Napoli, investita e poi minacciata dal clan: «Dal coma alla vita, mi sento forte»

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di Monica Scozzafava

Veronica Carrasco è ancora in ospedale. Arrestati tre ragazzi, uno è il figlio 19enne di un boss

NAPOLI

– La vita di Veronica Carrasco riprende con il sorriso ancora incantato di una donna che pur avendo guardato la morte molto da vicino non l’ha mai temuta veramente («ho visto la luce, sempre»). Veronica è stata in coma e l’ultimo flash che custodisce in memoria è il frastuono della ambulanza, l’eco delle sirene. La sensazione di paura nei vicoli di Forcella, dove un mese fa era stata travolta da una moto che sfrecciava a tutta velocità mentre lei, appassionata di fotografie, guardava gli ultimi scatti seduta al tavolino all’aperto del ristorante del marito.
La rinascita della quarantenne di origini cubane coincide con le dimissioni dall’ospedale Cardarelli e l’arresto di tre dei quattro delinquenti che quel pomeriggio del 15 maggio ostentavano il dominio del quartiere napoletano mettendo paura a turisti, commercianti e residenti. Gli stessi che poi hanno fatto fronte comune per ribellarsi alla violenza metropolitana. Hanno denunciato, testimoniato. Hanno rotto il muro dell’omertà.

 

Travolta

Veronica, travolta dalla moto, è sul marciapiedi priva di conoscenza. Il marito corre a soccorrerla e si ritrova accerchiato da un branco di 15 ragazzi. Si sono precipitati lì per recuperare la moto e difendere gli amici. Per evitare che finissero nei guai. E, allora, minacce e ancora violenza. Con i coltelli puntati. «Non denunciate. Veniamo a prendervi, sappiamo dove abitate», urlano al marito di Veronica, Raffaele Del Gaudio.
Ai turisti offrono soldi in cambio del silenzio. Nella strada dove non ci sono telecamere, dove Veronica combatte tra la vita e la morte, gli occhi e le parole dei testimoni registrano il pomeriggio dell’orrore e diventano fondamentali per le indagini.
«Guardo avanti», racconta oggi Veronica, «e sento una forza dentro che non immaginavo di avere. C’è un prima e un dopo: la vita mi ha regalato un’altra grande opportunità: voglio uscire, tornare a fare foto. Ho bisogno di sorridere, di essere felice».

La svolta

La svolta nelle indagini sul suo ferimento e sulla violenta aggressione al personale del locale «Cala la pasta» avvenuta subito dopo ha consegnato alla giustizia tre giovanissimi. Non balordi qualsiasi, c’è anche Patrizio Bosti, 19 anni, nipote dell’omonimo capoclan e figlio del boss Ettore, condannato quest’ultimo con sentenza definitiva per associazione camorristica (è uno dei punti di riferimento dell’Alleanza di Secondigliano) a far parte di quel corteo in moto. È finito in carcere assieme al coetaneo Giorgio Marasco: sono indiziati di violenza privata e favoreggiamento personale aggravati dalle modalità mafiose.
È ai domiciliari invece Gennaro Vitone, di 21 anni, accusato di lesioni personali stradali con l’aggravante della fuga. I destinatari della misura cautelare sono in tutto quattro, ma uno di loro, per il quale il gip Leda Rossetti aveva disposto il carcere, si è reso irreperibile ed è sfuggito alla cattura.
In un garage di Forcella gli agenti della squadra mobile hanno trovato una motocicletta che potrebbe essere quella lanciata a tutta velocità sui tavoli del ristorante.

I ricordi

«Di quel pomeriggio di terrore ricordo poco», dice Veronica, «ma quella motocicletta continua a sfrecciare davanti ai miei occhi. Prima che ne fossi travolta l’avevo vista per due volte. Ho temuto per i bambini che erano per strada, sono rientrata nel locale e ho detto ai ragazzi: chiamate la polizia, questi uccidono qualcuno. Il tempo di tornare al tavolo, lo schianto e il buio.
Non ho mai ben capito cosa fosse successo», prosegue, «ma guardarmi la prima volta allo specchio è stato devastante. Voglio dimenticare e vivere. Sento addosso ancora il sonno profondo, ma anche la luce di quando ho riaperto gli occhi per la prima volta. Se li perdono? Odiare è tempo perso. Sento di essere una donna fortunata e non voglio sprecare la grande opportunità che la vita mi ha dato. Probabilmente avrò paura, mi sentirò in pericolo. Ma questa è la mia rinascita».

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