Adam Sandler, l’assist che fa la differenza

Quello del padre, che lo ha sempre spronato nel basket e nella vita. Quello degli amici nel mondo del cinema, con i quali ha superato le critiche degli esordi. L'attore, fresco del People's Choice Award proprio per il ruolo di un coach, ringrazia tutti. Compreso Dustin Hoffman

Questo articolo è pubblicato sul numero 1 di Vanity Fair in edicola fino al 3 gennaio 2023

Ci ha fatto ridere per anni. Ma ora, con la stagione degli awards alle porte, Adam Sandler fa sul serio. Il suo ultimo ruolo, Stanley Sugerman nel film Netflix Hustle, un talent scout che durante un viaggio in Spagna scopre una gemma del basket e rischia la sua stessa carriera per portare il ragazzo ai massimi livelli professionistici, copre una varietà di emozioni che da un attore come lui si è vista poco.

Dopo l’esordio in alcuni episodi dei Robinson, Sandler entra nel 1990 nel team del Saturday Night Live, prima come autore e poi come performer. Nonostante il favore del pubblico, la critica – fatta qualche rara eccezione – non è mai stata molto clemente (è l’attore con il maggior numero di nomination ai Razzie Awards, i premi assegnati annualmente agli attori, ai registi, agli sceneggiatori, ai film e alle canzoni peggiori della stagione cinematografica).

Da qualche anno però, complice anche un accordo milionario con Netflix, Sandler ha cambiato rotta, dedicandosi a ruoli più drammatici.


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