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L’arte controcorrente fa tappa a Palazzo Albergati

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L’ultima sua denuncia a colpi di stencil risalirebbe a qualche giorno fa, sulla parete di un edificio semidistrutto dai bombardamenti a Borodyanka, insediamento urbano nell' oblast di Kiev. Un bimbo judoka, che farebbe pensare all’Ucraina, stende al tappeto un adulto, con un richiamo a Putin, sospeso da presidente onorario della federazione internazionale di Judo. Mentre lo strale di Banksy raggiunge anche le strade dell’Ucraina, la voce dello street artist senza volto si unisce al coro dei colleghi controcorrente che si incontrano a Bologna in occasione di una mostra dedicata alle opere più provocatorie, anticonformiste e rivoluzionarie del nostro tempo. Dall’11 novembre al 7 maggio gli enfants terribles dell’arte, Jago, Banksy e TvBoy, si danno appuntamento a Palazzo Albergati per raccontare, attraverso 60 capolavori, alcune delle storie più trasgressive della public art italiana e internazionale, attraverso un dialogo tra il misterioso artista inglese e altri influenti colleghi italiani del momento. Seguendo il filo della provocazione, la mostra Jago, Banksy, TvBoy e altre storie controcorrente si presenta come una monografica delle opere più significative di ciascun protagonista. Così Girl with Baloon e Bomb Love di Banksy ammiccano all’ Apparato circolatorio e a Memoria di sé di Jago per cedere alla serie dei baci e a quella degli eroi di TvBoy. Banksy, Bomb Love, Litografia, 50 x 70 cm, 2003, Pop House GalleryA dialogare con i tre sono quegli artisti che da Jago, Banksy e TvBoy hanno preso spunto, o che semplicemente si inseriscono nel percorso “controcorrente” che li caratterizza. C’è Obey - in mostra con il celebre manifesto Hope, realizzato nel 2008 per sostenere la campagna presidenziale di Barak Obama - e c’è Ravo con La ragazza con l’orecchino di perla e poi Laika con il suo celeberrimo Not this “game” fino a Pau con la sua serie delle Santa Suerte. Un dialogo suddiviso in quattro sezioni invita il pubblico a cogliere corrispondenze, orientamenti e tendenze legate all’arte e alla street art europea. Si parte con Jago, classe 1987, il primo artista a inviare una scultura in marmo, The First Baby, sulla Stazione Spaziale Internazionale, per proseguire, nella seconda sezione, con Banksy. Il terrorismo, i crimini di guerra, la crisi economica, il bullismo, gli abusi sul lavoro si insinuano nelle sue figure con disincantato umorismo trasformando muri, pareti, scale, angoli di strade anonime in spazi di riflessione. Andrea Ravo Mattoni, Vermeer, La ragazza con l'orecchino di perla, Spray su tela , 100 x 100 cm, 2022, Pop House GallerySalvatore Benintende, in arte TvBoy, cresciuto a Milano, sangue siciliano, trasferitosi a Barcellona per amore, è al centro della terza sezione del percorso con i suoi baci ideali tra icone contemporanee e un linguaggio che fruga nel bombardamento televisivo subito dalla sua generazione e dal quale TVBOY, giocando su questo concetto fin dal nome, ci invita a smarcarci. Dalla produzione continua, esagerata, famelica di TVBOY la mostra ci proietta nella quarta sezione, tra i graffiti di Andrea Ravo Mattoni che animano i capolavori immortali dell’arte moderna normalmente esposti nei musei. TvBoy, Hope, Tecnica mista su tela, 146 x 144 cm, 2022 Pop Ho use GalleryIl muro, massima espressione della Street Art, con i cartelli stradali e le staccionate in legno, è al centro dei lavori di Thierry Guetta, alias Mr Brainwash, mentre un forte legame con la materia caratterizza le figure di Pau, in bilico tra sacro e profano. Una visione disincantata e ironica connota il linguaggio di Laika, artista sincronicamente indipendente, misteriosa e libera, con i suoi effimeri tableau vivant. L’ultimo messaggio è affidato a Hope, speranza appunto, la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam realizzata da Obey e che ha reso memorabile la vittoria di Barack Obama, il primo afroamericano a ricoprire la carica di Presidente degli Stati Uniti d’America. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20 (la biglietteria chiude un’ora prima).

Peggy Guggenheim e Umberto Boccioni. Un incontro esplosivo nel racconto di Karole Vail

