L’OCCIDENTE NON È CAMBIATO: SI È SOLO RIVELATO

Se qualcuno trent’anni fa ci avesse detto che sarebbe nata una tirannia in Occidente, gli avremmo riso dietro. Ma quando in un paese non è permesso anche solo esprimere un’obiezione civile perché chiunque rifiuti il propinato mainstream va emarginato, cacciato dalle direzioni d’orchestra, espulso dai partiti, squalificato dalle manifestazioni sportive, non serve che si dica che si sia presa una pericolosa china. Chi vuol capire, ha già capito.
La vera domanda è: come è possibile che l’Occidente, in teoria che si proponeva di essere il tempio della libertà e della democrazia, sia ormai diventato un regime totalitario? E come è possibile che la cosa non è chiara a tutti? La risposta a questa domanda chi mi legge da tanti anni e sa che sulle pulsioni autoritarie occidentali ho scritto fino ad annoiare, la conosce: l’Occidente non è cambiato. Si è solo rivelato.
Al riguardo, la prima cosa da chiarire, banale – ma meno di quanto possa apparire – è che Occidente è Stati Uniti. Con la sua cultura, le sue cose positive e negative e la sua visione del mondo. Le nazioni europee hanno tutte, chi più chi meno (sì, anche quelle che in teoria avrebbero vinto) perso la seconda guerra mondiale, al termine della quale si sono viste privare di tutte le colonie e dunque di una reale indipendenza economica e politica. Il vero padrone dell’Occidente è l’America, che naturalmente esercita il suo potere tenendo un conto molto relativo delle “opinioni” dei paesi europei. E che, sia pure formalmente democratica, è e non può non essere una dittatura. Perché è un paese con interessi in tutto il mondo, perché stracolma di nemici pronti a farle la pelle e dunque deve essere pronta, quando necessario, a menare le mani, e perché col debito enorme che ha e avendo spinto troppo in là il proprio modello sociale, è costretta a nascondere sottobanco le magagne che è costretta a fare per mantenere la propria narrazione. In questo modo ha sviluppato una concezione distopica della libertà e della democrazia che è del tutto coerente col clima terroristico che si è creato in questi due anni prima contro chi dubitava delle narrazioni peripatetiche al Covid, sia contro chi oggi osa non dare torto in maniera convincente a Putin. E che fu abilmente descritta in tempi non sospetti da John Kleeves, pseudonimo di un italianissimo Stefano Anelli, che di America ha scritto molto. Alcune cose belle, qualcuna un po’ meno, ma sicuramente in maniera altamente documentata.

Per descrivere questa distopia, ricorreremo ad un esempio. Definireste una band, un complesso come si diceva una volta, come una realtà che celebra le differenze e armonizza le scelte personali? L’americano vi dirà di sì. Poiché lui suona la chitarra elettrica, il suo amico il basso e l’altro la batteria, allora le differenze vengono rispettate. Dal momento che suonano in armonia, allora la band è perfetta e dunque, sostituendo l’orchestra con la società, questa sia perfetta. L’errore di questo ragionamento è molto semplice: in una band, tutti suonano la stessa musica. Se si è in una cover band dei Queen e si vuole eseguire la celeberrima Bohemian Rhapsody, si può avere un’ampia scelta delle modalità con cui eseguirla, si può decidere di suonare Bohemian Rhapsody con gli stessi strumenti della versione originale, di eseguirla – come qualcuno ha fatto – usando gli strumenti della musica classica. E si può persino cantarla a cappella. Rimane il fatto che bisogna suonare Bohemian Rhapsody, con un determinato spartito, con un certo copione. Se si vuole suonare Light my fire dei Doors, si viene cacciati dalla band. La società americana funziona allo stesso modo. Che si abbiano idee progressiste o conservatrici, che occorra la sanità con l’assicurazione obbligatoria o lasciare che i cittadini risolvano la questione da soli. Se si esce dal recinto istituzionale, si viene immediatamente cacciati dal sistema americano.
Questa non è una cosa facile da spiegare a chi si innamora dell’America. Per l’italiano che si sposta lì dall’Italia, l’America è il paradiso, anche perché la possibilità di fruire di alcune libertà che in Italia gli vengono negate, gli permette di potersi beare – meccanismo tipico di molti expat – della propria superiorità antropologica rispetto al resto del mondo, confondendole con la convinzione che alcune cose che prima non poteva fare e ora in America riesce a fare, coincidano con l’idea assoluta della libertà. Rimane sempre il fatto che quando ci si ritiene superiori a tutti gli altri, il passo successivo è quello di cercare in tutti i modi di civilizzarli, di fatto trasformandosi in una dittatura.

