Greenpeace lancia una campagna shock dopo la maxi multa da 660 milioni di dollari: “chi pagherà per tutto questo?”

Greenpeace International si trova a fronteggiare una delle sfide più dure della sua storia: una multa da 660 milioni di dollari inflitta da un tribunale americano. Il motivo? Aver sostenuto le proteste pacifiche contro il controverso progetto petrolifero del Dakota Access Pipeline nel 2016. La denuncia arriva da Energy Transfer, la compagnia responsabile dell’opera, che...

Greenpeace risponde alla multa da 660 milioni per aver sostenuto proteste ambientali con la campagna #TimeToResist che ti farà riflettere: chi pagherà davvero?

Rebecca Manzi

15 Luglio 2025

@STRIKE/LinkedIn

Greenpeace International si trova a fronteggiare una delle sfide più dure della sua storia: una multa da 660 milioni di dollari inflitta da un tribunale americano. Il motivo? Aver sostenuto le proteste pacifiche contro il controverso progetto petrolifero del Dakota Access Pipeline nel 2016. La denuncia arriva da Energy Transfer, la compagnia responsabile dell’opera, che accusa Greenpeace di aver ostacolato il progetto con campagne “diffamatorie”.

Quello intentato contro Greenpeace è un esempio classico di SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation), ossia una causa strategica usata per zittire l’attivismo. Non si tratta di fare giustizia, ma di intimidire e fiaccare economicamente chi si oppone a interessi economici colossali. Una minaccia che va ben oltre Greenpeace e tocca il cuore della libertà di parola e del diritto di manifestare.

Una campagna d’impatto: “660 milioni. Chi pagherà davvero?”


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