Verità e giustizia: è sempre giovane il sole della resistenza

Li allinearono all’alba, in montagna. Il comandante, Giulio Nicoletta (calabrese di Crotone, socialista, tenente dei carristi) spiegò loro che i nazisti avevano appena fucilato 51 ostaggi civili, giù a Cumiana.
I prigionieri – Ss italiane e sottufficiali tedeschi – pensarono: ecco, ora ci fucilano per rappresaglia. E invece no: non vi fuciliamo, precisò il comandante, perché i vostri hanno in mano ancora cento ostaggi rastrellati per la strada. E non vi fuciliamo, soprattutto, perché non siamo bestie, noi. Lo scambio infine avvenne, e che scambio: militari contro civili inermi. Un anno dopo, a Torino – il 26 aprile, tra gli ultimi spari – il comandante si sentì chiamare. Erano loro, i prigionieri dell’anno prima. Ma ormai, vestiti anch’essi da partigiani. Abbiamo disertato, gli raccontarono, poco dopo esser stati rilasciati. Non erano bestie, nemmeno loro. E avevano imparato. Avevano anche visto che i partigiani rilucevano di una speciale bellezza giovane: ridevano. Quando potevano, nonostante tutto, suonavano e cantavano. Ballavano.
Nel sangue avevano il futuro, non il lutto.
Tachipirina e vigile attesa: per il Tar del Lazio, è stato folle impedire ai medici di curare i pazienti.
Due anni dopo, gli inservienti del grande potere oscuro insistono: ai loro tirapiedi dei media fanno tuttora contare i contagi e possibilmente i ricoveri, senza mai ricordare che i protocolli per le efficacissime cure domiciliari non sono ancora stati varati.
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Se Conte poteva accampare qualche attenuante, raccontando la storiella della catastrofe inaspettata (e certo amplificata in ogni modo, anche dalla richiesta di evitare le autopsie), per Draghi non esistono alibi possibili. Alcuni legali, spiega Andrea Colombini, stanno predisponendo le denunce: concorso in strage colposa. Questo è il punto davvero dirimente, oggi oscurato dalla barzelletta dei non-vaccini (che non immunizzano nessuno). Non-vaccini che, per essere imposti, avevano bisogno esattamente di quello: di tanta inutile Tachipirina, di tanta pericolosa attesa. Lo hanno fatto, lo hanno rifatto, e continuano tuttora a farlo.
Tanto, la colpa – per i telegiornali, per i ministri – è dei cosiddetti No-Vax, i renitenti al Super Green Pass.
A proposito: secondo Confesercenti, nella sola Torino, la demolizione controllata dell’economia italiana (disposta dai signori che manovrano il governo Draghi) costa qualcosa come un milione e mezzo di euro al giorno. E il bello deve ancora arrivare, con l’ultima stretta in scadenza.
Quanti sono, i cittadini muniti di terza dose?
Non più del 35%, secondo lo stesso Colombini (una delle voci della resistenza civile). Per Michele Giovagnoli, altro esponente dell’Italia libera, sono 6,7 milioni le persone finora sottrattesi all’inoculo. Vanno sommate a chi ha subito la prima e la seconda dose, ma ora esita di fronte alla terza: e infatti diserta bar e ristoranti (e domani, anche i negozi).
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Non sono tutti cretini: le ascoltano, le parole pronunciate a Milano dal grande Luc Montagnier.
Giovagnoli, che predica incessantemente la nonviolenza, paventa comunque il rischio di disordini entro febbraio. Spiega: la menzogna governativa è ormai talmente scoperta, e talmente persecutoria, da non poter produrre altro che rabbia e disperazione. Persino in un paese come il nostro, sempre riluttante di fronte alla possibilità di vere rivolte.
Ben diverso, dice Michele, il caso della Francia: la sua rivoluzione cambiò il mondo.
L’Italia sembra più immatura, più adolescente, anche se ha prodotto l’Impero Romano e quello vaticano, il Rinascimento, il fascismo e tante altre cose.
Non è un caso – insiste Giovagnoli – che oggi il male infierisca sui due paesi europei storicamente dotati di maggior potenziale creativo, proprio mentre la Gran Bretagna festeggia la ritrovata libertà (zero restrizioni, nessuna emergenza sanitaria) e la stessa Spagna annuncia di voler chiedere all’Ue di declassare il Covid, nella variante Omicron, al rango di semplice influenza, senza più alcun bisogno di politiche speciali.
Da noi no, la musica è ben diversa: in attesa che la verità finisca di emergere anche ufficialmente, magari per via giudiziaria, questo potere colpevole e bugiardo (che la verità la conosce benissimo) va avanti per la sua strada, verso il baratro, sapendo di fare il male deliberatamente. Fino a quando? Già a luglio, si sbilancia Giovagnoli, assisteremo alle prime, grandi sorprese.
In altre parole: la farsa ha ormai i mesi contati.
Certo, agli italiani tocca soffrire ancora. Chi è riuscito a resistere al ricatto, oggi vede benissimo l’infinita debolezza (civile, politica) di chi invece all’estorsione ha ceduto: vede cioè che il ricatto aveva l’effetto magico di oscurare le cure, la drammatica necessità delle terapie.
Cedere, in fondo, significava dire: vi diamo partita vinta, come se davvero foste detentori di una parte di verità.
Ma senza verità – ripeteva Giulietto Chiesa – non c’è alcuna possibilità di ottenere libertà e quindi giustizia. Proprio verso il raggruppamento di Ferruccio Parri (Giustizia e Libertà) inclinava la 43esima divisione autonoma della Val Sangone, sui monti fra Torino e Pinerolo. Era una specie di Cln in armi: la brigata garibaldina del padre di Piero Fassino conviveva con quella (monarchica) del marchese Felice Cordero di Pamparato, nome di battaglia Campana, cui poi il capoluogo piemontese intitolò la storica sede universitaria delle facoltà umanistiche.
Ebbi la fortuna di conoscere personalmente Giulio Nicoletta. Un uomo di pace, costretto dalla storia a fare il guerriero: scelto come comandante di divisione proprio per la sua capacità di conciliare anime tanto diverse. In casa, aveva conservato come una reliquia la pistola Luger avuta in dono dal generale delle Ss Peter Hansen, con il quale nel 1944 aveva trattato il rilascio degli ostaggi superstiti di Cumiana.
Per sviare testimoni e interpreti, i due si erano parlati in latino.
Ora l’ho capito, gli disse il generale, nella lingua di Cicerone: se fossi italiano – scandì – sarei anch’io partigiano.
Prima regola: tirar fuori il coraggio.
Mezzo secolo dopo, alla valle di quei combattenti, il Quirinale conferì una medaglia al valor militare. A una condizione: che nella cerimonia non pronunciassero mai la parola “fascismo”. Lo aveva imposto Oscar Luigi Scalfaro, spaventato dalla Lega di Pontida: la storia andava riscritta, per non rianimare il fantasma della guerra fratricida fra italiani.
Me lo confidò lo stesso Nicoletta, con un groppo in gola, poco prima di prendere la parola, al sacrario dei loro caduti. Poi, quando toccò a lui, guardò in faccia il presidente Scalfaro. E vuotò il sacco: non era stata solo colpa dei tedeschi. Né si diventa partigiani per caso.
Bisogna lottare, per la libertà. E qualcuno deve pur farlo.
(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2022).
Fonte: Libre Idee.org

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