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Audace, eccentrica, dotata di un fiuto con pochi eguali, Peggy Guggenheim ha scoperto e valorizzato straordinari talenti cambiando, di fatto, i destini dell'arte del Novecento. Da grande collezionista e mecenate qual era, non ha mai esitato ad andare controcorrente. Come quando, dopo essersi stabilita a Venezia, si interessò alle opere dei futuristi, incurante del clima ostile che all'epoca circondava l'unica vera avanguardia italiana, tacciata di essere stata vicina al regime fascista. Durante la lavorazione del documentario FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura, oggi disponibile su ITsART, abbiamo avuto modo di parlarne con Karole P. B. Vail, nipote di Peggy e da cinque anni direttore della Guggenheim Collection di Venezia. È sempre affascinante ascoltare una storia da chi l’ha vissuta da vicino, sia pur indirettamente. Perciò proponiamo qui l’intervista integrale a Karole P. B. Vail, un punto di vista prezioso su un’indimenticabile pagina d’arte e di collezionismo. Il racconto di un incontro tra giganti - Peggy e Boccioni - uniti da un talento comune: saper infrangere le regole e immaginare il futuro, anticipando idee e fenomeni allora impensabili.Karole Vail in FORMIDABILE BOCCIONI, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim | © ARTE.it“Peggy Guggenheim iniziò a dedicarsi seriamente al collezionismo alla fine degli anni Trenta, dopo essere stata introdotta negli ambienti delle avanguardie di Parigi nel decennio precedente”, racconta Vail: “Nel 1938 aprì la sua prima galleria a Londra e poi, com’è noto, iniziò a acquisire un dipinto al giorno con l’obiettivo di costruire una collezione di arte moderna. È per questo che oggi a Palazzo Venier dei Leoni troviamo una straordinaria raccolta dedicata alle avanguardie europee, così agli espressionisti astratti americani. Qui a Venezia abbiamo la meravigliosa opportunità di poterci confrontare con l’arte del primo Novecento e di comprendere come quegli artisti stavano cambiando il modo in cui guardiamo l’arte e la interpretiamo. A Palazzo Venier dei Leoni sono rappresentati i movimenti più importanti e innovativi di quella stagione - Cubismo, Futurismo, Surrealismo - e molti esempi di scultura che si distaccano radicalmente dalla tradizione del XIX secolo. Comprenderli significa poter apprezzare meglio anche l’arte contemporanea”. L’incontro - che per motivi cronologici non poteva che essere virtuale - tra Peggy Guggenheim e Umberto Boccioni passa proprio da una scultura, oggi tra i capolavori del museo veneziano: Dinamismo di un cavallo in corsa + case del 1915.“Peggy Guggenheim fu sempre molto interessata alla scultura. Quando si stabilì a Palazzo Venier dei Leoni - dopo aver esposto la sua collezione alla Biennale del 1948 - continuò ad acquistare nuove opere. Nel 1958 fece un'importante acquisizione, forse l’ultima nell’ambito della scultura: una meravigliosa opera unica e straordinaria del futurista italiano Umberto Boccioni, 'Dinamismo di un cavallo in corsa + case'. Boccioni l’aveva realizzata nel 1915, giusto un anno prima del terribile incidente a cavallo che gli costò la vita. Forse questa scultura non fu mai finita, non lo sapremo mai… È eccezionale perché è una delle pochissime sculture del suo genere, realizzata con un mix di materiali come cartone, metallo verniciato e legno…”. “Nel 1912”, ricorda Vail, “Boccioni aveva scritto un Manifesto della Scultura Futurista. Era profondamente convinto che la scultura dovesse avere forme aperte, senza confini. Stava cercando di rompere con la grande tradizione della scultura italiana, e ci stava riuscendo: il suo sguardo rivolto in avanti era futurista nel modo più autentico. 'Dinamismo di un cavallo in corsa + case' è probabilmente l’ultimo esempio di quello che Boccioni aveva scritto nel Manifesto”.Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case, Dettaglio | Still da FORMIDABILE BOCCIONI | © ARTE.itNel secondo dopoguerra Peggy Guggenheim non è l’unica a collezionare scultura moderna italiana: molti collezionisti americani se ne stanno interessando. Ma diversamente dagli altri, l’inquilina di Palazzo Venier dei Leoni è coraggiosa e priva di pregiudizi, e riesce a guardare alle opere dei futuristi per quello che sono: dirompente arte d’avanguardia. “Spinta dall’interesse per la scultura e dal desiderio di avvicinarsi ancora di più all'arte italiana mentre viveva a Venezia, Peggy Guggenheim prese una decisione davvero notevole acquistando questo pezzo di Boccioni”, osserva Vail: “Per molti sarebbe stato piuttosto difficile acquisire un'opera di un artista futurista che non era di moda a causa dei suoi legami con il fascismo. Peggy Guggenheim stava infrangendo ancora una volta le regole, proprio come a suo tempo Boccioni aveva infranto le regole dell’arte”.A 64 anni dalla scelta di Peggy, critici, pubblico e collezionisti hanno abbracciato le sue idee. Grazie a lei, Boccioni e i futuristi sono di casa in Laguna, e Dinamismo di un cavallo in corsa + case brilla come un gioiello all’interno della straordinaria Collezione Guggenheim. “A mio parere Boccioni è stato uno dei più grandi artisti del XX secolo”, conclude Vail: “Penso avesse capito che era possibile andare oltre la pittura e probabilmente anche oltre la scultura. Credo sia stato capace di guardare molto lontano”. Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1915, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim   Leggi anche: • Arte in movimento. Alla Collezione Peggy Guggenheim la GEN Z incontra il fotografo Matteo Marchi per parlare di Boccioni• Ester Coen racconta Boccioni, il pittore che sfidò i cubisti a colpi di luce e dinamismo• La Collezione Mattioli al Museo del Novecento: il racconto dei protagonisti• Gino Agnese racconta Boccioni, il talento bocciato in disegno che vinse la sfida del Novecento• Boccioni e Vittoria, il futurista e la principessa. Cronaca di un amore fuori dagli schemi• Quella volta che i futuristi, sconosciuti e incompresi, esposero alla Galerie Bernheim-Jeune (vendendo un solo quadro)• In viaggio con Boccioni. I capolavori da ammirare nel mondo• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia• "FORMIDABILE BOCCIONI": il genio futurista in un docufilm inedito

The White Lotus 2 è troppo italiana?

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La seconda stagione della serie, ambientata in un resort di Taormina, inizia con un trionfo di paesaggi da sogno e canzoni di Gino Paoli: non vediamo l'ora che tutto si trasformi in un disastro.Se esistesse una classifica delle più belle sigle di serie tv di sempre, quella di The White Lotus starebbe almeno nelle prime trenta. … Continued