Mezzogiorno, ecco perché per la nuova “Questione Meridionale” serve una “visione nazionale”

È così urgente spingere per la cosiddetta autonomia differenziata? La prudenza è d’obbligo, vista la delicatezza del tema e a fronte di un’Italia a più velocità, dove l’erogazione dei servizi essenziali tra Mezzogiorno e Settentrione è oggettivamente sbilanciata. E non solo perché lo “spacchettamento” delle competenze (con la devoluzione – nella forma più radicale – […]
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È così urgente spingere per la cosiddetta autonomia differenziata? La prudenza è d’obbligo, vista la delicatezza del tema e a fronte di un’Italia a più velocità, dove l’erogazione dei servizi essenziali tra Mezzogiorno e Settentrione è oggettivamente sbilanciata. E non solo perché lo “spacchettamento” delle competenze (con la devoluzione – nella forma più radicale – di 23 materie dallo Stato alle regioni) rischia di accentuare questo divario. Quella che si configura come una vera e propria riforma costituzionale richiederebbe piuttosto una gradualità d’interventi, in grado di coniugare – come è stato più volte sottolineato da destra – decentramento  e presidenzialismo: più autonomia dei territori da un lato, con un contestuale rafforzamento e ammodernamento dello Stato, sostenuto dal presidenzialismo e da uno status speciale per Roma Capitale.

Il punto sulla nuova “Questione Meridionale”

Non perdendo però di vista la realtà di una “questione Meridionale”, che va affrontata senza fughe in avanti. E soprattutto senza ideologismi di maniera. Che l’Italia sia un Paese “diseguale” è nei fatti. Il dato più grave è che, negli ultimi dieci anni, le differenze a livello territoriale si siano allargate. Col risultato che il Mezzogiorno – come evidenziato nell’ultimo rapporto della Banca d’Italia Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico – ha visto costantemente diminuire il suo peso economico, facendo emergere una crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile. Una riduzione dell’accumulazione di capitale. E una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese, dove si sono concentrati i flussi migratori. Sulle difficoltà economiche del Mezzogiorno pesano inoltre gli ampi ritardi nella dotazione di infrastrutture, nella qualità dei servizi pubblici erogati, sia dagli enti locali che dallo Stato, attraverso le proprie articolazioni periferiche.

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