Per vivere così, meglio morire

Un uomo può tollerare tante cose nella sua vita. La solitudine, che certo esiste ed è terribile, ma ha una sua dolcezza romantica e sublime. Così come la noia che, per dirla con Baudelaire, “farebbe facilmente della terra una rovina”, “in uno sbadiglio ingoierebbe il mondo” e “sogna patiboli fumando la sua pipa”.
Tutta questa situazione però, no, non è proprio sostenibile. Vivere in un mondo di mascherati, persone che si tirano su lo straccetto sanitario solo a vederti a 100 metri di distanza, che scandiscono l’anno non più in stagioni ma in dosi, è una sensazione terrificante, come da sani essere chiusi in manicomio.
Io ne sono sicuro, e di questo non vi potrò mai perdonare, mi porterete a morire. A furia di incontrarvi, di sentirvi, di leggervi che delirate in preda a un terrore senza giustificazione, mi farete venire qualcosa come un cancro psicosomatico.
Prima, in passato, appena qualche anno fa, in un’epoca che pare oramai non essere mai esistita, quantomeno uno poteva rifiutare l’umanità. Ci si poteva chiudere in casa la maggior parte del tempo, o sedersi solitari al bancone di una bar a consumare una birra, senza essere scocciati dalle vostre settantamila cautele da squilibrati. Si poteva stare lì a consolarsi dalla tristezza di essere vivi ascoltando Guccini (“Però che Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie/ Quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie”), leggendo Houellebecq o i versi di Vincenzo Cardarelli (Quando all’alba mi riduco,/ un estro mi piglia, una smania/ di non dormire./ E sogno partenze assurde,/ liberazioni impossibili”). Sì, tutto era ancora sopportabile persino le decine di relazioni finite a puttane – prassi a cui si faceva tutto sommato il callo.
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Ma, adesso, il moloch societario ha rivelato sé stesso senza ormai più alcun filtro. Entra nelle nostre case, ci rinchiude dentro, ci costringe a non avere più un volto, a nasconderlo, a esibire documenti, carte, codici. Non c’è via di fuga, siamo circondati. È il panopticon.
No, non è la lotta che spaventa. Ci sono uomini che hanno sopportato la carcerazione per decenni, che hanno ucciso e sono stati uccisi. Loro, però, avevano un ideale. Soprattutto, questi si riconoscevano come parte di una comunità da difendere – gli operai, la classe proletaria –, non un branco di invasati che rincorrono il cameriere per mostrargli fieri il green pass.
Mentre tutto crolla, qui, troppi fanno finta di niente. Col colpo di Stato in atto, loro giocano coi videogame o postano foto del loro fottuto gatto del cazzo. Queste sono cose che possono fare molto più male del manganello che scende pesante e tramuta le ossa in polvere. È una tranquillità surreale e malefica.
Se questa situazione non si ribalta completamente, molti di noi non ce la faranno, si ritroveranno putrefatti dentro prima ancora di essere cadavere. Se non ci uccideranno con le loro inoculazioni sospette, sarà per la vista del mondo che hanno creato. L’angoscia tramuta il sangue in un fiume ghiacciato. Meglio essere crivellato dai proiettili. Nessuno che voglia dirsi uomo può accettare di morire così.
Matteo Fais
Fonte: Il Detonatore.it

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