta contro i cambiamenti climatici. Come banca per il clima dell'Ue, apprezziamo molto questo impegno. E’ nostro compito consentire alle persone di agire individualmente per ridurre le emissioni di CO2 e incoraggiare una vita quotidiana più sostenibile. Lo facciamo finanziando servizi green come i trasporti sostenibili, le energie rinnovabili e gli edifici efficienti dal punto di vista energetico, ed anche promuovendo gli investimenti verdi effettuati dalle PMI. Il nostro sostegno ai progetti green in Italia è stato di quasi 5,5 miliardi di euro nel 2022. Continueremo a sostenere iniziative che accelerano la transizione verde e siamo alla ricerca di modi innovativi che contribuiscano alla realizzazione di un futuro prospero che non lascia indietro nessuno».
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Gigantesche onde sottomarine influenzano la capacità dell’oceano di immagazzinare carbonio

Gigantesche onde sottomarine

La maggior parte del caldo e del carbonio emessi dalle attività antropiche viene assorbita dall'oceano, ma secondo lo studio “Significance of Diapycnal Mixing Within the Atlantic Meridional Overturning Circulation”, pubblicato recentemente su AGU Advances da un team di ricercatori britannici, statunitensi e francesi, la quantità di caldo e carbonio che può assorbire l’oceno dipende dalla turbolenza al suo interno perché è questa che li spinge  in profondità o li trascina verso la superficie.
Sebbene le onde sottomarine fossero già ben note, la loro importanza nel trasporto di caldo e carbonio non era mai stata del tutto compresa. I risultati dello studio puv bblicato su AGU Advances dimostrano che «La turbolenza all'interno degli oceani è più importante per il trasporto di carbonio e calore su scala globale di quanto si fosse immaginato in precedenza».
I ricercatori spiegano che «La circolazione oceanica trasporta le acque calde dai tropici al Nord Atlantico, dove si raffreddano, affondano e ritornano verso sud nelle profondità dell'oceano, come un gigantesco nastro trasportatore. Il ramo atlantico di questo modello di circolazione, chiamato Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), svolge un ruolo chiave nella regolazione del bilancio globale del calore e del carbonio. La circolazione oceanica ridistribuisce il calore nelle regioni polari, dove scioglie il ghiaccio, e il carbonio nelle profondità dell'oceano, dove può essere immagazzinato per migliaia di anni».
La principale autrice dello studio, Laura Cimoli del Dipartimento di matematica applicata e fisica teorica dell’università di Cambridge, ha sottolineato che «Se si dovesse scattare una foto dell'interno dell'oceano, vedremmo molte dinamiche complesse all'opera. Sotto la superficie dell'acqua ci sono getti, correnti e onde: nell'oceano profondo, queste onde possono essere alte fino a 500 metri, ma si infrangono proprio come un'onda su una spiaggia».
Un altro autore dello studio, Ali Mashayek del Dipartimento di scienze della Terra di Cambridge, evidenzia che «L'Oceano Atlantico è speciale nel modo in cui influisce sul clima globale. Ha una forte circolazione da polo a polo e dai suoi tratti superiori all'oceano profondo. L'acqua si muove anche più velocemente in superficie che nelle profondità dell'oceano».
Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno studiato se l'AMOC possa essere un fattore cdeterminante nella forte perdita di copertura di ghiaccionell’Artico, mentre alcune calotte glaciali antartiche stanno crescendo. Una possibile spiegazione di questo fenomeno è che il calore assorbito dall'oceano nel Nord Atlantico impiega diverse centinaia di anni per raggiungere l'Antartide. Ora, utilizzando una combinazione di dati satellitari, misurazioni effettuate da navi e dati provenienti da boe galleggianti autonome, i ricercatori hanno scoperto che «Il calore proveniente dal Nord Atlantico può raggiungere l'Antartide molto più velocemente di quanto si pensasse in precedenza. Inoltre, la turbolenza all'interno dell'oceano, in particolare le grandi onde sottomarine, svolge un ruolo importante nel clima».
A Cambridge spiegano ancora: «Come una gigantesca torta, l'oceano è composto da diversi strati, con acqua più fredda e densa nella parte inferiore e acqua più calda e leggera nella parte superiore. La maggior parte del trasporto di calore e carbonio all'interno dell'oceano avviene all'interno di un particolare strato, ma il calore e il carbonio possono anche spostarsi tra strati di densità, riportando in superficie le acque profonde».
I ricercatori hanno scoperto che «Il movimento del calore e del carbonio tra gli strati è facilitato da turbolenze su piccola scala, un fenomeno non completamente rappresentato nei modelli climatici».
Confermando le previsioni teoriche sulle onde oceaniche interne, le stime di miscelazione provenienti da diverse piattaforme di osservazione hanno mostrato «Prove di turbolenza su piccola scala nel ramo superiore della circolazione». Le diverse stime hanno dimostrato Lhe la turbolenza colpisce principalmente la classe degli strati di densità associati al nucleo delle acque profonde che si spostano verso sud dal Nord Atlantico all'Oceano Antartico. Questo significa che il calore e il carbonio trasportati da queste masse d'acqua hanno un'alta probabilità di essere spostati attraverso diversi livelli di densità».
La Cimoli aggiunge: «I modelli climatici tengono conto della turbolenza, ma soprattutto del modo in cui influisce sulla circolazione oceanica. Ma abbiamo scoperto che la turbolenza è vitale di per sé e svolge un ruolo chiave nella quantità di carbonio e calore assorbiti dall'oceano e dove vengono immagazzinati».
Per Mashayek, «Molti modelli climatici hanno una rappresentazione eccessivamente semplicistica del ruolo della turbolenza su microscala, ma abbiamo dimostrato che è significativo e dovrebbe essere trattato con maggiore attenzione. Ad esempio, la turbolenza e il suo ruolo nella circolazione oceanica esercitano un controllo sulla quantità di calore antropogenico che raggiunge la calotta glaciale antartica e sulla scala temporale in cui ciò accade».
Lo studio, in parte finanziato dal Natural Environment Research Council dell’UK Research and Innovation, conclude facendo notare «L'urgente necessità di installare sensori di turbolenza sulla flotta di osservazione globali e di avere una rappresentazione più accurata della turbolenza su piccola scala nei modelli climatici, per consentire agli scienziati di fare proiezioni più accurate degli effetti futuri del cambiamento climatico».
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Siccità in Europa: un inverno eccezionalmente secco e mite ha colpito l’Ue sud-occidentale

