Fango: l’amara lezione che sta sommergendo tutto

Luce fredda di lampeggianti, pioviggine. Da qualche parte, lontano, ecco i parlamentari: spalano fango, curvi e sordi.
Voci si spengono nel buio dei monitor parlanti, dentro una notte eterna di desolazioni che ormai è vano raccontare, articolando segni. Nero il destino che declina ciance vuote, in una recita spettrale di pagliacci. Morto il talento, il cuore, il canto di chi tenta, sapendo di poter sbagliare e di fallire, ma dopo aver lottato. Morte le idee, insieme ai desideri. Morte le parole. Nell’aria scialba, galleggiano le formule grigiastre del mendicare attimi. Notorietà ingloriosa, in mezzo a una palude di mediocrità invincibile: come una malattia senza speranza, da troppo tempo libera di seminare orrori sapientemente travisati e mascherati da normalità. Una lunghissima, inesorabile discesa. Si scivola nel fango, poco alla volta rinunciando a tutto, dopo la morte lenta della verità.
C’è stato un tempo in cui viaggiavano, i pensieri, sopra le incrostazioni di umane moltitudini, grandi ambizioni e cieli, sofferenze, medicine e cure. Volava, l’attimo fuggente, sopra la testa di dimessi mestieranti, scavalcati da eroi e condottieri, in mezzo a un mare brulicante di faticatori, bari e gendarmi, oscuri agenti di sciagure apocalittiche. C’era un silenzio di campagne, un frastuono ferrigno di siderurgie. C’erano bombe, soldataglie, giubbe imbrattate di macellerie. E c’erano disegni, non tutti votati alla disfatta. C’erano sogni, e cavalieri armati di retorica e stendardi. Li si lasciava correre, purché non insidiassero la legge terrestre più ancestrale. Molti lo fecero, sfidando l’universo recintato. Lo schianto illuminò le notti, si trasformò in leggenda. Rese evidente, quel bagliore, la possibilità del mutamento. In tanti allora presero coraggio, risolvendosi a partire. Seguirono incidenti, terribili cadute, rinascite, tonfi e resurrezioni. Il sisma spostò avanti il baricentro del pianeta, instaurando un orizzonte meno avaro. A quel punto, tuonarono cannoni: roba antica.
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Fischiarono pallottole, colpirono con precisione millimetrica. Primo obiettivo, scoraggiare: uccidere i migliori, per spaventare il gregge e disarticolare truppe, spegnendo volontà e tenacia. Al resto provvide la carota: trenta denari pronta cassa, praticamente a tutti. Si rilassarono, i seguaci, salutando – in riva al mare, a sera – il gran tramonto delle cosiddette ideologie. Era il neolitico, a perire, ma fu scambiato per preistoria più remota. Qualcuno sciolse tutti gli orologi, crollarono le torri e si piombò dentro un’età del bronzo infida e digitale, a misura di Neanderthal, scimmie-fantasma con microchip molecolari. Incessante, l’eruzione dei crateri: gli spread dei debiti sovrani, i tagliagole medievali, la peste di Tucidide. Per prima cadde Atene, ma si trattava solo di un preludio, servito caldo sotto forma di brodaglia astrusa, finanziaria. Più chiara, di lì a poco, la favella sanitaria e green, ancora e sempre emergenziale, stavolta imposta a colpi di decreti militari, mentendo e strattonando. E il fango sale, senza scampo. E’ la poltiglia, oggi, l’ambasciatrice del futuro: la sola spia che può riaprire gli occhi a chi tuttora non ha capito niente.
(Giorgio Cattaneo, 20 gennaio 2021).
Fonte: Libre Idee.org

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