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Due secoli senza Canova. Tutti gli appuntamenti con il maestro che fermò nel marmo la bellezza

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Alle 7.43 del 13 ottobre 1822, all’età di 65 anni, al massimo della sua fama, Antonio Canova si spegneva a pochi passi da piazza San Marco, ospite nella casa dell’amico Floriano Francesconi - il noto proprietario dello storico Caffè Florian - tra campiello San Gallo e il Bacino Orseolo, circondato da tanti amici veneziani. Si trovava a Venezia di passaggio, dopo essersi recato a seguire i lavori del tempio di Possagno, allora in costruzione, prima di fare ritorno a Roma in grande fretta. E fu una fortuna, perché morire a Venezia significò un sontuosissimo corteo d’acqua e la sepoltura a Possagno dopo un pomposo funerale celebrato il 25 ottobre 1822. La città tutta pianse “il gran Canova” come l'ultimo suo grande artista - la cui arte sublime aveva offerto al mondo immortali icone di bellezza assoluta - il collezionista appassionato che, con argute doti diplomatiche, era riuscito a riportare a casa il bottino d'arte depredato dai napoleonici. E così, a due secoli di distanza, lo scultore che Roberto Longhi considerava “nato morto” è più vivo che mai con la sua materia vibrante. Il giovane proveniente da una famiglia di scalpellini, che conosceva l’inglese e il latino, che fece apprendistato a Venezia per trasferirsi a Roma nel 1779 per stregare oggi con i suoi ideali anche l’universo digital-pop attraverso le rivisitazioni di artisti e fotografi contemporanei, da Luigi Spina ad Aurelio Amendola, non solo vantava come committenti Napoleone, i Papi, gli Asburgo, i Borbone e la nobiltà russa, ma riuscì a riportare in terra eroi e divinità. E lo fece con il metodo dei chiodini fissati al gesso che sembra anticipare la riproducibilità tecnica del moderno design.A distanza di duecento anni da quella morte i musei ricordano il grande genio neoclassico che trasfigurò nel marmo la sua epoca, con alcuni appuntamenti da non perdere. Tempio di Canova, Possagno (Tv)Un francobollo e un concerto per Canova. Le celebrazioni a Possagno Canova non dimenticò mai la sua città natale, Possagno, che ne custodisce l’eredità storica e artistica nel Museo Gypsotheca Antonio Canova e nel Tempio che lo scultore donò alla sua comunità d’origine e dove oggi riposa.Oggi, giovedì 13 ottobre, lo scultore sarà ricordato con una messa al Tempio canoviano, con l’apertura straordinaria del Museo Gypsotheca, con la presentazione del francobollo emesso raffigurante il capolavoro La Pace e della moneta coniata per il bicentenario della sua morte, e con un concerto al tempio canoviano, a ingresso libero. Domenica 16 ottobre alle 12.30 la restituzione della Casa natale di Canova, dopo i lavori di restauro e di riqualificazione, precederà la Lectio Magistralis di Vittorio Sgarbi presso il Tempio canoviano e la proiezione del video Canova, la sua musica e la sua danza, realizzato in collaborazione con Contemplazioni e Luca Giardini. Fino all’8 gennaio la Gypsotheca continua ad accogliere la mostra Canova e il dolore. La stele Mellerio. Ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Francesco Leone e Stefano Grandesso, con la direzione artistica di Contemplazioni, la mostra trova il suo apice nella ricomposizione, per la prima volta dal loro smembramento, dei due monumenti Mellerio, voluti dal conte Giacomo Mellerio in memoria dello zio Giovanni Battista e della moglie Elisabetta Castelbarco, dopo aver visitato lo studio romano dell’artista. Il percorso abbraccia anche alcuni disegni di Canova inediti, il taccuino canoviano di Possagno, esposto al pubblico per la prima volta dopo il restauro da parte del Museo Canova, e i disegni di Felice Giani e della sua cerchia, in prestito dal Museo del Prado ed esposti per la prima volta in questa sede. Antonio Canova, Cenotafio della Contessa Elisabetta Mellerio, marmo, Palermo | Foto: © Filippo Guerra / Otium (otium.it)Canova, genio europeo, si svela a Bassano L’uomo Canova, il collezionista, il diplomatico, il “viaggiatore” instancabile che dall’Italia raggiunse le grandi corti d’Europa, è al centro della grande mostra Io, Canova. Genio europeo, pronta ad aprire ai visitatori dal 15 ottobre al 26 febbraio ai Musei civici di Bassano del Grappa. Protagonista di un periodo di grandi stravolgimenti storici e politici, tra guerre e rivoluzioni che cambiarono il volto dell’Europa, il maestro, ribattezzato dai contemporanei “il nuovo Fidia”, regalò al mondo la speranza nel futuro attraverso la creazione di un’arte in perfetto equilibrio tra reale e ideale, avvicinando l’uomo al mito e ispirando azioni e sentimenti di armonia e di pace. Curata da Giuseppe Pavanello e Mario Guderzo con la direzione scientifica di Barbara Guidi, organizzata dai Musei Civici di Bassano del Grappa, la mostra intesse un racconto per immagini che, al ricco patrimonio artistico di Canova presente a Bassano, custode di uno dei fondi più ampi e importanti al mondo per lo studio e la conoscenza del grande scultore, affianca prestiti nazionali e internazionali. Il marmo della Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein dialogherà con il grande gesso della Religione dei Musei Vaticani, l’imponente Marte e Venere dalla Gypsotheca di Possagno, realizzato per Giorgio IV d’Inghilterra, con l’Endimione dormiente dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna.Antonio Canova, Principessa Leopoldina Esterhazy, 1805-1818, marmo, Esterhazy privatstiftung Schloss Esterhazy Historische Sammlungen Non mancheranno i preziosi dipinti di Tiepolo e Moretto da Brescia appartenuti a Canova, o la Deposizione di Paolo Veronese, e la Fortuna di Guido Reni che lo stesso artista ricondusse in Italia nel 1815 grazie a una coraggiosa missione diplomatica. Al maestro, capace di attirare la benevolenza di tanti potenti, Ercole Consalvi, segretario di Stato dalla Santa Sede, aveva infatti affidato il complesso compito di riportare in Italia le opere trafugate dai francesi in seguito al Trattato di Tolentino del 1797. Impresa che Canova seppe condurre giocando d’astuzia e diplomazia. Così mentre Dominique Vivant Denon, direttore del Louvre dal 1802, difendeva i capolavori con le unghie e con i denti, Canova cercava il sostegno di Hamilton sottosegretario del ministro degli Esteri britannico, di Wellington e del cancelliere austriaco Principe di Metternich. Con l’aiuto di soldati austriaci e prussiani fece incursione al Louvre staccando dai muri e recuperando dalle sale buona parte delle opere reclamate dagli Stati pontifici. Il 25 ottobre 1815 un convoglio di 41 carri trainati da 200 cavalli con 249 opere lasciava Parigi alla volta dell’Italia, accolto dalle popolazioni locali in festa. Ospite d’onore della mostra a Bassano è senza dubbio la Maddalena giacente. Il grande marmo riscoperto solo di recente - dopo quasi due secoli, e mai esposto prima in una mostra - sarà mostrato in tutta la sua struggente bellezza.Antonio Canova, Maddalena giacente, Marmo, 1819-1822, United Kingdom, c/o Francis Outred Ltd Collezione privata Canova a Perugia: un itinerario umbro “Formano catena e collezione”. Con queste parole nel 1810 Antonio Canova cercava di dissuadere Napoleone dal sottrarre altri capolavori all’Italia, sottolineando l’importanza del legame che si stabilisce tra le opere e i loro luoghi di origine. Questo pensiero è il filo conduttore della mostra Al tempo di Canova. Un itinerario umbro, in corso a Perugia, tra il MUSA – Museo dell’Accademia di Belle Arti, e Palazzo Baldeschi al Corso. Questa riflessione intorno ai “Canova umbri”, concepita come un viaggio nel tempo, sfoglia fino al 1° novembre oltre cento opere che raccontano “le arti sorelle” fiorite in un’epoca di grandi sconvolgimenti della storia. Ma che rapporti ebbe Canova con l’Umbria? A San Gemini lo scultore fu proprietario di un palazzo con vasti possedimenti, dove intrecciava importanti relazioni con intellettuali e mecenati, in una comune visione dell’arte come educazione ai più alti valori estetici e civili. Inoltre fu proprio lo scultore a donare un significativo numero di gessi all’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, con la quale intrattenne legami molto stretti. Oltre ai gessi perugini, con le iconiche Tre Grazie e il bassorilievo La danza dei figli di Alcinoo, si possono ammirare in mostra le opere lasciate all’Accademia da Giovanni Battista Sartori, fratellastro di Canova, con la monumentale Testa di cavallo. Nata come modello per il monumento equestre a Ferdinando I di Borbone - tra le ultime opere dell’artista - la scultura tesse un inedito confronto con il calco della testa del cavallo del Marco Aurelio, fatto eseguire da Canova proprio in quella occasione. Antonio Canova, La danza dei figli di Alcinoo. Fondazione MUSA - Museo dell'Accademia di Belle Arti "Pietro Vannucci", PerugiaFidia e Canova. Un confronto a Villa Carlotta Considerato dai contemporanei il “novello Fidia”, Canova si confronta con il suo alter ego ateniese in una mostra in corso fino all’11 dicembre a Villa Carlotta, a Tremezzina. Nella scenografica cornice del lago di Como il percorso Canova, novello Fidia, a cura di Gianfranco Adornato, Maria Angela Previtera ed Elena Lissoni, fa dialogare le opere originali di Canova presenti nel museo con repliche di età romana di sculture greche attribuite a Fidia. La bellezza maschile divinizzata è protagonista nella sala dove si confrontano il canone neoclassico del Palamede di Canova e la Testa di Apollo tipo “Kassel” dalla collezione Farnese, che lo scultore ebbe modo di conoscere fin dal suo arrivo a Roma, quando studiò la famosa figura dell’Ercole Farnese. Antonio Canova, la Musa Tersicore, Villa Carlotta. Courtesy Villa CarlottaI prossimi appuntamenti del Museo Correr Dopo la lectio magistralis di Giuseppe Pavanello, il Museo Correr, che conserva opere sublimi come Orfeo ed Euridice, il giovanile Dedalo e Icaro, oltre a un importante nucleo di disegni autografi, celebra Canova con due attesi appuntamenti. Dal 29 ottobre la mostra Canova e Venezia 1822 – 2022. Fotografie di Fabio Zonta sfodera gli scatti del fotografo bassanese che presentano Canova attraverso la lente contemporanea delle sue straordinarie fotografie. Le immagini mostrano le sculture di Canova cogliendone l’essenza e traghettando il suo genio artistico in un contesto contemporaneo attraverso una fotografia che diventa strumento di interpretazione, diventando essa stessa opera d’arte. Al pari della “carne viva” delle sublimi sculture di Canova, la forza del chiaro- scuro sentenzia il potere dell’immagine di Zonta, che sembra rubare la linfa vitale da quella “carne viva”. Sempre dal 29 ottobre al Museo Correr saranno esposte le medaglie canoviane tratte dal medagliere del museo. Leggi anche:• Canova in Umbria: una storia da riscoprire

