I social down e l’insopportabile rigurgito nostalgista

Essendo un informatico era inevitabile che mi rivolgessero la domanda: “Cosa è successo ai social zuckerberghiani?”. E al riguardo, essere un informatico – dunque conoscere la delicatezza del “dietro le quinte” – mi impone una certa prudenza.
Salto pie pari le spiegazioni tecniche che interessano solo gli addetti ai lavori, limitandomi a dire che nessun sistema informatico è mai al riparo da problemi più o meno gravi. Come salto anche le scemenze qanoniane che già esultavano alle prospettive di una fantomatica vendetta di Trump. E resto ai fatti: Facebook, Whatsapp e Instagram hanno avuto problemi. Succede. Perché allora hanno avuto alcuni problemi anche altri social? Per la ragione più semplice del mondo: quando tre social così importanti sono down, è inevitabile che l’intera utenza si riversi sugli altri, sovraccaricandoli. Tutto questo, in assenza di eventuali sviluppi che dovessero emergere in questi giorni e che invaliderebbero questo articolo.
Mi ha invece colpito l’aspetto sociale del downtime di ieri: a sentire molti, si sente la mancanza del periodo in cui i social non c’erano. “Che bello quando non c’erano i social network”, “quando ci si mandavano gli sms”, “quando si facevano gli squilli per dirsi che ci si pensa”.
Ora vi darò una serie di notizie scioccanti.

  1. Gli sms esistono ancora, nessuno vi impedisce di comunicare tramite gli sms.
  2. C’è vita anche fuori dai social: i forum sono, tendenzialmente, in fase calante ma ce ne sono alcuni che resistono. Nessuno vi vieta di farvi una comunità digitale per conto vostro. Per conto mio, ve ne potrei suggerire moltissime. Che frequento regolarmente.
  3. Esiste ancora la possibilità di coltivare rapporti fisici, che sia abbracciare un amico o scoparsi qualcuno che ci piace. Basta staccare la rete, prendere un appuntamento e vedersi. E scopare, va da sé. Se vi piacete, se vi si rizza.
  4. Esiste ancora la possibilità di squillarsi per dirsi che ci si sta pensando.
  5. Aggiungo che se volete giocare ad un videogioco degli anni Novanta, esistono gli emulatori. Ve ne scaricate uno e potete giocare a Sensible Soccer, Mortal Kombact, Super Mario Bros, Zelda e tutto quel che ci pare.

