Sanità, denuncia del Forum: «In 10 anni persi 25mila posti letto in degenza ordinaria»

di Margherita De Bac

Le società scientifiche dei clinici coordinata da Cognetti: «Le case di Comunità sono insufficienti, servono più fondi e un collegamento tra centri di cura»

Il servizio sanitario nazionale è bersaglio di acerrime critiche. Il Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari (Fossc) torna ad attaccarlo con una sfilza di numeri negativi. In 10 anni, dal 2010 al 2019, persi 25mila posti letto di degenza ordinaria, diminuiti i centri di cura da 1.165 a 1054, prosciugata la platea dei dipendenti di oltre 42.300 unità tra medici, infermieri e altri operatori. Il definanziamento della sanità ha raggiunto i 37 miliardi, primi a soffrirne gli ospedali.

Pronto soccorso in tilt

«Già erano al limite dei loro mezzi, fiaccati da anni di politiche miopi. Dopo la pandemia rischiano di collassare», enumera i disastri Francesco Cognetti, presidente del Forum. Una delle conseguenze più evidenti è la crisi (periodica) dei pronto soccorso, sguarniti di personale. Non è un fenomeno nuovo. Il territorio resta a corto di servizi di prossimità e di servizi portati a casa del paziente che, se li ricevesse, non sarebbe costretto a cercarli altrove, nei luoghi che dovrebbero trattare i casi più gravi.

Case di comunità

Una svolta potrebbe essere l’applicazione della riforma delle cure primarie, da realizzarsi anche con i fondi del Pnrr. Prevista la creazione di case di Comunità, dove il cittadino dovrebbe trovare riunite tutte le competenze assistenziali: specialisti, medici di famiglia, diagnostica. Il ministro della Salute Roberto Speranza non nega i tagli e, in ogni occasione, ricorda che da quando è al governo (2019) il fondo sanitario è lievitato di 10 miliardi, ora sono 124.

Via al piano

Per Cognetti però anche il piano della medicina territoriale (contenuto nel Dm 71, licenziato con parere positivo il 20 maggio 2022 dal Consiglio di Stato, descritto come «in grado di fornire efficaci risposte» e valida alternativa all’ospedale) è insufficiente: «Chiediamo più risorse , riuniamoci attorno al tavolo per affrontare i gravi problemi. Serve un nuovo modello dove i centri di cura siano in collegamento».

Medici in pensione

La proposta «è di ripensare i parametri in base ai quali definire il numero dei letti nosocomiali. Devono diventare più di 350 per 100mila abitanti oggi disponibili fino a raggiungere la media europea di 500. Per quanto riguarda le terapie intensive, bisogna superare i 14 letti per 100mila abitanti. Quelli nuovi previsti durante la pandemia, sono rimasti sulla carta». C’è preoccupazione per il futuro visto che i medici di famiglia vanno in pensione al ritmo di 3mila l’anno mentre specializzandi e neolaureati tendono a voler completare il ciclo di formazione all’estero. Quelli che restano optano per specializzazioni meno rischiose e impegnative di medicina d’urgenza e rianimazione

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