Rubens e Genova. Sulle tracce di una storia d’amore

132433 Peter Paul Rubens Violante Maria Spinola Serra Buscot Park HD The Faringdon Collection Trust Buscot Park Oxfordshire

Nel 1622 Pieter Paul Rubens dava alle stampe ad Anversa il volume Palazzi di Genova, un’antologia illustrata delle più belle dimore della città nel momento del suo massimo splendore. Negli anni precedenti, l’artista fiammingo aveva visitato più volte la Superba al seguito del duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga. Aveva così avuto modo di apprezzare tesori e bellezze di una delle capitali economiche e finanziarie dell’Europa di allora, intrecciando rapporti con influenti personaggi dell’aristocrazia e lasciando in città dipinti memorabili. A 400 anni dall’omaggio di Rubens, Genova contraccambia con una grande mostra a Palazzo Ducale. A cura degli storici dell’arte Anna Orlando e Nils Buttner, fino al 22 gennaio 2023 Rubens e i Palazzi di Genova presenterà al pubblico oltre 100 opere appartenenti a collezioni italiane e internazionali, da scoprire insieme ai capolavori conservati in città in un itinerario diffuso tra chiese, palazzi e musei. “Un evento di respiro davvero internazionale, che ha visto la partecipazione di studiosi, università e istituzioni museali fiamminghe, tedesche e genovesi”, ha spiegato Buttner. Grazie a questo importante lavoro di ricerca preliminare, l’esposizione offre stuzzicanti novità intorno ad alcuni capolavori dell’artista di Anversa, ma soprattutto “punta a emozionare i visitatori restituendo il senso di meraviglia che Rubens provò arrivando a Genova”, racconta Orlando.Palazzo Spinola Doria, dal volume Palazzi di Genova di Pieter Paul Rubens, 1622. Incisione attribuita a Nicolaes Rijckmans sotto la supervisione di Pieter Paul Rubens. Rijksmuseum, Amsterdam“Questa operetta farà fede al mondo della singolar affezion mia”, scriveva il pittore all’inizio di un libro che è una dichiarazione d’amore – e che sarà presto disponibile in una nuova edizione per i tipi Electa. La mostra è dunque un’occasione viaggiare nel mondo di Rubens sulle ali di opere meravigliose, ma anche per guardare Genova attraverso i suoi occhi e rivivere un incontro che ha segnato la storia dell’arte europea. In concomitanza con la mostra, infatti, aprono al pubblico i Palazzi dei Rolli, sontuosi edifici cinquecenteschi che ancora oggi raccontano il secolo d’oro della Superba. Dal 14 al 16 ottobre, in occasione dei Rolli Days, sarà possibile ammirarli in visite condotte da giovani divulgatori, per conoscere da vicino architetture e opere d’arte (compresi alcuni Rubens inamovibili) ed entrare in contatto con la storia di una città che ha in serbo molte sorprese. Sono più di 40 i siti coinvolti nell’iniziativa, tra palazzi, chiese e ville un tempo fuori dalle mura urbane, da scoprire in un grande evento animato da spettacoli e concerti.Rubens a Genova, allestimento a Palazzo Ducale. Foto Francesco Margaroli per Electa La grande mostra a Palazzo DucaleIntrodotta dalle parole di ammirazione che Rubens dedicò all’architettura e alla vita nella Repubblica di Genova, l’esposizione di Palazzo Ducale è un viaggio denso di bellezza e curiosità nell’universo del pittore cinquecentesco. Tra le gemme disseminate lungo il percorso troviamo l’Autoritratto del pittore in prestito dalla Rubenshuis di Anversa e i bozzetti (che sembrano a tutti gli effetti opere finite) per le spettacolari pale della Circoncisione e del Miracolo di Sant’Ignazio, tuttora conservate nella vicina e bellissima Chiesa del Gesù.Pieter Paul Rubens, Circoncisione, 1604. Chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea, Genova I Pieter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia CommonsMa la vera star della mostra è un ritratto femminile che ha lasciato in via del tutto eccezionale il Regno Unito. Se fino a poco tempo fa il Ritratto di Dama del Faringdon Collection Trust era un’immagine senza nome, gli studi condotti in occasione dell'esposizione hanno permesso di identificarvi la gentildonna genovese Violante Maria Spinola Serra. Tra le specialità di Rubens, il ritratto di corte è protagonista di un’intera sezione: il confronto con i dipinti dei colleghi autorizza a parlare di un’autentica rivoluzione in nome della fluidità e della naturalezza, un passaggio che avrebbe segnato profondamente il futuro del genere ritrattistico.Un enigma ancora da decifrare aleggia invece attorno alla tela del Cristo risorto che appare alla Madre. Le indagini diagnostiche hanno svelato la presenza di un