Nell era dei social la nostalgia per una comunita in carne ed ossa opengraph
Tutte queste cose di cui dite di sentire la mancanza, si possono ancora fare ma non si fanno più. E il motivo è semplice. Quando dite di sentirne la mancanza, semplicemente non è vero.
Qualche anno fa, in un raptus di vieta e retorica nostalgia, scaricai Sensible World Of Soccer. Che, bisogna dire, per i tempi era un gioco molto moderno, con un ricco database che consentiva una certa personalizzazione. L’effetto nostalgia durò qualche giorno, il tempo di capire come mai, da ragazzo, si sta parlando della metà degli anni Novanta non ero mai soddisfatto di alcune cose. Mancava sempre qualcosa e aspettavo puntualmente la versione successiva. Fino a cambiare gioco. Ma va bene, facciamo che io sia (fossi, chi ha più il tempo di giocarci, ahimè) forse un po’ troppo esigente sui videogiochi.
Allora pensiamo a quanto fossero frustranti le duecento lire per ogni telefonata, che provocavano memorabili discussioni, spesso anche tragedie – familiari, come quando un uomo ammazzò la moglie e il figlio colpevoli di fargli arrivare bollette quasi milionarie. Tutte cose che invece oggi si fanno gratis (non ammazzare i familiari, dico telefonare).
Pensiamo a che due palle ci facevamo quando ci arrivavano gli squilli di chi ci diceva di pensarci – e tu ovviamente dovevi ricambiare, sennò voleva dire che non lo pensavi – oppure a quanto cavolo costavano gli sms.
E pensiamo anche al fatto che un tempo c’erano le chat che erano un vero e proprio ricettacolo di monnezza umana, di zoccole e di pervertiti che pensavano unicamente ad incontrarsi per scopare. Dove oggi, invece, sui social c’è almeno la prospettiva di instaurare un contatto umano originato da una condivisione di contenuti, oltre al fatto che sui social ci sono praticamente tutti e dunque puoi conoscere dal vivo qualcuno e sperare di piacergli senza che necessariamente sia un cesso le cui uniche prospettive di scopare siano quelle di iscriversi ad una chat.
Insomma, a sentire ieri milioni di persone, tutti sentivano la mancanza di un mondo… che in realtà c’è ancora. Solo che questa mancanza, in realtà, è una grandissima bugia.
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La verità è che noi non sentiamo davvero la mancanza di quel mondo. Noi identifichiamo tempi in cui non avevamo responsabilità di alcun tipo (a cui provvedevano altri per noi), in cui eravamo più giovani, forti, prestanti, con l’idea che quello fosse un mondo felice. Senza renderci conto che se oggi stiamo nella merda, la colpa è in gran parte anzitutto di quel mondo. Abbiamo vissuto in un’epoca orrenda, oscena, dove è iniziata la corruzione morale e materiale che ci ha consegnati all’inferno in cui viviamo oggi.
Passo dopo passo, sin dal Sessantotto è stata costruita l’infernale macchina del rincoglionimento collettivo che ci ha consegnati al limbo senza apparente uscita che viviamo oggi. I bastardi che propagandano ogni giorno la dittatura sanitaria, c’erano già all’epoca e già avevano iniziato a seminare le piante del malaffare e della malavita che oggi stringono il loro cappio sui nostri colli.
Io invece sono felicissimo di vivere in quest’epoca. Perché questa è l’era dello svelamento. Lento, ma progressivo.
Il Covid lo dobbiamo benedire perché, questo già l’ho scritto ma è meglio ripeterlo, ci ricorda quanti lerci individui circondassero – già negli anni Ottanta – la nostra esistenza. Ma a cui non sapevamo dare una definizione. Sapevamo che ci facevano schifo ma poi abbiamo scoperto perché.
E diciamoci anche la verità: i personaggi dello spettacolo e della politica ci avevano rotto le palle. Tanto che Rino Gaetano ci ironizzò saporitamente sopra con la famosa Nuntereggae più. Che basterebbe cambiare i personaggi e sarebbe attualissima anche oggi, quasi cinquant’anni dopo.
La verità è che non sono mai esistiti i bei tempi. Esistevano i tempi in cui eravate giovani, senza pensieri. Perché c’era qualcuno ad evitarveli. E quel qualcuno, a sua volta, rimpiangeva gli anni precedenti. A quei tempi, campavamo sopra le nostre possibilità, tanto c’erano gli ammerecani che ci avrebbero protetti se qualcuno ci attaccava o che avrebbero stampato moneta per noi. Oggi scopriamo che non è vero.
La nostalgia è una grande truffa. Che alimenta il potere che, fateci caso, di fronte alle innovazioni storce sempre il naso.
Sapete perché i media ufficiali vi martellano con le cosiddette “fake news”? Perché non riescono ad accettare un’informazione fuori dal loro controllo, che toglie loro soldi. Se il macello del covid fosse capitato negli anni Ottanta o prima, voi vi beccavate il vostro vaccino e non avreste mai conosciuto nessuno col quale condividere la lotta contro il greenpass. Sareste a prendere a testate il muro, a conoscere le stesse orride persone che oggi non riescono a perdonarvi di averle rifiutate e quindi se la prendono con “i social che rincoglioniscono le persone”. Perché vogliono il monopolio delle vostre vite.
Il vostro problema non ha nulla a che fare col futuro che avanza. Ha a che fare col fatto di essere così paurosi di affrontarlo, di costruirlo, che allora preferite rifugiarvi nell’illusione che il passato fosse bello. Ma non illudetevi. I vostri genitori e i vostri nonni non torneranno più in vita solo perché tornerete a scrivervi gli sms. Non ritornerà il posto fisso solo perché staccherete i social. Se non vi alza più, la soluzione può solo essere il Viagra, non di certo resuscitare Corrado, il Maestro Pregadio e rifare la Corrida. E neanche la resurrezione di Maradona.
O imparate a vivere il presente e a lottare per un futuro migliore, magari ringraziando la vita di avervi dato dei figli, che c’è chi questa gioia non la avrà mai, o un giorno il vostro passato vi sembrerà così brutto che non riuscirete neanche ad essere nostalgici.
Tanto la nostalgia non è che l’illusione che dopo vent’anni l’aceto sembri vino. Di solito cessa al primo riassaggio.
di Franco Marino.

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