Le “scandalose” foto di Pasolini nella Torre di Chia

Poco prima di morire, in quegli ultimi attimi di vita del 1975, il corsaro che adottò la Tuscia decise di mettersi completamente a nudo per la gli scatti del fotografo esperto Dino Pedriali.

Un “testamento” (così definì lui Petrolio, l’ultima opera, in cui sarebbero dovute apparire le foto) che rivela molto sull’uomo che fu Pier Paolo Pasolini: ribelle, sincero, contorto, alla continua ricerca dello scandalo. Perché “Essere scandalizzati” – sosteneva – “è un piacere”.

Passò gli ultimi suoi anni di vita strettamente legato alla terra viterbese. Quegli anni delle Lettere Luterane e degli Scritti Corsari, gli stessi, dunque, dell’aspra polemica contro tutta la classe politica, colpevole di aver devastato l’Italia nei precedenti 30 anni, sotto tutti i punti di vista. Attacchi rabbiosi che sarebbero dovuti confluire all’interno della sua ultima opera, Petrolio (o Vas) mai terminata a causa della morte prematura per l’assassinio di cui oggi la colpa è attribuita al “ragazzo di vita” (guarda tu il caso!) Giuseppe Pelosi.

Una rabbia e una polemica che potevano essere tradotte senza alcun problema in quella ricerca dello scandalo di cui si diceva in principio. «Fotografami qui, sarà uno scandalo»: disse a Pedriali in quegli ultimi giorni di vita.
Un Pasolini stanco, sconsolato, privo di speranze per il futuro suo e dell’Italia, ritratto nella sua essenza più tangibile, reale, quella che a parer suo era un tema da sempre presente nella letteratura mondiale, dai tempi dei tempi, ma al quale nessuno aveva avuto il coraggio di far un riferimento esplicito. Lui sì. E ce la avrebbe fatta, se fosse morto solo qualche anno più tardi: Petrolio è oggi pubblicata come opera postuma, incompleta; non certo la stessa cosa.

Un Pasolini che per questo suo “testamento”, per questo suo ultimo e definitivo scandalo, non avrebbe potuto che scegliere la terra adottata, l’Antico salvato e legato al Moderno, la sua amata Torre di Chia, scenario anche di creazione dell’ultima opera oltre che, in un certo senso, protagonista.

Ma parlare troppo non serve a nulla. Ciò che conviene è lasciare al lettore il privilegio di lasciarsi scandalizzare, in un periodo in cui, forse, una cosa del genere non desterebbe neanche troppo scalpore:

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