ulteriore dipinto nascosto sotto la sua superficie, mettendo i restauratori davanti a un dilemma: distruggere il secondo Rubens per portare alla luce il primo? Una soluzione intermedia ha permesso di mostrarne un frammento, aprendo una finestra sul mistero.Rubens a Genova, allestimento a Palazzo Ducale. Foto Francesco Margaroli per Electa  Nell’allestimento la storia dell’arte europea e quella di Genova scorrono parallele alle vicende del protagonista: opere di maestri contemporanei italiani e fiamminghi – da Frans Pourbus a Sofonisba Anguissola, fino a Luca Giordano - delineano l’affresco di un’epoca, mentre l’incontro con committenti prestigiosi come i Pallavicini e i Serra è il punto di partenza per gustosi inside nel passato della Superba e nella vita professionale del pittore. Dai soggetti sacri ai ritratti, dalle nature morte ai dipinti mitologici, ogni quadro regala uno spunto da seguire per toccare con mano la vita di Genova ai tempi di Rubens, quando Sampierdarena era un paradiso di ville e giardini e il vestito di una signora valeva quanto un galeone.Palazzo Nicolosio Lomellino, giardino. Foto L. ZeppaNella Genova di Rubens per i Rolli DaysRubens ha vent’anni quando vede Genova per la prima volta. È un colpo di fulmine. Ad affascinarlo sono la raffinatezza della cultura e dei costumi, la bellezza delle donne, le architetture. I palazzi della Superba gli appaiono eleganti, ma soprattutto moderni e ben organizzati. Ventidue anni dopo raccoglierà piante, prospetti e decorazioni in un volume dedicato ad Anversa, la sua città natale, augurandosi che il modello genovese possa essere di ispirazione per il rinnovamento del porto fiammingo, che con Genova condivide la vocazione al viaggio, ai commerci e alla finanza. Dopo 400 anni gli edifici amati da Rubens sono ancora lì, pronti ad aprire le porte in occasione dei Rolli Days, l’evento che celebra i Palazzi dei Rolli, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2006. Oggi ospitano residenze, banche, uffici pubblici e privati, ristoranti, musei, declinando al presente gli splendori del secolo d’oro. Molti si trovano sulla monumentale via Garibaldi, costruita nel Cinquecento sulla base dei canoni vitruviani allora in voga: come tante piccole Versailles, gli edifici della cosiddetta “Strada Nuova” esprimono la ricchezza e la cultura delle numerose famiglie che si spartivano il potere nell’antica Repubblica. Durante il prossimo weekend sarà possibile ammirarli insieme a chiese, ville e altri siti storici, con la guida di divulgatori pronti a condividere segreti e curiosità sulle architetture, le opere d’arte e i personaggi che li abitarono.Palazzo Spinola, Foto CA Alessi Ma che cosa sono i Rolli? Il nome fa riferimento ai registri in cui, tra il XVI e il XVII secolo, erano elencati gli edifici destinati all’ospitalità di stranieri facoltosi in visita a Genova. Diversamente da quanto potremmo aspettarci, infatti, i Palazzi dei Rolli non erano semplici residenze, bensì foresterie di lusso divise in categorie come gli attuali alberghi a tre, quattro o cinque stelle. I proprietari – nobili, banchieri e grandi mercanti – sostenevano volentieri le spese necessarie a mantenerli e aggiornarli periodicamente (pena la decadenza nella categoria inferiore), in cambio degli affari derivanti dall’incontro con principi e imprenditori in visita in città. Pare che in tutta Genova i Palazzi dei Rolli fossero più di 160, e questo basta a dare la misura della florida e dinamica economia del secolo d’oro. Entrare oggi in questi edifici è un’esperienza che sollecita la mente e le emozioni: nonostante i cambi di destinazione intercorsi, ogni palazzo è uno scrigno di bellezza, un mondo di storie, suggestioni e memorie da scoprire. Uno dei fili per esplorare l’immenso giacimento dei Rolli è rappresentato naturalmente dal legame con Rubens, ma non è il solo.Pieter Paul Rubens, Giovan Carlo Doria,1606, Olio su tela, 188 x 265 cm Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola © Su concessione del Ministero della Cultura - Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola I Palazzi dei Rolli: sei gioielli da non perdereA Palazzo Spinola, per esempio, Rubens ha lasciato il celeberrimo Ritratto di Gio Carlo Doria, un dipinto che fece prima scalpore, poi tendenza: per la prima volta, infatti, un uomo d’affari si faceva rappresentare a cavallo, un privilegio fino ad allora riservato ai Reali e ai grandi condottieri. Affreschi di Luca Giordano e una strepitosa quadreria introducono alla preziosa Galleria degli Specchi settecentesca, che in occasione dei Rolli Days sarà illuminata da candele enfatizzando gli effetti ottici escogitati dai progettisti. Al XVIII secolo appartiene anche la cucina con montacarichi e ronfò a carbone, che restituisce un vivido scorcio di vita quotidiana. Percorrendo una caratteristica creuza, invece, si giunge a Villa Pallavicino delle Peschiere, un tempo fuori dal nucleo urbano e oggi sede di una società di assicurazioni. Tobia Pallavicino, monopolista nell’estrazione dell’allume nelle cave papali dopo Agostino Chigi, la volle simile alla Villa Farnesina di Roma. I cicli affrescati