Uno sguardo analitico su “Sera d’inverno” del viterbese Marco Papacchini

Lirica inserita da Marco Papacchini (nato a Viterbo nel 1971) nella raccolta di poesie giovanili “Poesisfera“, pubblicata nel Maggio 2021, “Sera d’Inverno” è composta di 2 strutture principali e si ri-allaccia come presupposto a un impulso ricorrente nella letteratura italiana e mondiale: quello della descrizione e poi dell’appropriazione della vista che si ha dalla propria casa.

Ultimo sole di sera
un rosso mare d’erba.
Gli ulivi rifrangenti
le morbide luci
volgono fino alla montagna.
Non si muove una foglia.
La vita è un marmo bianco
da scolpire con la penna
che staglia nel Mio panorama.

La poesia inaugura la raccolta. E’, per questo, una delle più apprezzate dallo scrittore stesso. Come nella “siepe leopardiana“, facente parte di una “terrazza” da cui ammirare (o no?) l’infinito, l’autore si appropria della vista dalla finestra della propria abitazione e cerca di descriverne essenza e apparenza. Si tratta di un tema ricorrente anche tra i più grandi autori letterari della storia.

Marco Papacchini

L’andamento della composizione segue il ritmo dei versi liberi, sempre abbastanza brevi (senari, settenari, ottonari e in due casi novenari), spezzando il volgere di preposizione proprio con il troncamento del verso. Quasi priva di figure retoriche, se non per la metafora del “marmo bianco“, l’atteggiamento verso il lettore può considerarsi schietto e sincero, nonostante la matrice intima.

La struttura è divisa in 2 blocchi, suddivisi nel mezzo dal verso “Non si muove una foglia (v.6)
La prima parte è del tutto descrittiva e procede per un semplice, quanto efficace, continuo accostamento sostantivo-aggettivo; paradossalmente, attraverso la frase appena citata, il poetare assume poi movimento: subentra nella seconda parte il ragionamento e così la descrizione va trasformandosi in riflessione attiva sulla vita.

Il “marmo” immaginato, come in una visione onirica, da Papacchini, viene subito identificato come simbolo della vita, da scolpire “con la penna“. Importante sottolineare come nella precedente versione questo “con la penna” fosse “con le unghie”, col fine di risaltare gli sforzi richiesti dalla vita per essere proseguita giorno dopo giorno.

Nel finale va evidenziata la scelta di inserire la maiuscola su “Mio panorama“, atta a indicare, come si diceva in principio, l’appropriazione della bucolica visione fuori dalla finestra di casa. La montagna di cui parla il viterbese nella prima parte, peraltro, è la Palanzana, antico vulcano ben noto a tutti i suoi concittadini.

Per concludere, si può dire che i modelli letterari siano evidenti: la spinta leopardiana e le modalità dell’ermetismo non sono in discussione; si può discutere, forse, su una somiglianza (forse non voluta, ma presente) con il Pascoli più genuino, non tanto nello stile quanto nelle scelte lessicali e d’oggetto. Indiscutibile peraltro l’evidenziazione della componente visiva derivante, con tutta probabilità, dalle specializzazioni di studio del poeta.

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Biografia dell’autore: https://arteculturaviterbo.it/marco-papacchini/

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