Giustizia minorile, il capo dipartimento Sangermano: «Il carcere non può essere abolito, ma va ridotto allo stretto necessario» – La videointervista

Il magistrato insiste sull'apertura delle comunità: «È la strada che va percorsa. Gli istituti penali non possono diventare discariche sociali»
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Gli ultimi sette anni li ha passati a Firenze, ricoprendo il ruolo di procuratore del tribunale minorile. Poi, a marzo 2023, il ministero di via Arenula lo chiama a Roma per affidargli l’incarico di capo dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. «Ho riscontrato la presenza la ricorrenza di criticità croniche», esordisce Antonio Sangermano, mentre fa spazio tra le carte sulla scrivania del suo ufficio. Guarda la telecamera e inizia a elencarle: «La sottovalutazione degli effetti deflattivi che il Covid aveva avuto sui reati», poi riespolosi dopo la fine dei lockdown, «la dismissione di importanti compendi di detentivi», come l’istituto penale minorile dell’Aquila e quello di Lecce, e «l’enorme afflusso in Italia di minori stranieri non accompagnati», che oggi


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