del Sole e della Luna seguono il moto reale degli astri come prescritto da Vitruvio, mentre le pareti decorate in trompe-l’oeil danno l’illusione di trovarsi in un giardino rinascimentale. Affacciandoci da una delle logge panoramiche, riviviamo l’emozione di Charles Dickens, che da qui ammirò Genova illuminata dai fuochi d’artificio del Capodanno 1845.Palazzo Tobia Pallavicino, Galleria Dorata Tornando su via Garibaldi, il Palazzo Angelo Giovanni Spinola lascia senza fiato. Se il primo padrone di casa, banchiere dell’imperatore Carlo V, fece le cose in grande, i marchesi Clavarino che lo hanno acquistato di recente ce la mettono tutta per non essere da meno. In sei anni hanno arredato i tre piani dell’edificio con mobili, accessori preziosi e opere d’arte coerenti con la sua storia. Lasciato il gigantesco salone affrescato, una sorpresa attende gli ospiti: un Rubens ritrovato con una strana storia da raccontare. Soggetto del quadro è Giovanna Spinola Pavese, elegantissima sotto un arco fiorito. Fino al 2004 si credeva che il dipinto originale fosse conservato a Bucarest, presso il National Museum of Art of Romania. Poi il colpo di scena. Le vere sembianze di Giovanna sono tramandate in questa tela di collezione privata: l’altra è una gentildonna senza nome che, apprezzato il ritratto, ne ordinò uno identico a eccezione del volto! Per confrontare le due versioni basta visitare la mostra su Rubens a Palazzo Ducale.P. P. Rubens, Giovanna Spinola Pavese, 1604–1605 ca., olio su tela, 247×147 cm. Bucarest © The National Museum of Art of Romania Lavorare ogni giorno tra affreschi e stucchi d’epoca è il vostro sogno? Per i dipendenti della Camera di Commercio di Genova (Palazzo Tobia Pallavicino) e della Banca di Chiavari (Palazzo Pantaleo Spinola Gambaro) è una realtà. Anche questi saranno aperti al pubblico in occasione dei Rolli Days, con la sfarzosa Galleria Dorata di Lorenzo De Ferrari, le illusioni barocche di Domenico Piola e una nutrita quadreria fiamminga che testimonia gli stretti legami tra il Mediterraneo e i porti del Nord.Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, Sala dell'estate. Foto L. Zeppa L’itinerario dei Rolli si spinge fino al Settecento a Palazzo Rosso, appartenuto ai Brignole Sale e oggi tra le sedi dei Musei di Strada Nuova.  Giunta intatta fino a noi, la collezione di dipinti dei padroni di casa rispecchia il gusto dei collezionisti genovesi tra il XVI e il XVIII secolo e include alcuni monumentali ritratti di Anton Van Dyck, l’allievo favorito di Rubens. Gli affreschi di Gregorio De Ferrari per le Sale della Primavera e dell’Estate, invece, stupiscono con effetti speciali: alzando gli occhi verso i bordi delle volte, si noterà come la pittura sconfini negli stucchi colorati senza soluzione di continuità, dando improvvisamente tridimensionalità alle figure.Appartamento delle Mezzarie, Sala della Grotta I Courtesy Comune di Genova La sorpresa più interessante, tuttavia, è nascosta nel mezzanino, un insolito gioiello che invita a curiosare nella vita privata dell’aristocrazia. Sistemati moglie e figli ai piani nobili, il nobile Anton Giulio II Brignole Sale curò la decorazione del proprio appartamento personale in uno spazio intimo, dai soffitti bassi, disseminato di specchi e porticine orientaleggianti. La sala da pranzo riprende il topos barocco della “grotta” con decori simili a quelli – ormai perduti - del romitorio di Palazzo Colonna a Roma e statue che originariamente funzionavano come fontane. Spettacolare è la camera da letto con l'alcova ornata da uno scenografico drappo di stucco, il soffitto che simula un cielo stellato e il pavimento in parquet originale del Settecento, mentre la piccola sala da bagno invita al relax con affreschi a tema lacustre. Per prenotare le visite dei Rolli Days, consultare l’elenco completo dei luoghi coinvolti e il programma degli eventi collaterali, il sito internet di riferimento è https://www.visitgenoa.it/rollidays-online.Palazzo Nicolosio Lomellino. Foto C. SeverinoLeggi anche:• A Genova riapre Palazzo Rosso, la "casa" di Van Dyck e Guido Reni

L’incredibile talento di Mr.Hershey Felder

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Raccontare Hershey Felder non è cosa semplice. Pianista, attore, regista e drammaturgo noto per le sue interpretazioni di compositori classici e americani sui palcoscenici musicali d’oltreoceano, è soprattutto un artista - come l’ha definito la rivista American Theater - ‘che appartiene a una categoria tutta sua’. Lo incontriamo a Venezia per la presentazione della sua ultima opera:  “Chopin and Liszt in Paris” un film che mette in scena la storia della rivalità e delle relazioni di due dei più grandi compositori per pianoforte mai vissuti in Europa nell’Ottocento. Non è un film nel senso tradizionale del termine e non è un documentario. Quello scritto, diretto e interpretato sul palcoscenico da Hershey Felder è uno spettacolo teatrale e un racconto musicale che mette in scena in musica e in parole la storia di vita dei due protagonisti il tutto filmato nei luoghi di Parigi dove i personaggi hanno vissuto. Al fianco di Felder, che