La crisi Ucraina e il Covid ci dicono che le nazioni sono fallite

Si va verso lo scongiuramento della guerra in Ucraina. E mentre in privato è tutto un profluvio di “Bravissimo!” “Avevi ragione tu”, “Come al solito avevi previsto tutto”, e non avendo alcuna intenzione di passare alla cassa appropriandomi di meriti che non ho, mi limito a dire che non si tratta di nulla che non fosse facile immaginare. Le guerre scoppiano sempre e solo per interesse. Se viene meno l’interesse, viene meno la guerra. Agli Stati Uniti dell’Ucraina non frega nulla, se non appunto l’interesse. Idem alla Russia che non ha alcuna intenzione di caricarsi un paese stracolmo di debiti. Dunque, nonostante il problema ucraino sia noto sin dal crollo dell’URSS, non si risolverà mai perché ad entrambe manca sia la forza che l’interesse di assestare il colpo del KO senza pagare gravi conseguenze sul fronte interno. Sembrano considerazioni banali ma non nell’era in cui i filoamericani scrivono accorati post su Facebook in favore della libertà degli ucraini e in cui i filorussi credono che Putin sia Superman e inondano di meme la rete. Nessuna delle due cose è vera. Però, per la prima volta, è emersa un’altra mucca nel corridoio che nessuno vede: oggi due potenze geopolitiche del calibro degli USA e della Russia, del tutto antitetiche, non sono in grado di risolvere un problema tutto sommato di dimensioni marginali, senza ricavarne un danno per la propria reputazione. Perché questa storia si è conclusa con un pareggio che ha fatto male ad entrambi i belligeranti, come quei pareggi tra squadre in zona retrocessione che però non le tirano fuori dal pantano. Un pareggio molto doloroso che dice molto più di quello che forse Biden e Putin, con i loro rispettivi codazzi, amerebbero che passasse.

Esi viene al titolo dell’articolo: “Le nazioni sono fallite”. Che non è il titolo di uno che non conosce la differenza tra stato e nazione, sono ignorante ma fino a un certo punto. Infatti, una nazione può anche sopravvivere ad uno stato fallito o non esistente come nel caso del Kurdistan. Ma è il tentativo di descrivere un’evoluzione delle cose ormai palese che, già anticipata da Tremonti molti anni fa e spurgata dalla guerra civile fredda (per ora) provocata dal covid, ci dice basicamente due cose: è bastata un’influenza per spaccare in due tutte le nazioni del mondo, facendone venir fuori altre due, non basate sulla lingua, sulle tradizioni, sull’etnia, sulla storia e sulla cultura. Ma su una comune visione dei destini umani.
Non è la prima volta che scrivo su questo aspetto e, chi mi segue sin dai tempi del blog ma anche della vecchia pagina Facebook che mi fu cancellata, sa che ne parlo da prima ancora del covid. Ma l’inasprimento del conflitto tra globalisti e sovranisti, già precedente al covid ma portato alla luce dall’esplosione dell’emergenza, sta provocando la nascita di fratellanze su scala sovranazionale. E ci sta facendo riscoprire l’esistenza di personaggi che mai avremmo sospettato di avere dalla nostra parte.
Se, per esempio, vi dicessi, per assurdo, che l’Italia vuole dichiarare guerra ad uno stato a maggioranza di no green pass, la cosa vedrebbe l’entusiastica approvazione ovviamente di tutti i fautori del green pass e, ovviamente, il rigetto sistematico di chi o non si è vaccinato o lo ha fatto per costrizione. L’altra sera non a caso, io che non ho mai mancato di evidenziare il mio patriottismo, ho scritto l’articolo “La mia patria sono i no green pass”, dicendo che nel caso l’Italia fosse entrata in una guerra, io avrei disertato: il massimo dell’oltraggio per un patriota. Ma il punto è proprio questo: sto cominciando a non riconoscere più nello stato italiano il titolare del mio concetto di patriottismo, indipendentemente se quanto stia accadendo sia frutto dell’italianità oppure se chi ci governa siano stranieri che parlano italiano. Tutto questo l’ho incrociato con un fatto curioso ma per me molto significativo capitatomi in questi giorni. Ero uscito un attimo con l’automobile per andare a fare alcune commissioni e, nel parcheggiare, urto molto leggermente l’auto di un signore che in quel momento, furibondo, asserisce (io non ne sono convinto ma tant’è) che l’ammaccatura all’auto gliel’abbia fatta io. Dopo una piccola controversia, decidiamo per non mettere in mezzo le assicurazioni di risolverla amichevolmente dal mio carrozziere di fiducia. Siamo d’accordo per l’indomani ma il tizio non si fa sentire. Cosa è successo? Si è fatto la dose del vaccino e ha avuto una reazione avversa, venendo ricoverato in ospedale, tra svenimenti e febbre alta. Finiamo a parlare via whatsapp di questo vaccino e scopro che lui la pensa esattamente come me, solo che essendo camionista, è stato costretto a farlo, ci condividiamo link, fin quando oggi non mi scrive dicendo “ci penso io all’ammaccatura, non preoccuparti, tu sei dei nostri”. Non che la cosa mi cambiasse la salute del mio conto in banca, dato che quando ho mandato la foto su whatsapp al carrozziere, il danno me l’aveva quantificato nell’ordine di 30-40 euro. Il dato che emerge da questo fatto che vi racconto è che vederla allo stesso modo su una vicenda che in fondo riguarda la propria salute (non sono affari miei se uno decide di vaccinarsi o meno) ha fatto nascere una fratellanza con uno con cui io in teoria avrei dovuto avere un conflitto. Tutto questo mentre sono nate inimicizie con gente che invece, in teoria, avrebbe dovuto far prevalere l’amicizia.

