Una moglie spietata: “La Realtà”

Che piaccia o meno ai lettori quello che scrivo, penso che mi si possa riconoscere di aver sempre cercato di perseguire una visione d’assieme della realtà che ci circonda. Questa è una cosa bella e brutta. Bella perché permette di capire in anticipo le cose che potrebbero accadere e di preparare le contromisure, cosa che mi ha aiutato in tantissime circostanze, specie personali. E brutta perché se una visione d’assieme è assai fosca, vederla realizzarsi tassello dopo tassello è un’autentica sofferenza, è come vedere morire chi amiamo e sapere che non possiamo fare nulla per salvarlo.
Così, mentre gran parte delle persone si perde in suggestioni, rimanendo poi a bocca aperta di fronte agli eventi, coltivando la speranza che le guerre non scoppino perché la Lega Calcio fa iniziare le partite con cinque minuti di ritardo, viceversa io ho – e non da oggi, e neanche dal 2020 quando è comparso il covid nelle nostre vite, e neanche dal 2008 quando l’America ha inaugurato la crisi finanziaria, ma da ben prima – la “visione d’assieme” che per l’Europa si stia per profilare un futuro, con decenza parlando, di merda. E non c’entrano nulla né il cospirazionismo – che, almeno per quanto mi riguarda, cerco di ridurre al minimo – né doti predittive che non ho. Ad animarmi è solo una totale incapacità – che definisco tale perché a volte è anche un difetto – di sapermi distaccare dalla realtà nella sua dimensione terrena. Che non perdona, mai.

La realtà dice che economicamente siamo tutti – chi più, chi meno – napoletanamente parlando, con le scolle in fronte. Se oggi i mercati si accanissero contro i paesi europei, non se ne salverebbe nessuno, neanche quelli che in teoria avrebbero conti migliori dei nostri. Viceversa siamo stati educati alla fallace illusione che si potesse vivere indefinitamente di debiti. Siamo stati addestrati alla perniciosa convinzione che al nemico non si risponda con le stesse armi ma con la pace e la tolleranza, evidentemente dimentichi delle innumerevoli lezioni della storia che, non foss’altro per la lunga durata di certe civiltà, dovremmo conoscere a memoria: ad esempio che niente assicura di più la pace di un nemico impaurito dalle armi a nostra disposizione e dal rischio che gli basti guardarci storti per ritrovarsi sotto terra. Viceversa scopriamo che se un domani Putin decidesse di invadere l’Europa, potrebbe arrivare fino a Lisbona, senza incontrare alcuna resistenza magari mentre l’ISIS o chissà chi altro arrivano con analoga tranquillità a Kinnarodden. E non perché la Federazione Russa o il califfato siano particolarmente forti, ma perché noi europei siamo deboli di spirito e di denari. Certo, se fosse vero che si possa vivere di debiti, che si possa girare disarmati in un mondo di lupi, il mondo sarebbe un posto meraviglioso. Ma poiché questo è stato “vero” solo per un arco di tempo molto limitato nella storia dell’umanità ed è stato solo un caso che coincidesse col nostro, la persona provvista di senso del reale si chiede se sia più possibile che quell’arco temporale sia stato un gradino dell’evoluzione della specie umana e che dunque dall’homo sapiens siamo giunti all’homo petalosus – Dipinte in queste rive, son dell’umana gente, le magnifiche sorti e progressiveQui mira e qui ti specchia, secol superbo e sciocco, che il calle insino allora, dal risorto pensier segnato innanti, abbandonasti, e volti addietro i passi, del ritornar ti vanti e procedere il chiami. (Quanto manca a questi tempi fatui, il dolente realismo leopardiano) – oppure se, ben più realisticamente, non sia un’eccezione, dovuta più che altro a circostanze del tutto fortuite. Decidendo così di indagare sulle origini di quella eccezionalità e di quell’accidentalità. Per poi sfociare in una visione d’assieme molto banale e semplice: abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per circostanze che nulla hanno a che fare con i nostri meriti. I nostri conti sono stati tenuti in piedi, per quasi cinquant’anni, da una potenza geopolitica, gli Stati Uniti (ma avrebbe potuto essere anche l’URSS) che li ha truccati per tenerci lontani da un’altra potenza geopolitica, l’URSS (ma avrebbe potuto essere anche l’America). E che una volta crollata una delle due potenze, l’altra ci avrebbe presentato un conto inevitabilmente salatissimo. Ero convintissimo che gli USA avrebbero dovuto giustificare questo conto in maniera tale da non mettere nelle condizioni i paesi sottoposti alla sua influenza di far gridare all’unisono che tutti quei soldi regalati per anni, tutta quella pace e quella sicurezza militare, era solo un espediente tattico, una truffa.
E che dunque si sarebbero inventati mille pretesti per giustificare i diritti e i denari che ci hanno finora tolto e che continueranno a toglierci: Undici Settembre, crisi dei subprime, covid, guerra in Ucraina.

Naturalmente, prima che un anonimo articolista, sono anche un cittadino e un padre. E mi ribolle il sangue nel vedere che mia figlia rischia di dover scegliere se lottare per salvare un paese disastrato solo perché è il suo, oppure cercare ospitalità in un paese che seppure facendo finta di accoglierla, la vedrà sempre come una straniera. E coltivo, dunque, la speranza che tutto questo un giorno possa cambiare. Non tanto per me che, per citare il Sommo Poeta, sono nel mezzo del cammin di nostra vita, quanto soprattutto per lei oggi immersa nella gaiezza del giuoco e nel diletto della fantasia, non immaginando nemmeno quale futuro le si staglierà all’orizzonte. Vivo questi tempi come quei figli di alcune terre del Meridione che dopo aver visto la propria famiglia sterminata e la propria casa distrutta da una famiglia rivale durante una faida, sognano il momento in cui potranno vendicarsi. Ma so benissimo che tutto ciò avverrà soltanto se si violeranno tutti quei princìpi che – a fortiori, visto come stanno andando le cose, pare quasi ci siano stati fissati proprio per castrarci – ci hanno maleducati. A partire dalla folle illusione che col nemico si possa combattere con le stesse regole che egli stesso ha costruito, che si possa costruire il benessere economico facendo debiti, che si possa avere un futuro come nazione senza un esercito forte, senza un’arma potenzialmente distruttiva, senza perseguire una ragionevole autosufficienza economica. Insomma, anche nei miei propositi di vendetta, cerco di non divorziare dalla realtà. Che ci dice che stanno per arrivare anni dolorosissimi e amarissimi. Dai quali si fugge soltanto se si sradicano dal proprio patrimonio valoriale tutti quei disvalori che hanno invece costituito i valori di ottant’anni di finta pace, di finto benessere, insomma di divorzio dalla realtà.
E la realtà è come una moglie spietata: chiede cospicui alimenti.

FRANCO MARINO

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