Salento, invasione di Meduse nel mar Ionio: le zone più colpite

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Gli inglesi la chiamano «malva stinger» e la caratteristica più nota è la sua luminosità. Secondo i biologi il fenomeno è dovuto al riscaldamento dei mari. Colpita tutta la costa della provincia di Lecce

È difficile persino entrare in acqua. Farsi largo tra la rete fitta di tentacoli. In questi giorni, la costa salentina (mare Ionio) si è popolata di meduse. Tante, troppe. E per i bagnanti non è il massimo: il pericolo di subire forti irritazione alla pelle è concreto. I biologi sostengono che la loro numerosa presenza è un fenomeno che è andato via via ingrossandosi negli ultimi anni. C’è chi avanza la tesi dei cambiamenti climatici. Chi invece preferisce parlare di eventi che per quanto rari sono naturalmente ciclici. Fatto sta che le segnalazioni della presenza di migliaia di esemplari di Pelagia noctiluca (il nome scientifico della medusa), sono moltissime e giungono dall’intera costa ionica della provincia di Lecce (segnalazioni da Porto Cesareo, Gallipoli, Torre Lapillo).

Il nome

Gli inglesi la chiamano «malva stinger» e la caratteristica più nota è la sua luminosità tanto che si riconosce anche di notte. È comune nei mari tropicali e temperati caldi. L’aumento delle temperature e l’estate anticipata ne hanno favorito probabilmente l’invasione anche in Salento. Dove i bagnanti preferiscono starsene sulla spiaggia piuttosto che tuffarsi in acqua. Per i gestori degli stabilimenti balneari è un problema serio. Ci stanno provando a liberare tratti di mare. Barche, retini, massiccio impiego dei bagnini. Nulla però (per ora) è servito a migliorare la situazione. La lotta alle meduse si sta rivelando un’impresa impossibile.

I pescatori

La domanda è: quanto durerà il fenomeno? I pescatori e chi lavora di mare sono convinti che così come è arrivato ben presto sparirà, magari con il mutare delle correnti marine (correnti marine diverse più fresche possono eliminare il problema in modo naturale). Nell’aprile scorso una situazione simile si era creata nella zona di Trieste, sempre dovuta al riscaldamento improvviso del mare che poi nel mese di maggio ha raggiunto valori record. L’impressione è che ad ogni aumento delle temperature corrisponda la formazione di un habitat naturale per un genere di specie che normalmente vive in mari tropicali.

di redazione cronache

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