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In sostanza, testimoni di GeoVax su scala mondiale stanno provocando la nascita di una nuova dicotomica “nazione sovranazionale” che qualora dovesse trovare un bravo coordinatore in grado di radunare queste forze e dichiarare guerra agli stati centrali, segnerà semplicemente la fine delle nazioni come noi le abbiamo comunemente sempre intese. Perché il pareggio tra USA e Russia – peraltro del tutto unite nel perseguire (sia pure non con gli eccessi psichiatrici italiani, canadesi o australiani) la narrazione ufficiale statalistica e greenpassistica – ci dice che oggi il mondo si divide in due: Stati civilmente evoluti ma finanziariamente falliti come gli Stati Uniti e l’Occidente. Stati finanziariamente sani ma culturalmente e civilmente falliti come la Russia e la Cina. E gli eurasiatisti all’amatriciana non si illudano: l’alternativa all’arroganza dell’America, che dai miei spazi in vent’anni non ho mai mancato di sottolineare, non può arrivare dalla Cina o dai paesi arabi. E la Russia non è certo il paradiso delle libertà che, misteriosamente – visto che Putin non ha mai fatto l’occhiolino a nessuno in tal senso – molti sovranisti d’Occidente si sono illusi che potesse divenire.
Il dibattito perenne tra il modello più o meno sinceramente liberale dell’Occidente e quello statalistico tirannico d’Oriente, che tiene in piedi il mondo dall’inizio del Novecento, sta finendo in crisi perché per quanto le varie potenze geopolitiche possano essere in disaccordo su tante cose, su una sono d’accordo: a questo mondo siamo troppi e dobbiamo essere ridotti. A colpi di emergenze fasulle. Cosa di cui, sempre più su scala globale, si stanno accorgendo milioni di persone. Tra le quali prima o poi salterà fuori qualcuno che coordinerà una reazione, scatenando una guerra mondiale civile che, ovviamente, proprio perché interna e trasversale alle nazioni, non potrà essere combattuta con bombe atomiche. E quando su scala globale si capirà la cosa, accadrà una cosa molto più semplice e terribile: due che sono diventati amici dopo un banale incidente perché hanno scoperto di avere la stessa visione sul covid, unendo le forze con altri loro simili, su scala globale, dichiareranno guerra a tutti coloro che hanno provocato questa situazione. E non appena qualcuno saprà coordinare la cosa, le nazioni come le abbiamo conosciute, saranno finite.

Chi davvero pensava che sarebbe scoppiata una guerra in Ucraina, non si rende conto che gli Stati Uniti sono una polveriera come lo sono tutti gli stati che sono ormai morti che camminano. Chi per motivi finanziari, chi per motivi sociali e civili. Chi perché non sa far di conto, chi perché non capisce nella sua follia statalistica che un individuo non si accontenta di vivere come un’ape operaia al servizio dell’ape regina.
Perché uno stato nasce per proteggere i cittadini. E se le nazioni moderne non riescono a farsi stato, ne nasceranno altre, che inevitabilmente si faranno la guerra tra loro.
Questa sarà la vera riduzione della popolazione, disordinata e confusa, in risposta al tentativo di pianificarla dall’alto. Il vero nuovo ordine mondiale che seguirà, sarà una conseguenza.

FRANCO MARINO

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