interpreta Franz Liszt, un altro grande virtuoso del pianoforte di fama internazionale, Boris Giltburg che porta sul palcoscenico il genio Frederic Chopin e un cast che vede Debi Mazar nei panni di George Sand, Sally George nel ruolo della principessa Carolyn Wittgenstein e Jonathan Silvestri nella parte di Eugene Delacroix. I suoi show musicali hanno preso questa forma - quello del film da vedere in streaming sulla piattaforma Hershey Felder Presents - durante il periodo più difficile della pandemia, proprio quando Felder si era trasferito a vivere in Italia assieme alla moglie, l’ex primo ministro canadese, Kim Campbell.Hershey nel tuo sito definisci i tuoi spettacoli ‘musical storytelling’. Ci racconti come sei arrivato a questa originale formula di spettacolo ?“E’ la storia dell’incontro di due mie grandi passioni, che ho coltivato sin dall’infanzia: la recitazione e il pianoforte. Due mondi che per molti anni sono stati separati e che, un po’ per fortuna, un po’ per caso si sono infine incontrati quando avevo 27 anni.A quel tempo lavoravo per la Steven Spielberg Shoah Foundation. Parlando francese e yiddish mi trovai a raccogliere le testimonianze orali di alcuni sopravvissuti dell’olocausto. Una storia che mi colpì molto fu quella di Helmuth Spryzcer che da giovanissimo ad Auschwitz veniva costretto ad intrattenere i soldati nazisti fischiettando la melodia di ‘Rhapsody in Blue’ uno dei brani più celebri composti da Gershwin. Ne feci un racconto musicale e riuscii a convincere la famiglia Gershwin, che inizialmente era contraria a questo racconto di vita così oscuro, a lasciarmi portare in scena lo spettacolo dove io avrei recitato, suonato Gershwin e messo in scena l’intera vicenda. Era un piccolo teatro sul Sunset Boulevard a Los Angeles, ma in poco tempo, grazie al passaparola, lo show divenne un grande successo così che una sera a teatro veniva Neil Simon, quella dopo Mel Brooks o Annette Bening con il marito Warren Beatty...e un’infinità di personaggi famosi” Ho visto uno dei tuoi spettacoli, quel “Gershwin Alone” che hai registrato al Teatro Verdi di Firenze nel 2021 …“E’ uno dei miei spettacoli più conosciuti, l’ho portato oltre tremila volte sul palcoscenico in teatri prestigiosi di Broadway, Londra, Los Angeles, Chicago, San Diego, San Francisco, Boston, Philadelphia, Washington. Quello che hai visto è la registrazione del concerto che abbiamo trasmesso in streaming in diretta nel settembre dello scorso anno. E’ un one man show porto sul palcoscenico, suonando, cantando e recitando alcune delle canzoni più famose di Gershiwin da "The Man I Love" e "Someone to Watch Over Me", attraverso i successi di “An American In Paris” e “Porgy and Bess”, fino a una performance completa di Rhapsody In Blue”Tremila rappresentazioni .. sembra un numero enorme..“La mia vita prima della pandemia, per 27 anni, è stata sempre sul palcoscenico. Tutte le sere per 320 spettacoli all’anno. Non solo Gershwin naturalmente. Ho messo in piedi molte produzioni raccontando la musica e la vita di alcuni dei più grandi compositori e musicisti di tutti i tempi. Da Leonard Bernstein a Irvin Berlin, Chopin, Beethoven, Tchaikovsky, Claude Debussy per citarne alcuni. Il primo tentativo di spettacolo in live streaming l’ho fatto nel maggio del 2020 con “Hershey Felder as Irving Berlin”... direttamente da casa mia. L’idea era di aiutare e far squadra con alcuni dei teatri, tra cui il San Diego Repertory Theatre, con cui normalmente collaboro portando i miei spettacoli dato che con la pandemia l’intero settore era fermo in Italia come in America. Fu anche questo subito un successo, abbiamo nella prima stagione abbiamo staccato oltre 80,000 biglietti da 50 dollari per quello spettacolo, raccogliendo 4 milioni di dollari in un'operazione che è andata a supportare teatri e artisti in difficoltà per la pandemia, così come diverse organizzazioni italiane a Firenze e dintorni. Ho così continuato con questi eventi live con “Hershey Felder as Beethoven” per infine passare alla formula del film vero e proprio con “Dante and Beatrice in Florence” uno spettacolo di cui ho scritto sia la sceneggiatura che la colonna sonora, ho co-diretto e dove ho interpretato due ruoli oltre a suonare il piano e cantare. Naturalmente anche Firenze e i suoi luoghi meravigliosi divengono il set dove si svolge il racconto. L’Italia è il palcoscenico ideale, un set naturale, dove raccontare molte storie. Ed è probabilmente l’unico luogo dove avrei potuto creare una compagnia cinematografica di questo tipo. E’ la bellezza dell'Italia che consente di creare i tanti mondi di molti grandi artisti viaggiando in luoghi meravigliosi, in città straordinarie come Firenze o Venezia che ti consentono di ambientare una moltitudine di racconti. Anche qui la formula per raggiungere il pubblico è il video on demand.”Come scegli le storie da raccontare ?