Rudolf Nureyev, la storia che non ha fine

A 30 anni dalla morte di Rudolf Nureyev, il ballerino che ha conquistato tutto e tutti, ritorna in auge un romanzo sulla sua grandiosa vita. L’autore qui rivela com’è nato il libro: in un pub di New York, ascoltando i racconti dell’infanzia a Dublino di un amico

Rudolf Nureyev aveva un legame speciale con l’Italia, non da ultimo con il piccolo arcipelago di Li Galli che acquistò nel 1988, all’età di cinquant’anni. Era una delle sue sette residenze, e fra le sue preferite, un luogo in cui, come perlomeno disse a un suo grande amico, gli sarebbe piaciuto morire. (In realtà, morì a Parigi, ma la sua ultima visita all’isola italiana avvenne nel settembre del 1992, a pochi mesi dalla morte). Fu lì, nella sua isola, che Rudi trovò il silenzio, la bellezza e la solitudine per provare almeno ad accettare la propria vita e la propria portentosa smania di vivere.

La spettacolare villa di fronte alla Costiera Amalfitana era, di per sé, una metafora della sua esistenza… arroccata in cima a un affioramento roccioso, in mezzo a un mare un tempo notoriamente solcato dalle sirene di Omero, in uno scenario di incommensurabile bellezza, eppure stranamente isolato.

C’era così tanto sull’isola di cui lui si potesse innamorare: i tramonti, la quiete, l’atmosfera del faro, la capacità di essere solo. E c’era un palcoscenico, un palcoscenico di Dio, un piccolo


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