Dal lavoro alla previdenza. Nel nostro Paese resta apertissima la questione femminile
La manovrina dalle risicate coperture che sta elaborando il governo Meloni sarà costretta ad affrontare anche il delicatissimo capitolo delle pensioni, che sembra farsi ancor più dolente quando si tratta di donne. A dircelo è l’Istat con dei dati che, fotografando efficacemente il gender gap pensionistico, mostrano come questo affondi le sue radici nella contrattazione collettiva e nella difficoltà di conciliare il tempo della vita con quello del lavoro che spesso induce le donne a rinunciare ad incarichi, o ad optare – laddove possibile – per il part-time con le relative ripercussioni contributive.
Gli uomini vincono per stipendi e tasso di occupazione. Perciò va difesa la compensazione di Opzione donna
Al centro dell’attenzione c’è il trattamento definito “Opzione Donna” e, attraverso onerose soluzioni tecniche, l’estensione della platea di beneficiare. Una delle ipotesi è l’abolizione del vincolo dei figli per le lavoratrici che usufruiscono oggi dell’agevolazione (caregiver, invalide e licenziate o lavoratrici di aziende in crisi). Anche in assenza di uno o due figli queste categorie potrebbero conquistare l’uscita dal mondo del lavoro anticipandola a 58 anni.
Qui però occorre ricordare
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