La controversia genetica nel pugilato femminile: tra equità sportiva e diversità genetica
La controversia sull’inclusione di atlete con variazioni genetiche nel pugilato femminile solleva dibattiti su equità sportiva e diversità genetica.
Una lotta di 46 secondi sta ancora generando opinioni quasi due settimane dopo. (Tiko Aramyan/Shutterstock.com)
La rabbia scatenata dall’abbandono di Angela Carini durante un combattimento con Imane Khelif ai Giochi Olimpici di pugilato femminile ha sollevato questioni che vanno oltre il semplice contesto sportivo. Molti commenti sull’ammissibilità di Khelif nel pugilato femminile hanno toccato temi legati alla genetica, suscitando dibattiti accesi. La Professoressa Jenny Graves, esperta di cromosomi sessuali dell’Università di Latrobe, è stata intervistata da IFLScience in merito a queste controversie.
Alcuni oppositori dell’inclusione di Khelif e Lin Yu-ting nel pugilato femminile alle Olimpiadi hanno erroneamente sostenuto che entrambe fossero transgender. Tuttavia, entrambe le pugili sono considerate femminili fin dalla nascita, senza alcuna prova che ciò sia stato contestato in passato.
Le obiezioni successive si basavano sull’ipotesi che entrambe le atlete avessero cromosomi XY, suggerendo la sindrome di Swyer. Questa condizione, definita come Disturbo dello Sviluppo Sessuale, può portare a genitali femminili nonostante la presenza di cromosomi XY
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