Super Green Pass sul lavoro ma il governo pensa anche all’obbligo di vaccino per gli over 18

Mercoledì la decisione. Draghi preferisce il 2G sull’impiego ma sindacati, imprese e Pd spingono per l’imposizione. Sul vaccino per tutti i dubbi delle sanzioni. Brunetta: “È l’ora del certificato rafforzato”
ROMA – Il 5 gennaio il governo renderà obbligatorio il vaccino per il mondo del lavoro. Chi è ancora No Vax, avrà a disposizione due settimane per sottoporsi alla prima dose e mettersi in regola. La novità di queste ore, però, è che l’esecutivo potrebbe spingersi addirittura oltre. Il consiglio dei ministri, infatti, sarà chiamato a decidere tra due opzioni. La prima, come detto, è il 2G per i lavoratori. La seconda è l’obbligo vaccinale generalizzato, valido quantomeno per l’intera popolazione over 18. Mario Draghi è convinto del primo scenario e lo considera cosa fatta. Ma in queste ore la pressione per una soluzione ancora più radicale — l’obbligo duro e puro, appunto — cresce e coinvolge imprese, sindacati, ampi settori della maggioranza, partner europei.
Un passo indietro. La svolta del 2G — vale a dire la possibilità di lavorare solo se vaccinati o guariti dal Covid — era pronta già il 29 dicembre. Fu bloccata da Giancarlo Giorgetti e dal Movimento. Ma che l’opzione sia matura lo conferma Renato Brunetta, convinto che a fronte dell’impennata dei contagi sia necessario rafforzare la strada intrapresa: «È il momento del Super Green Pass sul lavoro — spiega il ministro della Pubblica amministrazione — Ed è una scelta in coerenza con quanto decidemmo a ottobre con il Green Pass, una storia di successo che ha permesso di contemperare aperture e sicurezza, garantendoci un vantaggio sul resto d’Europa». La soluzione del 2G, insomma, è alle porte. A meno che una variabile non intervenga a modificare il quadro: i dati sulle ospedalizzazioni.
La sera del 31 dicembre, un gruppo di tecnici di diversi Paesi europei e del G7 si sono ritrovati in videoconferenza per fare il punto sui numeri dei ricoveri registrati nel Regno Unito, triste avanguardia dell’ondata di Omicron e indicatore obbligato per comprendere l’evoluzione dell’emergenza. Ne hanno ricavato una prima certezza: la nuova variante ospedalizza meno della Delta. Non è chiaro — e servirà qualche ora per capirlo — se la velocità del contagio vanifica la minore aggressività, mettendo comunque in crisi gli ospedali. In ogni caso, è considerato certo un nuovo picco di ricoveri. Quanto grave è ancora da stabilire.
Di certo c’è che i due terzi di chi oggi finisce in terapia intensiva sono No Vax. Certo è anche lo scudo rappresentato dalla dose booster. Altamente probabile, inoltre, è lo scenario alle porte: duecentomila positivi al giorno già in settimana. Da qui la spinta verso l’obbligo, che avrebbe anche il merito di imporre un messaggio forte e chiaro al Paese. Trova favore nel Pd, ovvio consenso nel ministro della Salute Roberto Speranza, adesioni in Forza Italia, sostegno nei sindacati (la Cgil lo chiedeva già in autunno). In Europa, poi, il clima è lo stesso: la Germania si appresta a imporlo, e altre Cancellerie seguiranno. Esistono però anche dei dubbi, rilevanti. E problemi giuridici non da poco: che succede se ad esempio un avvocato non è vaccinato? Se un imputato è No Vax? E chi deve sporgere una denuncia in una stazione di polizia, può accedere? Molti problemi ruotano inoltre attorno alla sanzione: è politicamente sostenibile una multa inflitta a pensionati e disoccupati? Infine i minori: la regola sarebbe estesa anche ai minori? L’orientamento, nel caso si decidesse per questa soluzione drastica, sarebbe comunque quello di far valere l’obbligo solo per gli over 18, in modo da superare i veti del Carroccio e dei 5S.
Tutti ragionamenti che sembrano far propendere per la soluzione del 2G. Che ha il vantaggio di “coprire” la popolazione attiva sul lavoro — in particolare 40enni e 50enni — spesso veicolo di contagio a causa dell’ampia rete relazionale. E che sembra aver superato alcune resistenze politiche. Proprio Brunetta, nell’ultima riunione dell’esecutivo, ha rassicurato i leghisti preoccupati dalla teorica carenza di tutela per i soggetti fragili in caso di estensione del Super Pass: questa categoria è in realtà già garantita dagli ultimi decreti e lo sarà fino alla fine dello stato d’emergenza, fissata al 31 marzo. Fino a oggi è bastata la certificazione medica per accedere allo smart working o essere destinati a mansioni diverse. È inoltre in arrivo un decreto interministeriale che definirà nel dettaglio le patologie per lo status di “fragile”. I non vaccinabili — dunque senza Green Pass — conservano comunque il posto. E le stesse tutele saranno eventualmente estese anche con il Super Green Pass nei luoghi di lavoro.

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