Tutto questo, viene abilmente occultato dalla particolare struttura del sistema americano: pensata per farlo apparire diverso dagli altri paesi, in modo che nessuno veda la mano invisibile che lo regge. Per fare un esempio – e ne potremmo fare mille – tutto il sistema economico americano si basa sulle esenzioni fiscali. Che sono spesa a tutti gli effetti, solo che non viene rendicontata. Del resto, se io detasso, per esempio, le aziende informatiche, consentendo tuttavia di godere degli stessi servizi delle aziende non detassate, quello che sto facendo è spendere. La defiscalizzazione è spesa a tutti gli effetti, non contabilizzata. Di conseguenza, i potentati che alla fine emergono e che reggono la vita economica e dunque politica e sociale del paese, sono tutti figli di questa spesa invisibile che non si vede. Quando per esempio, si dice che in America c’è il bipolarismo perfetto perché ci sono Democratici e Repubblicani, si dice una sesquipedale scemenza. In realtà i partiti sono molti di più (c’è anche un partito comunista, incredibile a dirsi) ma alla fine ne emergono solo due perché, essendo di fatto i referenti dei principali gruppi finanziari del paese, questi ultimi fanno ampie donazioni che vengono scaricate sotto forma di sgravi fiscali, di fatto rendendo irrilevanti tutti gli altri partiti. Le lobby, in sostanza. In più, il sistema americano si dota anche di alcuni proxy – tra questi il venture capital – con i quali finanzia gran parte dell’impresa americana, a patto che questa suoni la musica della politica centrale, secondo sistemi in tutto e per tutto simili a quello sovietico. Con la differenza che mentre in quel sistema, la cosa era palese, nel sistema americano è celata da un sistema di scatole cinesi. Nell’URSS, si finiva al muro se qualcuno si metteva di traverso. Negli Stati Uniti, se una grande azienda decide di estraniarsi dallo spartito dell’orchestra, da quel momento non riceve più credito e fallisce.

La cosa da capire, quando si parla di America e dunque di paesi occidentali è che un paese è davvero democratico non quando persegue gli obiettivi che noi classifichiamo come democratici, ma quando è disposto a mettere in dubbio gli obiettivi che persegue. E Il fatto che noi classifichiamo come “democratico” il sistema americano, non significa affatto che lo sia: una società che si ritiene superiore e che ritiene superiori i propri membri per via degli obiettivi raggiunti, non è democratica, anche se si ritiene tale.
E questo si ripercuote naturalmente anche nel modo di vedere la politica degli americani che alla fine si riduce a due modi di vedere gli Stati Uniti del tutto speculari. Partito Repubblicano: come diventare ancora più americani rifiutando di annacquare la propria specificità nel resto di Occidente. Partito Democratico: come diventare ancora più americani, cercando di imporre la propria visione al mondo. Sino agli eccessi psichiatrici della cancel culture e quel che ne segue. Ma sia chiaro, senza discutere il sistema americano. Che, anzi, viene ovviamente esteso a tutti i paesi sottoposti all’influenza geopolitica americana, che adottano il medesimo sistema bipartitico, credendo che sia democratico, e facendo sì che, di fatto, si sia creata una grande mafia internazionale con sede a Washington che ha di fatto il potere di decidere cosa debba accadere a Milano, a Madrid o Parigi.
Questo spiega perché vedete le truppe cammellate al potere urlare contro Putin ma faticate a riconoscere da chi davvero venga il comando. In una dittatura classica, il tiranno comanda, si vede la sua figura, si ascolta la sua voce. Nella dittatura american style, non vedete il tiranno. Non è sul palcoscenico ma è dietro le quinte. E lascia che i musicisti suonino con gli strumenti più vari e gli stili più particolareggiati. Purché suonino una determinata musica. Tutto questo viene confuso con la libertà e la democrazia. Ed è invece una strisciante forma di tirannia. Che naturalmente, mano mano che il sistema mostra la corda, invece si svela, di fatto evolvendo in una tirannia classica: che tuttavia, non è un segno di salute del sistema ma tutt’altro. Se questo sistema non sa più persuadere il mondo e ha bisogno di urlare, di minacciare, di epurare, vuol dire che è debole.
E questo mi fa essere abbastanza ottimista sul suo crollo ormai prossimo.

FRANCO MARINO
Fonte: Il Detonatore.it

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.