“Ogni mio spettacolo, ogni incontro con un artista ha una sua origine. Tutto ha inizio dallo studio dell’artista che voglio raccontare. Una ricerca che partendo dalla musica cerca di ricostruire le storie che hanno condotto l’artista a scrivere i brani che ha composto, in quel particolare momento della sua vita. E non si tratta solo di suonare e interpretare queste musiche, ma di calarmi nella parte del protagonista, con abiti e acconciature adeguate, dando loro corpo e voce …”I tuoi talenti spaziano in molti campi, il pianoforte e la recitazione su tutti … da dove inizi ?“Mi piace citare un aneddoto attribuito al fratello di George Gershwin, Ira .. quando gli domandavano viene prima la musica o i testi ? la sua risposta era che i contratti venivano prima di tutto ! Ho dovuto creare la mia compagnia teatrale molto presto per produrre i miei spettacoli che nessun teatro voleva prendere il rischio di finanziare. Se il business è a posto, se sei in grado di pagare il tuo lavoro e di quelli che collaborano con te, è una buona base di partenza. Invece tanti artisti passano il loro tempo a girare, girare, aggiustare questa pagina e aggiustare quella pagina e aggiustare la pagina successiva e va tutto bene, ma se non c'è fine .. se sei bloccato a riscrivere la tua sceneggiatura è un po' come essere eternamente all'inferno. La verità è che non ho mai voluto che qualcun altro decidesse per me se mi era permesso raccontare una storia o meno. Essere l’imprenditore di me stesso è più rischioso, ma mi offre in cambio molta libertà”—-------I film e gli show di Hershey Felder sono disponibili anche per il pubblico italiano sul suo sito Hershey Felder Presents (https://www.hersheyfelder.net/) . Le formule sono le più varie e comprendono la vendita di abbonamenti stagionali e quello dei singoli titoli on demand. Tra le produzioni più interessanti “Violetta”, basato sulla Traviata di Giuseppe Verdi e “Mozart e Figaro a Vienna”, basato sulle Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo da Ponte.

Dalla stagione “barocca” alla neometafisica, Giorgio de Chirico in arrivo a Bologna

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In un emblematico autoritratto, un Giorgio de Chirico in abiti antichi si confronta con i maestri del passato, prendendo le distanze dalla modernità e dai dogmi del Novecento. Opera fondamentale della “stagione barocca”, Autoritratto nel parco con costume del Seicento del 1956 guida la prima fase della pittura dechirichiana quando, dal 1938 al 1968, il pittore si ispira a Rubens e ai grandi maestri del calibro di Dürer, Raffaello, Delacroix. Dal 13 ottobre al 12 marzo anche il visitatore di Palazzo Pallavicini, a Bologna, è invitato a condividere questo duplice sguardo sulla pittura dell’artista di Volos, protagonista del percorso De Chirico e l’oltre. Dalla stagione «barocca» alla neometafisica (1938-1978) a cura di Elena Pontiggia e Francesca Bogliolo. Prodotta e organizzata da Pallavicini Srl in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, la mostra ripercorre due importanti momenti della pittura del maestro attraverso oltre settanta opere provenienti dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma. Giorgio de Chirico, Interno metafisico con pere, 1968, Olio su tela, 65 x 80 cm, firmata "g. de Chirico 1968" © Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, © Giorgio De Chirico by SIAE 2022La prima sezione, che pone sotto la lente la stagione “barocca”, si sviluppa dal 1938 al 1968, quando de Chirico, dopo aver lasciato Parigi nel 1939, torna in Italia, dividendosi fra Milano e Firenze, prima di trasferirsi definitivamente nella città eterna. Le opere di questi anni non sono realiste, ma mirano a creare un mondo ideale e irreale, una finzione più vera del vero. Dietro il loro apparente naturalismo le opere “barocche” sono ancora meta-fisiche, rappresentano una natura che in natura non esiste. Da questo punto di vista si ritrovano in mostra il celebre Autoritratto nudo del 1945 e l’emblematico Autoritratto nel parco con costume del Seicento del 1956. Tra le altre opere fondamentali della stagione “barocca”, la mostra presenta Natura morta ariostesca, 1940, La pattinatrice, 1940 (il ritratto della moglie Isabella come allegoria dell’inverno), la serie di Villa Medici, mentre uno dei primi esempi di de Chirico scultore è rappresentato dalla terracotta Bucefalo del 1940.Giorgio de Chirico, Le maschere, 1970, Olio su cartone, 18 x 25.5 cm, firmata "g. de Chirico" © Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, © Giorgio De Chirico by SIAE 2022 Il decennio 1968-78 coincide invece con la stagione neometafisica, alla quale è dedicata la seconda parte del percorso di Palazzo Pallavicini. Sono gli anni in cui de Chirico ritorna a dipingere gli emblematici manichini, le Piazze d’Italia e altri enigmi, ricchi di nuove invenzioni ed elaborazioni, reinterpretando con ironia e in forme più distese i temi del passato che si caricano adesso di colori più accesi, di un’ ironia più accentuata, di toni giocosi non privi di qualche malinconia. Alla pittura pastosa della stagione “barocca”, l’artista sostituisce una pittura fondata sul disegno e sulla costruzione nitida delle forme. Capolavori come Ettore e Andromaca, Il sole sul cavalletto, I bagni misteriosi, Le muse inquietanti, Visione metafisica di New York, 1975 ripercorrono questa fase. Il percorso espositivo è aperto da giovedì a domenica dalle 11 alle 20. La biglietteria chiude un’ora prima, con ultimo ingresso alle 19. Leggi anche:• De Chirico e l'oltre. Dalla stagione "barocca" alla neometafisica

