Sul tagliere dei formaggi… Parmigiano Reggiano, Piave e Ragusano
Il tagliere che qui proponiamo, composto da tre formaggi Dop, ha per tutti e tre la vacca come “madre” (origine del latte). Per due di essi il “padre” (territorio di provenienza) è il Nord, mentre per il terzo è il Sud insulare: la Sicilia. Età misurabile in mesi per due dei tre, in anni per il terzo. Scopriamoli insieme e cominciamo con il re dei formaggi: “Sua Maestà” il Parmigiano Reggiano Dop.
Parmigiano Reggiano Dop
È un formaggio a pasta dura, cotta e non pressata, prodotto con latte vaccino crudo ottenuto da animali allevati nella zona di produzione, alimentati prevalentemente con foraggi locali. La zona di produzione comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno, nella regione Emilia-Romagna; Mantova alla destra del fiume Po, nella regione Lombardia. Vero è che gran parte della produzione si concentra proprio nelle due province che di “Sua Maestà” evocano il nome: la provincia di Parma e la provincia di Reggio Emilia.
Le origini del Parmigiano Reggiano Dop risalgono al Medioevo, grazie all’opera dei monaci benedettini e cistercensi della pianura padana che, tra l’Appennino e la riva destra del Po, bonificarono le paludi e misero a coltura i pascoli necessari per nutrire le vacche. Il metodo di lavorazione è sostanzialmente lo stesso da nove secoli fa. Si utilizzano sempre e soltanto gli stessi tre essenziali ingredienti (latte, caglio e sale), senza alcun additivo né conservante.
Parmigiano Reggiano Dop
Per la produzione si impiega latte della mungitura serale, che rimane a riposo in vasche d’acciaio per tutta la notte. Dopo essere stato parzialmente scremato, il latte della sera viene travasato insieme a quello del mattino, nella caratteristica caldaia di rame a forma di campana rovesciata, senza l’aggiunta di alcun additivo. Viene poi addizionato il siero-innesto naturale e scaldato a 33°C. Una volta raggiunta la temperatura, viene aggiunto il caglio di vitello, ottenuto dallo stomaco di vitelli lattanti, fino alla coagulazione, che avviene in un quarto d’ora circa. La cagliata viene rotta in piccoli granuli e inizia quindi la fase di cottura fino a 55°C.
La massa ottenuta dopo la cottura e dopo la caduta dei granuli viene sollevata e tagliata in due. Indi, ogni massa è avvolta in un telo di lino e inserita in uno stampo di legno o teflon. Qui assume la forma caratteristica e riceve una
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