Paura, delirio e licenziamenti. La prima settimana di Musk

Il Twitter di Elon Musk parte con qualche difficoltà. Neanche il tempo di diventare ceo, che il tycoon ha già impresso il suo marchio di fabbrica all’azienda. Le novità sono tante: alcune rivoluzionare, altre realizzabili solo nel lungo periodo, tantissime quelle discusse con inevitabili conseguenze. Un po’ come se dovesse tastare il sentimento del pubblico, […]

Il Twitter di Elon Musk parte con qualche difficoltà. Neanche il tempo di diventare ceo, che il tycoon ha già impresso il suo marchio di fabbrica all’azienda. Le novità sono tante: alcune rivoluzionare, altre realizzabili solo nel lungo periodo, tantissime quelle discusse con inevitabili conseguenze. Un po’ come se dovesse tastare il sentimento del pubblico, Musk sta lanciando dal proprio profilo alcune idee per vedere la reazione che suscitano. Quella di un Twitter a pagamento, ad esempio, ha lasciato più di qualche dubbio tra gli utenti, che si interrogano sul reale vantaggio che ne deriverebbe. Così come ad avere dubbi sembrano essere sempre più aziende, che tentennano nel continuare a sponsorizzare il proprio brand sul social network. Inoltre, è in atto un vero e proprio repulisti interno, che parte dal vertice della piramide fino ad arrivare alla sua base.

Questo è forse uno degli aspetti più significativi, visto che riguarda direttamente il lavoro – e quindi la vita – delle persone. Musk ha da sempre parlato della necessità di apportare dei tagli tra i dipendenti, senza però specificare di che entità. Il primo atto da nuovo proprietario è stato quello di far fuori le figure centrali del Board: il ceo Parag Agrawal, il cfo Ned Segal, il capo del dipartimento legal policy, trust e security Vijaya Gadde e il general counsel Sean Edgett – per farsi aiutare nella gestione, Musk si è messo vicino il suo avvocato personale Alex Spiro e il venture capitalist David Sacks. Tutti loro hanno fatto gli scatoloni, dentro cui però hanno anche messo un bel po’ di milioni di dollari per consolarsi. Il problema, piuttosto, riguarda la forza lavoro.

Inizialmente si vociferava che i licenziamenti avrebbero riguardato il 25% del personale, ma


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