Zerocalcare. Dopo il botto

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Zerocalcare (Michele Rech), classe 1983, fumettista italiano tra le figure più interessanti, complesse e di denuncia della scena culturale contemporanea - dopo il grande successo riscosso con l’omonima serie Tv - sarà protagonista di una grande mostra personale che si terrà a Milano negli spazi della Fabbrica del Vapore dal 15 dicembre 2022 al 7 aprile 2023.La mostra Zerocalcare. Dopo il botto è ideata da Silvia Barbagallo, prodotta da Minimondi Eventi e Arthemisia, promossa dal Comune di Milano-Cultura negli spazi della Fabbrica del Vapore ed è curata da Giulia Ferracci. La frammentazione di alcune battaglie sociali all'indomani della pandemia; l'accrescimento delle paure all'epoca di una crisi globale e di un conflitto nel cuore dell'Europa; il forzato isolamento e la solitudine che hanno inevitabilmente generato disgregazione e causato la perdita di contatto con la realtà; la politica e le resistenze.Attraverso oltre 500 tavole originali, video, bozzetti, illustrazioni e un’opera site specific, questi sono solamente alcuni dei temi al centro di questaimportante esposizione milanese.“Il meteorite non sta cadendo. È caduto. – dichiara Zerocalcare - Il covid ci ha dato la possibilità di ripensare la società, di tiare fuori uno spirito diverso, più attento agli altri e alla collettività ma non è accaduto. La mostra parla di tutto questo”.“Dopo quattro anni, vari nuovi libri, una serie televisiva di successo torna a Milano una nuova grande mostra di Zerocalcare – spiega Silvia Barbagallo - che come sempre ci porta ad alzare lo sguardo e a riconoscere tutta quella rete di rivolta, di speranza che non si spegne e che vale la pena di riconoscere e tenere viva”. Tutti libri di Zerocalcare sono pubblicati in Italia da Bao Publishing. 

I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone

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La Città di Vicenza annuncia l’esposizione “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, che sarà allestita all’interno della Basilica Palladiana dal 22 dicembre 2022 al 7 maggio 2023.La mostra, curata dal Museo Egizio, da Cédric Gobeil, Paolo Marini, Corinna Rossi, sotto il coordinamento del direttore del Museo Egizio, Christian Greco, costituisce la terza e ultima tappa del ciclo di eventi di rilievo internazionale “Grandi Mostre in Basilica”, ideato dalla Città di Vicenza per valorizzare le eccellenze culturali della città. La mostra verrà presentata ufficialmente alla stampa lunedì 17 ottobre alle 12.00 a Vicenza, a Palazzo Trissino, alla presenza del direttore Christian Greco e dei curatori, che insieme all’Amministrazione cittadina approfondiranno i temi del percorso espositivo. Capolavori della statuaria, ricche tombe e sarcofagi decorati, rotoli di papiro, bassorilievi e stele dipinte di straordinaria bellezza permetteranno di ricostruire la vita quotidiana dell’antico Egitto. Un viaggio ideale, dalla Basilica Palladiana alla Tebe monumentale di 3300 anni fa, per raggiungere il piccolo villaggio di Deir el-Medina dove disegnatori, scribi e artigiani lavoravano per costruire e decorare le tombe dei faraoni nelle vicine Valli dei Re e delle Regine. Accanto ai preziosi reperti una serie di spettacolari installazioni multimediali, esperienze immersive e riproduzioni in 3d consentiranno di ampliare i confini della cultura materiale.La mostra è ideata e promossa dal Comune di Vicenza e dal Museo Egizio in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vi­cenza; la promozione e l’organizzazione sono curate da Marsilio Arte, che ne pubblica il catalogo.

Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye

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Dal 4 marzo 2023 Fondazione Palazzo Strozzi presenta Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye, mostra che propone una selezione di opere dei più importanti artisti contemporanei internazionali, tra cui Maurizio Cattelan, Sarah Lucas, Damien Hirst, Lara Favaretto, Cindy Sherman, William Kentridge, Berlinde De Bruyckere, Josh Kline, Lynette Yiadom-Boakye, Rudolf Stingel celebrando a Firenze i trent’anni della Collezione Sandretto Re Rebaudengo, una delle più famose e prestigiose collezioni italiane d’arte contemporanea.Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Reaching for the Stars esplora le principali ricerche artistiche degli ultimi quattro decenni attraverso una costellazione di opere che verranno esposte in tutti gli spazi di Palazzo Strozzi, dal Piano Nobile alla Strozzina, con una speciale nuova installazione per il cortile rinascimentale. Tra pittura, scultura, installazione, fotografia, video e performance, il progetto esalta il dialogo tra Palazzo Strozzi e l’arte contemporanea proponendo ai visitatori un percorso alla scoperta delle grandi stelle dell’arte globale degli ultimi anni insieme a uno sguardo alle più giovani generazioni.