Siccita in Europa

In occasione del World water day Onu che si celebra oggi e in concomitanza con la pubblicazione del Synthesis Report, il capitolo conclusivo del sixth assessment presentato ieri dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea ha pubblicato il rapporto “Drought in Europe March 2023”, dal quale emerge che «La maggior parte dei Paesi del sud e dell’ovest dell’Ue sono colpiti da una siccità causa di preoccupazioni crescenti per l’approvvigionamento idrico, l’agricoltura e la produzione di energia».
Il JRC evidenzia che «A causa di un inverno eccezionalmente secco e mite, si riscontrano anomalie già considerevoli nell’umidità del suolo e nella portata dei fiumi, specialmente in Francia, in Spagna e nel Nord Italia. L’accumulo di neve nella regione alpina è stato ben al di sotto della media, persino a quella dell’inverno 2021-2022. Il risultato sarà una riduzione sostanziale del contributo dello scioglimento delle nevi alle portate dei fiumi nella regione perialpina nella primavera e all’inizio dell’estate 2023».
Il rapporto avverte che «Le precipitazioni delle prossime settimane saranno cruciali per determinare l’andamento della siccità attuale e dei suoi effetti. L’Europa e la regione mediterranea potrebbero andare incontro a un’estate estrema, simile a quella del 2022. La relazione raccomanda un monitoraggio attento e un uso appropriato dell’acqua, come pure l’attuazione di strategie di adattamento settoriali mirate e una cooperazione rafforzata, in quanto si prevede che tali modelli climatici e metereologici saranno più frequenti in futuro».
Il JRC MARS Bulletin, Crop monitoring in Europe del JRC sottolinea che «Nel  sud della Spagna e in Portogallo si osserva un grave deficit di pioggia. I livelli di umidità del suolo sono molto bassi e le precipitazioni sono urgentemente necessarie. Inoltre, i serbatoi d'acqua per l'irrigazione nella maggior parte della Spagna meridionale rimangono a un livello molto basso, il che potrebbe anche avere un impatto sulla scelta delle colture per le semine primaverili. Nell'Italia settentrionale e centrale, il prolungato deficit di precipitazioni ha fortemente ridotto il livello dell'acqua negli invasi (anche sotto forma di manto nevoso in montagna) e sta destando preoccupazione per la disponibilità di acqua per l'irrigazione durante la tarda primavera e l'estate. I raccolti invernali in Ungheria, Austria, Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro sono in buone condizioni, ma i livelli di umidità del suolo sono bassi e sono necessarie più piogge per soddisfare la crescente domanda idrica delle colture con l'avanzare della primavera».
Non va meglio sulla sponda sud del Mediterraneo: «La prolungata siccità nella regione del Maghreb ha già causato notevoli impatti negativi sui raccolti».  Mentre in Turchia  solo le regioni occidentali rimangono siccitose e in altre parti del Paese le recenti piogge abbondanti e localmente dannose hanno mitigato le condizioni di siccità.
Anche nella maggior parte della Francia, della Germania meridionale e del Regno Unito, il deficit di precipitazioni osservato da metà gennaio è stato mitigato da precipitazioni ben distribuite a marzo e nei prossimi 10 giorni sono previste ulteriori precipitazioni. Un eccesso di precipitazioni, finora per lo più benefico, si osserva nella Germania orientale, nella Romania occidentale e nella Russia meridionale».
Durante la prossima conferenza delle Nazioni unite sull’acqua, l’UeE unirà gli sforzi per fronteggiare la crisi mondiale dell’acqua e garantire la sicurezza idrica a tutti, annunciando 33 impegni ad agire subito, compreso quello sulla resilienza alla siccità.
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